FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

Pier Luigi Parcu

(App. III, I, p. 655; IV, I, p. 833)

Il FMI, l'organizzazione per il controllo del sistema internazionale dei pagamenti istituita nel 1944 con gli accordi di Bretton Woods, ha continuato a operare con energia nell'ultimo scorcio degli anni Settanta e negli anni Ottanta. Il F., in parte come conseguenza della dichiarazione d'inconvertibilità del dollaro del 15 agosto 1971, già durante gli anni Settanta aveva visto progressivamente mutare i suoi compiti di controllo dell'assetto allora vigente del sistema dei pagamenti, mentre assumeva nuove e diverse funzioni.

L'abbandono del sistema dei cambi fissi che aveva prevalso dalla fine della seconda guerra mondiale al 1971 ha portato il F. a perdere la sua funzione di regolatore e di ammortizzatore − attraverso l'impiego delle risorse finanziarie dei paesi membri − di crisi eccezionali del sistema di cambi fissi. In una situazione di elevata incertezza, anche a causa delle due crisi petrolifere e poi della crisi del debito di molti Paesi in Via di Sviluppo (PVS) dei primi anni Ottanta, il F. ha dovuto affrontare i problemi di un sistema internazionale dei pagamenti caratterizzato da un'elevata volatilità dei cambi, da ampi e persistenti squilibri nelle bilance delle partite correnti dei principali paesi e da una sorprendente rapidità di movimento dei capitali. In questa situazione nuova il F., pur conservando gli obbiettivi originali, contenuti nel suo statuto, del perseguimento di liberi scambi internazionali, di sviluppo economico e di crescita dell'occupazione nei paesi membri, ha dovuto mutare profondamente politiche e strumenti.

L'azione istituzionale del F. verso i paesi membri è riassumibile in due grandi filoni: sorveglianza continuativa delle politiche economiche, con particolare riguardo a quelle che più influenzano i rapporti economici esterni; sostegno finanziario e tecnico per il riaggiustamento di politiche che hanno portato a gravi squilibri nelle relazioni economiche tra un paese e i suoi partners, creando in particolare difficoltà per il regolare flusso dei pagamenti internazionali.

Se il numero di paesi aderenti a un'organizzazione internazionale è sintomo della sua utilità e importanza, il F., con i suoi 171 membri (maggio 1992), appare come una delle principali istituzioni internazionali. Esso è un crocevia essenziale del processo di discussione e intervento sui problemi economici internazionali. Anche la Svizzera, pur se assente da gran parte delle organizzazioni internazionali, nel maggio 1992 ha deciso, con un referendum, di entrare nel Fondo. Nel settembre 1992 è stata ammessa la Repubblica di San Marino.

Ma l'accresciuta importanza del ruolo svolto dal F. è più chiaramente dimostrata dal fatto che ad esso ormai appartiene la gran parte dei paesi dell'ex blocco socialista. All'inizio del 1992, già appartenevano al F. tutti i paesi ex socialisti dell'Europa orientale e, nel maggio dello stesso anno, hanno fatto il loro ingresso ufficiale nell'organizzazione anche tutte le repubbliche una volta appartenenti all'URSS, portando a 171 il numero dei paesi membri del Fondo. A seguito di questo evento, il F. ha ulteriormente accresciuto il suo impegno ad aiutare finanziariamente e ad assistere i progetti di riforma e di transizione verso economie di mercato dei suoi nuovi membri.

Il capitale del F., costituito dalle quote versate dai paesi aderenti, è cresciuto negli anni a seguito dell'adesione di nuovi membri ma soprattutto della revisione delle quote, più volte aumentate al fine di garantire l'adeguatezza delle risorse finanziarie dell'organizzazione ai suoi compiti istituzionali. L'ammontare del capitale del F. nel maggio 1992 (v. tab. 1) era di oltre 91.152 miliardi di DSP (Diritti Speciali di Prelievo), al netto delle quote che saranno versate dalle ex repubbliche sovietiche.

Si tratta però di una cifra ingannevolmente alta rispetto all'effettivo ammontare di risorse a disposizione del F. per la sua attività di sostegno dei paesi membri soggetti a difficoltà finanziarie. Infatti, il 75% della quota può essere versato in monete nazionali spesso non utilizzabili nelle operazioni di finanziamento di paesi aderenti in difficoltà; il restante 25% della quota è versato in monete convertibili o in DSP: si tratta della cosiddetta reserve tranche che corrisponde a quella che, prima degli emendamenti del 1976 allo statuto del F., era chiamata gold tranche e doveva essere versata in oro.

Considerando l'ammontare complessivo delle reserve tranches versate dai paesi membri e le ulteriori quote di monete nazionali convertibili anch'esse a disposizione del F., si può stimare che il capitale proprio effettivamente utilizzabile ammonti a circa il 50% del totale, cioè a poco più di 60.000 miliardi di dollari.

A partire dal 1962, il F. ha potuto integrare le sue risorse con linee di credito permanenti, assicurate da alcuni dei paesi in possesso di più elevata liquidità, nel quadro del GAB (General Agreement to Borrow, Accordo generale di credito). I maggiori finanziatori di questi accordi di credito sono stati via via alcuni paesi del Gruppo dei Dieci, la Svizzera, alcuni paesi OPEC; più recentemente si è accresciuto il ruolo del Giappone. Nel 1982 i paesi membri hanno formalmente deciso che il finanziamento dell'attività del F. deve restare essenzialmente basato sulle quote e hanno perciò deliberato che in nessun caso il F. possa prendere in prestito risorse per un ammontare superiore al 60% delle quote dei paesi aderenti.

L'ammontare della quota di un paese al capitale del F. determina non solo il suo impegno finanziario verso l'organizzazione, ma anche i limiti della capacità di accesso alle risorse del F. e il peso nelle decisioni dell'organizzazione. Infatti nel F. il diritto di voto dei singoli paesi è determinato dall'ammontare della loro quota sul capitale complessivo. Nella sua operatività giornaliera il F. opera attraverso il metodo del consenso, e raramente una maggioranza formalizzata impone delle decisioni; questo è ancora più vero nel caso di decisioni rilevanti per la natura dell'organizzazione o per il sistema internazionale dei pagamenti, per le quali lo statuto richiede maggioranze qualificate del 70% o anche dell'85%.

Le quote dei paesi aderenti sono sottoposte a revisione con frequenza almeno quinquennale, e in occasione delle revisioni molti paesi chiedono un riconoscimento degli eventuali mutamenti del loro peso nell'economia internazionale. La determinazione delle quote è collegata ad alcuni parametri economici tra i quali la partecipazione al commercio internazionale, il reddito nazionale, e altri ancora, che fanno parte della ''formula'' usata per una prima valutazione delle correzioni necessarie; la decisione finale sulle quote da assegnare a ciascun paese non dipende però solo da parametri oggettivi ma assume un'importante valenza politica. Il F. ha recentemente deliberato un sostanziale aumento delle quote (+50%) che andrà in vigore non appena ratificato da una maggioranza qualificata di paesi membri. Le nuove quote riconoscono l'accresciuto peso economico della Germania e del Giappone (v. tab. 1).

La moneta fiduciaria del F., il DSP, è stata utilizzata più volte per assegnazioni ai paesi membri nel corso degli ultimi difficili anni per il sistema internazionale dei pagamenti. Successive assegnazioni nel 1979, 1980, 1981, e l'ultima nel 1982, hanno portato il numero di DSP finora creati al totale attuale di 21,4 miliardi, corrispondente a circa 28 miliardi di dollari.

Nonostante questa notevole cifra di DSP in circolazione (oltre il 3% di tutte le riserve valutarie esistenti), è ormai abbastanza evidente che l'ambizioso piano originario di far diventare il DSP la principale riserva valutaria mondiale e il fulcro di un nuovo standard monetario su cui basare il sistema internazionale dei pagamenti non appare in via di realizzazione. La grandissima maggioranza delle transazioni internazionali continua infatti ad avvenire in dollari e in altre valute convertibili, e altre monete paniere regionali, come l'ECU, sembrano avere acquistato una capacità di esistenza autonoma che il DSP non ha mai avuto. Negli ultimi anni l'assegnazione di nuove quote di DSP è stata più volte sollecitata, soprattutto dai PVS più indebitati, ma i paesi industrializzati hanno sostenuto che non sussistono le condizioni globali di scarsa liquidità del sistema internazionale dei pagamenti che avevano portato alle passate assegnazioni.

Per la composizione attuale del paniere del DSP, v. tab. 2. Con la riforma del 1982 il paniere di monete componenti un DSP fu ridotto da 16 a 5, includendovi solo le monete dei cinque paesi che avevano un ruolo preminente nel commercio mondiale − dollaro USA, marco tedesco, yen giapponese, franco francese e sterlina inglese − poiché si valutò che erano queste le monete prevalentemente utilizzate nell'effettuazione dei pagamenti internazionali.

L'abbandono del sistema dei cambi fissi ha reso più complessa la funzione di supervisione che il F. esercitava sulle caratteristiche istituzionali e sulle scelte dei paesi membri in materia di livello dei cambi. L'assenza di un punto di riferimento oggettivo come la parità ufficiale del cambio ha indotto il F. nel dialogo con i paesi membri a prendere progressivamente in considerazione un ampio spettro di variabili (valore e quantità delle esportazioni e importazioni, livello dei salari, dei prezzi e dell'occupazione, quantità di moneta e tassi d'interesse, spese ed entrate fiscali, indebitamento netto verso l'estero e molte altre) al fine di valutare la correttezza del tasso e della politica del cambio adottata dai diversi paesi.

Il F. procede, nella maggior parte dei casi annualmente, a consultazioni che si svolgono nei paesi membri al fine di assicurare che non vengano introdotte nuove restrizioni nel sistema dei pagamenti internazionali e anzi vengano rimosse quelle esistenti. Inoltre, durante le discussioni con le autorità del paese membro, il F. si sforza di suggerire l'adozione di politiche del cambio capaci d'indurre posizioni di equilibrio di lungo periodo negli scambi internazionali.

I paesi membri del F. hanno diritto a ricorrere alle risorse comuni dell'organizzazione quando si trovano in difficoltà nell'effettuare i pagamenti internazionali. Il F. concede finanziamenti ai paesi in difficoltà acquistandone la moneta nazionale e dando in cambio monete convertibili che essi possono utilizzare liberamente per i propri pagamenti. Il paese s'impegna a riacquistare la propria moneta dal F. nei tempi e modi previsti dalle diverse modalità di finanziamento. Il costo dell'uso delle risorse del F. è fissato lievemente al di sotto dei tassi di mercato − attualmente è vicino al 6,5% − in accordo con la natura cooperativa dell'istituzione.

I paesi membri hanno diritto a ritirare la propria reserve tranche senza alcuna condizione e senza che questo costituisca un prestito da parte del F. o dia vita a un obbligo per il paese stesso a un successivo riacquisto della moneta nazionale. I prestiti da parte del F. che portano il suo possesso di moneta nazionale del paese richiedente sopra il limite del 100% della quota sono invece sottoposti a una crescente condizionalità. Per ogni tipo di facilitazione di finanziamento esistono limiti precisi all'accesso delle risorse del F. (tiraggio potenziale). In particolare, i limiti riguardanti gli accordi di stand-by e le facilitazioni allargate possono essere superati solo se il Consiglio esecutivo del F. ritiene che sussistano circostanze eccezionali.

L'intervento finanziario del F. è sempre legato alla condizione che il paese membro che attraversa una crisi di bilancia dei pagamenti adotti politiche adeguate a correggere gli squilibri che l'hanno provocata. In particolare, il F. dovrà ricevere adeguate assicurazioni che il paese sarà in grado di restituire i fondi ricevuti entro i termini concordati. Questa assicurazione è ritenuta indispensabile per mantenere l'integrità finanziaria del F. e preservarne il carattere d'istituzione monetaria, le cui risorse sono sempre a disposizione degli aderenti in caso di bisogno.

Il paese membro che ricorre alle risorse del F. deve specificare le politiche che intende adottare in una ''lettera di intenti'' che le sue autorità indirizzano a quelle del Fondo. Nella lettera è descritto il programma di riforme che dovrebbe portare al superamento della crisi della bilancia dei pagamenti e sono specificati gli obbiettivi intermedi, chiamati criteri di adempimento, attraverso i quali il F. potrà controllare la messa in opera del programma da parte del paese. L'eventuale inosservanza dei criteri di adempimento porterà alla sospensione della possibilità di effettuare prelievi sulle linee di credito concesse dal F. al paese.

Naturalmente il F. può ben poco per cautelarsi contro l'abbandono da parte del paese delle politiche di riforma concordate quando esso avvenga dopo l'erogazione dei prestiti ma prima del loro rimborso. Se un paese incorre in arretrati gravi e persistenti nel rimborso dei prestiti con il F., quest'ultimo lo dichiarerà ineleggibile per ogni ulteriore uso delle sue risorse fino a che la situazione di arretrato non sarà stata completamente sanata.

Nei primi anni Ottanta l'attività di prestito del F. si è intensificata in conseguenza della cosiddetta crisi del debito, che ha visto molti dei PVS trovarsi improvvisamente nell'incapacità di far fronte al costo del proprio indebitamento, mentre le fonti di finanziamento commerciale s'inaridivano e le fonti di finanziamento ufficiale dimostravano la loro inadeguatezza. La tab. 3 mostra l'accelerazione dell'attività di finanziamento del F., che nei quattro anni tra il 1981 e il 1984 ha ceduto ai suoi membri valuta convertibile per un ammontare netto di circa 30 miliardi di DSP (circa 40 miliardi di dollari).

Negli anni tra il 1975 e il 1991 il F. ha adottato 354 accordi di stand-by e facilitazioni allargate con oltre 80 paesi (v. tab. 4). Tra questi troviamo alcuni paesi industrializzati come il Regno Unito (1975 e 1977), l'Italia (1977), la Spagna (1978); vari paesi socialisti come la Repubblica popolare cinese (1981 e 1986), l'Ungheria (1982, 1984 e 1988), la Iugoslavia (7 accordi tra il 1979 e il 1988); e molti dei più grandi tra i PVS tra cui il Brasile (1988), l'Argentina (5 accordi tra il 1976 e il 1987), la Turchia (5 accordi tra il 1978 e il 1984), il Messico (1986), l'Egitto (1977 e 1987).

Di fronte alla grave crisi del debito e al rischio di crisi sistemica per il sistema dei pagamenti internazionali, il F. ha tentato di mobilitare risorse sia delle banche commerciali creditrici, sia dei governi dei paesi che vantavano crediti bilaterali verso i paesi membri in difficoltà. In molti casi, la concessione di ristrutturazioni del debito e la concessione di ''moneta fresca'' da parte di creditori commerciali e ufficiali a paesi in difficoltà nei pagamenti internazionali è stata condizionata a un accordo preliminare tra il paese debitore e il Fondo. Ciò ha rafforzato la condizionalità dei prestiti del F., migliorandone la capacità di richiedere ai paesi l'adozione di politiche adeguate ed esaltandone il ruolo di catalizzatore di risorse, ma lo ha anche esposto alle critiche di chi lo accusava di anteporre gli interessi delle banche e dei governi creditori a quelli dei paesi in difficoltà.

Durante la crisi del debito, ancora non risolta benché ormai più circoscritta, il F. si è impegnato al limite delle risorse finanziarie e tecniche, mostrando elevata duttilità e capacità di mobilitazione. D'altro canto, proprio per la sua natura di istituzione monetaria, più volte confermata dalla maggioranza dei suoi membri, è normale che in alcuni periodi il F. dreni liquidità attraverso il rientro dei prestiti concessi in precedenza. Così negli anni 1986-91 (v. tab. 3) il F. ha drenato 10,1 miliardi di DSP (circa 13,5 miliardi di dollari).

A fianco alle forme di prestito già esaminate il F. ha sviluppato negli ultimi anni altri strumenti di finanziamento che si rivolgono principalmente ai PVS più poveri. Il primo consiste in facilitazioni per l'aggiustamento strutturale, finanziate con i rimborsi del Trust fund che, finanziato a sua volta con la vendita di parte delle riserve auree del F., aveva permesso di elargire prestiti a tassi concessionali (0,75%) ai paesi più poveri con difficoltà nei pagamenti internazionali.

La nuova facilitazione di aggiustamento strutturale, avviata nel 1986, finanzia con un'elargizione triennale le difficoltà di bilancia dei pagamenti dei paesi più poveri causate da problemi e impedimenti allo sviluppo che abbiano natura strutturale. La condizionalità dei prestiti di questa facilitazione si rivolge in parte all'adozione di riforme di natura strutturale in campo agricolo, industriale, di liberalizzazione commerciale, e così via. Nell'elaborare i programmi di riforma i paesi beneficiari possono ottenere l'assistenza congiunta del F. e della Banca mondiale, che concordano con il paese il quadro generale di ristrutturazione dell'economia. Negli anni dal 1986 al 1991 la facilitazione è stata utilizzata per finanziare programmi di riforma in 35 paesi, per un ammontare di risorse impegnate di circa 1,9 miliardi di DSP, oltre 2,5 miliardi di dollari (v. tab. 5).

La gravità dei problemi strutturali e la crisi di sviluppo attraversata da molti dei PVS più poveri ha indotto le autorità del F. a cercare uno strumento più efficace per sostenere adeguatamente lo sforzo di riforma dei paesi più poveri che volevano tentare di superare i propri impedimenti strutturali. A tal fine è stata creata (dicembre 1987) la facilitazione allargata per l'aggiustamento strutturale (v. tab. 5). In quattro anni questa facilitazione, finanziata dal contributo concessionale di molti paesi industriali, ha concesso 18 prestiti pluriennali per un impegno finanziario di 2,5 miliardi di DSP, circa 3 miliardi di dollari. La concessionalità della nuova facilitazione è sempre elevata (il tasso applicato è dello 0,75%) ma la condizionalità è assai marcata. I paesi beneficiari devono impegnarsi ad adottare con rapidità riforme profonde delle proprie strutture economiche per recuperare entro un numero ragionevole di anni un equilibrio di bilancia dei pagamenti.

Tra le altre facilitazioni creditizie ne rimangono alcune, pur se il loro uso appare in declino, con scopi specifici: la facilitazione per la compensazione di gravi fluttuazioni nelle esportazioni, nelle rimesse degli emigranti, nei proventi del turismo, o nel costo d'importazione dei cereali; e la facilitazione per il finanziamento di accordi internazionali miranti a stabilizzare i prezzi di alcune materie prime − stagno, gomma, zucchero − attraverso la manovra delle scorte.

La più recente facilitazione del F., quella per i finanziamenti compensativi e contingenti, decisa nell'agosto 1988, è legata a un programma di riforma sostenuto dalle risorse del F. (accordo di stand-by, facilitazione strutturale allargata, ecc.), che eventi imprevisti al momento della sua definizione potrebbero compromettere. Tra le possibili cause di attivazione di questa facilitazione vi è, oltre alle maggiori voci della bilancia delle partite correnti, l'aumento inatteso dei tassi internazionali d'interesse. Un esperimento che precorreva la logica di questa nuova facilitazione si era avuto nell'accordo di stand-by con il Messico (1986), in cui l'ammontare delle risorse del F. a disposizione del paese era automaticamente aumentato nella contingenza di una riduzione del prezzo del petrolio, prodotto di esportazione del Messico, al di sotto della soglia concordata di 9 dollari al barile.

Bibl.: M. Guitian, Fund conditionality, Washington 1981; IMF, Theoretical aspects of the design of Fund-supported adjustment programs, ivi 1987; G 24, The role of the I.M.F. in adjustment with growth, ivi 1987; D. D. Driscoll, What is the International Monetary Fund, ivi 1988; International financial-statistics, ivi 1992.

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