FORAGGIO

Enciclopedia Italiana (1932)

FORAGGIO (dal fr. fourrage, e questo dal germ. fodr "vettovaglia" da cui deriva anche l'it. ant. fodero "id."; sp. forraje; ted. Futter; ingl. fodder)

Alessandro Vivenza

Con questo nome, e anche con quello di mangime, s'indicano le materie che servono d'alimento al bestiame domestico. Foraggi tipici sono l'erba fresca dei pascoli e dei prati e il fieno ottenuto facendo seccare l'erba dei prati. Ma, oltre a questi, moltissimi altri materiali vengono utilizzati per l'alimentazione del bestiame, ed essi pure, in quanto abbiano tale destinazione, rientrano nella categoria dei foraggi che, secondo le principali caratteristiche, possono venire classificati nei seguenti gruppi.

Erbe fresche. - Erba dei pascoli. - È dovuta a una flora assai complessa di piante emacee spontanee, in prevalenza poliennali e della famiglia Graminacee. Secondo i generi e le specie dominanti, l'erba dei pascoli può costituire foraggio ottimo, buono, mediocre, cattivo. Sono buone piante foraggere le graminacee dei generi Agrostis, Alopecurus, Dactylis, Lolium, Phleum, Poa, ecc.; come pure le leguminose dei generi Lotus, Medicago, Melilotus, Onobrychis, Trifolium, ecc.; sono mediocri foraggere le graminacee dei generi Arrhenatherum, Briza, Bromus, Festuca, Holcus, Glyceria, ecc., e le leguminose dei generi Anthyllis, Astragalus, Lathyrus, Oxytropis, ecc.; sono infine cattive (alcune velenose) le piante di famiglie diverse appartenenti ai generi Aconitum, Artemisia, Arum, Asphodelus, Carduus, Carex, Chrysanthemum, Conium, Colchicum, Cynara, Cyperus, Equisetum, Euphorbia, Helleborus, Juncus, Lamium, Mentha, Orchis, Pastinaca, Petasites, Polygonum, Ranunculus, Rhinanthus, Rumex, Sagittaria, Salvia, Scirpus, ecc. Il prevalere delle erbe buone sulle cattive, fino alla desiderabile assenza delle seconde, dipende dalle condizioni del clima e del terreno, nonché dalle norme seguite nel godimento e nel governo del pascolo.

Erba di prato naturale. - Risulta da una flora simile a quella dei migliori pascoli.

Erba di prato artificiale. - Differisce da quella di prato naturale per essere costituita generalmente da un'unica specie di pianta foraggera, meno frequentemente da due o tre consociate. Sono preferite nella formazione dei prati artificiali le seguenti leguminose poliennali: erba medica, detta anche erba Spagna o erba regia (Medicago sativa); trifoglio rosso o trifoglione (Trifolium pratense); lupinella o crocetta (Onobrychis sativa); sulla (Hedysarum coronarium); trifoglio bianco o ladino (Trifolium repens) e qualche altra di minore importanza. L'erba di prato artificiale ha caratteri e composizione più costanti di quella di prato naturale.

Erba d'erbaio. - Deriva da colture di piante annue a rapido sviluppo, per lo più non fienabili. Gli erbai possono essere di piante graminacee: avena (Avena sativa), orzo (Hordeum vulgare), segala (Secale cereale), granturco o mais (Zea mays), saggina o sorgo (Holcus sorghum), ecc.; di piante leguminose: favetta, favino o fava cavallina (Vicia faba minor), veccia comune (Vicia sativa), trifoglio incarnato o trigonella (Trigonella foenum graecum), pisello da foraggio (Pisum arvense), moco o ingrassabue (Ervum ervilia), soia (Soja hispida), cicerchia selvatica o veccione (Lathyrus silvestris), ecc.; o anche di famiglie diverse: colza (Brassica rapa oleifera), ravizzone (Brassica napus oleifera), senapa bianca (Sinapis alba), cavolo da foraggio (Brassica oleracea acephala), grano saraceno (Polygonum fagopyrum), ecc.

Erbe raccogliticce. - Sono ottenute con la scerbatura del frumento e d'altre colture; sono utilizzabili come foraggio, purché sceverate da erbe cattive e ben rinettate dalla terra di cui possono essere imbrattate. Sono utilizzabili come foraggio gli scarti di alcuni prodotti erbacei campestri e ortensi; fra questi merita particolare menzione la scollettatura di barbabietola da zucchero, ossia la parte caulinare e fogliare della barbabietola che, alla raccolta viene staccata dalla radice destinata allo zuccherificio.

Foglie d'alberi e arbusti. - La foglia d'olmo (Ulmus campestris), durante l'estate, costituisce buon foraggio fresco. In certi casi s'utilizza anche la foglia di pioppo comune (Populus nigra), quella di robinia (Robinia pseudo-acacia) opportunamente sceverata dalle spine, e anche quelle di orniello (Fraxinus ornus), di acero (Acer campestre), di quercia (Quercus robur), di salice (Salix alba, triandra, purpurea); in autunno, raccolte prima che cadano, le foglie di gelso (Morus alba, M. nigra), di fico (Ficus carica), ecc. Nei paesi a clima arido s'utilizzano anche le foglie di diversi arbusti, come carpino (Carpinus betulus), ligustro (Ligustrum lucidum), vite (Vitis vinifera), canna comune (Arundo donax), ecc. Servono per foraggio anche i cladodî (articoli o pale) più teneri e non spinosi di fico d'India (Opuntia ficus indica), la fronda di potatura dell'olivo domestico (olea europaea) e di quello selvatico detto oleastro, ecc.

Fieni. - Fieno di prato naturale. - È ottenuto per essiccazione (fienagione o affienamento) dell'erba di prato naturale. La qualità di questo fieno varia a seconda della flora del prato e della diligenza usata nella preparazione e coservazione; se il prato naturale produce più di uno sfalcio, come avviene sempre nei prati irrigui, il fieno ottenuto col primo sfalcio (in maggio-giugno) viene detto maggengo ed è più pregiato dei prodotti dei successivi tagli, che prendono rispettivamente i nomi di agostano, ricetta o ritorta, terzuolo, quartirolo.

Fieno di prato artificiale. - Ordinariamente deriva da unica pianta foraggera della famiglia delle leguminose; si ha perciò il fieno di medica, di trifoglio pratense, di trifoglio ladino, di lupinella, di sulla, ecc. Talora anche da qualche erbaio si può ottenere del fieno classificabile come fieno di prato artificiale; a ciò si presta specialmente l'avena coltivata da sola o in consociazione con veccia, trigonella, ecc.

Fieno bruno. - S'ottiene con uno speciale metodo di fienagione consigliabile quando l'essiccazione del foraggio viene ostacolata da frequenti piogge; il fieno così preparato acquista speciale odore di fermentato e assume un colore bruno. Il buon fieno, che rappresenta il principale foraggio per l'alimentazione del bestiame alla stalla, deriva da rapida essiccazione dell'erba di prato falciata quando è in fioritura. Il fieno di buona qualità, ricco di foglioline e fiori, ha colore ordinariamente verde ed è dotato di speciale profumo, variabile secondo le qualità delle erbe che lo costituiscono, ma sempre gradevole e bene accetto al bestiame, cui è bene somministrarlo sempre trinciato. Esistono fieni difettosi e alterati, che quasi sempre hanno scarso valore nutritivo e sono male accetti dal bestiame cui possono riuscire anche nocivi. Tali sono il fieno muffito, dilavato, marcito, rugginoso, carbonioso, duro, terroso. Rimedî d'una certa efficacia contro gli indicati difetti del fieno sono il passaggio al battitore d'un macchina trebbiatrice e la salatura con sale pastorizio.

Paglie, pule, spate, detriti vegetali diversi. - Le paglie di cereali, cioè di frumento, d'avena, d'orzo, di segala, di riso, ecc., vengono in parte utilizzate per l'alimentazione del bestiame, somministrandole sempre trinciate e opportunamente mescolate o alternate con altri foraggi più nutrienti. Così pure le paglie di leguminose, cioè steli secchi e nudi di fava, veccia, fagiolo, pisello e d'altre leguminose da granella. In questo gruppo si possono collocare anche gli steli residui della trebbiatura di leguminose pratensi (medica, trifoglio, ecc.) lasciate fruttificare per ottenerne il seme; tali residui hanno valore alimentare molto inferiore a quello del fieno delle pratensi medesime.

La pula di frumento mutico, cioè a spiga priva di reste, ha valore superiore alla paglia di frumento. Pula di riso: la prima pula, detta anche lolla o bullone, non serve come foraggio; sono invece utilizzate per l'alimentazione del bestiame altre pule fine che, nella pilatura del riso, vengono a separarsi successivamente. La pula di leguminose è costituita da detriti di foglie, fiori e involucri di frutti, separati per ventilazione durante la trebbiatura di leguminose da seme (fava, veccia, fagiolo, pisello, ecc.) e anche di leguminose pratensi; queste pule hanno un valore assai superiore a quello delle paglie delle rispettive leguminose.

Spate di granturco, o involucri delle spighe di granturco, costituiscono un foraggio migliore delle paglie di cereali.

Le foglie e le cime di granturco, sono d'uso assai comune come foraggi mediocri. Assai meno usati sono invece i tutoli di granturco che, finemente macinati, possono del pari servire per alimentazione del bestiame.

Granella di cereali. - L'avena è per eccellenza la biada dei cavalli, specialmente nei paesi freddi e temperati. L'orzo può sostituire l'avena, soprattutto nei paesi caldi. Il granturco viene largamente adoperato in zootecnica, specialmente nell'allevamento dei suini e del pollame, sia in grani, sia ridotto in farina. La saggina trova pure simile impiego. La segala viene in parte usata per l'alimentazione del bestiame, specialmente sotto forma di beveroni di farina di segala. Il miglio e il panico sono gradito alimento per piccoli volatili.

Granella di leguminose. - La fava, specialmente quella a seme piccolo, convenientemente franta o sfarinata, costituisce biada d'elevato valore nutritivo; così pure le granella di veccia, pisello dei campi, moco, lupino (dopo cottura e indolcimento in acqua corrente), soia, trigonella o fieno greco, ecc.; la trigonella possiede buone qualità alimentari come granella, come erba e come fieno, ma infonde cattivo gusto ai prodotti del bestiame (carne, latte, uova), onde la necessità di farne uso limitato.

Radici carnose e tuberi. - La barbabietola da foraggio (Beta vulgaris) fornisce con le sue grosse radici zuccherine, opportunamente ridotte in fette o strisce, alimento fresco e gradito al bestiame di ogni specie. La rapa da foraggio (Brassica rapa) e la carota da foraggio (Daucus carota) hanno simile impiego in paesi temperati e freddi. I tuberi di patata fra i varî impieghi possono avere anche quello d'ottimo alimento pel bestiame; conviene somministrarli previa cottura. Il girasole tuberoso (Helianthus annuus), detto anche topinambur o pero di terra, produce tuberi ricchi d'inulina, utilizzabili come quelli di patata.

Frutti diversi. - La zucca da foraggio (Cucurbita pepo) fornisce frutti voluminosi e serbevoli, adatti per l'alimento dei suini. La ghianda delle varie specie di quercia (Quercus robur, Q. pedunculata, Q. cerris, Q. ilex, ecc.) costituisce l'alimento preferito dai suini, i quali se ne cibano anche al pascolo sotto le querce ghiandifere. La castagna (Castanea vesca) di specie selvatica, se non utilizzata per l'alimentazione umana, può avere la stessa destinazione della ghianda. Il frutto della carruba (Ceratonia siliqua), ricchissimo di zuccheri, costituisce buon foraggio. La frutta di scarto (immatura o semiguasta), specialmente mele, pere, fichi, ecc., è utilizzabile nell'alimentazione dei suini. Uguale utilizzazione possono avere le bucce di certi frutti consumati dall'uomo, come cocomero, melone, fichi d'India, ecc.

Erbe fresche e semisecche conservate in masse compresse (foraggi insilati o infossati). - Differiscono a seconda che il silos venga riempito d'erbe appena falciate o semplicemente appassite, oppure con erbe in corso d'affienamento, cioè semisecche o quasi secche; nel primo caso il foraggio subisce energica fermentazione, ma si discosta poco dall'erba fresca per la sua acquosità; nel secondo caso il foraggio, poco fermentato, s'avvicina più al fieno.

Panelli oleosi. - Derivano da semi oleosi ridotti in farina e sottoposti a forti pressioni per estrarne la maggior parte dell'olio in essi contenuto; talora, per ulteriore trattamento al solfuro di carbonio, i panelli rimangono del tutto privi di materia grassa. I panelli più usati per alimentazione del bestiame sono quelli di lino (Linum usitatissimum), di sesamo (Sesamum indicum), di cocco (Cocos nucifera), di soia, d'arachide (Arachis hypogea), ma trovano simile impiego anche quelli di cotone (Gossypium heroaceum), colza, ravizzone, papavero (Papaver somniferum), girasole (Helianthus annuus), madia (Madia sativa), cartamo (Carthamus tinctorius), pomodoro (Solanum lycopersicum) e altri. I panelli di cotone, d'arachide, di girasole, di cartamo hanno valore diverso secondo che derivano da seme o frutto decorticato o no prima della macinazione. In commercio si trovano anche panelli di granturco ottenuti, nell'utilizzazione industriale di questo cereale, col separare meccanicamente quella parte della cariosside che contiene l'embrione, ricco d'olio estraibile come quello dei semi oleosi. Essendo i panelli in forma di dischi o mattonelle compresse, per somministrarli al bestiame richiedono speciale preparazione, cioè triturazione e ammollamento in acqua.

Residui di industrie diverse. - Materie vegetali. - Crusca di cereali (per lo più di frumento e di granturco), mangime d'uso assai comune somministrato al bestiame in forma di beverone o di pastone. Crusca d'arachide è il cascame di decorticazione del frutto d'arachide; vale molto meno della crusca di cereali. Risina è un basso prodotto della lavorazione del riso, costituito di frammenti di granelli di riso; viene in parte usata per becchime al pollame. Polpa di barbabietola da zucchero è il residuo delle radici di barbabietola trinciate e private dei succhi zuccherini; appena tolta dai diffusori è molto acquosa; ordinariamente viene pressata per eliminarne l'eccesso d'acqua. Allo stato fresco si conserva facilmente e a lungo in masse ricoperte di terra; talora tale foraggio viene essiccato per poterlo trasportare lontano e conservare indefinitamente. Borlanda delle distillerie di mais o patata è il principale residuo dell'utilizzazione industriale di detti prodotti; può essere fresca o essiccata. Trebbie delle birrerie sono ciò che rimane del malto d'orzo che ha servito alla preparazione della birra; anch'esse s'utilizzano fresche o secche. I germi di malto risultano d'un miscuglio di fusticini e radichette sviluppatesi dall'orzo nel processo di germinazione cui viene sottoposto per la sua trasformazione in malto. La vinaccia d'uva è utilizzabile come foraggio, sia con i graspi o racemi, sia senza graspi, tanto vergine (appena separato il mosto) quanto fermentata e anche distillata; è foraggio mediocre, perciò può entrare solo in limitate proporzioni nella razione alimentare. Sansa d'oliva, o residuo dell'estrazione dell'olio dell'oliva macinata, è costituita principalmente dalle bucce dell'oliva, dalla polpa esaurita e ridotta in piccoli grumi e dal nocciolo spezzato. Per usare la sansa come foraggio bisogna disossarla, ossia privarla dei frantumi di nocciolo, almeno dei più grossetti, il che viene eseguito con adatti apparecchi. Questo mangime va somministrato con determinate regole perché di non facile digestione. Melassa di barbabietola: questo residuo degli zuccherifici può anche avere impiego zootecnico, se convenientemente mescolato ad altri foraggi a guisa di condimento. Il pastazzo di agrumi, ossia residuo delle industrie agrumarie (bucce e polpe spremute di limone e d'altri agrumi), nelle regioni agrumarie viene in parte utilizzato per foraggio, specialmente nell'alimentazione della capra e dei bovini. I letti di bachi da seta (residui di foglia di gelso e cacherelli), se non muffiti e provenienti da allevamenti immuni da malattie, costituiscono anche un ottimo foraggio.

Materie animali. - Siero di latte, il principale residuo dei caseifici, ordinariamente viene somministrato ai suini giovani; similmente viene talora utilizzato il latticello di burro e, in determinate circostanze, anche il latte scremato. Il sangue secco, preparato nei macelli con adatto trattamento, viene talora introdotto nella composizione di speciali razioni alimentari per i suini e per il pollame. Si possono anche utilizzare la farina îi carne e la farina di pesce, preparate per uso zootecnico.

Come risulta dall'elencazione che si è fatta, la massima parte dei foraggi vengono prodotti direttamente dal suolo; in piccola parte derivano da industrie agrarie e non agrarie. I foraggi prodotti direttamente dal suolo vengono ottenuti: a) da colture esclusivamente o prevalentemente da foraggio, o foraggere propriamente dette: pascoli e prati; b) da colture di piante che hanno soltanto come funzione secondaria quella di produrre foraggio: erbai; c) da colture le quali, oltre a un prodotto principale, che non è foraggio, dànno altri prodotti aggiunti utilizzabili come foraggio: cereali, leguminose da granella, piante da radice carnosa e da tubero, ecc.; tali sono quasi tutte le piante agrarie, pochissime escluse; d) da erbe cresciute spontaneamente in mezzo ad altre colture; c) da alcune colture legnose.

Per avere un'idea dell'importanza della produzione foraggera, basti considerare che circa 1/3 della superficie agraria dell'Italia è destinata a colture foraggere e che quasi tutte le altre colture dànno quantità non trascurabili di prodotti aggiunti o sottoprodotti utilizzabili come foraggi. Riducendo, mediante opportuno calcolo, tutti i foraggi prodotti ed utilizzati in Italia a quantità equivalenti di fieno normale di prato naturale, si può riassumere approssimativamente nelle seguenti cifre la produzione foraggera italiana:

Il valore dei diversi foraggi dipende essenzialmente dalle quantità di sostanze nutritive digeribili che ciascuno di essi contiene. In misura minore, ma non trascurabile, sul valore dei foraggi influiscono anche le qualità organolettiche, per le quali riescono più o meno graditi al bestiame, e altresì il contenuto di sostanze stimolanti e integrative delle loro proprietà nutritive, quali sono gli enzimi di diverse specie. Le numerosissime sostanze nutritive contenute nei foraggi appartengono a due gruppi principali, ossia sostanze proteiche e affini; sostanze carboidrate e grassi. Secondo le diverse specie d'animali e la speciale produzione che da essi si esige, nonché secondo l'intensità produttiva cui gli animali stessi vengono sottoposti, deve variare non solo la complessiva razione alimentare, ma anche il rapporto fra le sostanze digeribili nei due gruppi suddetti. In certi casi giova un rapporto nutritivo stretto, per esempio 1:2; in altri casi è preferibile un rapporto largo, per esempio 1:6. Per ottenere razioni corrispondenti al voluto rapporto nutritivo conviene fare appropriati miscugli di foraggi diversi, oppure, nella foraggiata giornaliera, alternare opportunamente diverse specie di foraggi. Poiché le sostanze del primo gruppo hanno valore considerevolmente superiore a quelle del secondo gruppo (specialmente ai carboidrati che ordinariamente prevalgono di gran lunga sui grassi), vengono maggiormente apprezzati i foraggi ricchi di sostanze proteiche e affini digeribili. Per confrontare i diversi foraggi in base al loro valore nutritivo, che dovrebbe essere proporzionale, almeno approssimativamente, al loro prezzo commerciale, gli zootecnici usano diversi modi. Il più antico, e ancora molto usato, è quello di considerare come foraggio tipo il buon fieno di prato naturale e d'indicare per ciascuno degli altri foraggi la quantità ritenuta equivalente per effetto nutritivo (specialmente per il contenuto in sostanze azotate) a 100 di detto fieno di prato naturale. Eccone il risultato per alcuni foraggi:

Altro metodo di valutazione dei foraggi è quello di O. Kellner, secondo il quale per ciascun foraggio il complesso delle sostanze nutritive digeribili viene computato in equivalenti d'amido per cento di foraggio (v. appresso). Recentemente ha acquistato credito fra gli allevatori di bestiame un altro metodo col quale ai diversi foraggi si attribuisce un congruo numero di unità foraggere commerciali. Tale unità foraggera corrisponde all'entità alimentare di un chilogrammo di orzo, la quale a sua volta corrisponde a quella di circa kg. 2,400 di buon fieno di prato naturale. Ciò in base all'esperienza pratica.

In base ai dati suesposti è possibile comporre adatte razioni alimentari, tenendo conto che, per le diverse specie di animali, come pure per le diverse età e destinazioni produttive degli animali d'una stessa specie, le relazioni nutritive debbono opportunamente variare. Così, per es., per i bovini le relazioni nutritive da adottarsi sono approssimativamente le seguenti:

Naturalmente nella scelta dei foraggi per comporre le razioni bisogna tener presente anche l'opportunità d'evitare la somministrazione di foraggi grossolani a bestiame molto giovane e a bestiame sottoposto all'ingrassamento. Inoltre conviene comporre le razioni compensando i foraggi a basso contenuto di principî nutritivi digeribili con altri foraggi che siano invece più o meno concentrati; ciò allo scopo di formare complessivamente una massa alimentare che rappresenti un carico ben proporzionato alla capacità del ventricolo e alla potenzialità digestiva dell'animale.

Il foraggio rispondente alla voluta relazione nutritiva viene poi distribuito a ciascun capo in quantità proporzionata al suo peso vivo; per i bovini adulti la più conveniente razione, riferita a foraggio secco all'aria, è di circa kg. 2,500 per quintale di peso vivo e per giorno. Se la razione fosse costituita esclusivamente di buon fieno di prato naturale, basterebbe la quantità di circa kg. 1,700 al giorno, sempre per ogni 100 kg. di peso vivo.

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