Fordismo

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

fordismo


Paradigma di organizzazione della produzione di massa sviluppato nei primi anni del 20° sec. in applicazione pratica dei principi di organizzazione scientifica del lavoro elaborati da F.W. Taylor (➔ taylorismo). Introdotto da H. Ford nella propria impresa a partire dal 1913, rappresenta una risposta ai limiti della tecnologia e delle prassi organizzative dei primi decenni del capitalismo. All’introduzione di criteri scientifici nell’organizzazione del lavoro di fabbrica doveva altresì corrispondere, secondo Ford, la ricerca di una qualità sempre più elevata della produzione, orientata verso una ristretta gamma di modelli concepiti per una lunga durata. Il f. si diffuse ben presto nei comparti più moderni del sistema industriale statunitense per estendersi poi in altri Paesi.

La filosofia fordista

Alla sua base c’è l’idea che i nuovi modelli di organizzazione della produzione possono attivare un circolo virtuoso capace di alimentare una crescita pressoché illimitata. Nella filosofia fordista, la fabbrica è luogo centrale di tutte le decisioni strategiche: è la produzione che crea il mercato, tanto che Ford diceva che «tutto ciò che si produce si vende». Dal punto di vista pratico, l’addestramento scientifico dei lavoratori, la standardizzazione e la semplificazione dei processi e l’introduzione della catena di montaggio rendono possibili produzioni su larga scala. Nello stesso tempo, la concentrazione delle attività in grandi impianti industriali permette di sfruttare economie di scala e di ridurre progressivamente il costo unitario dei prodotti e quindi il loro prezzo di vendita. Un altro fattore critico per comprendere il f. è il ‘cottimo differenziale’, il nuovo meccanismo retributivo in base al quale il salario è determinato dalle quantità prodotte in un certo arco di tempo, ma in modo differenziato in base al volume o al numero complessivo di pezzi prodotti (per es., una unità di salario per ogni pezzo fino a 100, ma se i pezzi realizzati sono 120 il salario unitario aumenta a 1,5). Questo modello, pur se ampiamente criticato per i possibili impatti sulla qualità del lavoro (ambiente estremamente competitivo, accelerazione eccessiva dei ritmi), contribuì a un deciso incremento dei salari dei lavoratori delle fabbriche e quindi ad alimentare il circolo virtuoso.

Grazie al mutamento nell’organizzazione del lavoro di fabbrica si possono accrescere i redditi dei lavoratori, senza una diminuzione ma anzi con un aumento dei profitti. Traducendosi in incrementi nella quantità dei beni di consumo domandati, i più alti salari consentono la realizzazione della produzione di massa, che si accompagna alla maggiore produttività del lavoro.

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