Dubitative, formule

Enciclopedia dell'Italiano (2010)

dubitative, formule

Cristiana De Santis

Definizione

Le formule dubitative sono elementi eterogenei (parole, sintagmi, frasi) accomunati dalla funzione di esprimere un atteggiamento di dubbio o di incertezza del parlante rispetto al contenuto dell’enunciato.

Nel dialogo possono esprimere il dubbio alcune interiezioni (➔ interiezione) come mah, boh, ehm, uhm. Altri elementi che possono essere utilizzati con la stessa funzione sono alcuni ➔ avverbi spesso etichettati nelle grammatiche come avverbi di giudizio e più in particolare di dubbio: forse, probabilmente, magari, facilmente, difficilmente, possibilmente. Questi possono essere usati in modo assoluto, come sostituti di frasi, per fornire brevi risposte a domande parziali o aperte (ovvero che non hanno come risposta o no; ➔ interrogative dirette), modulando il grado di certezza dell’affermazione:

(1) «Verrai?» «Forse»

o come modalizzatori all’interno di un enunciato (➔ modalità), per indebolirlo in modo più (2) o meno (3) netto:

(2) difficilmente verrà domani

(3) probabilmente / forse / magari verrà domani

Hanno valore più propriamente eventuale le formule caso mai (scritto anche nella forma unita casomai), se mai (scritto anche nella forma unita semmai), nel caso, all’occorrenza, tutt’al più (anche nella forma tuttalpiù), eventualmente, ecc., che presentano il contenuto dell’enunciato come una possibilità.

Possono essere considerate sinonimi di forse le espressioni può darsi e può essere, usate sia in modo assoluto, come formule di risposta (4), sia come inciso, sia per introdurre una completiva (5):

(4) «Verrai?» «Può darsi / essere»

(5) può darsi / può essere che venga.

Completive e interrogative

Completive dubitative (con il verbo al congiuntivo, ma anche all’indicativo; ➔ completive, frasi) possono essere introdotte anche da verbi come credere, dubitare e dagli impersonali parere e sembrare (all’indicativo o al condizionale):

(6) credo che (non) venga

(7) dubito che venga / verrà / viene

(8) pare / parrebbe / sembra / sembrerebbe che (non) venga

o da aggettivi come facile, difficile, probabile, possibile (ma anche detto e sicuro accompagnati da negazione), costruiti con il verbo essere:

(9)   è probabile / possibile / facile / difficile che venga

(10) non è detto / sicuro che venga

Queste formule possono essere usate anche in modo assoluto, nelle risposte:

(11) «Verrai?» «È possibile / probabile / facile / difficile»

(12) «Verrai?» «Non è detto / sicuro»

Citiamo inoltre le completive rette da nomi appartenenti all’area del dubbio come probabilità e possibilità, costruite con i verbi avere (13), esserci (14, 15) ed essere (16):

(13) ho poche probabilità di venire

(14) ci sono poche probabilità che venga

(15) c’è la possibilità che venga

(16) le possibilità che venga sono minime

Si noti che all’avverbio probabilmente (e alle locuzioni equivalenti con buona / tutta probabilità) corrispondono le costruzioni con l’aggettivo probabile (9) o col nome probabilità (13, 14), allo stesso modo per cui a possibilmente corrispondono le costruzioni con possibile (9) e possibilità (15, 16).

Chissà introduce interrogative indirette (con statuto di completive) introdotte da se (17) o da che (18); nel parlato queste frasi sono spesso caratterizzate da una curva intonativa che le rende simili alle esclamative:

(17) chissà se verrà

(18) chissà che non riesca a venire

Al posto di chissà possiamo trovare l’espressione analitica con anaforico integrato chi lo sa; entrambe possono essere usate anche come formule di risposta:

(19) «Verrai?» «Chissà / Chi lo sa?»

In generale, hanno valore dubitativo le interrogative introdotte da se:

(20) mi chiedo se verrà

(21) non so se verrà

La formula non (lo) so può essere usata anche in modo assoluto, con valore di risposta:

(22) «Verrai?» «Non lo so»

Per segnalare il dubbio o l’incertezza è frequente l’uso di un verbo modale come potere o dovere al condizionale:

(23) potrebbe / dovrebbe venire

o l’uso modale del verbo (congiuntivo in frase indipendente):

(24) che venga?

(25) e se venisse?

Esprimono incertezza anche una serie di frasi interrogative dirette (➔ interrogative dirette) col verbo all’infinito, come (26), parafrasabile come «non so che fare»; uguale significato dubitativo hanno le interrogative come (27), costruite coi verbi dovere e potere all’indicativo o al condizionale:

(26) che fare?

(27) cosa posso / potrei fare?

Formule

Nel dialogo è frequente inoltre il ricorso a formule con valore pragmatico esprimenti dubbio o incredulità, come tu dici?, credi davvero?

In contesti monologici è frequente l’uso di formule come mi sembra, mi pare, può essere, è possibile, ecc., anche come inciso, non tanto per esprimere un dubbio sulla veridicità dell’enunciato, ma per attenuarne la portata argomentativa, presentandone il contenuto come una possibilità anziché come una certezza. Hanno valore attenuativo anche le formule in una certa / qualche misura, in un certo senso, in un certo qual modo, da un certo punto di vista, ecc.

Citiamo l’avverbio quasi, che può essere usato per attenuare la perentorietà dell’enunciato:

(28) direi quasi che ci siamo

o può essere reiterato per esprimere, più che il dubbio, la propensione ad agire:

(29) quasi quasi me ne vado

Anche forse, quando è reduplicato, esprime maggiore probabilità:

(30) forse forse me lo compro

Quando forse è seguito da che introduce un’interrogativa retorica:

(31) forse che non ci conosciamo?

Tipica soluzione del linguaggio giornalistico moderno, per esprimere dubbio o per indicare che una data notizia non è sicura o di fonte diretta, è l’uso del condizionale:

(32) il presidente del consiglio sarebbe indagato per malversazione

(33) le elezioni regionali si concluderebbero con un vantaggio della sinistra

La frequenza di tale uso, che si è diffuso anche nel linguaggio burocratico e nella lingua comune, ha dato luogo a una frase fatta, anche questa tipica delle formule giornalistiche, per indicare che quel che si dice non ha riscontri diretti: «il condizionale è d’obbligo».

Studi

Dardano, Maurizio & Trifone, Pietro (1997), La nuova grammatica della lingua italiana, Bologna, Zanichelli.

Prandi, Michele (2006), Le regole e le scelte. Introduzione alla grammatica italiana, Torino, UTET Università.

Schwarze, Christoph (2009), Grammatica della lingua italiana, a cura di A. Colombo, Roma, Carocci (ed. orig. Grammatik der italienischen Sprache, Tübingen, Niemeyer, 1988).

Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.

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