Fornaci

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

fornaci

Andrea Carobene

Fuoco e calore per la produzione industriale

Con il termine fornace si indicano i forni usati per la produzione dei materiali da costruzione come cemento o calce, o i forni impiegati nell'industria metallurgica. Le fornaci vengono utilizzate fin dall'antichità, ma hanno conosciuto una grande evoluzione tecnologica a partire dalla rivoluzione industriale

Una storia antica quanto l'uomo

La storia delle fornaci è molto antica: l'uomo scoprì casualmente, già verso la fine del 4° millennio a.C., che, fondendo alcuni minerali, si ricavavano masse metalliche. Più avanti fu chiaro che la lavorazione di tali minerali avveniva più facilmente in forni speciali: le prime fornaci.

La forma più elementare di fornace era rappresentata da un foro scavato nel terreno rivestito di argilla o di pietre. Successivamente si introdusse il crogiuolo, una sorta di pentola attraverso la quale si colava il minerale fuso. Occorre dire che le temperature per fondere minerali come quelli contenenti il rame non sono eccessivamente elevate: si aggirano infatti attorno agli 800÷1.000 °C a seconda del contenuto in metallo, una temperatura che poteva essere agevolmente raggiunta con i combustibili disponibili a quel tempo. Attorno al 2000 a.C. si diffusero le leghe del rame come il bronzo, e successivamente, verso gli ultimi secoli del 2° millennio, ebbe inizio la metallurgia del ferro.

Tra i forni utilizzati nell'antichità per la fusione del rame, vi era quello a tino, formato da due contenitori sovrapposti, divisi da una stretta imboccatura: in quello inferiore era inserito il carbone, mentre il minerale metallico era posto in quello superiore, da cui colava in continuazione il metallo.

Un'altra fornace, usata per la fusione dei minerali di ferro, era detta forno catalano, usato in Spagna e in Francia ancora fino al 17° secolo. Per aumentare la temperatura della combustione si utilizzavano grossi mantici che soffiavano in continuazione aria.

Oltre che per i metalli, le fornaci furono utilizzate fin dall'antichità anche per cuocere l'argilla, per ottenere materiali da utilizzare per la costruzione, o per la produzione di oggetti ornamentali e utensili. Se per produrre la terracotta basta poco più del calore di un fuoco, per lavorazioni più raffinate, come quella della porcellana (ceramica e porcellana), è necessario raggiungere temperature più elevate, e quindi utilizzare fornaci vere e proprie.

Dal carbone al coke

L'arte della fusione non si perse durante il Medioevo e il Rinascimento, ma senza dubbio fu solo con la rivoluzione industriale che il fabbisogno crescente di acciaio modificò profondamente la tecnologia delle fornaci.

Una delle migliorie più importanti fu la sostituzione del carbone di legna col carbone fossile, che permette di raggiungere temperature maggiori. In seguito, un ulteriore miglioramento avvenne con la sostituzione del carbone fossile con il coke, una sua variante a basso contenuto di zolfo, un elemento che tende a indebolire il metallo. Il primo a introdurre il processo di produzione del coke fu, all'inizio del 17° secolo, l'inglese Abraham Dardy. In quegli anni fu anche inventato il forno a riverbero, nel quale il minerale non entrava a contatto diretto con il carbone.

Continuarono a essere introdotte nuove migliorie, tra cui l'altoforno, in cui macchine a vapore soffiano aria nella camera di combustione, permettendo così di raggiungere temperature più elevate grazie alla maggiore presenza di ossigeno. Questo permise tra l'altro l'avvio della produzione su grande scala dell'acciaio, la lega metallica composta da ferro e carbonio che sarebbe stata la protagonista della rivoluzione industriale.

Senza adeguate fornaci sarebbe stato impossibile ottenere i quantitativi di acciaio necessari per l'industria, perché se la temperatura all'interno del forno è troppo bassa non si produce acciaio ma ghisa, una lega di minore qualità, con un contenuto più alto di carbonio. Aumentando la temperatura si elimina invece il carbonio, che viene trasformato in anidride carbonica. Per la produzione di acciaio ebbe un ruolo fondamentale Henry Bessemer, scienziato e imprenditore britannico, che nel 1856 inventò il convertitore mobile (il convertitore Bessemer), un forno montato su perni che ruotava e svuotava il suo contenuto quando le leghe avevano raggiunto la giusta temperatura, e permetteva di ottenere acciaio dalla ghisa.

Fornaci a combustibile, elettriche e a energia solare

Molte delle tecniche finora descritte sono ancora oggi in uso. Le fornaci usate attualmente sono a combustibile, ad archi elettrici, a energia solare.

I forni a combustibile, in molti casi, utilizzano tecnologie e metodiche scoperte da centinaia di secoli. In particolare, esistono ancora oggi i forni a tino. La differenza principale rispetto a quelli dell'antichità è che il profilo del forno è calcolato in modo da ottimizzare il rendimento termico ottenuto dal movimento dei vapori e dei gas prodotti dalla combustione. Questi forni sono utilizzati nell'industria siderurgica, per esempio nella produzione della ghisa, ma anche della calce per l'industria edilizia.

Particolari forni a combustibile sono i forni Herreshof che contengono al loro interno una serie di ripiani da cui cadono progressivamente, anche per l'azione di bracci meccanici, i materiali da fondere.

Un altro forno caratteristico è il forno Hoffmann, che ha sviluppo orizzontale: da una parte è racchiuso il combustibile e dall'altra, ma sullo stesso piano, il materiale da trasformare in laterizi, ossia in calce, cemento e così via. Questo tipo di forno è ampiamente utilizzato per la produzione di mattoni. A partire dal 1850 si iniziarono a costruire i forni elettrici, che consentono di raggiungere temperature superiori a quelle ottenute con forni che utilizzano normali combustibili. Questi forni possono funzionare o tramite resistenze elettriche o sfruttando il riscaldamento che si può produrre quando campi elettromagnetici che cambiano nel tempo investono oggetti di metallo.

Fornaci particolari sono poi quelle funzionanti a energia solare che concentrano i raggi del Sole attraverso uno specchio, raggiungendo temperature particolarmente elevate. Una di queste fornaci, realizzata dal Centro nazionale della ricerca scientifica francese CNRS, è situata a Odeillo, nei Pirenei orientali, e consente di raggiungere temperature che variano tra gli 800 °C e i 2.500 °C, anche se la temperatura teoricamente raggiungibile è di 3.800 °C.

Fornaci per lo zolfo

Grande importanza hanno anche le fornaci utilizzate per estrarre lo zolfo dal minerale grezzo, detto ganga. La prima fornace moderna per la lavorazione dello zolfo fu il cosiddetto calcarone, introdotto a metà dell'Ottocento. È costituito da un'ampia fossa circolare, circondata da mura robuste, che veniva riempita di materiale grezzo fino alla sommità. La ganga veniva poi ricoperta con strati di rosticcio (materiale di scarto delle precedenti fusioni) per evitare dispersioni di gas tossici come l'anidride solforosa e per rallentare la combustione. Gli operai provvedevano quindi ad accendere il cumulo di ganga, e la combustione di parte dello zolfo causava, nel corso di alcuni giorni, la fusione della parte restante. Da un foro nella parte anteriore della fornace fuoriusciva lo zolfo liquefatto che veniva raccolto in pani.

Un'evoluzione moderna dal calcarone è il forno Gill, basato sullo stesso principio ma sfruttato con maggiore efficienza. In questo forno è presente una copertura dell'ammasso di ganga in muratura ed esistono tre o quattro camere di combustione unite tra loro da canali di comunicazione. L'accensione della prima camera provoca la successiva accensione delle altre. Tale sistema permetteva una minore dispersione del minerale, una combustione più veloce e a ciclo continuo.

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