Forza

Dizionario di filosofia (2009)

forza


Nel senso generale di causa operante, di potenza di produrre determinati effetti, il concetto di forza si delineò nel pensiero greco arcaico quale espressione dell’attività ordinatrice e regolatrice di un Universo concepito come animato, trovando una prima articolazione nella dottrina empedoclea dei principi attivi antagonisti dell’«Amicizia» e della «Discordia», governanti le associazioni e dissociazioni dei quattro elementi o nature originarie (terra, acqua, aria e fuoco) postulati dai primi cosmologi, e in quella anassagorea del νοῦς, principio dinamico intelligente non mescolato alla materia seminale da esso organizzata. Nel significato di δύναμις, di capacità di compiere una determinata attività, correlata all’ἐνέργεια, all’esercizio di tale attività, la nozione di f. assunse particolare rilievo nella fisica e nella metafisica aristotelica, soprattutto in rapporto all’analisi del moto, secondo l’opposizione, destinata a segnare la storia della meccanica premoderna, in moto naturale e moto violento o contro natura, e dei suoi effetti qualitativi e quantitativi: la f. inerente o inclinazione (ῥοπή) da cui si origina il moto naturale di un corpo in caduta è pensata come proporzionale al suo peso e inversamente proporzionale alla densità del mezzo attraversato, mentre la velocità di un corpo in moto violento è ritenuta proporzionale alla f. esterna (ἰσχύς) applicata e inversamente proporzionale al peso del corpo stesso. Nello stoicismo l’idea di f. assunse lo statuto di nozione unificante la spiegazione dei fenomeni dell’universo come «simpatia» universale, espressione del λόγος divino o «spirito vivificante» (πνεῦμα) che permea e ordina tutte le cose, fornendo le basi razionali alle f. ‘occulte’ operanti nella tradizione astrologica, magica e alchemica. Esse si inseriscono in un ampio quadro cosmologico integrantesi sincreticamente nella tarda antichità con dottrine neoplatoniche, neopitagoriche, ermetiche e gnostiche. Dall’altro lato, la dottrina stoica della f. come causa ‘attiva’ e l’idea che il movimento sia determinato da una f. interna hanno aperto la via alla critica della teoria aristotelica della persistenza temporanea del moto di un corpo dopo la separazione dal motore per trasmissione della spinta dal lanciatore all’aria circostante; tale critica, avviata da Giovanni Filopono sin dal 6° sec., troverà pieno sviluppo nelle discussioni tardo-medievali sull’impetus o principio intrinseco di moto inerente al corpo e sua realtà permanente, non soggetta a corrompersi e non bisognosa di ulteriore causa. La teorizzazione moderna dell’idea scientifica di f. fu avviata da Keplero, il quale, nel quadro cosmologico radicalmente mutato dal De revolutionibus orbium coelestium di Copernico, segnò una nuova svolta concettuale mediante la determinazione geometrica, espressa dalle sue celebri leggi del moto planetario, delle variazioni del rapporto tra velocità dei pianeti e distanza dal Sole, individuato, sotto l’influenza del De magnete di W. Gilbert, come centro di f. attrattive. Nell’opera di Newton la nozione di f. fu elevata a concetto unificatore dei principi della meccanica razionale, enunciati a partire dalla rielaborazione delle leggi del moto di Keplero, della legge galileiana di caduta dei gravi e dalla determinazione cartesiana del principio d’inerzia. Applicate a punti materiali, le leggi newtoniane del moto si basano sulla fondamentale distinzione tra peso e massa, che consentì la definizione della «quantità di moto» o «momento» di un corpo come prodotto della massa per la velocità e della f. impressa quale causa della velocità di variazione della quantità di moto, nonché sull’unificazione di fisica celeste e fisica terrestre nella teoria della gravitazione universale, forza agente a distanza sulla materia ponderabile in ragione proporzionale al prodotto delle masse e inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Nel corso nel 18° e 19° sec. l’idea di azione a distanza fu sottoposta a numerose critiche nel tentativo di spiegare la gravitazione attraverso la mediazione di un fluido etereo o modelli meccanici fondati sul contatto. All’alba del Novecento la teoria della relatività einsteiniana, iscrivendosi nel solco tracciato dalla fisica del campo inaugurata da Faraday e dal trattamento dinamico, a opera di Maxwell e Lorenz, del mezzo responsabile dei fenomeni elettromagnetici, impresse una profonda riformulazione del concetto di f., nel tentativo di annullare ogni frontiera tra geometria e gravitazione, inserendo il campo quadrimensionale costituente lo spazio-tempo tra le quantità fisiche agenti sulla materia, e su cui questa a sua volta reagisce, secondo un ideale di unificazione delle f. elementari della natura che orienta la ricerca teorica e sperimentale attualmente in corso.