Fotoluminescenza

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

fotoluminescenza

Sergio Carrà

Fenomeno in cui una radiazione elettromagnetica incidente su un campione provoca l’emissione di una radiazione da parte del campione stesso. Esso si distingue dall’emissione nella quale l’eccitazione delle unità emittenti è dovuta all’energia termica. Rientrano nella fotoluminescenza: la fluorescenza – nella quale il processo di emissione si protrae per molto tempo dopo che la radiazione eccitante ha cessato di agire – e la diffusione. Quest’ultima non coinvolge alcuna eccitazione dei livelli atomici o molecolari dello stato fondamentale, in quanto la radiazione incidente induce un dipolo elettrico oscillante che agisce da nuova sorgente di radiazioni. Se queste sono della stessa frequenza della radiazione incidente si ha la diffusione di Rayleigh e Mie; mentre, se sono di frequenza diversa, si ha la diffusione di Raman. La prima si verifica quando il raggio dell’unità diffondente non supera di 1/20 la lunghezza d’onda della radiazione incidente. La diffusione è caratteristica dei gas, dei liquidi e delle sostanze in soluzione con pesi molecolari non molto elevati. La sua intensità risulta proporzionale alla quarta potenza della frequenza: caratteristica che giustifica la luce azzurra del cielo, poiché la corrispondente radiazione viene diffusa in modo più accentuato rispetto alla luce rossa. Quando le dimensioni dell’unità diffondente aumentano rispetto alla lunghezza d’onda della radiazione incidente, viene meno la dipendenza dell’intensità della luce diffusa dalla quarta potenza della sua frequenza; inoltre, la radiazione tende a concentrasi nella direzione del raggio incidente. Questo comportamento, tipico delle dispersioni colloidali, viene chiamato diffusione di Mie. La diffusione per effetto Raman si differenzia dalla precedente per il fatto che la radiazione diffusa ha una frequenza maggiore o minore di quella incidente.

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