CETTI, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 24 (1980)

CETTI, Francesco

Ugo Baldini

Nacque il 9 ag. 1726 da genitori comaschi a Mannheim nel Palatinato (ora Baden-Württemberg; Siotto Pintor; Sommervogel); meno probabile appare la tesi del Caballero che lo dice invece nato nella città di Como. In ogni modo il soggiorno tedesco della famiglia non dovette essere molto lungo, poiché il C. compì gli studi secondari nel collegio gesuitico di Monza, ove decise d'entrare nella Compagnia, divenendo novizio della provincia milanese il 12 ott. 1742 e professando i quattro voti il 2 febbr. 1760. Durante gli anni universitari dovette dedicarsi particolarmente a studi scientifici, dato che in seguito fu per diversi anni docente di filosofia e matematica nell'Archiginnasio di Brera; s'impose presto come uno dei membri di maggior spicco culturale che la Compagnia avesse nella provincia milanese, ma gli esatti contorni del suo lavoro di questi anni non sono tracciabili.

Nel 1764 il governo sabaudo gli offrì la cattedra di matematica e di filosofia morale nella neoricostituita università di Sassari. Tale offerta rientrava in una iniziativa di Carlo Emanuele III e del ministro Bogino, volta a vitalizzare l'attività culturale in Sardegna col potenziamento dell'università di Cagliari e la restaurazione quasi ex novo, appunto a Sassari; l'incarico di far funzionare i nuovi organismi culturali fu affidato ai gesuiti, che inviarono nell'isola un gruppo di loro studiosi, tra tui il Cetti. Questi giunse a Sassari verso la fine del 1764 o nel 1765, ma cominciò le lezioni solo dopo alcuni mesi, con l'apertura, del nuovo ateneo. Al momento di accettare l'incarico aveva ottenuto dal Bogino che ordinasse al viceré dell'isola di agevolarlo negli studi naturalistici che aveva intenzione di compiere, ciò che prova fin d'allora l'esistenza in lui d'interessi più ampi di quelli per le discipline assiomatico-deduttive; e in Sardegna, infatti, il C. divise il suo tempo tra queste ultime, che insegnò con impegno e notevoli risultati, e ricerche geologiche, botaniche e zoologiche che l'assorbirono nelle pause dell'attività accademica. Quanto alla prima attività riuscì a formare un discreto gruppo di giovani matematici, cui impartiva un insegnamento prevalentemente geometrico; già nel 1767 fu in grado, secondo le classiche consuetudini accademiche, di far tenere ai suoi allievi una "pubblica difesa di geometria" che ebbe esito ampiamente positivo, tanto che lo stesso Bogino, informato dell'iniziativa, scrisse al governatore di Sassari perché gli comunicasse il suo personale apprezzamento. Gli sforzi e le capacità didattiche dei nuovi docenti come il C. venivano però a cozzare contro una realtà economica, sociale e politica, quale quella della Sardegna settecentesca, che non offriva molto spazio di sviluppo alla preposizione ed all'impiego di nuovi gruppi intellettuali, particolarmente in campo scientifico; pertanto l'opera da loro svolta, coi suoi innegabili risultati, rimase un fatto limitato e non tale, per il momento, da incidere sulla realtà dell'isola.

Più ampia incidenza ebbero invece le ricerche naturalistiche del C., da ritenersi le prime sistematiche sulle peculiarità dell'habitat edelle specie sarde. L'isola era ancora avvolta, quanto agli aspetti geologici, floristici e faunistici, in un alone d'indeterminatezza che consentiva il persistere di leggende, sia di carattere popolare sia derivanti dagli acritici trattati dell'epoca medievale: il C. iniziò a percorrerla tutta, le possibilità minerarie (nelle zone di Bosa e Silanos estrasse campioni di marmi colorati che inviò a Torino; a Bosa trovò anche del diaspro verde, e presso Alghero del calcedomio bianco), e concependo il progetto d'una descrizione globale della fauna sarda, concretatosi nei tre volumi della Storia naturale della Sardegna.

Dei tre volumi, il primo (Sassari 1774) tratta I quadrupedi di Sardegna; il secondo (ibid. 1776) Gli uccelli di Sardegna e il terzo (ibid. 1777) Anfibi,e pesci di Sardegna.Al primo volume vennero premesse una carta ed una descrizione dell'isola, dove si annunciava che l'autore stava lavorando ad una storia dei fossili sardi; in effetti dopo la pubblicazione del terzo volume il C. si dedicò alla stesura di parti aggiuntive su fossili e insetti, ma morì prima di poterle completare, cosicché non vennero stampate. Nonostante la novità ed il discreto successo riscosso dall'opera non se ne ebbero ristampe: il solo primo volume sarà ripubblicato nel 1884 a Roma. Da un punto di vista storico-scientifico va osservato che i criteri classificatori cui il C. ricorse sono prelinneani, e sostanzialmente fermi a quelli della sistematica zoologica rinascimentale italiana; che il suo esame non è completo, concernendo le specie ritenute "interessanti", indice questo evidente della persistenza di canoni soggettivi estrinseci al discorso sistematico modernamente inteso (con il risultato che l'opera ha vistose lacune, specie nei settori ornitologico e ittiologico); che l'analisi di ciascuna specie risulta spesso incompleta, volta ai caratteri distintivi più vistosi, ciò che collega l'autore auno stadio del pensiero biologico precedente a quello in via di affermazione alla sua epoca, e non tale da consentirgli di connettere i caratteri esteriori ai dati anatomici essenziali dell'animale considerato, ed ancor meno ai meccanismi fisiologici di fondo. Da un punto di vista meno rigoroso e specialistico ma più atto a cogliere l'effettivo impatto della Storia del C. sull'evoluzione culturale del periodo, l'opera manifesta un suo ruolo preciso e rilevante nell'approfondimento e divulgazione di conoscenze su una zona fino ad allora sottratta ad investigazioni non casuali; va quindi considerata nel quadro del tentativo operato per sbloccare l'isolamento amministrativo e civile dell'isola.

L'appartenenza del lavoro del C. a questa dimensione illuministica delle scienze naturali è mostrata dallo stesso taglio delle sue analisi e descrizioni, in cui, oltre ai dati anatomici e di comportamento sulle singole specie, se ne considera l'habitat, le consuetudini nutritive, i modi eventuali di cattura e addomesticamento, e tutte le modalità d'inserimento degli animali entro la struttura economica sarda. Appare chiaro che rispetto a questa più ampia prospettiva, entro cui occupa un posto pionieristico non per la sola Sardegna, ma per tutte le grandi isole del Mediterraneo, il lavoro del C. ha una importanza cui poco tolgono le limitazioni tecniche sopra accennate; esso agì sulle consuetudini delle popolazioni locali (a parte talune critiche negli ambienti colti, dovute forse a resistenze nei confronti dello "straniero"), tanto che settant'anni dopo la sua pubblicazione M. Monti osservava che pescatori e cacciatori sardi sembravano ancora seguirne le notizie.

Quanto detto non sta a significare che la Storia fosse scientificamente modesta e neppure che la sua importanza sia stata esclusivamente divulgativa ed applicativa: essa conteneva descrizioni di specie prima poco o per niente studiate, come il muflone, ed è degno di menzione il tentativo di considerare i caratteri delle specie domestiche dell'isola ed i modi della loro utilizzazione in funzione di un chiarimento delle origini e della protostoria sarda; utilizzando questi elementi, unitamente ai costumi locali, il C. si pronuncia per l'origine greco-orientale della colonizzazione. In senso più strettamente teorico va rilevato che il tentativo di spiegare le dimensioni ridotte che certe specie presentano nell'isola rispetto alle varietà continentali (cervo, asino, ecc.) porta l'autore. verso l'ipotesi d'un legame tra habitat e variazioni intraspecifiche, anche se da questo rilievo non trae conseguenze evoluzionistiche di fondo; nella considerazione dei rapporti tra le specie compare poi nel C. la nozione allora in voga della catena degli esseri, sentita come conseguenza del principio leibniziano di continuità, tanto che si è sostenuto (Camerano) che l'utilizzazione di tale principio da parte del C. è uno dei fattori di progresso ravvisabili nella filosofia naturale italiana dopo la metà del Settecento. La Storia si raccomandava anche per una certa vivezza e felicità stilistica delle descrizioni, che ne favorì la popolarità, toccando in alcuni punti i confini della partecipazione emotiva dello scrittore al fatto narrato.

Del C. non esiste che un'altra operetta, da connettersi alla sua attività di docente di filosofia morale; si tratta del discorso Dell'uso della propria nobiltà,al commendatore don Silvio Alli Maccarani,prendendo egli l'abito di Cavaliere di San Stefano in Pisa,l'anno 1772, stampato a Sassari nel 1777 e poi in appendice al terzo volume della Storia naturale.

La vita del C., negli anni sardi, pare essersi del tutto identificata con l'attività didattica e le peregrinazioni naturalistiche in tutte le zone dell'isola, senza particolari personali di rilievo. Secondo il Sommervogel morì a Sassari il 20 nov. 1778.

Fonti e Bibl.: G. B. Incisa Beccaria, In obitu Cl. V. Fr. C. in R. Sassaritano Athenaeo matheseos professoris,Theol. DD. Collegii, Sassaris 1778; R. Caballero, Bibliothecae Script. Societatis Iesu supplementum alterum, Romae 1816, p. 27; G. Manno, Storia di Sardegna, IV, Torino 1827, pp. 259, 262, 302, 305 ss.; P. Tola, Diz. biogr. d. uomini illustri di Sardegna, Torino1857, I, pp. 211-13; III, p. 327; Id., Notizie stor. della università degli Studi di Sassari, Genova 1866, p. 107; G. Siotto Pintor, Storia letter. di Sardegna, I, Cagliari 1843, pp. 136, 203-211, 257; P. Martini, Catal. della biblioteca sarda del cav. L. Baille, Cagliari 1844, p. 239 n. 655; E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri, IX, Venezia 1844, pp. 333-337; L. Camerano, F. C. ed i suoi principî di filosofia naturale, in Boll. dei musei di zoologia e anatomia comparata di Torino, XX (1905), fasc. 488; M. Baldino, F. C. illustratore della fauna sarda, in Riv. di storia d. scienze mediche e naturali, XIII (1931), pp. 476-79; M. Schiavone, La prima edizione della "Storia naturale di Sardegna" di F. C., Milano 1968; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, II, coll. 1013 s.

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