CICINO, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 25 (1981)

CICINO, Francesco

Mario Rotili

Nacque a Caiazzo (Terra di Lavoro), come si desume dal contratto stipulato il 17 maggio 1491 con Bernardino di Bernardo, cancelliere di Alfonso d'Aragona duca di Calabria, per la decorazione dell'organo dì S. Maria della Pietà a Napoli, sui cui sportelli si impegnava a dipingere un'Annunciazione e un S. Giorgio o altre figure a scelta del committente. Fu attivo in Campania, oltre che a Napoli, tra l'ultimo decennio del Quattrocento e i primi due del Cinquecento. là questo, infatti, l'arco di tempo che si ricava dallo svolgimento stilistico delle opere che sono a lui fondatamente assegnate sulla base non dei dipinti cui fa riferimento il predetto documento (Arch. di Stato di Napoli, st. 97, prot. 1490-91, Notaio A. Casanova, cart. 296), perché non ci sono pervenuti, ma di una pala, alla quale si riferisce un pagamento di 40 ducati effettuato nella primavera del 1498, raffigurante la Madonna col Bambino tra gli apostoli Pietro e Paolo sull'altare della terza cappella nella navata sinistra di S. Paolo Maggiore a Napoli.

Partendo da questa pala, attribuita addirittura ad Antoniazzo Romano per la sua stretta adesione alla cultura melozziana ed antoniazzesca affermata nel Mezzogiorno dal veronese Cristoforo Scacco, è stato riconosciuto opera del C. l'affresco della cappella dei Pontano raffigurante la Vergine tra i ss. Giovanni Battista ed Evangelista e, nella lunetta, la Croce tra angeli. Del pari attribuito da B. Berenson (It. Pictures of the Renaissance..., Central It. ... Schools, I, London 1968, p. 16) ad Antoniazzo, questo affresco è di poco posteriore al 1492, l'anno in cui fu costruito il tempietto. Ora se l'illustre promotore della costruzione, come del resto Bernardino di Bemardo, si rivolse al C., fu perché questi doveva essere allora un pittore. affermato nella capitale del Regno; cosa che induce a fissare la sua data di nascita intorno alla fine del sesto o ai primi del settimo decennio del Quattrocento.

Dalla visione di Antoniazzo filtrata attraverso i ricordi melozzeschi dello Scacco, il C., si apre quindi ai modi umbri, che fondendosi con quelli romani danno luogo a un decorativismo favorevolmente accolto nell'ambiente napoletano. Lo attesta una tavola di poco posteriore, fondatamente attribuita al C., fatta dipingere da Drusia Brancaccio nel 1504 per la cappella di S. Sebastiano nella chiesa di S. Domenico Maggiore, donde è finita nei depositi della Galleria di Capodimonte. Difatti, nel polittico - che rappresenta nel riquadro centrale la Madonna col Bambino ein quelli laterali S. Francesco e S. Sebastiano, e che reca nella lunetta Cristo risorto tra la Vergine e s. Giovanni Evatigelista e nella predella la Resurrezione al centro della serie degli Apostoli - èanche una chiara eco degli affreschi del Pinturicchio nella cappella Eroli del duomo di Spoleto, che peraltro fa pensare a qualcosa in più di un accoglimento locale dì modi umbri. A tale accoglimento, comunque, dovette contribuire decisamente un pittore da poco identificato, Cristoforo Faffeo, se era stata addirittura ritenuta del C. (R., Causa, IMostra didattica del restauro, Napoli 1951, p. 9) la Madonna in trono di S. Maria la Rotonda poi in S. Francesco delle Monache ed ora a Capodimonte giustamente riportata al Faffeo (vedi, per le altre opere assegnate a questo, Di Dario Guida, 1976, p. 79). Perciò, quanto meno nella scia di tale artista e a fianco di altri, come Stefano Sparano pure da Caiazzo, al quale sono state restituite dall'Abbate (1972, p. 839) le due tavole con l'Annunciazione e con la Madonna in trono e santi del duomo di Piedimonte Matese, che proprio a lui erano state attribuite, il C. continuò la sua attività. Degli anni che seguirono, presumibilmente fino a tutto il, secondo decennio del Cinquecento, sono infatti le altre opere assegnategli con buon fondamento: la meno serrata Madonna della Pace pure conservata nella Galleria di Capodimonte, il frammento di una Annunciazione di una collezione privata di cui non si conosce l'ubicazione (Alparone, 1974), il trittico ad affresco con la Madonna, il Bambino e santi e la Trinità nella lunetta nella chiesa di S. Maria a Piazza ad Aversa, purtroppo rovinato, e l'altro trittico murale della chiesa dell'Ospedale di Oliveto Citra, che ricalca lo schema della pala napoletana, ma del quale è autografo solo il riquadro centrale raffigurante la Madonna col Bambino in trono.

Non sicuramente del C. sono, invece, altre due opere attribuitegli peraltro problematicamente: la Madonna col Bambino, affrescata in un tabernacolo di fronte al municipio di Bagnoli Irpino, e il "retablo" del duomo di Aversa con S. Michele arcangelo tra i ss. Giovanni Battista ed Evangelista e la Madonna col Bambino ed angeli nella lunetta. Ma quest'ultimo, se è del C. - sia per il fatto che l'altare della corporazione dei calzolai per il quale dovette essere dipinto venne eretto nel 1495, sia per una pronunziata vicinanza delle figure dei santi a quelle dell'affresco della cappella del Pontano -, è da ritenersi del primo periodo dell'attività del pittore, il cui svolgimento, dunque, risulta orinai abbastanza chiaro.

Bibl.: G. F. Filangieri di Satriano, Docc. per lostoria, le arti e le industrie delle provincie napolitane, II, Napoli 1884, p. 336; III, ibid. 1885, pp. 118 ss.; L. De la Ville-sur-Yllon, Di un quadro attribuito ai fratelli del Donzello esistente nella Pinacoteca del Museo nazionale, in Napoli nobilissima, I(1892), pp. 120-122; W. Rolfs, Gesch. der Malerei Neapels, Leipzig 1910, p. 158; A. De Rinaldis, Pinacoteca del Museo nazionale diNapoli, Napoli 1928, p. 148; C. Lorenzetti, Nuove documentazioni di forme pittoriche melozziane eantoniazzesche a Napoli, in Boll. darte, XXX (1937), pp. 181 ss.; S. Bottari, Echi di Antoniazzoe dello Scacco in dipinti siciliani dell'ultimo Quattrocento, in La Giara, 1951, pp. 99 ss.; Id., Lacultura figur. in Sicilia, Messina-Firenze 1954, pp. 42, 232 s.; F. Bologna, Opere d'arte nel Salernitano dal XII al XVIII sec., Napoli 1955, p. 46; R. Causa, Pittura napoletana dal XV al XIXsec., Bergamo 1957, p. 18; D. Marrocco, L'artenel Medio Volturno, Piedimonte d'Alife 1964, pp. 36 ss.; G. Alparone, F. C. e altri appunti storico-artistici, Napoli 1669, pp. 9-20, 28 s.; Id., Aggiunte a F. C., in Rass. d'arte, I(1972), 1, p. 24; M. Rotili; L'arte del Cinquecento nel Regno di Napoli, Napoli 1972, p. 126; F. Abbate. La pittura napoletana fino all'arrivo di G. Vasari, in Storia di Napoli, V, Napoli 1972, pp. 832, 839; G. Alparone, Un'"Annuticiazione" di F. C., in Rass. d'arte, III(1974), 7-8, pp. 38-40; L. G. Kalby, Classicismo e Maniera nell'officinameridionale, Salerno 1974, pp. 32-34; M. P. Di Dario Guida, Arte in Calabria. Ritrovamenti, restauri, recuperi, Cosenza 1976, pp. 79 s.; R. Pane, Il Rinascimento nell'Italia meridionale, Milano 1977, pp. 234 s.; V. Pacelli, Le arti visive dal Cinquecento al Settecento, in Campania, Milano 1977, p. 392; G. Previtali, La pittura del Cinquecentoa Napoli e nel Vicereame, Torino 1978. p. 22; U. Thieme-F. Becker, Künstierlexikon, VI, p. 572; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori ital., III, pp. 3281.

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