CROCE, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985)

CROCE, Francesco

Alida Casali Grande

Figlio di Cristoforo, idraulico e Caterina Arrigoni, nacque a Milano, in parr. S. Eufemia, il 23 giugno 1696. Dell'attività paterna non risulta altra indicazione, ma certamente ebbe qualche influsso sul C., che, come molti suoi contemporanei, rivelò interesse per i giochi d'acqua a completamento delle suggestive ville del Settecento lombardo.

Un contemporaneo, Marc'Antonio Dal Re, al quale si devono pure le belle illustrazioni commentate del crociano palazzo Brentano di Corbetta, nel presentare le magnifiche incisioni di una di queste ville, la Pertusati di Comazzo, da lui attribuita al C., fa anche il nome di un Carlo Croce, che ne curò la sistemazione idraulica. Di questo Carlo si ignorano tuttavia il grado di parentela col C. e ogni altra eventuale attività (cfr. Mazzotta Buratti-Bagatti Valsecchi, 1976). Tutta la documentazione biografica sul C. è nell'Archivio stor. civico di Milano, cart. 552, cat. Famiglie, Persone, ed è pubblicata da Palestra (1957).

Nonostante varie presenze fuori Milano, il C. visse ed operò prevalentemente in ambito milanese. Il 25 febbr. 1715 iniziò a "militare" nella professione d'agrimensore presso il Raffagno, ingegnere collegiato, ottenendo nel 1726 la carica di assistente alla Fabbrica di S. Michele ai Sepolcri, detta la Rotonda, alla quale è probabile che si dedicasse già da tempo (Archivio ospitaliero di Milano, cart. 97, Prerogative; vedi Gengaro, 1936, pp. 383-88).

Nella Rotonda il C. riesce a completare con armonia l'edificio preesistente centrale, variando l'andamento curvilineo del porticato con un libero gioco di esedre alternate. Ai suoi tempi la Rotonda, che rivestiva un'importanza particolare per i suoi concittadini, dovette giovare alla fama di "architetto rinomato" e "valente" del C., se il Latuada (1737), il più vicino cronologicamente all'artista fra quelli che ne parlarono, ne esalta le doti con costanti riferimenti al suo operato. La costruzione del Foppone, cosi vien detto l'edificio cimiteriale, richiese molti anni d'impegno e poté considerarsi completa nel 1731.

Nel 1728 il C. risulta disegnatore della "Casa del Vecchio Censimento di Milano" (edificio non ben identificato; doc. cit. in Gengaro, 1936, p. 388 n. 13); nel 1733 entrò nel Collegio degli ingegneri e degli architetti milanesi, al quale apparterrà fino al 1765. La notorietà acquisita gli procurò in questo periodo commissioni da diverse congregazioni religiose: a Milano nel 1729 l'altare, ora scomparso, di S. Bernardo al Collegio Calchi Taeggi per le monache domenicane e, per i domenicani, nel 1733, la cappella della Beata Vergine del Rosario in S. Eustorgio; nello stesso anno i somaschi di Pavia lo invitarono a collaborare alla complicata progettazione della "Colombina", il collegio la cui fabbrica si protrasse per un lungo periodo e per la quale stese molti disegni il pavese L. Cassani. Il progetto dei C., non ben identificato fra i numerosi esistenti, non fu realizzato (cfr. Arch. di Stato di Milano, Fondo religione parte antica, vol. Registri 429; A. Casali, L. Cassani in Boll. d'arte, LI [1966], p. 59).

Il 1733 lo vide fra le voci più qualificate della sua città: insieme agli architetti A. Quadrio e M. Bianco fu chiamato a dare un parere sullo "stile" della facciata dei duomo e da allora fu consultato ogni volta che si fecero proposte per la Fabbrica. In particolare, in relazione al progetto del Vanvitelli, avverso allo stile gotico, il C. esporrà con convinzione la sua propensione per una facciata "gotica", ispirandosi, più che a fattori decorativi, all'autentica esigenza strutturale di compietamento di un'opera più vasta e preesisterite (Archivio della Fabbrica dei duomo di Milano, Occorrenze particolari C, 10 sett. 1745: Pareredell'architetto F. Croce sulla facciata del Duomo di Milanodisegnata dal Vanvitelli; L. Beltrami, Per la facciata del duomo Milano 1887, VI, 3, pp. 13 s.). Il C. rivela qui lo stesso spirito lucidamente tecnico e attento alle finalità dell'opera che caratterizza la sua personalità di uomo e di artista. Questa fisionomia è architettonicamente espressa nel palazzo Brentano di Corbetta (1732-38), una delle numerose abitazioni che i ricchi borghesi e i nobili del '700 costruivano a loro dimora di campagna, circondandole di parchi quasi tutti scomparsi. (Mazzotta Buratti-Bagatti Valsecchi, 1976).

Il palazzo, le cui strutture architettoniche sono mantenute intatte, è ora seminario dei somaschi e, nonostante la perdita quasi totale dei giardini, il sovrapporsi di volumi, distesi in un ritmo vivace ma sobrio, crea una scenografia imponente.

Dal 1735 al 1747 è documentata la presenza del C. nei lavori di trasformazione di S. Giorgio al Palazzo, una chiesa milanese di antichissima origine, che aveva visto anche interventi di Pellegrini e Richino (cf. F. Reggiori, S. Giorgio al Palazzo in Milano, Milano 1929).

Il C. si occupò dell'altare e della facciata, il cui progetto, da lui steso precedentemente. risultava nel 1737 realizzato solo nel finestrone centrale, ancora visibile, mentre l'altare in tale data non era ancora compiuto. La facciata ebbe poi un compimento ad opera di Bernardino Ferrari (cfr. M. L. Gatti Perer, Fonti per l'architettura milanese dal XVI al XVII sec., in Arte lombarda, IX [1964], 1, p. 213).

Nel 1736 il C. realizzò in Milano, su di un edificio seicentesco, il palazzo per il conte Cesare Monti, ora Biblioteca civica, del quale B. Alfieri compirà la fronte verso il giardino. Il C. sfruttò sapientemente la planimetria ad angolo di porta Tosa, elevando una facciata dal ritmo curvilineo sobriamente decorata da paraste.

Il motivo della pianta centrale della Rotonda fu ripreso dal C. nella chiesa di S. Pietro ad Abbiategrasso (1742) che, incompleta nella veste esterna, fu invece perfezionata all'interno, ottenendo una suggestiva scenografia nel gioco della cupola sorretta da quattro alti pilastri.

Meno significativi, sebbene non privi d'interesse, gli altri interventi ad Abbiategrasso, dei quali sussistono la ricostruzione interna di S. Maria Nuova (1740) e il relativo oratorio dell'Addolorata del 1741; di S. Maria Vecchia, interamente rifatta dal C. nel 1741, non restano che poche rovine (Palestra, 1957).

Dopo due anni di attività ad Abbiategrasso il C. s'impegnò a Pavia, per i nobili Bellisomi, in una fabbrica di vaste dimensioni, di cui assunse in prima persona l'incarico. Si tratta di palazzo Giorgi Vistarino, la cui documentazione ha permesso alla Vicini (1976-77) di individuare la portata dell'intervento dei C. non solo nella fabbrica cittadina, ma anche nel cantiere di palazzo Bellisomi di Montebello, non ben identificato, ma ricostruito certamente in un periodo che va dal 1745 al 1749. Nel palazzo cittadino il C. lavorò in modo costante dal 1746 al 1757, ricostruendo nel 1750 l'antico oratorio dei SS. Simone e Giuda annesso dai Bellisomi all'abitazione.

Secondo il progetto, che prevedeva l'estensione del parco fino al Ticino, egli rivela la capacità di adattare gli schemi pratici dell'abitazione di città alla piacevolezza delle "ville di delizia" del '700 lombardo. Dimostra così ancora una volta quell'equilibrio compositivo che sa fondere il funzionale e il decorativo in una sintesi perfetta.

All'attività pavese seguirono opere civili di rilievo a Milano: la casa di correzione e albergo dei poveri del 1759, realizzata solo in parte e poi demolita (Milano, Raccolta Bertarelli, F. S. 2/11; 2/15; 2/16) e l'Archivio notarile del 1771, voluto dall'imperatrice Maria Teresa e tuttora esistente. Il 28 maggio 1747, in occasione della festa per la nascita del figlio di Maria Teresa, Pietro Leopoldo, il C. fece l'addobbo del teatro Ducale (Monti-Bertarelli, 1927, fig. 182 p. 297), rivelando quel gusto per le scenografie imponenti che dimostra anche nei disegni per cinque catafalchi, composti in anni diversi (1735, 1736, 1740, 1743, 1765) nel duomo e in altre chiese milanesi, per celebri personaggi (Boito, 1889, p. 220; Morazzoni, 1919, nn. 460, 463; Arrigoni-Bertarelli, 1932, nn. 850 [con data errata 1737], 1045).

Architetto capo della Fabbrica del duomo di Milano dal 1760, vi dedicherà tutte le sue energie. Del 25 maggio 1764 è una sua interessante lettera al capitolo della Fabbrica del duomo, seguita da una nota del 19 luglio dello stesso anno, sempre in relazione all'opera che gli procurerà fama più di ogni altra: la guglia maggiore del duomo, per la quale aveva già steso un progetto approvato nel 1750. Essa resta, fra le riserve e gli applausi di chi ne parlò, una delle opere più interessanti del C., quella nella quale riuscì a trasformare la precisione tecnica in raffinatezza stilistica. Le numerose polemiche di cui fu oggetto la sua attuazione, protrattasi dal 1762 al 1769, sono da ritenersi dovute non tanto all'imperfezione del progetto presentato dal C., quanto piuttosto alla vivacità del dibattito che la Fabbrica del duomo ha sempre suscitato nei secoli.

Il valore dei C., non sempre riconosciuto con obiettività, risulta con maggiore chiarezza dalle analisi stilistico documentarie della Gengaro (1936) e della Vicini (1976-77), facendo presentire nella zona Milano-Pavia-Piacenza uno scambio proficuo d'esperienze. Il suo stile, che ha saputo sfruttare con sobrio dinamismo gli stimoli del barocco, e la lucidità razionale dei suoi interventi hanno permesso una saldatura senza urti all'epoca neociassica, favorendo il compietamento di opere da lui iniziate da parte di autori ormai fuori dalle estrosità del barocchetto, quali Piermarini e Alfieri.

Vanno aggiunte alla sua produzione: un parere sul S. Bernardino di Milano del Merlo (cfr. M. L. Gatti Perer Fonti per l'architettura milanese... F. B. Ferrari e la sua raccolta di documenti e disegni, in Arte lombarda, IX[1964], 1, p. 213); una perizia del duomo di Lodi, in data 27 ott. 1759, in occasione del rifacimento interno dell'edificio - ora riportato al romanico - al quale il C. attese fino al 1762 (cfr. Archivio storico lodigiano, XIV[1895], p. 14, f. XIV; A. Degani, L'organismo romanico della cattedrale di Lodi, in Arte lombarda, IV[1959], 2, pp. 224 sn. 1); la pianta per la sacrestia della Beata Vergine a Vimercate del 26 apr. 1769, un tempo realizzata, di cui resta il disegno (cfr. M. L. Gatti Perer, Nuovi docc. per l'architettura barocca milanese, ibid., XII[1967], 2, p. 99). A Milano, è ricordato dal Bianconi (1787, p. 403) il vestibolo di casa Trotti, di cui si ignora la data, attualmente scomparso.

L'attuale chiesa di S. Bartolomeo, della seconda metà del secolo, documenta anche l'attività del C. a Piacenza (cfr. A. M. Matteucci, Palazzi di Piacenza dal barocco al neoclassico, Torino 1979, pp. 35, 54; S. Cattadori, in Società e cultura nella Piacenza del Settecento... [catal.], II, Piacenza 1979, pp. 83 s., 98, figg. 108-109 bis). Il Dal Re (cfr. Mazzotta Buratti-Bagatti Valsecchi, 1976) attribuisce al C. la villa Pertusati a Comazzo, nella quale i resti del parco fanno intuire la rispondenza alle belle ville "di rappresentanza" dell'epoca; secondo la Gatti Perer è databile dopo il 1746 (cfr. M. L. Gatti Perer, Comazzo, Villa Pertusati, in Studi e ricerche, Milano 1967, pp. 61-64). Per la facciata posteriore della villa Borromeo a Cassano d'Adda, che il Cantù (1857, p. 497) attribuisce al C. in data 1765, ne vien fatta da L. Grassi l'attribuzione su basi stifistiche per analogia con le opere documentate (Disposizione, misura, euritmia nell'opera del Piermarini e la villa di Cassano d'Adda, in Arte lombarda, VI [1961], 1, pp. 85-101). Più discussa è invece l'attribuzione (G. Bascapé, I palazzi della vecchia Milano, Milano 1945, p. 220 n. 32) della villa Clerici a Milano Niguarda.

Il C. si dedicò alla professione di ingegnere e architetto fino all'ultimo mese della sua vita. Morì il 26 ott. 1773 a Milano, poco dopo esser stato deposto, il 27 sett. 1773, dalla carica di architetto capo della Fabbrica del duomo di Milano. Fu sepolto in S. Maria Pedone, da dove fu poi traslato nel Famedio milanese (cfr. E. Belgioioso, Guidadel Famedio, Milano 1888, p. 13).

Fonti e Bibl.: Pavia, Arch. stor. civico, Libro di cassa di Capsone, cart. 495-69, fasc. 3034; S. Latuada, Descriz. di Milano..., I, Milano 1737, pp. 265-73 e n. 36; III, ibid. 1737, pp. 4, 134, 199; Milano, Arch. di S. Eustorgio, Cappella dello beata Vergine del Rosario [ms. 1784], cap. XVIII; Annali della Fabbrica, duomo di Milano, VI, Milano 1885, pp. 8 s., 39 s., 184 (1733, 1738, 1750, 1759, 1760); Milano, Bibl. Braid., ms. AE. XV. 9, n. 2; Ibid., Bibl. Ambrosiana, Gabinetto d. stampe, n. 10924; Arch. di Stato di Milano, Fondo religione parte mod., Amministr., Confrat. Abbiategrasso, S. Bernardino e Rosario, C. 1234; A. Monti-A. Bertarelli, Tre secoli di vita milanese, Milano 1927, pp. 217, 239, 297, figg. 120, 124, 182; P. Arrigoni-A. Bertarelli, Piante e vedute della Lombardia, Milano 1931, n. 1486; Id. Id., Le stampe stor. conservate nella raccolta del Castello Sforzesco, Milano 1932, nn. 850, 869, 1045; A. Mazzotta Buratti-P. F. Bagatti Valsecchi, Milano nel '700 e le vedute architettoniche disegnate e incise da M. Dal Re, Milano 1976, pp. XXII, XXIV, 30, 67, 100, 142; Milano, Bibl. Ambrosiana, Disegni raccolta Bianconi B. Ferrari, dis. XIII-XX, p. 213; tomo XVI, 4 ott. 1749, Cfr. inoltre: C. Bianconi, Nuova Guida..., Milano 1787, pp. 103, 105, 208, 372, 403; C. Cantù, Grande illustraz. del Lombardo Veneto, Milano 1857, I, pp. 241 s., 320, 497; C. Boito, Il duomo ... e i disegni per la facciata, Milano 1889, pp. 220 tav. 43, 238; C. Staurenghi, L'Ospedale Maggiore di Milano, Milano 1916, pp. 215, 223, 234; G. Morazzoni, Milano attraverso l'immagine .... Milano 1919, I, pp. 45 ss.; M. L. Gengaro, Dal Pellegrini al Richino. Costruz. lombarde a pianta centrale..., in Boll. d'arte, s. 3, XXX (1936), p. 202; Id., F. C..., ibid., pp. 383-88; P. Mezzanotte-G. Bascapé, Milano nell'arte e nella storia, Milano 1948, ad Ind.; P. Mezzanotte, Il Vanvitelli a Milano, in Atti d. VIII Congresso naz. di st. d. architett., Caserta 1953, pp. 87-92; A. Palestra, Ricerche sulla figura e sulle opere di F. C. …, in Ambrosius, XXXIII (1957), pp. 265-274 (con bibl.); G. Bascapé, Mostra stor. dei giardini di Lombardia, Milano 1959, p. 18; N. Carboneri, F. Juvarra e il problema delle facciate "alla gotica" del duomo di Milano, in Arte lombarda, VII (1962), 2, pp. 95 s., 102; R. Bossaglia, Nuoviapporti per un catal. di Borroni, Bortoloni e Magatti, ibid., IX (1964), 1, pp. 229-238 passim; G. Bascapé-C. Perogalli, Palazzi privati di Lombardia, Milano 1965, pp. 215 ss., 236; G. Consoli, Riscoperti in S. Eustorgio affreschi ..., in Arte lombarda, X (1965), 2, p. 158; M. L. Gatti Perer, Fonti Per la st. d. architettura milanese dal XVI al XVIII sec. Il Collegio degli agrimensori, ingegneri, architetti, ibid., p. 115; R. Bossaglia, Aggiunte, rettifiche, novità per il '700 lomb., in Arte antica e mod., 1966, n. 34-36, pp. 250-57 passim; L. Grassi, Province del barocco e rococò ..., Milano 1966, ad Ind.; C. Perogalli-P. Favole, Ville dei Navigli lombardi, Milano 1967, pp. 58, 66, nn. 98, 113; C. Ferrari Da Bassano-E. Brivio, Contributo allo studio del tiburio del duomo di Milano, in Arte lombarda, XII (1967), 1, pp. 21, 24; Studi e ricerche nel territorio d. prov. di Milano, Milano 1967, pp. 16, 20, 61-72; N. Carboneri, L'alternativa "romana" alla fabbrica gotica del duomo di Milano, in Il duomo di Milano, Milano 1969, I, pp. 149, 158; R. Bossaglia, L'arte dal manierismo al Primo '900, in Storia di Monza, V, Monza 197 1, pp. 122, 129, 133, 239; D. Vicini, Per l'architettura Pavese del '700, in Boll. d. Soc. pavese di storia patria, LXXVI-LXXVII (1976-77), 1-4, pp. 741-63; L. Patetta-P. Portoghesi, Architettura a Milano 1770-1848. L'idea della magnificenza civile (catal.), Milano 1978, nn. 181 ss.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 139; Dizionario di archit. e urbanistica, II, pp. 112 s.

CATEGORIE
TAG

Marc'antonio dal re

Bernardino ferrari

Pietro leopoldo

Cassano d'adda

Abbiategrasso