FRANCESCO da Castiglione

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 49 (1997)

FRANCESCO da Castiglione

Francesco Bausi

Nacque a Firenze, da Dante di Guido, poco dopo il 1420.

Il cognome originario della casata era Catellini da Castiglione (località nei pressi di Cercina, a nord di Firenze); la famiglia, di antica nobiltà feudale e di tradizioni ghibelline (è menzionata anche da Dante, Par., XVI, v. 88), era stata politicamente ed economicamente molto forte in passato, ma all'inizio del sec. XV aveva ormai perduto l'antica potenza, pur conservando la proprietà della villa di Castiglione e il patronato della pieve di Cercina.

Nel 1434, dopo la morte del padre, F. dovette lasciare Firenze, probabilmente in seguito ai contrasti politici della sua famiglia con la parte medicea che, tornato Cosimo, aveva ripreso il predominio; fu portato a Mantova dalla madre (desiderosa di entrare nel monastero fondato da Paolo Malatesta in quella città) e qui, intorno ai quindici anni, fu ammesso alla "Ca' giocosa", la scuola di Vittorino da Feltre. Con Vittorino (di cui scrisse più tardi la vita) studiò per otto anni, fino alla morte del maestro, avvenuta il 2 febbr. 1446: se ne deduce che F., entrato nel 1438 circa alla "Giocosa", deve essere nato nei primi anni del terzo decennio del secolo.

Dopo la morte di Vittorino F. dovette affrontare per circa un anno avversità di vario genere: ristrettezze economiche, cattive condizioni di salute, impossibilità di rientrare a Firenze; forse in questo periodo frequentò, a Bologna, la scuola del filosofo e teologo Gaspare Sighicelli (lettera di F. a Giovanni Tortelli del 9 febbr. 1449: Bibl. apost. Vaticana, ms. Vat. lat. 3908, c. 151r), mentre è erronea, come dimostrò il Della Torre (p. 350), l'affermazione che lo vuole allievo a Ferrara di Teodoro Gaza nel 1447. Tornato a Firenze, cercò di guadagnarsi la protezione dei Medici: a questo momento sembrano risalire le poesie encomiastiche latine che F. indirizzò a Cosimo e ai suoi figli, insistendo sulla povertà e chiedendo di entrare nella "clientela" medicea; il tentativo ebbe successo, giacché nel 1447, grazie all'intervento di Giovanni di Cosimo, egli ottenne la cattedra di greco allo Studio (lettera a Giovanni de' Medici del 4 dic. 1462: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo avanti il principato, VIII, 438). Poco dopo, tuttavia, forse anche a causa delle perduranti difficoltà economiche, decise di intraprendere la vita religiosa, ricevendo dall'arcivescovo Antonino Pierozzi gli ordini minori il 21 genn. 1448 e diventando poi sacerdote intorno al 1450.

Nel 1451 entrò nella "famiglia" dell'arcivescovo, del quale fu segretario e stretto collaboratore per oltre otto anni, fino alla morte del Pierozzi stesso. Nel 1452 fu nominato da Antonino pievano di Sant'Appiano in Valdelsa: F. tenne la carica per tutta la vita, adoperandosi per il restauro della chiesa e aprendovi anche una scuola di greco, presso la quale, negli anni Cinquanta e Sessanta, studiarono fra gli altri Antonio Benivieni e Pellegrino Agli. Nel 1455 e nel 1458 F. accompagnò l'arcivescovo a Roma nelle legazioni incaricate di rendere omaggio, per conto della Repubblica fiorentina, ai due neoeletti pontefici, rispettivamente Callisto III e Pio II.

In questi anni, esortato da Antonino, F. intraprese gli studi teologici, addottorandosi il 15 genn. 1459; il 10 genn. 1460 fu incorporato nel Collegio dei teologi di Firenze, del quale divenne decano il 10 ott. 1471. Contemporaneamente si svolgeva anche la sua carriera accademica, che sembra tuttavia essere stata, alla luce dei documenti in nostro possesso, alquanto desultoria: dopo il primo incarico del 1447, egli risulta aver insegnato greco allo Studio fiorentino nel 1450-51; nel 1455 fu tra i protagonisti della cosiddetta controversia dello Studio: offertosi - insieme con Cristoforo Landino, Antonio Rossi e Bernardo Nuti - per coprire una delle due cattedre di poetica e retorica istituite dopo la morte di Carlo Marsuppini, ottenne nuovamente (dopo che le due cattedre furono portate a tre: una di filosofia, una di greco, una di poetica e retorica) l'insegnamento di lettere greche che tenne con un salario piuttosto basso per un periodo imprecisato. Sempre nel 1455, il 15 febbraio, la Signoria fiorentina lo incaricava di comporre, per l'imminente quaresima, alcuni sermoni, che lo stesso F. avrebbe dovuto recitare in S. Croce (Arch. di Stato di Firenze, Signori, carteggi, missive. Prima Cancelleria, vol. 40, c. 108 rv).

Morto Antonino (2 maggio 1459), F. ne scrisse nello stesso anno (come egli afferma) una dettagliata biografia in latino. Il successore del Pierozzi, Orlando Bonarli, era imparentato con F., al quale conferì, nel 1461, un canonicato in S. Maria del Fiore; F., che di questo canonicato non sembra tuttavia aver mai preso possesso, scrisse anche del Bonarli, dopo la sua morte (febbraio 1461), una succinta biografia. Di F. ci resta pure una vita di Cristoforo del Poggio, che fu vicario generale sia del Pierozzi sia del Bonarli. Il 6 apr. 1462, grazie ancora una volta all'appoggio di Giovanni de' Medici, ottenne un canonicato nella chiesa di S. Lorenzo che conservò fino alla morte. Proprio Giovanni di Cosimo fu l'esponente della famiglia Medici con il quale F. strinse i rapporti più solidi e un mese dopo la morte di questo inviò a Cosimo un'ampia consolatoria di carattere teologico, datata 1° dic. 1463. La sua devozione ai Medici fu comunque costante: di Cosimo scrisse una vita, a noi non pervenuta; a Lorenzo e a Giuliano inviò una lunga epistola, il 21 dic. 1469, per la morte del loro padre Piero, ricordando la sua antica familiarità con Cosimo e invitandoli a usare, nei suoi riguardi, la benevolenza sempre dimostratagli dai loro avi; a Lorenzo indirizzò infine, in data 13 apr. 1482, un'epistola consolatoria per la morte della madre.

Nel 1469 morì il cugino di F., Dante di Bernardo, lasciandogli la tutela dei suoi sette figli. L'evento, del quale F. si lamenta più volte nei suoi scritti, aggravò le sue difficoltà economiche, cui invano, a suo dire, cercava di ovviare impartendo lezioni private di greco: tra i suoi allievi, oltre a quelli già ricordati, furono Piero e Donato Acciaiuoli. Che Marsilio Ficino avesse studiato il greco con F. è comunemente affermato; si tratta però solo di un'ipotesi del Della Torre (p. 495), non suffragata da documenti. Per porre rimedio alle sue dissestate finanze, F. non esitò a chiedere l'aiuto di illustri prelati cui era legato da rapporti di amicizia: è il caso del cardinale Bartolomeo Roverella arcivescovo di Ravenna (cui dedicò la perduta traduzione latina del De contemnenda morte di Demetrio Cidone e, nel 1471, le vite di s. Pietro Martire e di s. Tommaso, ringraziandolo, nel prologo, per la molta carità e benevolenza che usava nei suoi confronti) e soprattutto del cardinale Jacopo Ammannati Piccolomini, vescovo di Pavia, al quale indirizzò nel 1469 il Martyrium Antonianum e, l'anno dopo, la vita di s. Vincenzo Ferrer; lo stesso Piccolomini, come risulta dalla corrispondenza epistolare tra i due, non fece mancare in più occasioni il suo aiuto economico a Francesco.

Personaggio di un certo rilievo del secondo Quattrocento fiorentino, F., che alla padronanza del latino e del greco univa una solida preparazione letteraria, filosofica e teologica, fu in rapporto con importanti uomini di cultura, tra cui Marsilio Ficino (che in un'epistola a F. ne loda il perduto commento ai Salmi e che lo definisce suo confilosofo in una lettera a Giovanni Cocchi: M. Ficino, Opera, I, Basileae 1576, pp. 616, 821), Paolo Toscanelli (da cui ricevette una copia del commento di Alessandro di Afrodisia alla Metafisica di Aristotele: lettera di F. a Filippo Peruzzi dell'8 dic. 1452, nel ms. Magl. XXXIX, 86 della Bibl. nazionale di Firenze, c. 68r), Alamanno Rinuccini e Felino Sandei (cfr. A. Rinuccini, Lettere e orazioni, Firenze 1953, p. 177). Scrisse inoltre epistole ad Alessandro Gonzaga (1° sett. 1464, in morte di Cosimo de' Medici), e all'uomo politico milanese Pietro Maria Maletta (senza data, in morte del di lui fratello Gerolamo). Giovan Battista Valentini, detto il Cantalicio, gli indirizzò un epigramma, lodandone la cultura e la santità (edito in Carmina illustria poetarum Italorum, III, Florentiae 1719, pp. 151 s.). I due carmi di Cristoforo Landino (Carmina omnia, Firenze 1939, pp. 17, 143) che elogiano le doti poetiche di un Francesco da Castiglione, essendo anteriori al 1444, riguardano, invece, probabilmente un omonimo di F. (giacché quest'ultimo, in quegli anni, risiedeva a Mantova), forse il medesimo cui, esaltandolo come "doctus poeta", dedica un'elegia anche Naldo Naldi (Elegiarum libriIII, Lipsiae 1934, p. 39).

F. morì a Firenze il 29 maggio 1484 (Firenze, Bibl. nazionale, Necrologio fiorentino Cirri, V, p. 38).

Opere edite: cinque epigrammi (quattro a Cosimo de' Medici e uno ai suoi figli), tratti dal ms. 54, 10 della Bibl. Laurenziana di Firenze, che ospita le Collectiones Cosmianae raccolte da Bartolomeo Scala, sono a stampa nei Carmina illustria poetarum Italorum, cit., III, pp. 310-313 (ma il quinto, adespoto, non gli è attribuito dal Cianfogni, pp. 279 s.). La Vita Antonini è stata pubblicata più volte: in calce all'opera di s. Antonino, Devotissimus trialogus super Evangelio, Venetiis, J. Emerich, 1495, cc. H4r-I10r e Firenze 1680 (pp. 137-367); nel De viris illustribus Ordinis praedicatorum, a cura di L. Alberti, Bononiae 1517, III, cc. 94r-104r; negli Acta sanctorum Maii, I, Venetiis 1737, pp. 317-330. La Vita di Vittorino da Feltre è stampata in Il pensiero pedagogico dell'Umanesimo, a cura di E. Garin, Firenze 1958, pp. 534-551, con traduzione italiana a fronte. La consolatoria a Lorenzo e Giuliano de' Medici per la morte del padre in K. Müllner, Reden und Briefe italianischer Humanisten, Wien 1899, pp. 214-220. Il Martyrium Antonianum cioè la vita di s. Antonio da Rivoli in De viribus illustribus Ordinis praedicatorum, cit., II, cc. 59v-62v e in calce a G.A. Orsi, Dissertatio apologetica, Firenze 1728, con numerazione indipendente delle pagine (seguono un'epistola di J. Ammannati Piccolomini, con relativa risposta di F., e una di Girolamo Aleotti, in lode dell'operetta). Il Sermo ad concanonicos in D. Moreni, Continuazione delle memorie istoriche della basilica di S. Lorenzo, II, Firenze 1817, pp. 350-355. La Vita di s. Vincenzo Ferrer è edita parzialmente in Acta sanctorum Aprilis, I, Venetiis 1737, pp. 510 ss. Per le lettere scambiate con l'Ammannati Piccolomini e con l'Aleotti, cfr. rispettivamente J. Ammannati Piccolomini, Epistole e commentari, Milano 1506, cc. 64v-65r, 149rv, 162r, 164rv, 187r; e G. Aleotti, Epistolae et opuscula, Aretii 1769, I, pp. 219-223, 246 s., 255 ss., 300, 371, 409 s., 471, 534 s., 553 s., 557, 559 s., 565, 611-614; II, pp. 27 s., 90, 99-102, 118, 389, 401 s., 413-419.

Opere inedite: le vite dei santi Domenico, Tommaso, Pietro martire e Vincenzo Ferrer sono nei mss. della Bibl. nazionale di Firenze, Conventi soppressi, J. VII, e Magl. XXXVIII, 142. Le epistole sono nei seguenti mss.: Firenze, Bibl. Laurenziana, ms. 53, 11 (a Alessandro Gonzaga, a Lorenzo in morte della madre, a Cosimo in morte del figlio Giovanni; la prima e la terza anche nel ms. 89 inf., 47); Bibl. apost. Vaticana, Chig. B, IV, 57 (lettera a Simone monaco, con risposta dello stesso Simone, datata 17 ott. 1476); Roma, Bibl. Corsiniana, ms. 582 (lettere a Sigismondo Della Stufa e a Pietro Maria Maletta). Altri scritti: Vite di Orlando Bonarli e di Cristoforo da Poggio, Exhortatoria ad religionem: Firenze, Bibl. Laurenziana, ms. 89 inf., 24; Iustitiae protestatio: Firenze, Bibl. nazionale, ms. Magl. VIII, 1437.

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