FONTEBASSO, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997)

FONTEBASSO, Francesco

Patrizia Scafella

Nacque a Venezia il 4 ott. 1707 da Domenico "biaccarol" e da una Cattarina, quarto di sette fratelli. Il ritrovamento dell'atto di battesimo (Magrini, 1988, p. 95 doc. 1) ha permesso di accertare con sicurezza la data di nascita fissata invece, dallo Zanetti in poi, al 1709. La sua formazione avvenne presso la bottega di Sebastiano Ricci, come testimonia un disegno raffigurante La lavanda dei piedi conservato al Castello Sforzesco di Milano (ibid., pp. 13 s. n. 13) in cui il F. si dichiara scolaro del maestro bellunese. Tale esperienza rimase fondamentale nella pittura del F. che fu sempre caratterizzata da un colore luminoso reso per mezzo di una pennellata ricca e guizzante. Nel 1728 il F., sull'esempio del Ricci, si recò a Roma dove vinse il terzo premio nella prima classe di pittura all'Accademia di S. Luca con i due disegni La cena di Baldassarre ed Adamo ed Eva (ibid., p. 15 n. 14). che rappresentano i suoi primi lavori conosciuti.

Il soggiorno romano comportò un arricchimento in senso classicheggiante del suo stile pittorico attraverso l'acquisizione di un denso modellato chiaroscurale che rimarrà qualità costante della sua arte legata ad un concreto senso della forma.

Di ritorno a Venezia il F. soggiornò presso il conte Castelli a Bologna, città nella quale poté apprendere l'uso dell'impianto prospettico di marca accademica volto alla costruzione architettonica e decorativa delle composizioni tratta da maestri quali Vittorio Maria Bigari (Pallucchini, 1960, p. 154). Al primo periodo giovanile sono da collegare le due tele L'adorazione dei magi e L'ultima cena, conservate nelle Gallerie dell'Accademia di Venezia, tanto vicine allo stile del Ricci da essere attribuite a quest'ultimo fino al 1950 (Pallucchini, 1950) nonostante il segno pesante e le gamme scure dei colori rivelassero la mano dell'allievo.

La svolta nell'attività del F. si ebbe intorno agli anni Trenta del secolo tramite l'incontro con le opere di G.B. Tiepolo. Sulla base dell'analisi di alcuni disegni conservati a Oxford e a Milano (Byam Shaw, 1954, pp. 324 s.) è possibile confermare come il F. fosse a conoscenza dei dipinti che il Tiepolo stava realizzando intorno al 1730 nel palazzo patriarcale di Udine, anche se è da escludere una sua diretta collaborazione a quest'opera. È probabile che il F. abbia visitato il palazzo nel 1732, quando si trovava in Friuli per decorare con due grisailles raffiguranti Adamo ed Eva la sacrestia della villa Manin a Passariano (Magrini, 1988, p. 20). All'inizio del quarto decennio del '700 risalgono la tela con lo Sposalizio di s. Caterina, già nella sacrestia di S. Patemian a Venezia, e L'adorazione dei pastori nella chiesa di S. Martino a Burano. Quest'opera, pur non del tutto risolta dal punto di vista spaziale, ricorda nei tratti della Vergine e nei toni coloristici l'Adorazione del Bambino eseguita nel 1732 dal Tiepolo per la sacrestia dei canonici di S. Marco.

Intorno al quarto decennio del Settecento la definizione degli elementi e dei punti di riferimento del linguaggio pittorico del F. era ormai completa. L'artista, nelle sue opere migliori, riuscì a fondere in uno stile personale l'insegnamento riccesco, evidente nei colori chiari e vibranti, con la lezione romano-bolognese volta ad un plasticismo denso dei corpi e ad una salda struttura architettonico-prospettica. Inoltre il desiderio di accostarsi alle novità tiepolesche lo spinse alla ricerca di visioni spaziali di aerea leggerezza su cui comunque prevarrà la viva percezione delle forme e della materia.

Il primo importante lavoro del F. a Venezia fu la decorazione ad affresco della chiesa dei gesuiti commisionatagli agli inizi degli anni Trenta dalla famiglia Manin. Nei comparti maggiori del soffitto il F. raffigurò l'Apparizione degli angeli ad Abramo e Elia rapito in cielo, dove, nella resa dei corpi plasticamente colti in arditi scorci prospettici, risulta evidente l'influenza degli affreschi udinesi del Tiepolo. La realizzazione di queste opere e di alcune pale d'altare, insieme con committenze importanti come quella del feldmaresciallo von der Schulemburg, che nel 1733 gli pagò un Muzio Scevola e una Continenza di Scipione (perduti), testimoniano della notorietà raggiunta dal F. a Venezia. Nella città lagunare, infatti, il F. aprì una scuola e, dal 1734, risulta iscritto alla fraglia dei pittori della quale rimase membro fino al 1768. Il 6 genn. 1736 sposò Angela Maria Belli (Magrini, 1988, p. 99 doc. 5) e poco dopo il matrimonio si recò a Trento, dove eseguì la decorazione della chiesa della Ss. Annunziata, ora in parte perduta in seguito ad un bombardamento durante la seconda guerra mondiale.

Quest'opera si pone come l'ultimo capitolo del periodo giovanile del F. teso alla ricerca di uno stile personale nel quale, tuttavia, rimane un tenace attaccamento all'arte del Ricci e del Tiepolo, come dimostra - nell'abside - la Cacciata degli angeli ribelli.

Le doti decorative, evidenziate dalla maestria degli scorci e dalla intensità e vivacità dei colori degli affreschi trentini, valsero al F. un ruolo da protagonista, attomo alla metà del secolo, nella grande stagione del rococò veneziano. Molti furono infatti gli interni decorati da lui a Venezia, a cominciare da Ca' Duodo dove, intorno al 1743, realizzò per i soffitti tele ed affreschi. Di tale ciclo decorativo rimangono in situ solo i due affreschi le Divinità dell'Olimpo e Bacco e Arianna nei quali il F. sembra legato alla ricerca spaziale desunta dall'esperienza bolognese. È stata inoltre ipotizzata (Pigler, 1959-60, pp. 155-161) l'appartenenza al medesimo gruppo di dipinti di una serie di tele conservate nel Museo di belle arti di Budapest comprendenti i due grandi dipinti - la Continenza di Scipione e Antioco e Stratonica - quattro tondi monocromi con scene mitologiche e una tela per soffitto con il Sacrificio di Ifigenia. Le opere in realtà sono pertinenti alla decorazione di Ca' Bernardi (ora Bollani) a S. Aponal che il F. realizzò, alla metà del secolo, in collaborazione con Gaspare Diziani (Pigler, 1968, p. 237). Il 24 febbr. 1745 il F. ricevette il pagamento per il soffitto di una stanza di palazzo Barbarigo a S. Maria Zobenigo, dove eseguì il Trionfo di Venezia che, nella contrapposizione tra la plasticità delle figure alla base della raffigurazione e l'aerea leggerezza dei personaggi posti in un'ampia porzione di cielo, richiama le analoghe soluzioni compositive adottate dal Tiepolo anch'egli attivo, negli stessi anni, all'interno del palazzo. Mentre sono andate perdute le opere che il F. realizzò nei palazzi Soranzo ed Erizzo, rimane invece integro il ciclo con il quale ornò le sale di Ca' Boldù a S. Felice. Le pitture vengono datate ipoteticamente alla metà del quinto decennio del Settecento (Magrini, 1988, p. 210) grazie anche ad una serie di analogie con le acqueforti incise dal F., Varii Baccanali et Istorie inventate et incise in rame..., edite a Venezia nel 1744. Altro ciclo decorativo rimasto intatto, composto da tele ed affreschi con scene mitologiche e storiche, è quello realizzato a palazzo Contarini a S. Beneto, in cui il F. sembra distaccarsi dai moduli plastico-prospettici precedentemente adottati alla ricerca di più libere visioni spaziali. Tale elemento compositivo permette di datare il complesso alla metà del secolo (Magrini, 1988, p. 213).

Il F. fu anche impegnato nella produzione di numerose tele come quella realizzata a Venezia nel 1737 per la chiesa dell'Angelo Raffaele (S. Ludovico e santi) e quella per la chiesa di S. Salvador (S. Lorenzo Giustiniani e S. Leonardo e santi), entrambe da considerarsi tra le sue opere migliori. In questi anni l'attività del F. gravitò tutta in ambiente veneto soprattutto a causa dei pressanti impegni familiari. Tra il 1736 e il 1743 nacquero infatti cinque figli (tra i quali, nel maggio 1738, Giovanni Domenico, attivo collaboratore del padre), dei quali il F. dovette personalmente occuparsi dopo la morte della moglie avvenuta nel 1743. Verso il 1750 il F. era a Padova dove dipinse due tele con il Martirio di s. Margherita per l'omonima chiesa; tuttavia una sola di quelle conservate nell'edificio può considerarsi autografa. Contemporaneamente fu attivo nella chiesa di S. Giuliano e in palazzo Brigo (Rossetti, 1765, pp. 188, 315) con lavori ora perduti. Delle opere realizzate a Treviso rimangono due delle tele dipinte per palazzo Pola, collocabili intorno al 1745 e raffiguranti l'Incontro di Coriolano e la Continenza di Scipione (oggi in collezioni private; Magrini, 1988, p. 41) che fanno parte di un ciclo di sei quadri commissionati anche a J. Guarana e a G. Brusaferro (Pallucchini, 1980, pp. 189-192).

Tali opere sono espressione del momento più maturo dello sviluppo stilistico del F. nel quale si uniscono, in autonomo equilibrio, l'elegante maniera decorativa del Tiepolo con la ricca e fastosa tavolozza del Ricci.

Nella villa Zenobio (ora Dal Prà) a Santa Bona presso Treviso rimane la decorazione ad affresco del soffitto della "barchessa", databile tra il 1744 e il 1767, e comprendente il Banchetto di Zenobia, la Continenza di Scipione e il Trionfo di Aureliano. Il F. affiancò a questi episodi centrali dai toni aulici delle vivaci scenette nelle quali si distingue per inventiva e capacità narrativa. All'interno della villa il F. dipinse invece due serie di tele, quattro di argomento mitologico e quattro dedicate a Storie di Alessandro, oggi disperse in collezioni private (Magrini, 1988, pp. 41 s.).

L'interesse del F. per le scene di genere lo portò, nel periodo della maturità, a realizzare numerosi dipinti di piccolo formato quali, ad esempio, la Damina che si scalda (coll. priv.; ibid., p. 43), la Lezione di geometria (Tours, Musée des beaux-arts), la Bambina che mangia la pappa (Stoccolma, Museo nazionale), che si distinguono per la fresca vena narrativa e la particolare sensibilità cromatico-luministica.

Tornato a Venezia il F. dipinse nel 1750, per conto dell'Arciconfraternita di S. Rocco, una Gloria del santo di ispirazione tiepolesca nel soffitto della sacrestia della chiesa omonima. Eseguì inoltre, nel decennio 1740-50, per la Scuola di S. Girolamo una numerosa serie di quadretti devozionali che avevano per tema l'insolita iconografia della Vergine che appare a s. Girolamo, voluti dai confratelli per le proprie abitazioni (ibid., p. 187 figg. 33-38).

In questi anni la considerazione conquistata dal F. a Venezia gli valse l'incarico per l'esecuzione del ritratto ufficiale dei dogi Alvise Pisani e Pietro Grimani, per la sala dello Scrutinio in palazzo ducale, e la commissione del restauro del Paradiso Terrestre del Tintoretto nella sala del Maggior Consiglio.

L'operazione di ripulitura, iniziata a metà luglio del 1755, per la quale il F. avrebbe dovuto limitarsi a "non usare in alcuna parte il pennello, ma solamente di recuperare da pregiudizi la tela" (Olivato, 1974, p. 127), si trasformò in pesante opera di rimaneggiamento che attirò ben presto le lamentele dei critici.

In quello stesso anno il F. collaborò, con alcuni colleghi, all'esecuzione della Via Crucis per la chiesa di S. Maria del Giglio con le stazioni quarta e undicesima. L'anno successivo, il 13 febbr. 1756, fece parte del comitato di sette artisti incaricati di nominare i professori della nuova Accademia di belle arti di Venezia.

Nel 1759 il F. ricevette l'incarico da parte del vescovo di Trento Felice Alberti d'Enno di decorare alcuni ambienti della sua residenza nel castello del Buonconsiglio.

Il F. realizzò dodici tele con Storie di Mosè nel salone e sette con Storie del Vecchio Testamento nella camera del torrione. Dell'intero ciclo solo quattro dipinti raffiguranti Aronne davanti al faraone, la Caduta della manna, il Sacrificio di Isacco e il Vitello d'oro, caratterizzati da un linguaggio formale spigliato e armonioso, si trovano nel luogo d'origine, mentre altre tre tele sono state rintracciate nella villa Margone a Trento (Chini, 1984, pp. 1-11). Appartengono forse allo stesso gruppo i sei dipinti (di cui tre rubati nel 1979) già nella chiesa parrocchiale di Povo (ora nel Museo diocesano di Trento) in cui l'evidente influsso riccesco si arricchisce di forza narrativa grazie agli abili effetti luministici e ai vivaci accostamenti di colore. Alla serie dei lavori eseguiti dal F. a Trento appartengono inoltre le quattro tele conservate nel Museo diocesano della città tra le quali il Buon samaritano e la Fuga in Egitto provengono probabilmente non dalle sale di rappresentanza ma dalle stanze private del vescovo (Rasmo, 1976, p. 16).

Tornato in Veneto il F. dipinse nel 1760, forse in collaborazione con il figlio Domenico, la Gloria del Paradiso nel soffitto della chiesa prepositurale di Montebelluna dove, nel tentativo di sganciarsi dalle complesse costruzioni prospettiche di marca bolognese, sembra costruire con maggiore libertà le figure disposte su gruppi di nuvole con contrastati giochi di luci.

La fama raggiunta dal F. in ambito internazionale gli permise di ottenere un importante incarico presso la corte russa. Tra il 1761 e il 1762 infatti soggiornò a San Pietroburgo, dove eseguì nel soffitto della chiesa del palazzo d'inverno una Resurrezione (scomparsa nell'incendio del 1837)., già commissionata al Tiepolo l'anno precedente. Dell'opera ci rimane un disegno preparatorio (San Pietroburgo, Museo Russo; Magrini, 1990, fig. 173) da cui si può cogliere l'impostazione tiepolesca della composizione. Il F. realizzò inoltre Quattro Evangelisti nelle vele della cupola, un quadro "per il baldacchino sopra il trono" (Magrini, 1988, p. 76) e sette tele per l'iconostasi, unico lavoro conservatosi. All'interno del palazzo l'attività del F. proseguì con dodici sopraporte, iniziate nel marzo e finite nel giugno 1762, e con l'esecuzione, secondo alcuni critici in collaborazione con Angelo Carboni (ibid., p. 66), della parte centrale del soffitto dello scalone (ora completamente ridipinto), la cui decorazione si può dedurre dal disegno raffigurante il Trionfo di Flora conservato nella Biblioteca nazionale di Varsavia (Magrini, 1990, fig. 174). Il 1° marzo 1762 il F. sottoscrisse un accordo con l'Accademia di belle arti di San Pietroburgo nel quale si impegnava ad istruire gli allievi e a dipingere un quadro di argomento libero ma relativo alla corte. Il maestro onorò il contratto con una Allegoria dell'incoronazione di Caterina II realizzata tra il 28 giugno 1762, data dell'ascesa al trono dell'imperatrice, e l'ottobre dello stesso anno quando rientrò definitivamente a Venezia dopo una sosta a Mitati presso il duca di Curlandia.

A Venezia il F. riprese immediatamente sia l'attività didattica all'interno dell'Accademia, che culminerà il 3 luglio 1768 con l'elezione a presidente, sia l'attività pittorica, anche fuori della città lagunare. Sono da collocarsi in questi anni, più precisamente tra il 1763 e il 1768, gli affreschi che ornano l'oratorio di S. Carlino a Brescia (Morassi, 1939, pp. 82 s.). Nello stesso periodo (1767) e nella stessa città il F. accettò l'incarico di decorarare anche il palazzo Salvadego Martinengo, dove già nel 1739, in occasione di una prima fase di lavori di ristrutturazione, aveva forse dipinto la cappella oggi non più esistente.

Si tratta delle scene ispirate alle Storie di Alessandro e Rossana nel grande salone e degli affreschi che celebrano le imprese di alcuni Martinengo nella sala crema e nella galleria. Il ciclo dei dipinti è caratterizzato ancora da una certa vivacità narrativa che ricorda gli affreschi di Ca' Zenobio a Santa Bona, ma risulta evidente una certa rigidezza e stanchezza compositiva dovute forse all'intervento di aiuti, tra i quali il figlio Domenico nominato accademico a Venezia nel 1768.

La pittura del F. presenta nell'ultima fase un evidente ripiegamento in senso accademico non ancora palese nella pala Madonna con Bambino e i ss. Mattino e Carlo Borromeo, dipinta per il duomo di Tolmezzo tra il 1762 e il 1764, dove la lezione del Ricci e del Tiepolo sembra ancora viva nel ritmo nervoso e nel vivace cromatismo. Più statici appaiono invece gli affreschi (ora alquanto deteriorati) che il F. realizzò, intorno al 1765, per i soffitti di palazzo Diedo a Venezia con le scene allegoriche Il trionfo della Pace e della Giustizia, La Sapienza soccorre la virtù per sconfiggere il vizio, Ebe accolta nell'Olimpo. Sempre al 1765 si data il ciclo con Episodi della vita dis. Pietro d'Alcantara conservato nella cappella a destra dell'altare maggiore della chiesa di S. Francesco della Vigna. Le tele del F., in particolare l'ovale del soffitto raffigurante la Gloria del Santo, mostrano ormai l'impronta di un niepolismo accademico e stanco" (Pallucchini, 1957, p. 166). All'ultimo periodo della produzione del F. appartengono inoltre le tele del Castello Sforzesco di Milano con l'Adorazione dei magi e il Passaggio del mar Rosso, le due pale per la chiesa parrocchiale di Brazzano di Cormons nei pressi di Gorizia, e la Visitazione della chiesa dei filippini a Chioggia che fu commissionata al F. pochi mesi prima della morte, avvenuta a Venezia il 31 maggio 1769.

Fonti e Bibl.: A.M. Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia..., Venezia 1733, pp. 183, 462; P.A. Orlandi, Abcedario pittorico, Venezia 1753, p. 189; G.B. Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture ed architetture di Padova, Padova 1765, pp. 188, 33; A.M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle opere pubbliche dei veneziani maestri, Venezia 1771, p. 444; A. De Vesme, Le peintre graveur italien, Milano 1906, pp. 474-477; G. Fogolari, L'Accademia veneziana di pittura e scultura del Settecento, in L'Arte, XVI (1913), pp. 264-270; G. Damerini, I pittori veneziani del '700, Bologna 1928, ad Indicem; A. Morassi, F. F. a Trento, in Bollettino d'arte, II (1931), pp. 119-130; Id., Catalogo delle cose d'arte e d'antichità d'Italia. Brescia, Roma 1939, pp. 82 s.; R. Pallucchini, Commento alla mostra di Ancona, in Arte veneta, IV (1950), p. 32; E. Bassi, Tre dipinti di F. F., ibid., VIII (1954), pp. 326-329; J. Byam Shaw, The drawings of F. F., ibid., pp. 317-325; R. Pallucchini, Un soffitto ritrovato del F., ibid., XI (1957), pp. 162-167; R. Bassi Rathgeb, Alcune opere inedite del F., ibid., XIII-XIV (1959-60), pp. 222-224; A. Pigler, Un gruppo di dipinti di F. E a Budapest, ibid., pp. 155-161; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Settecento, Venezia-Roma 1960, pp. 154-157, 280; Id., Altri soffitti del F., in Arte veneta, XV (1961), pp. 182-191; E. Martini, La Pittura veneziana del Settecento, Venezia 1964, ad Indicem; G. Fiocco, Tiepolo e F., in Boll. dei Musei civici veneziani, XI (1966), pp. 1-7; A. Pigler, Katalog der Galerie alte Meister, Budapest 1968, pp. 236 s.; E. Martini, Due ignoti cicli pittorici di F. F. e altri affreschi del Diziani, in Arte illustrata, 1968, nn. 5-6, pp. 20-31; T. Formiciova, Alcune opere degli artisti della cerchia del Tiepolo nei musei russi, in Arte veneta, XXV (1971), pp. 212 s.; E. Martini, I dipinti di F. F. a palazzo Duodo, in Notizie da Palazzo Albani, II (1973), I, pp. 50-56; L. Olivato, Provvedimenti della repubblica veneta..., in Memorie dell'Ist. veneto di scienze, lettere e arti, XXXVII (1974), pp. 127 s.; G. Pavanello, F. F. e C. Cedini in palazzo Diedo..., in Boll. dei Musei civici veneziani, XXI (1976), 3-4, pp. 9-15; N. Rasmo, F. F. a Trento, in Quaderno di cultura atesina, 1976, n. 1, pp. 5-18; G. Romano, in Opere d'arte a Fercelli e nella sua provincia. Recuperi e restauri 1968-1976 (catal.), Vercelli 1976, pp. 138 s.; R. Pallucchini, Le tele del F. a palazzo Pola, in Arte veneta, XXXIV (1980), pp. 189-192; E. Chini, F. F. a Trento. Alcune aggiunte, in Studi trentini di scienze storiche, 1984, n. 1, pp. 1-11 G. Fossaluzza, Tre schede su F. F., in Arte cristiana, LXXII (1984), 703, pp. 241-248; M. Bonelli - M.R. Rizzi, Un dipinto inedito di F. F., in Arte veneta, XL (1986), pp. 192-194; M. Magrini, F. F. (1707-1769), Vicenza 1988 (con ulteriore bibl.); M. De Re, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1990, II, pp. 718 s. e ad Indicem; M. Magrini, F. F. I disegni, in Saggi e memorie di storia dell'arte, XVII (1990), pp. 163-211; Splendori del Settecento Veneziano (catal.), Venezia 1995, pp. 151-154, 402 s.; Giovan Battista Tiepolo (catal., Venezia), Milano 1996, pp. 68, 311; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, pp. 190 s.; Enc. Ital., XV, pp. 651 s.

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