PRATA, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)

PRATA , Francesco

Filippo Piazza

PRATA (de Prato), Francesco. – Figlio di Giovan Antonio e originario di Caravaggio, fu attivo per lo più nei territori di Cremona, Bergamo e, soprattutto, Brescia, città in cui è attestato tra il 1517 e il 1527. Il primo documento che lo riguarda, del 1510, è relativo alla sua emancipazione e suggerisce di fissarne i natali tra il 1490 e il 1495 (Servida, 1995). Il distacco dalla bottega familiare, avvenuto fors’anche prima della maggiore età (Villata, 2011, p. 48), è una spia del fatto che la formazione di Prata, svoltasi in ambito locale, dovette proseguire tra Cremona e Brescia, come confermano i dati di stile della sua opera d’esordio, datata verso il 1515 circa, la Madonna col Bambino e santi della Galleria Sabauda di Torino (inv. 159bis). Nel dipinto si notano, oltre alla «suggestione bramantinesca e zenaliana» (Tanzi, 1987a, p. 142) delle architetture, rimandi ad Altobello Melone e a Girolamo Romanino per la posa del Bambino, ripresa dalla pala di S. Giustina a Padova.

La tendenza ad accogliere influenze eterogenee, anche se raramente con la personalità del caposcuola, caratterizza l’arte discontinua di Prata e, al tempo stesso, rende assai problematica la seriazione delle sue opere, alcune delle quali sono state in passato accostate ad altri pittori bresciani, come Paolo da Caylina e Floriano Ferramola. Malgrado gli scarsi appigli documentari (cfr. Castellini, 2005, pp. 52 s.), pare che il giovane, abbandonata la natia Caravaggio, avesse presto risentito del contesto cremonese del secondo decennio del Cinquecento (è forse da respingere il pur stimolante riferimento a Prata di alcuni affreschi nel Milanese che, intorno al 1515-17, tradiscono una conoscenza di Raffaello, estranea al bagaglio culturale del pittore; cfr. Villata, 2011). Alla congiuntura ‘ponentina’ pertengono, tra il 1515 e il 1516 circa, due pannelli già in collezione Lorenzelli (Frangi, 1993a), la Madonna col Bambino del Castello Sforzesco (inv. 1442; Frangi, 1993b), un S. Pietro su tavola (Moro, 1994, p. 199) e cinque strappi con Teste di santi della Pinacoteca Ala Ponzone di Cremona (invv. 170-174). Per questi ultimi, la cui storia suggerisce un’antica provenienza dal territorio cremonese (Moro, 1988; Guazzoni, 2003), la cronologia cade a ridosso della presenza di Prata a Brescia, attestata nel 1517, allorché «Franciscus de Caravatio» partecipò alla riunione del collegio dei pittori nella chiesa di S. Luca (Boselli, 1977).

Il 29 dicembre 1518 Prata comparve, come teste, in un atto rogato nella chiesa bresciana di S. Francesco, dove si conserva lo Sposalizio della Vergine, la sua prima opera firmata (Tanzi, 1987a). Qui il pittore sviluppò i riferimenti cremonesi notati in precedenza, anche verso Boccaccio Boccacino e Gianfrancesco Bembo, dimostrando di non essere indifferente, come nella Pietà di Manerbio (Marubbi, 2004, pp. 218 s.), a un «preciso influsso di Romanino» (Bossaglia, 1963, p. 1087), che di lì a poco si sarebbe manifestato nella replica della celebre versione berlinese della Salomè, firmata «FRANCISCI CARAVAGIESIS OPUS» e conservata presso la Fondazione Cavallini Sgarbi di Ferrara (Marubbi, 2004, pp. 220 s.).

La fedeltà al modello è tale da far supporre una «frequentazione della bottega romaniniana da parte del caravaggino» (Tanzi, 1987a, p. 143), il quale, tuttavia, travisa la carica espressiva del maestro per restare ancorato a un’interpretazione superficiale, che si palesa in un grafismo non esente da formule nordiche.

A questa fase va forse avvicinata la Madonna col Bambino della Galleria Canesso (Naldi, 2013), dove i ricordi zenaliani sono riletti alla luce del linguaggio bresciano, sempre con quell’incisività del segno che è cifra imprescindibile di Prata.

La dipendenza da Romanino, visibile anche in uno strappo probabilmente inedito, raffigurante un’Adorazione del Bambino con i ss. Giuseppe e Francesco, attualmente conservato nella Casa S. Angela della Compagnia di S. Orsola a Brescia, e databile intorno al 1517-18 (come suggerisce Francesco Frangi), non impedì all’artista di lasciarsi suggestionare da altre fonti, nel tentativo, mai pienamente compiuto, di tracciare una via autonoma e personale. A questo proposito la critica ha messo in evidenza la piega che prese il suo percorso a partire dal Martirio di S. Agata nell’omonima chiesa bresciana, che dichiara una parziale aderenza ai modi di Moretto e, fors’anche, di Savoldo. Si tratta di un periodo di sperimentazione, da circoscriversi tra il 1519 e il 1522, date dei pagamenti della pala (Zaina, 2008). Risulta però complesso seguire le rapide virate stilistiche compiute dal pittore in questi anni, ora affascinato da una certa monumentalità (si veda la Visitazione di S. Francesco a Brescia; cfr. Moro, 1988), ora autore di dipinti come la Sacra conservazione (ibid.) e la Cleopatra della Fondazione Luciano Sorlini di Calvagese della Riviera (Capella, 2002), forse derivata da un modello romaniniano.

Nel gennaio 1521, segno del rapporto mai interrotto con la propria terra di origine, Prata ricevette un pagamento per la decorazione della cupola della chiesa dei Ss. Fermo e Rustico a Caravaggio, la cui non omogenea qualità va considerata al netto di antiche ridipinture (Servida, 1995 e 2002). È probabile, come del resto già ipotizzato da Anchise Tempestini (1976, p. 60), che la mole dell’incarico, avviato intorno al 1520, abbia comportato una dilatazione nei primi anni del terzo decennio, comunque non oltre il 1522 e il 1523, date che sanciscono una stabile presenza del pittore a Brescia. È un periodo in cui si manifesta una «apertura manierista» che si fa risalire a esempi pordenoniani visti a Cremona (Gnaccolini, 2007a, p. 19).

Una progressiva perdita di inventiva si ravvisa, invece, a partire dall’Adorazione dei pastori della parrocchiale di Bedulita (nei pressi di Bergamo), la cui cronologia va scalata dopo il 1524-25, dal momento che la composizione ricalca il gruppo centrale del polittico romaniniano già in S. Alessandro a Brescia (Moro, 1988). Tale ripresa, che si avvale dell’uso di cartoni, è riscontrabile anche in un’altra versione della Salomè, sempre desunta dal prototipo berlinese, ma di minore efficacia (Tanzi, 1987a, p. 152, fig. 18), spia di una familiarità con la bottega di Girolamo che tuttavia si trascina stancamente da parte di Prata, ormai avvezzo a ripetere le tipologie iconografiche del maestro. Un’altra replica autografa dell’Adorazione di Bedulita, più piccola, è stata resa nota da Franco Moro nel 1988; meno certezze si hanno sulla pala di Roncadelle, di qualità modesta per essere accostata al pittore (Casarin, 2000). Documentano questa fase, considerata di crisi, la Madonna col Bambino di Castiglione delle Stiviere e una tela con l’Apparizione di Cristo alle Marie (Tanzi, 1987a).

Alla fine del terzo decennio vengono generalmente collocate la Pietà della parrocchiale di Isorella, percorsa da timbri cromatici dimessi e da una maggior carica patetica, e quella che, alla luce delle conoscenze attuali, è considerata l’ultima opera nota del pittore: la Deposizione di Cristo nella chiesa dei Ss. Fermo e Rustico a Caravaggio (Gnaccolini, 2007b, pp. 31 s.). La grande tela, il cui restauro ha restituito la firma, mostra il tentativo di orchestrare una composizione affollata e teatrale, che risente anche dell’influsso di Callisto Piazza.

A fronte dei recenti tentativi di sistemare il percorso artistico di Prata, Paolo Plebani (2007) ha osservato che il suo catalogo «si va gonfiando in maniera preoccupante di opere che non gli spettano» (p. 34), così che, con argomentazioni diverse (si consultino Frisoni, 1997; Tanzi, 2002; Gnaccolini, 2007a, p. 22 nota 74; Villata, 2011, p. 51 nota 12), la critica ha messo in discussione alcune proposte attributive bresciane: il Cristo benedicente del duomo nuovo, gli affreschi della cripta di S. Agata, gli affreschi della terza cappella destra di S. Giuseppe, la lunetta del Carmine, la Giustizia tra due santi nella Sala della Mercanzia, una Madonna col Bambino di collezione privata (Capella, 1999), il Cristo risorto di Quinzano d’Oglio (Guazzoni, 1988), i cicli di Bienno e Timoline (Castellini, 2005 e 2006), l’Adorazione del Bambino di Onzato (Capella, 2002). Discussi, e in tal senso da approfondire, sono i riferimenti a Prata di una predella raffigurante la Presentazione di Gesù al Tempio (Moro, 1994, p. 203), di una Sacra famiglia (Castellini, 2005, p. 59) e di un’Ultima Cena (Capella, 1999, pp. 60, 68), mentre da respingere è l’attribuzione di una tavola esitata sul mercato (Christie’s, New York, 23 gennaio 2003, lotto 29). Con qualche riserva gli si possono assegnare gli strappi provenienti da Bedizzole (Capella, 1991-1993 [1995]) e, tra i dipinti di piccolo formato, una Testa di santo presso il Museo Camuno di Breno (inv. 4; Castellini, 2005, p. 59). La sua attività di ritrattista, a oggi assai complessa da ricostruire, contempla forse il Giovanni Battista Santini dell’Accademia Carrara di belle arti di Bergamo (inv. 683; Tanzi, 1987a, pp. 144 s.; Pagnotta, 1997, pp. 278 s.).

Non si conosce l’anno di morte del pittore documentato per l’ultima volta nel 1531 (Comincini, 2006); nel 1567 fu registrata una «Ranzetta moglie del q[uondam] Franc[es]co da Prata pintore» (Tirloni, 1975, p. 553).

Fonti e Bibl.: R. Bossaglia, La pittura del Cinquecento. I maggiori e i loro scolari, in Storia di Brescia, II, La dominazione veneta (1426-1575), a cura di G. Treccani Degli Alfieri, Brescia 1963, pp. 1085-1087; P. Tirloni, F. P., in I pittori bergamaschi: dal XIII al XIX secolo, III.I, Il Cinquecento, I, a cura di G.A. Dell’Acqua, Bergamo 1975, pp. 553-571; A. Tempestini, Recensione a I pittori bergamaschi, in Antichità viva, XV (1976), p. 60; C. Boselli, Regesto artistico dei notai roganti in Brescia dall’anno 1500 all’anno 1560, in Commentari dell’Ateneo di Brescia. Supplemento, I, Brescia 1977, p. 261; M. Tanzi, Appunti sulla fortuna visiva degli ‘eccentrici’ cremonesi, in Prospettiva, XXXIX (1984), pp. 53-60 (in partic. pp. 57-59); Id., F. P. da Caravaggio: aggiunte e verifiche, in Bollettino d’arte, s. 6, LXXII (1987a), pp. 141-156; Id., Pittura a Caravaggio, in Pittura tra Adda e Serio: Lodi, Treviglio, Caravaggio, Crema, a cura di M. Gregori, Milano 1987b, pp. 181 s., 232-235; F. Frangi, Sulle tracce di Altobello giovane, in Arte Cristiana, n.s., LXXVI (1988), pp. 389-404 (in partic. p. 402 n. 21); F. Moro, Una Adorazione a Bedulita e l’area del Romanino, in Osservatorio delle arti, 0 (1988), pp. 40-44; V. Guazzoni, Prata e Caylina a confronto, ibid., III (1989), pp. 37-46; M. Capella, Un’aggiunta al catalogo di F. P. da Caravaggio, in Museo bresciano, V (1991-1993 [1995]), pp. 110-112; F. Frangi, Tra Milano e Venezia. Vicende della pittura rinascimentale a Bergamo, Brescia e Cremona, in Museum. Intorno alla collezione (catal., 1994), a cura di J. Lorenzelli - A. Veca, Bergamo 1993a, pp. 115-117, 134-137; Id., in Un museo da scoprire. Dipinti antichi della Pinacoteca del Castello Sforzesco (catal.), a cura di M.T. Fiorio - M. Bona Castellotti, Milano 1993b, scheda n. 9, pp. 30 s.; F. Moro, F. P., in Dizionario degli artisti, a cura di E. De Pascale - M. Olivari, Bergamo 1994, pp. 198-203; A. Nova, Girolamo Romanino, Torino 1994, pp. 226 s.; S. Servida, Per gli affreschi di F. P. nella cappella del Santissimo Sacramento a Caravaggio, in Artes, III (1995), pp. 130 s.; F. Frisoni, in Nel lume del Rinascimento: dipinti, sculture ed oggetti dalla diocesi di Brescia (catal.), a cura di I. Panteghini, Brescia 1997, scheda n. 9, pp. 58 s.; L. Pagnotta, Bartolomeo Veneto. L’opera completa, Firenze 1997, pp. 278 s.; P. Tirloni, Le chiese di Caravaggio, Bergamo 1997, pp. 49-57, 73; M. Capella, Novità a margine della produzione giovanile di F. P. da Caravaggio, in Artes, VII (1999), pp. 60-73; R. Casarin, in Natale dipinto (catal.), a cura di M. Botteri Ottaviani, Riva del Garda 2000, scheda n. 6, pp. 62-64; M. Capella, Inediti bresciani per F. P. da Caravaggio, in Artes, X (2002), pp. 54-57; S. Servida, La cappella del Santissimo Sacramento nella parrocchiale di Caravaggio, in Bramante milanese, a cura di C.L. Frommel - L. Giordano - R. Schofield, Venezia 2002, pp. 228 s.; M. Tanzi, in Da Bergognone a Tiepolo. Scoperte e restauri in provincia di Bergamo (catal., Bergamo 2002-2003), a cura di S. Facchinetti, Milano 2002, scheda n. 4, p. 56 nota 28; V. Guazzoni, in La Pinacoteca Ala Ponzone. Il Cinquecento, a cura di M. Marubbi, Milano 2003, scheda n. 41, pp. 70-72; M. Marubbi, in Le ceneri violette di Giorgione... (catal., Mantova 2004-2005), a cura di V. Sgarbi - M. Lucco, Milano 2004, schede nn. 63 e 64, pp. 218-221; M. Tanzi, Siparietti cremonesi, in Prospettiva, 113-114 (2004), p. 124; P. Castellini, F. P. da Caravaggio nella chiesa di Santa Maria di Bienno, in La chiesa di Santa Maria Annunciata a Bienno. Atti della giornata di studi... 2000, a cura di P. Castellini - M. Rossi, Brescia 2005, pp. 47-68; Ead., Nuove aggiunte al catalogo di F. P. da Caravaggio: gli affreschi dell’antica parrocchiale dei Santi Cosma e Damiano a Timoline di Corte Franca (BS), in Topografia artistica tra Medioevo e Rinascimento..., a cura di P. Castellini - M. Rossi, Brescia 2006, pp. 141-156; M. Comincini, Documenti per la biografia di Nicola Moietta, in Il convento dell’Annunziata di Abbiategrasso, a cura di Id., Abbiategrasso 2006, pp. 49-58; L.P. Gnaccolini, Il primo Rinascimento a Caravaggio. 1480-1550 circa, in Pittura a Caravaggio. Avvenimenti figurativi in una terra di confine, a cura di S. Muzzin - A. Civai, Caravaggio 2007a, pp. 16-23; Ead., ibid. (2007b), scheda n. 5, pp. 31-33; P. Plebani, ibid., scheda n. 6, pp. 33-35; A. Zaina, Una “Sant’Agata” e due “Salomè”, in Civiltà bresciana, XVII (2008), pp. 77-116; E. Villata, Un incunabolo raffaellesco di F. P., in Critica d’arte, LXXIII (2011), pp. 45-52; C. Naldi, in Cinquecento sacro e profano... (catal.), a cura di Ead., Lugano 2013, scheda n. 3, pp. 18-22.

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