ZELADA, Francesco Saverio de

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZELADA, Francesco Saverio

Marco Emanuele Omes

de. – Nacque a Roma il 27 agosto 1717 dal nobile murciano Juan Jacinto de Zelada y Escobar, spedizioniere della Dataria apostolica e agente del cardinale Luis Antonio Belluga y Moncada, e da Manuela Rodríguez, discendente di una famiglia aristocratica di Oviedo.

Completati gli studi in utroque iure alla Sapienza, Zelada fu ordinato sacerdote il 23 ottobre 1740 e nello stesso anno divenne cameriere segreto soprannumerario di Benedetto XIV. Durante la sua carriera curiale fu referendario dei tribunali della Segnatura apostolica di grazia e di giustizia, relatore della congregazione del Buon governo, uditore civile della Camera apostolica e prelato della Reverenda Fabbrica di S. Pietro (Notizie per l’anno 1742, p. 124); uditore del tribunale della Segnatura apostolica di giustizia (1749); secondo luogotenente civile della Camera apostolica (1753); prelato della congregazione dell’Immunità ecclesiastica (1755); uditore del tribunale della Sacra Rota (1760); penitenziere apostolico (1764); segretario delle congregazioni del Concilio e della Residenza dei vescovi (1766; Moroni, CIII, 1861, p. 461).

Il 28 dicembre 1766 Zelada venne consacrato arcivescovo di Petra in partibus infidelium. Negli anni successivi divenne assistente al soglio pontificio, votante nel tribunale della Segnatura di grazia (1767), consultore della congregazione del S. Uffizio (1768) e segretario della congregazione per l’Esame dei vescovi (1770). A queste date Zelada cominciò a esercitare una certa rilevanza nella Curia, meritando soventi menzioni nelle corrispondenze circa l’espulsione della Compagnia di Gesù dagli Stati retti dalla dinastia borbonica. Nelle sue missive a Manuel de Roda, segretario di Grazia e Giustizia del Regno di Spagna, l’incaricato d’affari presso la S. Sede José Nicolas de Azara mise in guardia a più riprese contro Zelada, ritenuto «venduto ai gesuiti» e nemico della nazione spagnola malgrado le sue origini (El espiritu..., 1846, I, pp. 8, 22). Grande fu dunque lo sconcerto quando, insieme all’ambasciatore spagnolo José Moñino, egli divenne il principale redattore del breve di soppressione della Compagnia di Gesù Dominus ac redemptor (firmato dal papa il 21 luglio 1773, ma reso pubblico solo il 17 agosto). Zelada guadagnò così non solo la riconoscenza della corte di Madrid – foriera di numerose dignità ecclesiastiche – ma anche la stima del pontefice e la berretta cardinalizia. Il 19 aprile 1773, infatti, Clemente XIV lo creò cardinale dell’ordine dei preti e una settimana più tardi gli venne attribuito il titolo di S. Martino ai Monti.

Aggregato alle congregazioni del Concilio, dei Vescovi e regolari, dell’Indice e dell’Esame dei vescovi (Notizie per l’anno 1774, p. 110), Zelada entrò a far parte anche della neonata congregazione De rebus extinctae Societatis Jesu. Quest’ultima, istituita il 13 agosto 1773 con il breve Gravissimi ex causis per implementare la soppressione della Compagnia, godeva di piena facoltà e giurisdizione sulla totalità del patrimonio gesuitico. Naturale, pertanto, che su Zelada piovessero gli strali della pubblicistica filogesuita, pronta ad accusarlo di essersi venduto alle corti di Napoli e Madrid (Luengo, 2013, pp. 174, 328). A questi si aggiunsero ben presto anche critiche e satire dei settori ecclesiastici nemici della Compagnia, allorché Zelada nella sua carica di prefetto agli studi del Collegio romano (attribuitagli con il breve Commendatissimam del 24 novembre 1773) riconfermò quattro professori ex gesuiti alle loro cattedre, rifiutando invece la chiamata dei teologi Giuseppe Zola e Pietro Tamburini, di tendenza giansenista.

Oggetto di una celebre satira apparsa durante il conclave del 1774-1775 (Il Conclave dell’anno MDCCLXXIV, Roma s.d., ma Firenze 1774), Zelada vi giocò un ruolo rilevante, propiziando la mediazione fra le parti e l’elezione di Pio VI Braschi (Bourgoing, I, 1799, p. 29). Nel successivo ventennio Zelada presenziò in maniera stabile in importanti congregazioni di governo della Chiesa: nel 1775 entrò a far parte di quella del S. Uffizio; dal novembre 1780 all’ottobre 1786 assunse la carica di proprefetto della congregazione dei Vescovi e regolari (Gazzetta universale, 1780, p. 728); nel 1783 partecipò a una congregazione particolare, chiamata a occuparsi della crisi delle nomine episcopali apertasi con il re di Napoli Ferdinando IV, che aveva tra l’altro scelto come vescovo di Potenza Giovanni Andrea Serrao, le cui simpatie gianseniste erano ben note e inquietanti per la S. Sede (Barruel, 1801, pp. 72-74). Zelada rivestì altresì la carica di camerlengo del Sacro Collegio dal 17 febbraio 1783 al 25 giugno 1784, e dal settembre 1788 alla morte quella di penitenziere maggiore. Egli esercitò la sua influenza in Curia anche attraverso numerose protettorie di ordini religiosi (Moroni, CIII, 1861, p. 462; De Dominicis, 2019, p. 79); supportò inoltre informalmente la congregazione della Passione di Gesù (Nanni, 1997, pp. 239, 257, 266).

Zelada si impose altresì come punto di riferimento tanto per la cultura quanto per la sociabilità aristocratica di Roma. Ne furono unanimemente apprezzate le collezioni pittoriche, librarie, di antichità, di cere anatomiche e di storia naturale (cfr. Andrés, I, 1786, pp. 185-187, e Sabba, 2019, pp. 74-75). Celebre numismatico, pubblicò De nummis aliquot æreis uncialibus epistola (Romæ 1778). La fama di patrono delle arti e bibliofilo gli valse, nel dicembre 1779, la nomina a bibliotecario di S.R. Chiesa. Nel 1787 finanziò la costruzione della specola del Collegio romano, arricchendola di strumenti di osservazione astronomica e affidandola al professore Giuseppe Calandrelli. Zelada fu infine nominato presidente dell’Università di Ferrara nel 1790, anno in cui altresì presiedette il collegio giudicante nel corso del processo contro Giuseppe Balsamo, alias il conte Cagliostro.

Il 14 ottobre 1789 fu scelto da Pio VI come segretario di Stato al posto del cardinale Ignazio Boncompagni Ludovisi. In questa veste si trovò a gestire numerose crisi, ma l’usuale prudenza a poco valse di fronte alle sfide politiche, teologiche ed ecclesiologiche che la Chiesa andava fronteggiando. Una linea di fermezza fu tenuta da Zelada come membro della congregazione particolare deputata a risolvere la ‘crisi delle nunziature’ in area germanica, conclusasi con una censura (14 novembre 1789) delle tendenze richeriste e febroniane contenute nella punctuatio di Ems siglata dagli arcivescovi di Salisburgo, Magonza, Treviri e Colonia. Più complesso e talvolta esitante fu invece il comportamento di Zelada in relazione agli eventi della Rivoluzione francese, i cui principi furono da lui condannati come abominevoli massime tese a provocare la caduta di ogni governo legittimo (Gendry, 1906, II, p. 110). Se il giudizio era senza appello, più cauta fu la condotta politica. L’abituale accortezza di Zelada andò però trasformandosi sempre più in disarmante attendismo: riguardo l’accettabilità della Costituzione civile del clero nel settembre 1790 suggerì di mantenere il silenzio e di guadagnare così ulteriore tempo di riflessione; la condanna papale arrivò infine solo il 10 marzo 1791 (breve Quod aliquantum), mesi dopo l’adozione del testo legislativo da parte di Luigi XVI.

Zelada sancì allora una sorta di rottura delle relazioni diplomatiche con Parigi nel marzo-aprile 1791, rifiutandosi di riconoscere il nuovo ambasciatore presso la S. Sede conte di Ségur, e attraverso le nunziature di Lucerna, Colonia e Monaco di Baviera strinse contatti con gli ambienti del clero francese emigrato. Mantenne prudenza invece di fronte al profilarsi di reti aristocratiche controrivoluzionarie al di là del Reno, preferendo intensificare le relazioni con le corti di Vienna, Madrid e Berlino per rafforzare l’alleanza fra trono e altare sempre più apertamente minacciata.

La sovranità stessa del pontefice, e non solo la sua autorità spirituale, era infatti messa sotto attacco Oltralpe: ad Avignone e nel Contado Venassino nel febbraio 1790 si erano formate municipalità rivoluzionarie provvisorie e cresceva la richiesta di annessione alla Francia. Anche in questo caso l’operato di Zelada fu sostanzialmente inefficace: egli puntò su un rifiuto di Luigi XVI a incorporare quei territori per rispetto della sovranità pontificia. Tale strategia dimostrò tutti i suoi limiti a seguito dell’invasione francese e dell’unione al regno, votata il 14 settembre 1791.

Sul fronte della politica interna, le minacce politico-diplomatiche, il bisogno di fronteggiare una profonda crisi economica e crescenti segni di opposizione al governo papale portarono nel 1792 alla formazione di una congregazione di Stato sotto la direzione operativa di Zelada (Londei, 1998, p. 465). La sorveglianza si concentrò soprattutto sulla folta comunità francese dell’Urbe, sospettata di disseminare i germi dell’anarchia rivoluzionaria. A seguito dei tumulti del 13 gennaio 1793 in cui trovò la morte l’agente francese Hugon de Basseville Zelada si impegnò a ripristinare l’ordine a Roma e a consolidare i canali diplomatici con le potenze della coalizione antifrancese, malgrado la posizione ufficiale di neutralità dello Stato della Chiesa, rafforzando le relazioni con la Spagna e con la Gran Bretagna. Nonostante la priorità data alla gestione degli affari temporali, egli continuò a occuparsi anche di questioni ecclesiologiche: nel 1795 prese parte a due congregazioni straordinarie sugli affari di Corsica e Polonia (Archivio apostolico Vaticano, Segreteria di Stato, Polonia, 344/V; Tavanti, 1804).

La discesa in Italia di Bonaparte pose fine alla pluriennale esperienza di Zelada alla testa della Segreteria di Stato pontificia; l’occupazione francese delle legazioni di Bologna e Ferrara suonò infatti come una dimostrazione d’impotenza e un fallimento delle strategie diplomatiche adottate. Zelada si dimise dalla carica ufficialmente per ragioni di salute e venne sostituito il 9 agosto dal cardinale Ignazio Busca. Parallelamente, si dimise anche dalla congregazione di Stato, ritirandosi così progressivamente dagli affari pubblici. Tuttavia, interpellato a proposito delle negoziazioni intessute da monsignor Lorenzo Caleppi a Firenze con il diplomatico francese François Cacault, Zelada – al pari della maggioranza del Sacro Collegio – si pronunciò nel settembre 1796 a favore della resistenza a oltranza e dell’alleanza con il Regno di Napoli.

Dopo l’invasione francese di Roma e la proclamazione della Repubblica Zelada si rifugiò a Firenze, per rimanere il più possibile vicino al pontefice. Dopo la morte di quest’ultimo si trasferì a Venezia, dove partecipò al conclave che elesse Pio VII Chiaramonti: in tale occasione fece parte dello sparuto gruppo dei cardinali ‘volanti’.

Tornato infine a Roma, Zelada si spense il 19 dicembre 1801; le sue spoglie furono inumate nella chiesa di S. Martino ai Monti (Diario di Roma, 23 dicembre 1801, pp. 13-17).

Secondo le disposizioni testamentarie di Zelada la sua quadreria e le sue stampe vennero donate al cardinale Giovanni Rinuccini, così da riunire quelle opere con la raccolta già trasferita a Firenze durante l’esilio e offerta al marchese Alessandro Rinuccini. Le collezioni numismatiche, antiquarie, di storia naturale e di strumentazione scientifica furono devolute al Collegio romano, a favore del Museo Kirkeriano o dell’Osservatorio astronomico. La biblioteca di volumi a stampa (circa seimila) fu acquisita da Pio VII e trasferita al Quirinale fino alla seconda occupazione francese di Roma, quando venne incorporata alla Biblioteca apostolica Vaticana. La preziosa collezione di manoscritti (1800 in alfabeto latino, e molti altri in lingua greca, araba, ebraica, cinese), era invece già stata trasferita alla Biblioteca capitolare di Toledo tra il maggio 1798 e il 27 luglio 1799 grazie alla collaborazione del cardinale Francisco Antonio de Lorenzana. Per ordine del ministro Manuel Ruiz Zorrilla nel 1869 una parte di tale collezione venne traslata alla Biblioteca Nacional de España di Madrid.

Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Segreteria di Stato: oltre ai fondi delle varie nunziature si segnalano i fondi di corrispondenza Cardinali, Vescovi, Particolari, e i fondi Emigrati riv. franc., Legaz. Avignone, Congreg. Avignone; Archivio Congr. AA. EE. SS., Francia. Ulteriore documentazione in Archivio di Stato di Roma, Misc. di carte politiche e riservate; Ammin. camerale del patrimonio ex gesuitico, bb. 1-6; Notai, Auditor Camerae, vol. 5509 (per il testamento di Zelada). Sulle relazioni con la corte di Spagna, Madrid, Archivio Histórico Nacional, Embajada de España ante la S. Sede, filze 218, 222, 301, 315, 317, 322, 438. Per la sua corrispondenza: Bergamo, Biblioteca civica A. Mai, Archivio Gamba, voll. III, X-XX, LXXXV, 149 lettere al card. Giovanni Andrea Archetti. Un catalogo manoscritto di 1277 codici in alfabeto latino appartenuti a Zelada in Bologna, Biblioteca universitaria, Bonon. 4256; un altro riguardante i codici in lingua ebraica in Madrid, Biblioteca Nacional de España, ms. 7116.

Notizie per l’anno 1742..., Roma 1742, p. 124; M. Luengo, Diario de 1773, a cura di I. Fernández Arrillaga - I. Pinedo Iparraguirre, Alicante 2013, pp. 174 s., 323, 328; Notizie per l’anno 1774, Roma 1774, p. 110; Nouvelles ecclésiastiques, XIV, 7 nov. 1773, pp. 179 s.; ibid., 24 ott. 1774, pp. 169 s.; Gazzetta universale, 14 nov. 1780, p. 728; J. Andrés, Cartas familiares, I-II, Madrid 1786, pp. 185-187; J.-F. de Bourgoing, Mémoires historiques et philosophiques sur Pie VI, I-II, Paris 1799, I, pp. 17, 25, 29, II, passim; A. Barruel, Histoire civile, politique et religieuse de Pie VI, Avignon, s.d., pp. 18, 23, 73; Diario di Roma, 23 dic. 1801, pp. 13-17; G.B. Tavanti, Fasti del S. P. Pio VI, III, Italia 1804, p. 266; El espíritu de don J. N. de Azara..., I-III, Madrid 1846; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, CIII, Venezia 1861, pp. 460-469; Correspondance secrète de l’abbé de Salamon, chargé des affaires du Saint-Siège pendant la Révolution avec le cardinal de Zelada, Paris 1898; J. Gendry, Pie VI, Paris 1906, ad ind.; G. Bourgin, La France et Rome de 1788-1797: Regeste des dépêches du cardinal Secrétaire d’État, Paris 1909, passim; Hierarchia catholica..., VI, Patavii 1954, pp. 28, 56; G. Filippone, Le relazioni tra lo Stato Pontificio e la Francia rivoluzionaria, I-II, Milano 1961-1967, passim; S. Nanni, Spazi, linguaggi, simboli delle congregazioni. L’«edificazione» passionista, in Cérémoniel et rituel à Rome, Rome 1997, pp. 239-279; L. Londei, L’ordinamento della Segreteria di Stato tra Antico Regime ed età della Restaurazione, in Mélanges de l’Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée, CX (1998), 2, pp. 461-473; M.E. Micheli, Naturalia e artificialia nelle raccolte del Card. F.S. de Z., in Illuminismo e ilustración, a cura di J. Beltrán Fortes et al., Roma 2003, pp. 231-241; C. Weber, Die päpstlichen Referendare 1566-1809, III, Stuttgart, 2003-2004, ad ind.; L. Fiorani - D. Rocciolo, Chiesa romana e Rivoluzione francese 1789-1799, Roma 2004, ad indicem; G. Pelletier, Rome et la Révolution française, Roma 2004, ad ind.; F. Candel Crespo, El card. Don F. J. Zelada y Rodríguez (1717-1801), Murcia 2006; E. Guerrieri, In omni rerum perturbatione: la traslazione toledana dei manoscritti del cardinale Z., in Medioevo e Rinascimento, XXVIII (2014), 25, pp. 229-252; C. De Dominicis, Aggiunte e variazioni nelle protettorie cardinalizie, Roma 2019, p. 79; F. Sabba, Angelo Maria Bandini in viaggio a Roma (1780-1781), Firenze 2019, pp. 37, 74 s.

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