SODERINI, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SODERINI, Francesco

Francesco Salvestrini

– Nacque a Firenze il 10 giugno 1453, terzo figlio (dopo Paolantonio e Piero, prima di Giovan Vettorio) di Tommaso di Lorenzo e di Dianora di Francesco Tornabuoni, sorella di Lucrezia, madre di Lorenzo de’ Medici.

Avviato alla carriera ecclesiastica forse per consiglio del Magnifico, apprese i primi rudimenti da Giorgio Antonio Vespucci; studiò poi diritto a Bologna (dal 1472) e nello Studium di Pisa, allievo di Pierfilippo Del Corno (1473-77). La breve ma brillante carriera accademica successiva, auspicata anche da Marsilio Ficino, si sintetizza in alcune lezioni tenute tra il 1477 e il 1478 e nella stesura di un perduto trattato sulle Decretali.

Eletto vescovo di Volterra per volontà di Lorenzo de’ Medici (11 marzo 1478), lasciò sempre ai vicari il governo della diocesi (pur non disinteressandosene del tutto, come provano alcune elargizioni, l’erezione del Monte di pietà e l’indizione di una visita pastorale, peraltro svolta dai legati). Solo alquanto più tardi fu ordinato sacerdote (Firenze, 27 marzo 1486), e celebrò la prima messa nella cattedrale di Volterra nel 1493.

Si mise in luce nel novembre del 1480, per le sue notevoli doti di oratore, durante l’ambasceria fiorentina a Sisto IV, inviata allo scopo di ottenere la revoca dell’interdetto conseguente alla congiura dei Pazzi, all’impiccagione dell’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati e all’arresto del cardinale Sansone Riario. I rapporti stretti in tale occasione col papa fecero sì che Soderini divenisse suo ‘assistente’ e referendario della segnatura apostolica, e che si trasferisse a Roma (maggio del 1481), ove acquisì importanti proprietà immobiliari (un palazzo a Ss. Apostoli, la torre Sanguigna a nord di piazza Navona, una villa suburbana), iniziando presto la costruzione di una dimora tra borgo Sant’Angelo e borgo Nuovo.

Completata fra 1488 e 1490 e ampliata nel primo Cinquecento, la casa di Soderini ospitò una piccola corte di artisti e letterati importanti (Raffaele Maffei, Iacopo Gherardi, Paolo Cortesi e Battista Casali, che avrebbe pronunziato la sua orazione funebre). Soderini raccolse antichità, specialmente etrusche, e mise insieme una cospicua anche se non eccelsa biblioteca (nella quale si trovava un manoscritto parziale degli ancora inediti Annales di Tacito e il codice della Notitia dignitatum et administrationum omnium tam civilium quam militarium in partibus Orientis et Occidentis oggi alla Bibliothèque nationale de France).

Come altri facoltosi fiorentini soggiornanti a Roma, Soderini mantenne stretti rapporti con la città di origine e con i membri della sua famiglia; nel novembre del 1484, ad esempio, partecipò alla legazione di congratulazioni al neoeletto Innocenzo VIII (presso il quale mantenne la posizione eminente di segretario). Spinto anche dalle scelte dei propri congiunti, negli anni Novanta assunse posizioni decisamente antimedicee (accentuate dopo la morte del Magnifico). Ciò non gli evitò, all’arresto di Piero di Lorenzo (maggio del 1494), in quanto suo stretto parente, un breve esilio (revocato già nell’estate). Secondo la cronaca di Bartolomeo Cerretani, che riporta la sua orazione, nel novembre del 1494 Soderini esortò i concittadini alla ribellione armata contro Carlo VIII (che era allora a Firenze, intenzionato a richiamare i Medici), ma ciò non gli impedì, pochi mesi dopo, di seguire il re nella sua spedizione napoletana, divenendo in breve un interlocutore privilegiato della corte francese.

Presso di essa risiedette, infatti, per quasi due anni (dicembre 1495-settembre 1497), disinteressandosi di quanto accadeva nella Firenze savonaroliana e cercando, invece, di guadagnare alla città la protezione francese contro la minaccia della Lega santa (stretta nel marzo del 1495 fra Alessandro VI, l’imperatore, i sovrani iberici, Venezia e Milano). Successivamente fu ambasciatore a Milano (dicembre 1498-settembre 1499), per cercare l’alleanza di Ludovico il Moro contro Venezia, che stava appoggiando Pisa ribelle; e infine raggiunse la Curia pontificia (ottobre del 1500).

Dal 31 agosto 1501 al 10 luglio 1502 (ma Soderini rientrò in Italia in aprile) fu legato fiorentino in Francia (insieme, almeno per un certo periodo, a Luca di Antonio degli Albizi; li affiancò Biagio Buonaccorsi, collega di Niccolò Machiavelli presso la Cancelleria fiorentina). La missione ebbe successo e la Repubblica gigliata poté godere della rinnovata protezione della monarchia, come da alleanza sottoscritta da Luigi XII (che Soderini aveva conosciuto nel 1495-97) a Blois il 16 aprile 1502. In tale data Soderini rientrò in Italia, rassicurando il governo repubblicano circa l’indipendenza della città a fronte dell’egemonia francese su Milano e Napoli.

Durante il gonfalonierato del fratello Piero rimase in contatto con la corte di Francia, ove tornò nel novembre del 1502; ma in precedenza (giugno dello stesso anno) si era recato (avendo a segretario Machiavelli) presso Cesare Borgia, che – conquistata Urbino – procedeva nella creazione del suo dominio personale tra Romagna e Montefeltro. Formalmente l’incarico era di rendere omaggio a Borgia; di fatto si trattava di informarsi sui suoi movimenti e progetti.

Il sodalizio creatosi tra Soderini e Machiavelli ha alimentato l’ipotesi degli studiosi che unicamente lo storico e drammaturgo sia l’autore delle prime due lettere (22 e 26 giugno 1502) inviate da Montefeltro alla signoria fiorentina e sottoscritte dal solo Soderini. Gli scritti sono, infatti, permeati di una timorosa e profonda ammirazione per il brillante uomo d’arme che è stata valutata come una premessa ai giudizi del De principatibus. Secondo Gennaro Sasso, tuttavia, le lettere poterono esser frutto di un giudizio condiviso. Appare, infatti, difficile che il vescovo abbia firmato delle missive con il cui contenuto si trovava in disaccordo o delle quali non aveva preso accurata visione. Inoltre, la retorica classicheggiante degli scritti è più soderiniana che machiavelliana.

Del resto, la presenza di Machiavelli a Urbino fu molto breve, e il resto della missione venne condotto unicamente da Soderini fino alla seconda metà di luglio. I rapporti fra i due restarono stretti (si conservano ben dodici lettere del vescovo al letterato). Si incontrarono di nuovo nell’autunno del 1503 e nel 1506, in occasione delle legazioni romane di Machiavelli, e Soderini fu uno dei più interessati lettori delle sue opere e un attento interlocutore. Il segretario manifestò sempre stima per l’abilità diplomatica di Soderini, del quale lodò (nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio) il comportamento in occasione dei tumulti antisavonaroliani, allorché ammansì con la sua favella la «moltitudine concitata» del popolo fiorentino. In cambio, Soderini appoggiò il progetto di riforma dell’esercito avanzato da Machiavelli durante la guerra di Pisa, e forse ebbe un ruolo nell’assunzione di Michele da Corella, boia di Cesare Borgia, proprio quale capo della milizia fiorentina (1505).

Il successo della missione in Francia nell’inverno del 1502 (con Alessandro Nasi) fece sì che, per sollecitazione di Luigi XII, Soderini ottenesse la porpora (31 maggio 1503, con il titolo di S. Susanna; ma venne spesso detto nelle fonti cardinale di Volterra, pur se fra il 1504 e il 1505 fu anche vescovo di Cortona). Giunto a Roma nell’estate del 1503 dopo un viaggio trionfale attraverso Piacenza e Firenze, Soderini partecipò ai due conclavi che tra il settembre e l’ottobre del 1503 portarono all’elezione di Pio III e Giulio II (che poco dopo, novembre del 1503, lo nominò protettore dell’Ordine camaldolese).

Negli anni successivi (sino al 1512) Soderini continuò a curare in Curia gli interessi della sua città, della propria famiglia e di alcuni compatrioti in difficoltà dopo il fallimento del banco Medici; accumulò cariche e onori ecclesiastici (amministratore della diocesi di Saintes, 1505; protettore degli agostiniani), scambiando poi il titolo cardinalizio di S. Susanna con quello dei Ss. Apostoli (1508) e cedendo la diocesi di Volterra al nipote Giuliano di Paolo Antonio (23 maggio 1509); seguì il papa a Perugia (autunno del 1506) e a Bologna. A Roma si alleò con i Colonna (contro l’asse Medici-Orsini); forse conobbe personalmente Erasmo da Rotterdam (1509), con il quale fu in corrispondenza.

A partire dal 1510, l’indefettibile fedeltà alla Francia, mantenuta anche dopo la fine della Lega di Cambrai, la nascita (ottobre del 1511) della Lega santa voluta dal papa contro Luigi XII, e la restaurazione medicea del 1512 con la fuga di Piero Soderini, lo misero in difficoltà. La sua carriera curiale peraltro proseguiva. Nell’ottobre del 1511 divenne cardinale vescovo della diocesi di Sabina, sostituita con Tivoli e poi ancora con Palestrina (1516). Successivamente fu amministratore apostolico della diocesi di Vicenza, fin quasi alla morte; mentre dal 1515 al 1517 ricoprì lo stesso incarico a Narni e dal 1516 al 1523 ad Anagni.

Rimasto ormai il solo e vero leader della casata, nel 1513 Soderini si accostò a Giovanni de’ Medici, promettendogli sostegno per il conclave in cambio della revoca dell’esilio per i fratelli e i nipoti; ma la carica di vicario di Roma conferitagli nel 1515, durante il viaggio del papa a Bologna e Firenze (ove Leone X entrò trionfalmente), lungi dal costituire un onore, fu un espediente per tenerlo lontano dalla Toscana. A Firenze i Soderini restarono esclusi dalle cariche pubbliche e i rapporti del cardinale con il papa si fecero sempre più difficili. Soderini appoggiò, pertanto, vari intrighi a danno del pontefice. Nella primavera del 1517 fu coinvolto nella congiura contro Leone X ordita dal cardinale senese Alfonso Petrucci, mirante a sostituire il regime filomediceo di Siena con i fratelli Borghese e Fabio Petrucci, figli del defunto signore Pandolfo. Soderini, costretto ad ammettere in concistoro la propria indiretta complicità con i congiurati, versò un’ammenda superiore a 20.000 scudi e si rifugiò nella sua diocesi di Palestrina e poi nel feudo colonnese di Fondi, ove rimase fino alla morte di Leone X (dicembre del 1521), continuando peraltro a ordire trame antimedicee con i Gonzaga, gli Estensi e il viceré di Napoli.

Dopo la morte di Leone X Soderini fu di nuovo, nel collegio cardinalizio, figura di riferimento di chi in quel momento osteggiava il partito imperiale in Italia. Egli stesso aspirò al papato, ma invano, anche se i suoi sostenitori (i cardinali francesi, Pompeo Colonna) riuscirono a impedire l’elezione del filoimperiale Giulio de’ Medici, a vantaggio dell’olandese Adriano da Utrecht. Durante la prima metà del 1522 – mentre si attendeva l’arrivo a Roma (nell’agosto del 1522) del nuovo papa Adriano VI, che si mostrò benevolo verso di lui – Soderini organizzò e finanziò una nuova congiura contro il regime senese del filomediceo Raffaele Petrucci, e contemporaneamente una sedizione in Firenze che avrebbe dovuto portare all’uccisione del cardinale de’ Medici. Ma l’azione militare (affidata al capitano Renzo da Ceri), anche per l’efficienza del controspionaggio mediceo, fallì (maggio del 1522). Il suo risentimento contro i signori di Firenze si concretizzò, allora, nella partecipazione a un nuovo complotto, ordito questa volta dal siciliano Francesco Imperatore, il cui fratello Cesare era segretario di Pompeo Colonna. L’obiettivo era fare della Sicilia un protettorato francese, retto da Marcantonio Colonna e, dopo la morte di questi, dal re di Francia. Anche in questo caso l’adesione di Soderini venne alla luce (per il ritrovamento di alcune lettere compromettenti relative ai movimenti della flotta francese). Il cardinale fu arrestato e rinchiuso in Castel S. Angelo (27 aprile 1523).

Le conseguenze – per i Soderini, sia a Firenze sia a Roma, per il cardinale, nonché per la sua biblioteca e l’epistolario, che andarono dispersi – parvero drammatiche, ma la morte di Adriano VI (14 settembre 1523), forse la pressione del re di Francia, e soprattutto l’anguillesca abilità di Soderini nel discolparsi (specie dall’accusa di tradimento verso Carlo V) gli permisero di tornare in libertà (settembre del 1523) e di partecipare al conclave che elesse Clemente VII de’ Medici, con il quale poté contrattare un appoggio in cambio della parziale riabilitazione per i propri familiari. Pur diffidando di lui, Clemente lo prosciolse da ogni accusa, preferendo dimostrare in tal modo la sua vittoria sulla fazione avversa. Il fatto di aver saputo mantenere l’appoggio del re di Francia e il poter contare sull’interesse del nuovo pontefice a mantenere un equilibrio fra i due più potenti sovrani d’Europa, giocarono a vantaggio dell’anziano prelato fiorentino. Il 9 dicembre egli divenne cardinale decano ed ebbe la sede di Ostia e Velletri.

Come atto di liberalità volto a ribadire la volontà di mantenere uno stretto contatto tra Firenze e la Francia, poco prima della sua scomparsa Soderini lasciò un legato da destinare all’istituzione di un collegio a Parigi per gli studenti fiorentini di diritto canonico e teologia.

Soderini morì a Roma il 17 maggio 1524. Il decesso non fu dovuto, come si ritenne in passato, alla peste. Fu sepolto nella basilica di S. Maria del Popolo; della sua tomba non resta oggi alcuna traccia.

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