VENIER, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VENIER, Francesco

Vittorio Mandelli

VENIER, Francesco. – Del ramo detto di S. Agnese, nacque a Venezia, da Pietro di Francesco e da Lucrezia Mocenigo di Alvise, il 13 ottobre 1700 (Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, reg. 62, c. 382v), battezzato Francesco Sperindio.

Di rilievo la figura del padre (v. la voce in questo Dizionario): ambasciatore in Francia e Spagna, all’imperatore Leopoldo I d’Asburgo (ma ne fu dispensato), a papa Clemente XI, fu senatore, otto volte savio del Consiglio e, il 7 agosto 1700, procuratore di S. Marco de supra ‘per merito’. Francesco ebbe due fratelli: Alvise, provveditore alla Sanità, provveditore alla Pompe, revisore sopra i Dazi, e Federico, più volte senatore, consigliere di Venezia per il sestiere di Dorsoduro, che ebbe discendenza da Elena Priuli di Angelo Maria.

Pur orfano del genitore in giovane età (22 ottobre 1705; ibid., Provveditori alla Sanità, Necrologi, reg. 905), ricevette un’educazione accurata: la famiglia poteva esibire una villa «sotto Piove di Sacco, in località la Campagnola», una discreta quadreria, con un Ritratto del doge Francesco Venier attribuito a Tiziano Vecellio, ampia e raffinata biblioteca (ibid., Giudici di Petizion, Inventari, b. 403/I). Ricca questa di libri a stampa in francese e spagnolo, e di sessantacinque manoscritti, tra i quali Emanuele Antonio Cicogna (1824) assicura esservi stato quello dell’Inferno monacale di Arcangela Tarabotti, solo recentemente pubblicato (Medioli, 1990).

Destinato alla carriera diplomatica per formazione culturale e aderenze politiche – gli fu vicino il procuratore di S. Marco de ultra, e pubblico bibliotecario, Lorenzo Tiepolo di Francesco (Venezia, Biblioteca del Museo Correr, Provenienze diverse, 478/20) –, dall’11 marzo 1728 al 9 luglio 1729 fu officiale sopra i Dieci offici, il 5 marzo 1730, scelto come capitano di Verona, rinunciò (Archivio di Stato di Venezia, Segretario alle voci, Maggior Consiglio, reg. 26, cc. 250, 193), accettando, per breve tempo, i Dieci savi alle Decime (3 luglio 1730; c. 26). Il saviato di Terraferma (30 dicembre 1730; ibid., Pregadi, reg. 22, c. 16) gli consentì di candidarsi ad ambasciatore ordinario in Spagna, in luogo di Andrea V da Lezze di Andrea, che compiva l’incarico. Eletto il 23 agosto 1731 (c. 75), ebbe la commissione dal Senato il 9 febbraio 1732 (ibid., Senato, Commissioni, f. 20).

Partì da Padova il 1° marzo e, per la via di Torino e Lione, giunse a Madrid il 12 luglio (ibid., Senato, Dispacci Spagna, f. 150/126). Coadiuvato dal segretario Marco Agazzi, dovette mantenere buoni rapporti con re Filippo V di Borbone – turbati da sporadici incidenti provocati dalla guerra di corsa spagnola alle navi veneziane – e con don José Patiño y Rosales, l’influente ministro di questi. Seguì la corte a Siviglia (1° ottobre 1732; f. 150/11) e Segovia (19 giugno 1734; f. 152/114), informò Senato e Collegio sui complessi cerimoniali di corte, dei difficili equilibri tra i diplomatici ivi accreditati, descrisse l’incendio del palazzo reale di Madrid (24 dicembre 1734; f. 152/147) e l’arrivo dell’architetto Filippo Juvarra, chiamato da Filippo V per la ricostruzione (16 aprile 1735; f. 152/164). Nominato cavaliere nell’udienza di congedo, il 21 maggio 1735 (f. 152/171), passate le consegne al subentrante Pietro Andrea Capello di Pietro Girolamo, il 25 giugno tornò a Venezia.

Il 10 settembre venne votato ambasciatore ordinario in Francia, presso Luigi XV di Borbone (ibid., Segretario alle voci, Pregadi, reg. 22, c. 76). Decretatagli dal Senato la commissione il 14 luglio 1736 (ibid., Senato, Commissioni, f. 20), partì da Padova, con il segretario Agazzi, il 6 agosto (ibid., Senato, Dispacci Francia, f. 228/1). Arrivò a Parigi il 4 novembre e fu ricevuto da Luigi XV, con Alessandro Zen di Marco, ambasciatore uscente, il 6 novembre 1736 (f. 227/283). Stretti i rapporti con il cardinale André-Hercule de Fleury, ministro di Stato, furono poche le occasioni di attrito tra Venezia e la Francia, prevalentemente di ordine commerciale. Si trovò però a dover gestire la crisi diplomatica sorta con Giorgio II, re di Gran Bretagna, nel maggio-giugno del 1737.

Questi accusò la Repubblica di aver ricevuto in Maggior Consiglio Charles Edward Stuart – figlio del pretendente al trono di Gran Bretagna, il cattolico James Stuart, sconfitto nella rivolta giacobita del 1715 da Giorgio I Hannover – con onori eccedenti il suo rango. Ne seguì l’espulsione del residente della Repubblica di Venezia a Londra, Giacomo Busenello, rifugiatosi a Parigi (13 luglio 1737; ibid., Senato, Corti, reg. 114, c. 127v). Nonostante un tentativo di mediazione del cardinale de Fleury (3 agosto 1737; c. 173v), la crisi entrò in una fase di stallo, per risolversi solo sette anni più tardi.

Avuta l’udienza di congedo (ibid., Senato, Dispacci Francia, f. 231, c. 397r), passò le consegne al successore, Andrea V Da Lezze di Andrea.

Brevemente a Venezia – il 22 settembre 1739 era stato scelto quale ambasciatore ordinario al sommo pontefice –, il 2 marzo 1740 lesse in Senato la sua Relazione di Francia (Relazioni di ambasciatori veneti, a cura di L. Firpo, VII, 1975). Di nuovo in viaggio, da Chioggia, con il segretario Pietro Vignola di Lorenzo (9 settembre; Archivio di Stato di Venezia, Senato, Dispacci Roma, f. 264, cc. 1r-2v), giunse a Roma il 13 ottobre 1740, ricevuto da Marco Foscari di Nicolò – il futuro doge –, ambasciatore uscente. Erano i primi giorni del pontificato di Benedetto XIV, dal quale fu ricevuto in udienza privata il 19 novembre 1740 (c. 7r). Nel suo incarico, dovette più volte protestare con i rappresentanti di Malta per le trasgressioni dei corsari di quell’isola. Inviò informative su qualità e prezzo degli zolfi di Nettuno a uso dei mercanti veneziani (cc. 118r-122v). Trattò con il cardinal legato, Carlo Maria Marini, per esenzioni di tasse sui beni dei possidenti veneti in Romagna e per una disputa di confine concernente alcuni mulini sul fiume Tartaro. Riuscì a far finanziare dal Senato improrogabili restauri strutturali nel palazzo di S. Marco, segnalati dagli architetti a stipendio della Repubblica, Filippo de Romanis e il nipote di questi, Gregorio Borioni.

Il 7 luglio 1743 fu scelto per bailo a Costantinopoli. Arrivato Andrea V Da Lezze a sostituirlo, nel dicembre del 1743 rientrò a Venezia e consegnò in Cancelleria ducale una stringata Relazione di Roma (24 aprile 1744; ibid., Collegio, Relazioni di ambasciatori..., b. 23). Fu delegato a convocare la Conferenza degli ambasciatori ritornati, per gestire l’arrivo, il 29 settembre 1744, dell’ambasciatore straordinario di Gran Bretagna, Robert D’Arcy, venuto a ristabilire le relazioni diplomatiche (ibid., Collegio, Esposizioni Principi, reg. 106, c. 91r). Decretatagli la commissione il 18 marzo 1745 (ibid., Senato, Costantinopoli, Deliberazioni, f. 57, alla data), l’11 aprile si imbarcò per il bailaggio sulla nave pubblica Europa in pace, con il segretario Giovanni Gobbi.

Il 23 settembre 1745 ebbe la prima udienza ufficiale dal sultano Mahmud I. Sfruttò i doveri di bailo per mandare vere e proprie informative, dettagliate e sintetiche, sotto forma di dispacci, sul commercio veneziano a Costantinopoli (24 maggio 1745; ibid., Senato, Dispacci Costantinopoli, f. 200, cc. 255r-260v), sul consolato di Cipro (30 novembre 1746; ibid., cc. 392r-395v), una proposta di riorganizzazione degli studi dei giovani futuri dragomanni inviati dalla Serenissima (10 gennaio 1747; cc. 412r-422v). Concluse le trattative per l’acquisto della residenza dei baili veneziani a Pera con il pagamento di 13.500 reali ai mercanti Antonio Pisani e Gasparo Testa (15 settembre 1746; cc. 347r-359v).

Rilevato il 3 ottobre 1748 da Andrea Da Lezze V di Andrea, tornò a Venezia. Vi giunse l’11 settembre 1749 e il 29 dello stesso mese entrò in carica come savio del Consiglio. Vi fu eletto altre tre volte: 29 settembre 1749, 31 marzo 1751 e 28 marzo 1752. Con il senatorato, conseguito ogni anno dal 1750 al 1754, riuscì due volte savio alle Acque (9 ottobre 1751 e 2 luglio 1752), e savio all’Eresia (25 maggio 1753). La nomina a savio alla Mercanzia del 14 agosto 1754 è l’ultima notizia della carriera politica di Venier, e l’ultima notizia biografica nota.

Morì trentasette anni più tardi, fuori Venezia, tra il 1° e il 6 agosto 1791 (Venezia, Biblioteca del Museo Correr, Provenienze diverse, Venier, cod. 106, alla data 7 agosto 1791).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, regg. 61, cc. 313v, 382v, 397v; Collegio, Relazioni di ambasciatori..., b. 23, 24 aprile 1744, cc. 1r-4v; Collegio, Esposizioni Principi, reg. 106, c. 91r; Consiglio di Dieci, Parti comuni, c. 84r; Giudici di Petizion, Inventari, b. 403/I; Misc. Codd., s. 1, 23, Storia veneta: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VII, c. 231; Provveditori alla Sanità, Necrologi, reg. 905, 22 ottobre 1705; Segretario alle voci, Elezioni ai Consigli, reg. 2, cc. 42, 43, 45, 49; Segretario alle voci, Maggior Consiglio, regg. 26, cc. 26, 193, 250; 28, c. 219; Segretario alle voci, Pregadi, regg. 22, cc. 10, 16, 73, 75, 76; 23, cc. 2, 4, 5, 6, 52, 86, 105; Senato, Commissioni, f. 20, alle date 9 febbraio 1731 [m.v.], 14 luglio 1736; Senato, Corti, Deliberazioni, regg. 113, 114, 115 ad ind. e f. 263, alla data 29 settembre 1744; Senato, Costantinopoli, Deliberazioni, ff. 57 alla data 18 marzo 1745; 58, 29 settembre 1749; Senato, Dispacci Costantinopoli, ff. 200/1-68; 201/69-137; Senato, Dispacci Francia, ff. 227/281-284; 228/1-63; 229/64-105; 230/106-146; 231/147-224; Senato, Dispacci Roma, ff. 263/285-291; 264/1-95, 265/95-189; 266/190-296; Senato, Dispacci Spagna, ff. 150/126; 151/1-96; 152/97-182; Senato, Roma Ordinaria. Deliberazioni, reg. 102, cc. 8v, 33r e v, 34r-35v e ad ind.; Venezia, Biblioteca del Museo Correr, Cicogna, 2504: M. Barbaro, Discendenze patrizie..., VII, cc. 108v-109r, 110r; 2982 (=2907)/XI, c. 41r; 3561 (=3043): Accomodamento tra la Repubblica di Venezia e Savoia, cc. 155v-159r, 159v-162r, 167v-168r, 169r e v, 170r-171r; Provenienze diverse, 374/II: Sommario delle ducali [Roma]... Francesco Venier..., cc. 128r-136r; 478/20, alla data 18 dicembre 1725; 2509/4; Provenienze diverse, Venier, 106, alla data 7 agosto 1791. Relazioni di ambasciatori veneti al Senato, a cura di L. Firpo, VII, Francia, Torino 1975, pp. 735-747, VIII, Spagna, 1981, p. XXXIII.

La Temi veneta, Venezia 1792, p. 152; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, I, Venezia 1824, p. 135; F. Medioli, L’«Inferno monacale» di Arcangela Tarabotti, Torino 1990, pp. 16, 21.

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