NOBILI, Franco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NOBILI, Franco

Luciano Segreto

Nacque a Roma il 2 dicembre 1925, da Costantino, sindacalista cattolico molto vicino a don Luigi Sturzo e inviso al regime fascista, e da Teresa Mancini.

Frequentò il liceo S. Apollinare di Roma assieme a Giorgio Spataro e a Giorgio Tupini, rispettivamente figli di Giuseppe e Umberto, futuri importanti dirigenti della Democrazia cristiana (DC). Membro di un circolo dell'Azione cattolica, conobbe giovanissimo, grazie alle relazioni del padre, i vecchi esponenti del Partito popolare, da Alcide De Gasperi a Giovanni Gronchi, Mario Scelba e altri ancora. Si impegnò nelle organizzazioni clandestine attive nella capitale durante la Resistenza, tra il settembre 1943 e il giugno 1944, distribuendo ai partigiani armi (che prelevava in una caserma della Guardia di Finanza) e materiale propagandistico (volantini e giornali). Si trovava in via Rasella il giorno dell’attentato e, per puro caso, non fu coinvolto direttamente. Risalgono a quell’epoca i suoi rapporti di amicizia con Giulio Andreotti, allora presidente della Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI). Dal giugno 1944 – assieme ad Andreotti, Ferdinando Storchi, Giovanni Sangiorgi, Manlio Contri e Carlo Trabucco – lavorò alla redazione de Il Popolo (il giornale cattolico che aveva ripreso le pubblicazioni dopo la liberazione di Roma) sotto la direzione di Guido Gonella. Per le attività svolte durante la Resistenza fu insignito della Croce di guerra al valor militare.

Sebbene in seguito gli interessi di studio e professionali prevalsero su quelli politici, rimase sempre orgoglioso della sua precoce militanza politica: «ho la tessera della DC numero 3. Fui proprio io, con un colpo d’accetta, ad aprire per la prima volta la storica sede della DC di piazza del Gesù» (Firenze, EU Historical Archives, European oral history, Voices on Europe collection, INT588, Nobili Franco) su incarico del Comitato di liberazione nazionale (CLN). Membro dell’Ufficio esteri della DC, fu chiamato da De Gasperi a occuparsi del movimento giovanile democristiano. Delegato nazionale al I congresso, fu successivamente vicedelegato nazionale col compito di tenere i rapporti con analoghe organizzazioni in Italia e all’estero; fu altresì rappresentante italiano della prima organizzazione internazionale giovanile cattolica del dopoguerra, Nouvelles équipes internationales e, dopo la sua trasformazione, primo presidente dell’Union internationale des jeunes démocrates-chrétiens.

Conseguita la laurea in giurisprudenza, nel 1950 abbandonò la politica attiva – pur continuando a seguire le iniziative dei diversi movimenti per l’integrazione europea (e aderendo, dopo avere firmato il Manifesto di Altiero Spinelli, al Movimento Federalista Europeo) – e trovò impiego nella impresa edile Angelo Farsura s.p.a. Fondata a Padova dall’omonimo imprenditore, trasferitosi a Milano nel 1944, impegnata nel settore delle opere pubbliche e ben posizionata nella costruzione di dighe, la Farsura, finanziata dalla Banca Commerciale Italiana, poteva vantare un dinamismo all’epoca comune a poche altre imprese del comparto, con commesse anche in campo estero. Dopo aver assunto alcuni lavori nel Portogallo meridionale, nel 1948 Farsura infatti aveva costituito a Lisbona, insieme a Impresit (società del gruppo Fiat) e a un altro imprenditore del settore, Pietro Vecellio, la Empresa tècnica luso-italiana (ETELI). Negli anni Cinquanta, poi, la crescita delle attività all’estero cominciò a connotare molte imprese italiane di costruzioni, specie nel settore dell’ingegneria civile, capaci di guadagnarsi contratti e riconoscimenti importanti per le realizzazioni oltreconfine e questa fu una delle principali linee di sviluppo della Farsura. Le responsabilità gestionali e operative di Nobili aumentarono costantemente nel corso degli anni, sino a portarlo alla carica di amministratore delegato dell’azienda. Nel frattempo erano cresciute anche le responsabilità private. Nel 1950, infatti, aveva sposato Maria Antonietta Trojani, dal matrimonio con la quale sarebbero nate Susanna, Flavia, Cecilia, Costanza e Giulia.

Essendo la possibilità di assumere impegni rilevanti e spesso rischiosi in aree lontane proporzionata alle risorse finanziarie delle quali può disporre un’impresa, nel 1959 la Farsura, guidata dal suo fondatore e da Nobili, diede vita a una nuova società con un solido partner: la società finanziaria La Centrale, capogruppo di una serie di imprese elettriche operanti specie nell’Italia centrale (in Toscana con la SELT-Valdarno e nel Lazio con la Romana di elettricità), controllata congiuntamente dalle famiglie Pirelli e Orlando. Nacque così la Costruzioni Generali Farsura, meglio nota come COGEFAR, per la costruzione in proprio e per conto di terzi di opere stradali, portuali, idrauliche, idroelettriche, edilizie, ferroviarie e in genere di ogni costruzione di ingegneria civile in Italia e all'estero.

In COGEFAR Nobili assunse responsabilità operative come direttore generale, contribuendo al suo sviluppo su numerosi mercati esteri in un periodo di notevole intensificazione della presenza italiana in questo comparto e facendola diventare presto la maggiore impresa privata nel settore delle infrastrutture. I buoni rapporti con il mondo politico-governativo furono certamente utili alla crescita dell’impresa, sia per i contratti nazionali sia per gli appoggi, ancor più indispensabili operando in paesi lontani e spesso in condizioni di grande incertezza. Asse portante di questi contatti rimase sempre l’amicizia con Andreotti, duratura e via via più forte: «il nostro sodalizio – avrebbe dichiarato in un’intervista a Matteo Lo Presti (2008) pochi anni prima di morire – è stato sempre stretto e mai disturbato da differenze di opinioni».

L'immagine di manager esperto e competente nel settore mise Nobili al riparo dagli importanti mutamenti che, tra fine anni Sessanta e metà anni Settanta, interessarono gli assetti proprietari di COGEFAR, della quale nel frattempo era divenuto amministratore delegato. Dapprima La Centrale, azionista di rilievo della società, subì un profondo rimescolamento, attraverso l’entrata di nuovi soci (RAS, Banca d'America e d'Italia, famiglia Bonomi Bolchini); nel 1971 il suo controllo  fu assunto per breve tempo dall'inglese Hambros Bank per conto di Michele Sindona e, nel novembre dello stesso anno, entrò nel gruppo Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, trasformandosi da holding industriale in holding bancaria e assicurativa, e acquisendo importanti partecipazioni in quei settori. Nel corso di tali operazioni La Centrale cedette la sua partecipazione in COGEFAR alla Bastogi, la quale, dopo la nazionalizzazione del settore elettrico (1962), era all’affannosa ricerca di una diversa collocazione e di una nuova strategia. Sindona tentò, vanamente, di impossessarsi della Bastogi (attirato da alcuni pacchetti azionari del suo portafoglio titoli, dalla Montedison all’Italcementi della famiglia Pesenti, che controllava la finanziaria dai primi anni Cinquanta) con un’offerta pubblica di acquisto (la prima lanciata in Italia) nel 1971. Nel 1972, fusasi con ex società elettriche ricche di liquidità e trasferita la sede a Roma, la società assunse il nome di Bastogi finanziaria, cambiato in Bastogi IRBS dopo l’acquisizione, nel 1978, dell’Istituto romano dei beni stabili, una delle maggiori società del settore immobiliare, forte di un patrimonio di grande consistenza soprattutto nella capitale. Tre anni prima, nel 1975, la Bastogi finanziaria aveva assunto il controllo totale della COGEFAR, aumentandone contemporaneamente il capitale a 15 miliardi e modificandone la ragione sociale in COGEFAR Costruzioni Generali s.p.a.

Nobili rimase saldamente alla testa di COGEFAR, nonostante i ripetuti cambiamenti, mantenendo il ruolo di amministratore delegato e assumendo anche quello di presidente. La società, che dava lavoro a oltre 10.000 persone nella seconda metà degli anni Settanta, era diventata un grande gruppo internazionale con la costituzione, nelle principali aree di sviluppo (Africa, Australia, Centro America), di unità operative stabili dipendenti dalla capogruppo.

Nominato Cavaliere del lavoro nel 1977, Nobili aveva nel frattempo assunto altri incarichi di amministratore di società sempre riconducibili al settore immobiliare e delle costruzioni, come la Intermetro, l’Istituto romano dei beni stabili (fino a quando non venne assorbito dalla Bastogi), la Società italiana cauzioni, l'Istituto nazionale di credito per il lavoro italiano all'estero, restando consigliere o amministratore delegato anche di varie società all’estero, tra cui la Costruzioni stradali e civili S.A. di Lugano, la PRODILOG di Parigi e la COGECA (Constructions générales Cameroun). Non gli mancarono altri riconoscimenti onorifici a livello nazionale (Cavaliere al merito della Repubblica, laurea honoris causa in ingegneria civile dell’Università dell’Aquila e in scienze economiche e sociali dell’Università di Campobasso) e internazionale (Donato del Sovrano militare ordine di Malta, Commendatore al merito della Repubblica del Cile, onorificenza concessa dal presidente Frei, e Chevalier de l’Ordre de la valeur della Repubblica del Camerun). Intanto, pur non svolgendo un’attività politica vera e propria, fu membro del comitato di presidenza del consiglio italiano del Movimento Europeo, con sede a Bruxelles, del quale fu a lungo vicepresidente e poi membro del comitato direttivo. Tenne per diversi anni anche la carica di vicepresidente della Federazione dell’industria europea della costruzione, mentre in Italia fu ai vertici del Comitato lavori all’estero e affari internazionali dell’Associazione nazionale costruttori edili, oltre che a lungo membro della giunta confederale di Confindustria.

La solidità della posizione di Nobili alla guida di COGEFAR fu confermata nel 1986, quando la Bastogi, alla ricerca di liquidità per ridurre il proprio indebitamento, decise di vendere il gruppo per 290 miliardi di lire alla società Acqua Pia Antica Marcia, allora controllata da Vincenzo Romagnoli. La COGEFAR in quell’anno aveva prodotto un utile netto di 40 miliardi di lire e aveva in cassa una forte liquidità, segno evidente della brillantezza della sua gestione: pertanto anche il nuovo azionista di riferimento confermò in tutte le sue cariche il manager, che divenne anche consigliere d’amministrazione della nuova controllante. Figura ormai di primissimo piano nel mondo imprenditoriale nazionale e internazionale, in quello stesso anno Nobili fu indicato per un’eventuale nomina a presidente dell’ENEL, in vista della scadenza del primo mandato di Francesco Corbellini, poi non realizzatasi. Tuttavia, il suo spostamento professionale dall’area privata a quella pubblica era solo una questione di tempo.

Nel 1988, mentre iniziava a circolare la voce di un possibile passaggio della COGEFAR nel mondo delle imprese statali, Romagnoli cominciò a ventilarne l’ipotesi di cessione. Secondo la stampa dell’epoca, il piano, messo a punto da Nobili con l’appoggio di Andreotti, avrebbe dovuto portare il gruppo sotto il controllo della Saipem, società leader del gruppo ENI nell'ambito delle perforazioni, ma da parte del governo giunse un veto all'operazione e la stessa holding petrolifera dovette lasciare cadere la offerta. Nel maggio 1989 COGEFAR fu acquisita dal gruppo Fiat attraverso la sua controllata Fiat-Impresit. Nobili, nominato anche consigliere di quest’ultima società, rimase presidente di COGEFAR fino al gennaio 1990.

Nel novembre 1989 era diventato un po’ a sorpresa presidente dell’IRI (avrebbe dovuto sostituire all’ENEL Franco Viezzoli, destinato alla presidenza della holding pubblica e invece riconfermato nel suo incarico), succedendo a Romano Prodi, a seguito di un’intesa tra Bettino Craxi, Andreotti e Arnaldo Forlani, ma anche sull’onda dei successi ottenuti come imprenditore privato capace di destreggiarsi in uno dei settori più complessi a livello internazionale.

Gli anni alla presidenza dell’ente furono molto difficili: l’indebitamento crescente, la mancanza di risorse adeguate da parte dell’azionista di maggioranza, alcuni casi particolarmente spinosi (Alitalia, la siderurgia, le pressioni per i processi di consolidamento nel settore bancario pubblico, connessi anche con i rinnovi dei vertici dei grandi istituti di credito), le difficoltà economiche generali dell’economia italiana, i vincoli crescenti dell’Unione Europea nei confronti della presenza pubblica nell’economia, l’uscita dallo Sistema monetario europeo, le prime inchieste del filone Mani pulite, e il terremoto politico-giudiziario che ne seguì, costituirono prove molto ardue per Nobili, nonostante il sostegno di Andreotti, almeno finché rimase a Palazzo Chigi, e l’immagine di manager equilibrato ma anche risoluto che aveva saputo costruirsi nel tempo. Il governo dovette avviare le procedure per la trasformazione dell’IRI in società per azioni e dar corso alle prime privatizzazioni. Sino ad allora Nobili era riuscito nell’obiettivo di creare un forte polo bancario con la fusione tra Banco di Roma (di cui dal 1983 al 1989 era stato anche consigliere) e Cassa di risparmio di Roma e di costituire presso Iritecna, che nel 1991 aveva assorbito Italimpianti e Italstat, il nuovo polo pubblico nel campo delle costruzioni. L’anno successivo, però, Iritecna venne liquidata e sostituita da Fintecna, cui venne affidato il compito di ristrutturare l’intero comparto delle costruzioni, dell’impiantistica e dell’ingegneria civile facente capo all’IRI. Nel contempo Nobili si batté con grande impegno per difendere l’idea della presenza pubblica nell’economia, opponendo una certa resistenza a quanti, nell’establishment politico, puntavano a una netta accelerazione del processo di privatizzazioni delle aziende pubbliche. Tuttavia, le posizioni assunte da Nobili (politicamente lasciato un po’ isolato su una questione tanto rilevante) non risultarono affatto efficaci, vista la piega che rapidamente prese il programma di dismissioni e privatizzazioni.

Ma furono le ricordate inchieste della Procura di Milano a segnare una svolta drammatica anche sul piano personale: il 12 maggio 1993 Nobili, rimasto alla presidenza dell’IRI anche dopo la trasformazione, nel luglio 1992, dell’ente in società per azioni, fu arrestato su richiesta del GIP Italo Ghitti nell’ambito dell’indagine sui finanziamenti illeciti ai partiti avvenuti durante la costruzione di impianti per l’ENEL. Nobili, interrogato da Antonio Di Pietro per la prima volta un mese dopo il suo arresto, rimase in carcere fino al 28 luglio. Dimessosi da presidente dell’IRI, fu coinvolto anche in altre inchieste giudiziarie, come ex presidente di COGEFAR (per esempio, per i lavori in occasione dei mondiali di calcio del 1990 o per la partecipazione a un cartello per la spartizione dei lavori tra le imprese del settore delle costruzioni). In alcuni casi l’inchiesta si concluse con il proscioglimento, in altri con la prescrizione, mentre in una circostanza, la vicenda delle tangenti Enel, si ebbe la condanna in primo grado e la piena assoluzione in secondo grado, anche se otto anni più tardi, nel 2000.

Nel frattempo Nobili aveva ripreso la sua attività di manager, tornando al settore privato e assumendo la carica di presidente della Pizzarotti di Parma e di vicepresidente vicario dell'Istituto grandi infrastrutture (IGI), una sorta di club tra i grandi costruttori pubblici e privati e le cooperative del settore, nato nel 1987.

Negli ultimi anni assunse cariche di rilievo in diverse istituzioni culturali. Già premiato con la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica come benemerito della scuola, della cultura e dell’arte, fu socio della Fondazione Fiuggi per la cultura, membro del comitato di presidenza della Fondazione del Festival dei due mondi di Spoleto, vicepresidente del Centro internazionale per la ricerca Pio Manzù, membro della giunta e del consiglio direttivo della Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro (di cui  fu anche tesoriere), a lungo vicepresidente nazionale dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti, membro del comitato esecutivo e del consiglio generale dell’ASPEN Institute Italia, presidente dell'Istituto Sturzo, vicepresidente della Fondazione De Gasperi, presidente della Fondazione Segni, membro del comitato scientifico della Fondazione Centesimus Annus pro Pontefice e vicepresidente dell’Associazione nazionale per l'Enciclopedia della banca e della borsa.

Morì a Roma il 26 novembre 2008.

Fonti e bibliografia

Roma, Arch. centrale dello Stato, Archivio storico IRI, AU.4.7.2.2007, b. AG/136, f. 2007; Arch. della Federazione dei Cavalieri del lavoro, BIO 1-6 Notizie dattiloscritte inviate dal Cav. lav. per l’ASCL dopo la nomina, profilo pubblicato sul Notiziario (oggi Civiltà del Lavoro), in occasione della nomina a Cavaliere del lavoro (poi ripubblicato in I Cavalieri del Lavoro (1901-2001). Storia dell’ordine e della Federazione, II, Roma 2000, ad ind.; Annuario dei Cavalieri del lavoro 2006, Cava de’ Tirreni 2007; Annuario dei Cavalieri del lavoro 2008, Roma 2008); M. Lo Presti, La democrazia in Italia è forte e ben radicata, intervista in l'attimo fuggente, n. 9, 2008 (www.attimo-fuggente.com). Necr.: È scomparso F. N. per quattro anni guidò l'Iri, in la Repubblica, 27 novembre 2008; R. Bagnoli, Addio a N., manager di Stato. Il cattolico che aiutò l'Iri a cambiare, in Corriere della Sera, 27 novembre 2008; O. Pivetta, Addio a Nobili quando la Dc faceva impresa, in l’Unità, 27 novembre 2008. M. Pini, I giorni dell’IRI. Storie e misfatti da Beneduce a Prodi, Milano 2000, ad ind.; P. Barucci, L’isola italiana del tesoro. Ricordi di un naufragio evitato 1992-1994, Milano 1995, pp. 209, 253; G. Barbacetto - P. Gomez - M. Travaglio, Mani pulite. La storia vera, Roma 2002, pp. 53, 62, 583, 675; N. Tranfaglia, La transizione italiana. Storia di un decennio, Milano 2003, p. 148; A. Ciabattoni, F. N. Il profilo della coerenza, Soveria Mannelli 2009; R. Petrini, L’Iri nei tre anni fatali: la crisi del paese e la svolta delle privatizzazioni (1990-1992), in Storia dell’IRI, a cura di Roberto Artoni,  IV, Roma, in corso di stampa.

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