Rabelais, François

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Scrittore francese (presso Chinon, Tours, 1494 circa - Parigi 1553); dapprima (1521) frate francescano in un convento del Poitou, nel 1525 circa passò all'ordine benedettino. Segretario dell'abate Geoffroy d'Estissac, ebbe modo di viaggiare e di ampliare le sue relazioni erudite. Dopo aver lasciato l'ordine per farsi prete secolare, nel 1530 si iscrisse alla facoltà di medicina di Montpellier e conseguì in tre mesi il grado di baccelliere. Quindi (1532) si recò a Lione e fu eletto medico dell'ospedale di Notre-Dame-de-Pitié; alla fine dell'anno, sotto lo pseudonimo anagrammatico di Alcofribas Nasier, pubblicò Les horribles et espouvantables faits et prouesses du très renommé Pantagruel, roy des Dipsodes, cioè il primo libro del suo romanzo, che diverrà più tardi il secondo; infatti il successo del Pantagruel lo indusse a scrivere poco dopo Gargantua. La vie inestimable du grand Gargantua, père de Pantagruel (sui cinque libri e la trama dell'opera, v. Gargantua et Pantagruel). Nel gennaio-aprile 1534 R. compì un viaggio a Roma al seguito del vescovo di Parigi, Jean du Bellay: in Italia si occupò di botanica e di archeologia, abbozzando una topografia di Roma antica. L'università di Parigi aveva condannato il Pantagruel come libro immorale; il Gargantua apparve mentre i contrasti religiosi erano più acuti e violenti, sì che R., indiziato come spirito troppo libero, e compromesso dalle sue relazioni personali con alcuni protestanti, si allontanò da Lione (1535) e fece smarrire per qualche tempo le sue tracce. Si recò una seconda volta a Roma col du Bellay, fatto cardinale; ottenne il dottorato in medicina a Montpellier (1537), soggiornò a Torino (tra il 1539 e il 1542). In seguito (fra il 1548 e 1549) per la terza volta soggiornò a Roma. Il cardinale du Bellay gli assegnò alcuni benefici: e da uno di essi (il reddito della parrocchia di Saint-Martin, a Meudon) proviene il titolo di "curato di Meudon" che la tradizione tenne vivo accanto al nome di Rabelais. ▭ Il capolavoro di R. non offre una linea precisa di sviluppo: ciascun libro ha un carattere suo, e il racconto si svia ogni tanto a capriccio; l'intimo organismo dell'opera va cercato nella sua visione calda, simpatica, tumultuosa dell'umanità, nello spirito del Rinascimento, fervido e fiducioso, nel gusto della vita, assaporata in ogni sua espressione, fino alle più volgari; e nello stile ricchissimo, spesso sostenuto da arditissimi giochi di lessico e da metafore capricciose. Lo spunto al Pantagruel era dato dalle storie popolari di giganti, che piacevano per l'enormità delle loro figure e le loro strane imprese (si pensi al Morgante di Pulci e al Baldus di Folengo). Ma nell'opera di R. l'elemento psicologico prevale a poco a poco sulla rappresentazione esteriore di quei corpi smisurati, e il suo Pantagruel si fa più simile agli altri uomini, sviluppa la sua indole buona, generosa, la sua intelligenza aperta alle nuove correnti della cultura e della scienza. Il capolavoro di R. (particolarmente i primi due libri) presenta anche un notevole interesse per la forte critica dell'istruzione libresca, mnemonica e verbalistica in cui era degenerato il formalismo umanistico; ad essa è contrapposta un'istruzione informata a un concreto realismo (l'osservazione diretta degli oggetti, invece della ripetizione di parole; l'apprendimento delle lingue vive e moderne, accanto a quello delle lingue morte; l'acquisizione di un sapere utile alla vita sociale ed etica, ecc.). Gli scritti minori comprendono, oltre a una Pantagrueline prognostication (vaticinio burlesco per l'anno 1533), una serie di almanacchi di cui non ci restano che frammenti per gli anni 1533, 1535 e 1541; un gruppo di lettere, fra le quali importanti quelle scritte da Roma (1535-36), poche rime, e la Sciomachie, descrizione di una festa, a guisa di battaglia, offerta al popolo romano dal cardinale du Bellay (1549), in occasione della nascita del duca d'Orléans, figlio di Enrico II.

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