FRAZIONE

Enciclopedia Italiana (1932)

FRAZIONE (ted. anche Bruch)

Ettore BORTOLOTTI
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Se in una classe di grandezze, fra loro omogenee (v. grandezza), si prefissa una di esse, che indicheremo con U, come unità, e un'altra grandezza A è uguale a p volte il sottomultiplo di U secondo l'intero q, il rapporto di A ad U o misitra di A rispetto a U si rappresenta col simbolo

o p/q, che si dice frazione di numeratore p e denominatore q. I due numeri interi p e q si dicono anche termini della frazione.

Dalla precedente definizione discende che, qualunque sia l'intero n, il rapporto di A ad U è ugualmente rappresentato dalla frazione pn/qn; onde risulta la proprietà fondamentale delle frazioni, espressa dall'eguaglianza

Di qui consegue che ogni frazione è uguale a una frazione, i cui termini sono primi fra loro, cioè non hanno divisori comuni all'infuori di 1. Quest'ultima frazione si dice irreducibile o ridotta ai minimi termini. Una frazione si dice propria o impropria, secondo che il numeratore è maggiore o minore del denominatore. Se il numeratore è multiplo del denominatore, la frazione è riducibile a un numero intero e perciò si dice apparente.

Dalla proprietà fondamentale (1) risulta la possibilità di ridurre due frazioni quali si vogliano a uno stesso denominatore (multiplo comune dei denominatori delle frazioni date).

L'addizione e la sottrazione delle frazioni sono definite (previa riduzione allo stesso denominatore) dalle uguaglianze

la moltiplicazione e la divisione dalle uguaglianze

Si dice decimale ogni frazione avente come denominatore una potenza di 10, e perciò rappresentabile sotto forma di numero decimale (con un numero finito di cifre). Affinché una frazione sia eguale a una frazione decimale è necessario e sufficiente che, quando essa sia ridotta ai minimi termini, il suo denominatore non ammetta fattori primi diversi da 2 e 5.

Quando una frazione non soddisfa questa condizione e si cerca di scriverla sotto forma di numero decimale, dividendo il numeratore per il denominatore, si è condotti a un numero decimale periodico, cioè avente infinite cifre decimali, le quali per altro, almeno da un certo posto in poi, si riproducono periodicamente a gruppi identici. Uno qualsiasi di questi gruppi si dice periodo del numero decimale, mentre quelle cifre che eventualmente si presentano fra la virgola e il primo periodo costituiscono il cosiddetto antiperiodo. Quando manca l'antiperiodo, e quindi il primo periodo s'inizia subito dopo la virgola, il numero periodico si dice semplice, mentre si dice misto se possiede un antiperiodo.

Viceversa, ogni numero decimale periodico si può considerare generato, nel modo or ora detto da una frazione; e le regole per scrivere queste frazioni generatrici sono le seguenti:

1. La generatrice di un numero periodico semplice è la frazione, che ha per denominatore il numero formato da tanti 9 quante sono le cifre del periodo, e per numeratore il numero formato dalla eventuale parte intera del numero decimale seguita da un periodo, diminuito della parte intera.

2. La generatrice di un numero periodico misto è la frazione che ha per denominatore il numero formato da tanti 9 quante sono le cifre del periodo, seguite da tanti 0 quanti sono quelli dell'antiperiodo, e per numeratore il numero formato dall'eventuale parte intera seguita dall'antiperiodo e da un periodo, diminuito della parte intera seguita dall'antiperiodo.

Si dice frazione algebrica ogni espressione della forma A/B, dove A e B denotano due espressioni letterali quali si vogliano; e per queste frazioni algebriche valgono regole di calcolo perfettamente analoghe a quelle per le frazioni numeriche ordinarie.

Per notizie storiche sulle frazioni v. aritmetica (IV, p. 369); per le questioni critiche sull'introduzione del concetto di frazione v. numero.

Frazioni continue.

Si indicano con questo nome le espressioni

formate con l'aggiungere successivamente una nuova frazione al denominatore di una data e a ciascuno di quelli che via via si considerano. La medesima operazione eseguita sui numeratori dà origine a un'espressione della forma

che fu detta frazione continua ascendente. Nell'uso comune si restringe il significato di frazione continua a quella della prima specie considerata. E di queste ora si parlerà esclusivamente.

1. L'origine delle frazioni continue va storicamente ricercata nell'indefinita iterazione di procedimenti empirici dati per l'approssimazione numerica di espressioni irrazionali, e, in particolare, per il calcolo di radici quadrate. Quello fra tali procedimenti che più direttamente avrebbe potuto condurre alla scoperta delle frazioni continue si trova indicato nell'Algebra di Rafael Bombelli da Bologna (1572); ma il Bombelli si giova unicamente di esemplificazioni numeriche, ed eseguisce a mano a mano i calcoli indicati, cosicché il risultato numerico finale non serba traccia delle operazioni fatte, e non lascia scorgere, nella sua forma intrinseca, l'algoritmo aritmetico implicitamente determinato. L'effettiva scoperta delle frazioni continue era riservata al suo concittadino Pietro Antonio Cataldi (1613). Il Cataldi, nell'intento di trovare il modo brevissimo di calcolare le radici quadre dei numeri, dopo aver posto a riscontro i varî modi solitamente usati a quello scopo, e mostrato come alcuni conducano a sviluppi in serie rapidamente convergenti, osserva che, se in generale si indica con a + p/q una radice prossima del numero a2 + r, e se mediante il rotto p/q si forma una nuova radice prossima

questa risulterà scarsa o eccedente, secondo che il rotto primitivo era eccedente o scarso. Ora, poiché il rotto r/2a è eccedente, da esso si ricaverà un rotto scarso

ed essendo questo scarso, sarà eLcedente quello da esso generato

e così si potrà continuare indefinitamente. Vediamo qui per la prima volta, nella storia della scienza, esposto con piena consapevolezza un algoritmo atto a dare l'idea dell'indefinita ripetizione di un procedimento analitico, e la visione, per così dire, sensibile, di un ente numerico creato dall'indefinita iterazione di un'operazione aritmetica. E sono questi i primi passi verso la generalizzazione del concetto di numero (fino allora ristretto al solo campo dei numeri razionali) e verso l'avvento del metodo infinitesimale.

2. Trovato il nuovo algoritmo, il Cataldi ne intraprese lo studio e riuscì a scoprirne le proprietà formali caratteristiche, e cioè:

a) la legge di formazione delle ridotte;

b) la proprietà delle ridotte di approssimare per valori alternativamente scarsi ed eccedenti;

c) la valutazione dell'errore che si commette prendendo per valore prossimo quello di una ridotta, calcolato in dipendenza della formula fondamentale (che dovrebbe essere intitolata al Cataldi)

d) la relazione tra i numeratori e fra i denominatori delle ridotte corrispondenti agli indici n, m, n + m.

3. La scoperta delle frazioni continue ebbe pronta e vasta diffusione. Nell'Arithmetica infinitorum di J. Wallis (1655) si dà esempio dello sviluppo in frazione continua di un numero trascendente con la notevole formula, attribuita a W. Brounker,

Non è nota la strada che condusse il Brounker a tale risultato; solo più tardi, e per opera di Eulero (1812) quello sviluppo trovò soddisfacente giustificazione.

4. Un'applicazione di ordine più pratico si ebbe quando si vide che l'algoritmo del M. C. D. dato da Euclide nei suoi Elementi, poteva servire a sviluppare in frazione continua limitata il rapporto di due numeri interi, e che la successione delle ridotte dava delle espressioni via via più approssimate, anzi le più approssimate possibili, che potevano servire a sostituire il rapporto di due numeri troppo forti, in vista dell'uso a cui dovevano servire, con altri più comodamente adoperabili. Parve anzi, dalla considerazione della remota antichità del metodo del M. C. D., di poter dedurre che agli antichi non fosse sconosciuta la frazione continua; ma ciò non risulta storicamente provato. Il primo esempio bene accertato si trova in un libretto di Geometria pratica pubblicato da D. Schwenter nel 1627 (posteriormente alla scoperta del Cataldi), nel quale tuttavia non si trova la frazione continua; ma si riporta come "la più ingegnosa, la più riposta e la migliore fra le regole note ai logistici e ai maestri d'abbaco", una tabelletta, che insegna a costruire "meccanicamente", col procedimento inverso a quello seguito per la ricerca del M. C. D., la serie di valori approssimati del rapporto 177/233. L'applicazione consapevole, benché ristretta a un particolare caso numerico, della prop. I del VII di Euclide allo sviluppo in frazione continua del rapporto di due numeri interi, si riscontra in un passo degli Opuscoli Postumi di C. Huygens (1703).

5. L'introduzione delle frazioni continue da un punto di vista atto alle più interessanti generalizzazioni, fu fatta primamente da Eulero (1739), il quale prese come punto di partenza la relazione ricorrente che lega i numeratori e i denominatori di tre ridotte consecutive, e svelò così l'intimo legame che esiste fra la teoria delle frazioni continue e quella delle equazioni alle differenze finite.

6. Nella trattazione presentemente seguita della frazione continua si usa far precedere una parte intera (che eventualmente si può supporre eguale allo zero) e scrivere nella forma

o, in una delle forme abbreviate:

delle quali la prima (che anche noi qui useremo) è una leggiera modificazione di quella proposta dal Cataldi.

La frazione continua risulta limitata o infinita, secondo che sono finite o infinite le successioni di numeri, in generale complessi,

da cui risulta generata.

7. Abbiamo già detto ridotta nma della frazione continua la frazione continua limitata:

porremo in generale:

I numeratori e i denominatori delle ridotte si possono rappresentare sotto la forma di determinanti (continuanti):

Dallo sviluppo di questi si ricava la legge di formazione

Analogamente si deducono le formule più generali:

La differenza fra due ridotte consecutive è data dalla formula:

e da questa, in particolare, si deduce la relazione:

8. Se esiste ed è finito il limite

la frazione continua si dice convergente; e quel limite si assume come valore della frazione continua. Per frazioni continue convergenti si ha la relazione:

La convergenza della serie

è condizione necessaria e sufficiente per la convergenza della corrispondente frazione continua.

9. Hanno speciale importanza le frazioni continue della forma:

nelle quali i numeratori sono tutti eguali all'unità, e i denominatori si suppongono tutti interi e positivi. Tali frazioni continue si dicono ordinarie o regolari, e per esse si hanno particolari importanti proprietà, fra le quali ricorderemo le seguenti: a) le frazioni continue ordinarie sono sempre convergenti, e il valore della frazione continua è compreso fra quello di due ridotte successive; b) le ridotte sono frazioni irreducibili, e si approssimano alla frazione continua più rapidamente di qualsiasi altra frazione razionale a termini non maggiori, per valori alternativamente scarsi ed eccedenti; c) lo sviluppo di un numero in frazione continua ordinaria è unico; d) le frazioni continue ordinarie limitate rappresentano numeri razionali, e ogni numero razionale si sviluppa in frazione continua ordinaria limitata.

Lo sviluppo in frazione continua ordinaria di un dato numero X si fa col cercare prima la parte intera a0 di X (eventualmente eguale allo zero). Ponendo poscia X = a + 1/X1 si cerca la parte intera a1 di X1, e, posto X1 = a1 + 1/X2, si cerca la parte intera di X2; così continuando si trova:

I numeri a1, a2, a3, ... si dicono quozienti incompleti, e i numeri X1, X2, X3, ... quozienti completi della frazione continua.

10. Una frazione continua (che supporremo ordinaria) si dice periodica, se esiste un numero intero m e un indice N tali che per n > N si abbia an+m = an.

Si dice periodica semplice se N = 1, cioè se il periodo incomincia col primo termine, periodica mista se N > 1, cioè se il periodo incomincia dopo un certo numero di termini, che costituiscono l'antiperiodo. Per le frazioni periodiche si ha l'importante teorema dovuto a J. L. Lagrange, che dà la proprietà caratteristica delle irrazionalità quadratiche: Una frazione continua periodica rappresenta una radice di una equazione del secondo grado, e, reciprocamente, ogni irrazionale quadratico si sviluppa in frazione continua periodica. Questo teorema è stato completato da E. Galois, con l'osservazione che negli sviluppi in frazione continua delle radici di una stessa equazione quadratica i periodi sono composti dei medesimi elementi, in ordine inverso.

11. Generalizzazione della frazione continua. - Nello stesso modo che l'equazione alle differenze finite lineare del secondo ordine fn − anfn-1 − bnfn-2 = 0 dà la legge di formazione delle ridotte di una frazione continua, un' equazione del terzo ordine fn − anfn-1 − bnfn-2 −cnfn-3 = 0 genera un nuovo algoritn10, che fu introdotto in analisi primamente da K. G. J. Jacobi nel 1868, come atto a esprimere i rapporti A : C, B : C fra tre numeri dati A, B, C per mezzo di frazioni approssimate di egual denominatore, e a stabilire fra i tre numeri dati una relazione lineare, il più possibilmente prossima. Il problema generale è stato completamente risoluto da S. Pincherle in una numerosa serie di memorie, nelle quali considera due punti di vista: a) dati p numeri interi (o più generalmente p serie di potenze della variabile x) S1, S2, ..., Sp, si domanda di determinare p sistemi di numeri interi (o in generale di polinomî interi in x) A1 n, A2 n, ... Apn, tali che l'espressione A1 nSi + A2 nS2 + ... + ApnSn sia il più possibilmente prossima allo zero, o, se si tratta di funzioni, che i termini contenenti potenze negative della x abbiano a fattore comune x-r, essendo r il più grande intero possibile, compatibilmente col grado dei polinomî A1 n, A2 n, ... Apn. Dalle condizioni cui tali polinomî sono assoggettati discende che essi sono integrali di una equazione alle differenze di ordine p, che per p = 2 è analoga a quella cui soddisfano i numeratori e i denominatori delle ridotte di una frazione continua; b) assunta come punto di partenza l'equazione alle differenze si cerca sotto quali condizioni essa definisca dei numeri (o delle funzioni) cui le date relazioni approssimate siano applicabili.

Bibl.: S. Gunther, Storia dello sviluppo delle frazioni continue, in Bull. Boncompagni, VII, pp. 213-254; A. Favaro, Notizie storiche sulle frazioni continue, in Bull. Boncompagni, VII, pp. 451-502, 533-589; E. Bortolotti, La scoperta delle frazioni continue, in Boll. della "Mathesis", Bologna 1919; id., La scoperta dell'irrazionale e le frazioni continue, in Periodico di Mat., Bologna 1931; R. Bombelli, L'algebra, Bologna 1572, p. 37; P. A. Cataldi, Trattato del modo brevissimo di trovare la radice quadra delli numeri, dato alle stampe addì 11 agosto 1597, pubblicato a Bologna 1613; D. Schwenter, Geometriae practicae novae et auctae, Norimberga 1627; Chr. Huygens, Opuscula postuma. Descriptio autom. planetarii, Leida 1703, pp. 448-453; L. Euler, De fractionibu continuis observationes, in Comm. Petr., XI (1739); id., Introductio in Analysin inf., Losanna 1744, cap. 18°; J. L. Lagrange, Additions aux éléments d'Euler, 1798; id., Addition au mem. sur la résolution des équ. num., 1770; S. Pincherle, Saggio di una generalizzazione delle frazioni continue algebriche, in Mem. Acc. Bologna, s. 4ª, X (1896); O. Perron, Die Lehre von den Kettenbrüchen, Lipsia 1929.

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