FRENO

Enciclopedia Italiana (1932)

FRENO (dal lat. frenum; fr. frein; sp. freno; ted. Bremse; ingl. brake)

Stefano Ludovico STRANEO
Filippo TAJANI

I freni sono dispositivi che hanno lo scopo di dissipare, generalmente attraverso resistenze d'attrito, l'energia cinetica che un corpo possiede o che verrebbe a possedere senza l'uso dei freni stessi. I due casi possono, dal punto di vista meccanico, essere prospettati nel modo seguente: 1. Un corpo in moto traslatorio, con velocità moderata, è soggetto all'azione continua di una forza acceleratrice. È il caso di un veicolo che percorra una discesa o di un montacarichi durante la corsa discendente. Dalla meccanica è noto che il moto del corpo, in assenza di resistenze passive o meglio con resistenze passive indipendenti dalla velocità, sarebbe un moto uniformemente accelerato: in realtà, dato che le resistenze aumentano sempre in modo complesso col crescere della velocità, dopo un certo tempo, il moto del corpo diviene uniforme, con velocità abbastanza elevata, affinché la somma delle resistenze sia uguale alla forza acceleratrice. Per moderare la velocità, occorre quindi un freno che possa disperdere tutto o in parte il lavoro della forza acceleratrice. Il freno deve quindi agire con continuità per tutto il tempo che perdurano le condizioni esposte. 2. Un corpo di peso P si trova in moto traslatorio con velocità V1 e deve ridurre, in un tempo t, la sua velocità al valore V2 minore di V1 (come caso limite deve annullare la sua velocità). La meccanica insegna che il corpo rende disponibile un lavoro L uguale alla variazione della sua forza viva:

L'azione del freno deve in questo caso essere tale da dissipare, nel tempo t, il lavoro L sopra calcolato. Per i corpi animati da moto rotatorio si possono ripetere le stesse considerazioni, sostituendo alle forze i momenti rispetto all'asse di rotazione, alle velocità di traslazione le velocità angolari, e al quoziente P/g il momento d'inerzia della massa rotante.

Varî tipi di freni.

Freni ad attrito. a) Freni a ceppo. - Il freno a ceppo è costituito da un ceppo che preme direttamente su un tamburo, quando agisce una forza P (fig.1). Il tamburo è generalmente di ferro o di legno: i ceppi possono essere di legno rivestito di cuoio, di ferro, ecc. Il coefficiente d'attrito si può calcolare a circa 0,5 per cuoio asciutto o legno su ferro, mentre varia tra 0,18 e 0,25 per ferro su ferro. Spesso si adopera anche il freno a doppio ceppo (fig. 2).

b) Freno a espansione. - La fig. 3 mostra uno dei tipi di freno a espansione più diffuso, il freno Bendix. I due ceppi o suole frenanti A e B, quando il freno entra in azione, ruotano intorno ai due perni tratteggiati e premono contro la superficie interna di un tamburo solidale con la ruota o con la puleggia che deve essere frenata. Quasi tutti i freni a espansione oggi in uso sono di questo tipo.

c) Freno a nastro. - Un nastro d'acciaio abbraccia un tamburo (fig. 4): l'angolo α è generalmente intorno ai 250 gradi. Esercitando una forza nel senso della freccia si esercita una pressione e quindi un attrito lungo tutto il contatto tra nastro e puleggia: l'azione del freno è molto energica. Il coefficiente d'attrito, con nastro d'acciaio moderatamente lubrificato, è circa 0,18.

d) Freno differenziale a nastro. - È analogo al precedente (fig. 5). L'azione del freno è tanto più graduale quanto più i bracci a e b sono vicini tra loro: b è sempre minore di a: facendo b sufficientemente grande rispetto ad a, si può ottenere che il freno si stringa automaticamente e funzioni come arresto a frizione quando il tamburo ruota nel senso della freccia.

e) Freno con ruota d'arresto. - È la combinazione di un freno dei tipi precedenti (o derivato dai tipi precedenti) con un meccanismo d'arresto che stringe il freno quando il moto avviene in un senso e lo libera quando il moto avviene in senso opposto. Questi meccanismi sono generalmente costituiti da ruote dentate e nottolini. Tipi perfezionati sono il freno di Becker, di Windhoff, di Weston, ecc.

Comando dei freni ad attrito. - Lo sforzo necessario per fare agire tutti i tipi di freno, ma più specialmente quelli dei primi due tipi descritti, può essere esercitato direttamente. Tuttavia, per risparmiare uno sforzo eccessivo al manovratore e per ottenere azioni frenanti di grande entità, si possono usare i servofreni. In tal caso il manovratore deve appena comandare, senza sforzo apprezzabile, il servofreno, il quale entra in azione ed esercita tutto lo sforzo frenante, assorbendo energia da apposita sorgente. I tipi di servofreno possono essere assai varî. a) Servofreno elettrico: per azionare il freno, si chiude un circuito elettrico e si eseguisce il lavoro frenante con l'energia fornita da una batteria di accumulatori elettrici o da altra sorgente di energia elettrica: il lavoro viene eseguito per mezzo di un motore o di un solenoide. b) Servofreno ad aria compressa e a vapore. Di questo tipo verrà parlato diffusamente a proposito dei freni ferroviarî. c) Servofreno idraulico: applicato specialmente nei freni ad espansione. Il comando del freno a espansione, quando è fatto direttamente, avviene per mezzo del piccolo eccentrico rappresentato nella fig. 3. Quando vi è il servofreno idraulico, l'eccentrico è sostituito da un cilindro nel quale, quando il freno deve entrare in funzione, giunge, attraverso condotti rinforzati, olio (o altro liquido) sotto pressione. Il cilindro porta due pistoni che, vincendo la resistenza delle molle, premono i ceppi sul tamburo. La fig. 6 rappresenta un freno di questo tipo, il Lockheed. I liquidi sono miscugli di olî speciali, spesso incongelabili: talvolta si usa glicerina, o un miscuglio di olio di ricino corretto e alcool.

Freno elettromagnetico. - È un tipo di freno in cui non si sfrutta l'attrito. Esso si basa sul noto fenomeno delle correnti di Foucault. Un disco metallico A (fig. 7) ruota tra le espansioni polari P di un elettromagnete: finché nel circuito elettrico non passa corrente, essendo il tasto T aperto, il disco non incontra resistenze di natura elettromagnetica: ma appena il tasto venga chiuso, l'elettromagnete produce, tra le sue espansioni, un intenso campo magnetico e il disco viene bruscamente frenato a causa delle energiche correnti parassite che attraversano la massa metallica del disco. Il disco è generalmente di rame; si ottengono così correnti più intense. Caratteristiche di questo freno sono che l'azione frenante può essere regolata variando l'intensità della corrente, mediante il reostato R e che la coppia frenante è proporzionale alla velocità del disco.

Freni ammortizzatori. - Detti anche semplicemente ammortizzatori, hanno la funzione di attutire gli scotimenti derivanti da urti, salti, ecc., causati da irregolarità del terreno o da necessltà di manovra. Sono applicatissimi in automobili ed aeroplani. Per i primi v. automobile. Per i secondi, gli ammortizzatori usati sono: estensori di gomma (in cui l'urto determina una tensione), dischi di gomma (che all'urto si comprimono), molle d'acciaio, ammortizzatori oleopneumatici. Solo in questi ultimi l'energia cinetica viene totalmente dissipata senza oscillazioni: con tutti gli altri dispositivi si hanno saltellamenti del velivolo. Gli ammortizzatori collegano in generale la fusoliera del velivolo col carrello. Poiché la direzione dell'urto nell'atterraggio è in genere inclinata, affinché possano venire assorbite tutte e due le componenti verticale e orizzontale dell'urto, occorre che gli spostamenti consentiti alle ruote dagli ammortizzatori, rispetto alla fusoliera, siano orizzontali e verticali. Il tipo più diffuso d'ammortizzatore oleopneumatico è il Messier.

Uso dei varî tipi di freni.

Per grandi masse rotanti con grandi velocità si usa spesso la frenatura elettromagnetica: essa è stata ad es. varie volte adoperata per l'arresto dei rotori dei grandi alternatori ad alta frequenza usati fino a non molti anni fa per le radiotrasmissioni a onda lunga. Si usano anche freni elettromagnetici in moltissimi strumenti elettrici in cui occorra una coppia frenante proporzionale alla velocità di rotazione del disco. L'elettrocalamita è sostituita con un magnete permanente. Esempio tipico di adozione di questi freni si ha nei contatori elettrici elettrodinamici e ad induzione. Per impianti di sollevamento, montacarichi ecc., si usano i freni del tipo e). Sugli alberi di rinvio delle trasmissioni si usano talvolta freni a ceppo o a doppio ceppo. Per i veicoli sono applicati quasi tutti i tipi di freni, a seconda della specie di veicolo. Nei veicoli lenti, in cui lo sforzo dell'animale che li trascina è sufficiente ad arrestare il veicolo in tempo sufficientemente breve, il freno ha solo il compito di moderare la velocità quando vi siano da percorrere discese. Si usano perciò freni a ceppi, manovrati per mezzo di meccanismi a vite o a leva. Nelle carrozze, biciclette ecc., data la piccola massa e la velocità non grande, i freni a ceppo sono sufficienti sia per l'arresto sia per la moderazione della velocità.

Nelle automobili (v. automobile) devono essere adoperati, date le grandi masse e le alte velocità, freni più energici: si hanno freni sulla trasmissione e freni sulle ruote.

Negli aeroplani si applicano alle ruote freni del tipo di quelli per automobili e di tipo speciale. L'applicazione dei freni alle ruote del carrello degli aeroplani presenta numerosi vantaggi. La corsa di atterraggio è ridotta del 50 per cento: è così facilitata la discesa in piccoli campi o sulle navi porta-velivoli. Se vi sono i freni, si possono sostituire nelle ruote le boccole a bronzine con boccole a sfere o meglio con supporti a rulli conici, sistema Timken. Lo sperone di coda può essere sostituito con una piccola ruota: si hanno vantaggi nel decollaggio e nella conservazione dei campi d'aviazione. Infine i freni delle due ruote sono sempre indipendenti: si comprende facilmente come risultino facilitate le manovre a terra per gli apparecchi muniti di un solo motore, che possono, servendosi dei freni, manovrare come se fossero a doppio motore. In America i freni sono d'uso corrente sugli aeroplani commerciali e militari: in Europa l'uso non è ugualmente diffuso perché si teme che una troppo brusca riduzione di velocità a terra possa causare il ribaltamento del velivolo. A questo inconveniente si può spesso ovviare studiando opportunamente la posizione delle ruote rispetto alla verticale baricentrica. In ogni caso i freni per aeroplano sono sempre costruiti in leghe leggiere (d'alluminio, magnesio ecc.). I tamburi sono generalmente posti nell'interno delle ruote: si evita così la maggior resistenza in volo che i tamburi offrirebbero: d'altra parte l'azione del freno è di tanto breve durata che i tamburi si raffreddano bene anche se disposti nell'interno delle ruote. I freni d'aeroplano sono talvolta comandati con servofreni idraulici a pressione d'olio incongelabile e qualche volta di glicerina. I freni più comuni sono del tipo Bendix (identico a quello per automobili), Wickers (a comando idraulico), Lockheed (idem), Palmer (in cui il frenamento avviene mediante il rigonfiamento ad aria compressa di un budello anulare di gomma che fa premere i ceppi frenanti contro il tamburo), Engineering Division (con disco di frizione comandato da tre eccentrici), ecc. In Europa l'uso dei freni ha fatto aggiungere anche dispositivi speciali che distaccano il freno quando il velivolo tende a ribaltare.

Freni ferroviarî. - I veicoli che nelle prime ferrovie rudimentali delle miniere inglesi correvano su regoli di legno o di ghisa, ebbero freni diversi dagli attuali. La fig. 8 ne mostra due tipi. Uno consiste in una pertica articolata per una estremità a fianco del veicolo, l'altra estremità della quale veniva lasciata cadere al suolo quando si voleva frenare. Il conduttore, posandovi il piede e lasciandosi all'occorrenza trascinare, utilizzava tutto il suo peso ad accrescere la resistenza. L'altro dispositivo è rappresentato da un'asta di legno pure articolata al fianco del vagone e che con la mano o con un collegamento fissato al telaio veniva premuta contro la periferia della ruota. G. Stephenson dotò presto la locomotiva di un freno a vapore e per un certo tempo i treni ebbero il freno solamente sul tender e sul bagagliaio. Cresciuta la velocità, ogni treno dovette avere più veicoli ordinarî muniti del freno, cui si diede la forma della comune martinicca: i ceppi o zoccoli prima furono di legno ed oggi si fanno correntemente in ghisa di speciale composizione con molto vantaggio nell'effetto ultimo della frenatura. Anche attualmente per i treni merci e in generale per i treni a velocità limitata basta il freno a mano azionato simultaneamente, per quanto è possibile, dai frenatori distribuiti sul treno, a un segnale del macchinista.

Ma per treni destinati a raggiungere forti velocità, occorreva un freno continuo, cioè un freno che, manovrato da una sola persona (lo stesso macchinista e in caso di urgenza da un agente qualsiasi) avesse contemporanea azione su tutti i veicoli del treno. Il freno continuo fu inventato da G. Westinghouse, che ebbe per il primo l'idea di applicare un fluido alla manovra simultanea dei freni di un treno. Pensò anzitutto al vapore, col quale, come abbiam visto, Stephenson frenava la sua locomotiva. Ma il vapore si dimostrò inadatto perché inviato in una lunga condotta si condensa e perde pressione. Non scoraggiato il Westinghouse da questa prima delusione, quando apprese che gli ingegneri italiani Lirandis, Grattoni e Sommeiller avevano impiegato l'aria compressa per il funzionamento delle perforatrici nel traforo del Fréjus (v.), intuì che lo stesso modo di trasmissione poteva essere applicato all'arresto dei treni e nell'anno 1869 realizzò il suo primo freno. Una pompa a vapore posta sulla locomotiva serviva a comprimere l'aria che, portata a una conveniente pressione, veniva raccolta in un serbatoio, dal quale il macchinista, per mezzo di una condotta posta lungo il treno, poteva, ricorrendo a un rubinetto a tre vie, inviarla nel cilindro di cui ciascun veicolo era munito. Uno stantuffo chiuso nel cilindro sotto l'azione dell'aria spingeva i ceppi del freno contro le ruote. Questo freno fu adottato in Europa per la prima volta dalle ferrovie inglesi nel 1870; oggi è adottato su tutte le ferrovie.

Si trattava del tipo di freno che ora si dice diretto o ad azione diretta, applicato attualmente sulle tramvie urbane e che presentava pei treni composti di molti veicoli due inconvenienti. Il fluido partendo dalla locomotiva arrivava successivamente ai varî veicoli impiegando un certo tempo e, se in qualche punto per eccessiva velocità dell'aria si formavano dei vortici o s'incontrava forte attrito, si ritardava la frenatura dei veicoli successivi. Questi urtavano contro i primi già frenati, erano respinti dalle molle e gli attacchi si rompevano con evidente grave pericolo qualora ciò fosse avvenuto su una salita. Il Westinghouse si trovò, dunque, dinnanzi al problema di fare in modo che la rottura della condotta provocasse il frenamento di tutto il treno. Creò allora la tripla valvola, con la quale si ottiene il frenamento automatico. Il macchinista per frenare non manda più l'aria nella condotta, ma questa è sempre piena d'aria e basta estrarre un po' dell'aria stessa, perché la tripla valvola metta in comunicazione il serbatoio, di cui ogni veicolo è munito, col cilindro dei freni. La tripla valvola (fig. 9) può compiere da sola tre funzioni: mandare l'aria compressa proveniente dalla locomotiva ai veicoli (caricare); mandar l'aria dal serbatoio del veicolo al rispettivo cilindro del freno (frenare); scaricar l'aria compressa dal cilindro del freno (sfrenare). La valvola è unita al cilindro del freno pel canale a, al serbatoio pel canale b, alla condotta che corre lungo tutto il treno in d, e dà passaggio all'atmosfera in c. Lo stantuffino e tenuto in alto dalla pressione della condotta, fa passare, attraverso un piccolo giuco praticato nella sua camera, l'aria inviata al serbatoio e lascia comunicare il cilindro del freno coll'atmosfera per mezzo di un condotto mobile o cassetto f. Se la pressione della condotta diminuisce, lo stantuffino si abbassa, chiude il passaggio all'atmosfera dal cilindro del freno che è posto invece in comunicazione col serbatoio e il passaggio dalla condotta al serbatoio. Ha luogo così la frenatura. Rimandando l'aria nella condotta si ottiene il ritorno alla posizione di riposo che implica la ricarica del serbatoio e lo sfrenamento. Se per un incidente il treno si divide in due, l'aria esce dalla condotta e ciascuna delle due parti si arresta. Questo tipo di freno Westinghouse è detto automatico, intesa l'automaticità nel senso che alla rottura della condotta corrisponda il frenamento spontaneo. Il segnale di allarme, è un'applicazione dello stesso principio. Tirando la maniglia si apre una piccola uscita d'aria dalla condotta del freno, che provoca una moderata azione di frenamento su tutto il treno e fa funzionare un fischietto dal quale il macchinista è avvertito che deve arrestarsi.

Un organo molto importante del freno Westinghouse è il rubinetto di comando, che, come abbiamo detto, nel primo tipo di freno era semplicemente un rubinetto a tre vie, mentre nel freno automatico ha acquistato maggior complicazione. In condizioni normali, cioè a freni aperti, regna nella condotta generale e nei serbatoi ausiliarî la pressione di 5 atmosfere. L'applicazione a fondo o moderata dei freni si ottiene provocando una depressione maggiore o minore nella condotta col lasciare sfuggire più o meno aria attraverso il rubinetto di comando. La riapertura dei freni, invece, si ottiene col ripristinare la pressione normale nella condotta e nei serbatoi ausiliari. Il rubinetto di comando deve anche permettere, quando si attacca la locomotiva al treno in partenza, di procedere alla carica iniziale della condotta generale e dei serbatoi secondarî. Il rubinetto di comando si presenta (fig. 10) come una valvola rotativa che combacia su uno specchio e nelle varie posizioni che può assumere stabilisce la comunicazione fra il serbatoio principale e la condotta generale oppure fra quest'ultima e l'atmosfera. Il manubrio a comanda la valvola rotativa b per mezzo di un'asticina ad incastro c; col girare del manubrio la valvola gira anch'essa ed apre o chiude i varî passaggi. Le posizioni che può assumere la valvola sono quattro. Nella prima che si chiama posizione di carica l'aria compressa del serbatoio principale entra da d nella camera e sopra la valvola b; indi attraverso opportuna comunicazione entra nella camera inferiore f, donde per g passa nella condotta generale. La seconda posizione è quella normale di marcia, che permette il passaggio dell'aria dal serbatoio principale nella condotta, ma in guisa che la pressione in quest'ultima resti inferiore a quella del serbatoio principale di kg. 1,5; tale disposizione è destinata a garantire una rapida riapertura dei freni, quando il manubrio è riportato nella prima posizione. La terza posizione si chiama posizione neutra perché ad essa corrisponde la chiusura di tutte le comunicazioni fra serbatoio principale, condotta generale e atmosfera. La quarta posizione è quella di frenatura. In tale posizione la cavità h collega i fori i e l del corpo del rubinetto, dei quali fori il primo comunica con la condotta generale e il secondo dà libero scarico nell'atmosfera. La cavità h ha una sezione che diventa man mano più larga quanto più il manubrio di comando dalla posizione terza si avvicina alla posizione quarta. Ne consegue che, spostando più o meno verso destra il manubrio e mantenendovelo per un tempo più o meno lungo si può graduare sensibilmente la quantità d'aria che si scarica dalla condotta principale e quindi la forza frenante. Per arresti di urgenza il manubrio deve essere portato in modo deciso e rapido fino alla posizione IV e lasciato là. Lo scarico all'atmosfera è allora massimo e la depressione nella condotta avviene con grande rapidità.

Sia la valvola tripla, sia il rubinetto di comando sono stati perfezionati per rendere il freno applicabile ai treni che diremo di media lunghezza (diretti viaggiatori su linee piane). Si sono avuti così la valvola tripla ad azione rapida e il rubinetto di manovra a scarica eguagliatrice. La valvola tripla ad azione rapida, è in sostanza una doppia valvola tripla, la quale nei casi di frenatura urgente, cui in questo caso si fa corrispondere una quinta posizione del rubinetto di manovra, non solo manda nel cilindro del freno l'aria del serbatoio secondario, ma apre uno sbocco diretto al cilindro del freno dalla condotta generale, accentuando così la riduzione di pressione nel ramo di condotta che va al veicolo seguente. La riduzione di pressione trasmettendosi di veicolo in veicolo, ne risulta un aumento nella velocità di propagazione. Il rubinetto a scarica eguagliatrice serve a facilitare la manovra del freno, evitando gl'inconvenienti che si verificherebbero quando non si procedesse al frenamento con molta attenzione. Affinché i freni agiscano regolarmente è necessario che la depressione nella condotta generale avvenga con continuità. Occorre inoltre che lo scarico non sia chiuso di un tratto, se si vogliono evitare colpi di ariete. Lo scopo è raggiunto colla interposizione fra condotta e atmosfera di un piccolo serbatoio (bariletto), che garantisce la gradualità nell'uscita dell'aria.

Un freno continuo a fluido si può realizzare anche col vuoto (si dice anche freno a depressione). Lo sforzo contro i ceppi è prodotto dalla pressione atmosferica sulla faccia inferiore di uno stantuffo mobile entro un cilindro verticale, da cui è stata aspirata l'aria mediante l'eiettore (fig. 11). Questo è costituito essenzialmente da due coni coassiali che lasciano libera fra loro una strettissima corona conica, attraverso la quale si fa passare il vapore preso dalla locomotiva mediante un tubo laterale. Il vapore acquista all'uscire una grande velocità, esercitando nel cono sottostante, in comunicazione attraverso la condotta generale coi cilindri dei freni, una forte aspirazione d'aria. Il vuoto che si ottiene è di circa 50 centimetri di mercurio. Una valvola automatica chiude la condotta non appena il vapore cessa di uscire dall'eiettore e impedisce così che, mancando l'aspirazione, l'aria entri in condotta. Per disserrare basta, ricorrendo a una valvola detta di rientrata d'aria (fig. 12), lasciare entrare di nuovo l'aria nella condotta generale; lo stantuffo per il proprio peso ricade, sciogliendo le ruote. L'eiettore di solito è doppio, uno agendo sulla condotta della locomotiva e del tender, l'altro su quella dei veicoli. Il freno a vuoto inventato dallo Smith è stato perfezionato da Hardy, Clayton, Koerting, ecc. Prerogativa essenziale del freno continuo per i treni ferroviarî è l'automaticità. Tale proprietà manca sia al primo tipo di freno ad aria compressa, sia a quello a vuoto innanzi descritto, ed è posseduta dal freno a tripla valvola; ma si può anche ottenere con altro sistema, utilizzando sia l'aria compressa sia il vuoto. Si hanno allora i freni a due camere o differenziali. Un freno a due camere consta di un cilindro nel quale si può mandare l'aria compressa dalla condotta generale. Lo stelo dello stantuffo è munito in posizione opportuna di un arresto; lo stantuffo è arrivato a metà corsa, non può procedere oltre. L'aria compressa che continua ad arrivare dalla condotta, attraverso una speciale guarnizione di cuoio di cui lo stantuffo è munito, passa nell'altra delle due camere che lo stantuffo giunto alla posizione di arresto, viene a determinare nel corpo del cilindro. Ora, se apriamo la condotta, l'aria che era entrata nella seconda camera, non potendo uscire attraverso la guarnizione dello stantuffo perché questa è tale da consentire solo l'ingresso, spingerà indietro lo stantuffo dando luogo all'applicazione dei freni. Per disserrare basterà mandare l'aria compressa nella condotta e quindi nei cilindri. Questo freno è automatico perché il frenamento ha luogo tutte le volte che si verifica una soluzione di continuità nella condotta. In modo analogo si può creare il freno a vuoto a due camere, estraendo l'aria dal cilindro mediante un eiettore, ma facendo in modo che l'aria, estratta da entrambe le camere, non possa più tornare che nella prima camera, ciò che dà luogo al funzionamento del freno. Sebbene i freni ad azione diretta manchino del requisito dell'automaticità, sono sempre in uso perché moderabili, cioè consentono di accrescere o di ridurre la pressione contro i ceppi senza il passaggio attraverso il completo sfrenamento, come sarebbe necessario pel freno Westinghouse automatico. Perciò spesso i freni ad azione diretta in unione ai freni automatici vanno a costituire il cosiddetto doppio freno, che è nello stesso tempo automatico e moderabile. Quest'ultimo si adopera specialmente nelle lunghe discese, quando è necessario seguire con la pressione contro i ceppi le variazioni in più o in meno di pendenza e ottenere così che la velocità del treno permanga invariata.

Finora abbiamo parlato della parte del freno, che va sino al primo organo mobile (lo stantuffo del cilindro dei freni). Da questo punto ai ceppi che premono contro le ruote vi è una serie di leve che costituiscono la timoneria, e servono a moltiplicare lo sforzo originario dal primo mobile ai ceppi. Chiamasi moltiplica del freno il rapporto, ottenuto per mezzo della timoneria, fra pressione contro i ceppi e sforzo esercitato sul primo mobile. Questo vale sia per i freni a fluido sia per quelli a mano. Per i freni a mano lo sforzo iniziale essendo limitato, la moltiplica a pari sforzo frenante dev'essere assai più elevata che nei freni a forza meccanica (circa cento volte superiore). D'altra parte i freni ad alta moltiplica sono molto lenti e perciò corre un intervallo notevole fra il momento in cui viene iniziata la manovra e quello in cui la pressione giunge contro i ceppi. Raggiunto questo stadio non vi è differenza fra freni a mano e freni a fluido, ma è evidente la superiorità di questi ultimi che, toccando rapidamente la fase dell'applicazione dello sfirzo contro i ceppi, riducono al minimo il percorso fatto dal treno dall'istante in cui è iniziata la manovra di frenatura a quello in cui il freno risulta realmente applicato.

Per i pesanti carri ferroviarî, l'applicazione del freno a mano richiede circa 10 secondi, mentre ne bastano da uno e mezzo a due per il freno ad aria compressa. Nei freni continui ha importanza anche la velocità di propagazione dello sforzo iniziale, esercitato a un estremo del treno (generalmente dalla locomotiva). Se la propagazione è lenta l'azione di frenatura raggiunge i veicoli successivi con un intervallo di tempo tale che i veicoli si addossano l'uno all'altro, serrando le molle dei respingenti. Arrestatosi tutto il treno, cessa l'azione di compressione; ma le molle non più compresse reagiscono distendendosi sino a provocare la rottura degli organi di attacco. Questo pericolo è evitato se la propagazione è rapida. La velocità di propagazione nei freni ad aria si aggira intorno alla velocità del suono (333 m. al secondo) ma non la raggiunge mai nel caso dell'aria compressa, superandola, invece, nel caso del vuoto, che da questo punto di vista rappresenta la forma di trasmissione più conveniente. Nei freni Westinghouse la velocità di propagazione può raggiungere i 250 m. al secondo, cifra che, mentre appare elevata in senso assoluto, si giudica insufficiente per i lunghissimi treni merci (50 ad 80 veicoli). Questa difficoltà ha ritardato finora l'applicazione del freno meccanico sui treni merci europei, che sono ancora frenati a mano, eccezion fatta per le ferrovie germaniche le quali durante la guerra, cioè in un periodo in cui erano svincolate da ogni rapporto internazionale, hanno adottato un loro tipo (Kunze-Knorr). Applicano da tempo il freno Westinghouse sui treni merci le ferrovie americane, le quali però adoperano carri dotati di respingenti diversi dai nostri e perciò non vanno esposte al pericolo di cui si diceva innanzi. Negli ultimi tempi sono stati introdotti nello stesso freno Westinghouse perfezionamenti intesi ad accelerare la propagazione e sono stati creati tipi nuovi di freno cui si attribuiscono una grande velocità di propagazione ed altre proprietà accessorie che li renderebbero specialmente adatti ai treni merci (Bozic, Drolshammer, ecc.).

Resta, per ultimo, da descrivere la timoneria del freno. La timoneria del freno continuo non differisce, salvo che nella parte motrice, dalla timoneria del freno a mano. In quest'ultimo il comando è a vite (nel caso di veicoli leggieri si può adottare anche un comando a catena che risulta assai più rapido); nei freni a fluido il comando parte dallo stantuffo del cilindro del freno. I ceppi sono quattro per ruota e i bracci delle leve di trasmissione vanno proporzionati in guisa da produrre sforzo identico su ciascun ceppo. La fig. 13 mostra l'applicazione del freno ad un veicolo. Un solo tirante principale trasmette lo sforzo dal cilindro ai quattro ceppi di ciascun asse, ma una disposizione a triangolo ripartisce gli sforzi in modo che riescano eguali sia da un lato sia dall'altro del veicolo. I ceppi vanno continuamente registrati perché la loro distanza dalle ruote rimanga costante. Per le ferrovie elettriche vale tutto quanto si è detto, con la sola avvertenza che al posto della pompa a vapore per produrre l'aria compressa, ni è un compressore a motore elettrico alimentato dalla stessa corrente principale o da una derivazione. Si usano anche compressori assiali, cioè mossi da un asse della vettura. Per le tramvie si ricorre a freni che rispondono agli stessi principî innanzi esposti, con organi più semplici.

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