FRIULI-VENEZIA GIULIA

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

FRIULI-VENEZIA GIULIA (XVI, p. 91; XXXV, p. 78; App. I, p. 635; II, 1, p. 1009, 11, p. 1098)

Giorgio Valussi

Nuova regione amministrativa, per cui l'ordinamento regionale della Repubblica Italiana prevede forme e condizioni particolari di autonomia (art. 116 della Costituzione). Si estende fra le Alpi Carniche e Giulie ed il Mare Adriatico, al confine orientale d'Italia, fra il Veneto, l'Austria e la Iugoslavia. Comprende la regione storica del Friuli e l'estremo lembo occidentale della Venezia- Giulia, che il trattato di pace ha lasciato all'Italia. È costituita dalla vecchia provincia di Udine, che ha mantenuto intatti i suoi confini prebellici, e dalle nuove province giuliane di Gorizia (riorganizzata con il D.L. 26 dicembre 1947) e di Trieste, nei limiti assegnati al Territorio di Trieste dal trattato di pace e dal Memorandum d'intesa di Londra (5 ottobre 1954); (vedi t. gorizia, trieste, udine, in questa App.). La fusione delle terre friulane e giuliane in un unico organismo regionale si rese necessaria dopo la seconda guerra mondiale per le gravi perdite territoriali subite dalla Venezia Giulia prebellica, con la cessione alla Iugoslavia del 92,2% della sua superficie. D'altronde anche il Friuli aspirava a rendersi autonomo dal Veneto per meglio provvedere alle sue particolari esigenze economiche. Nel nome doppio la precedenza è data al Friuli per il maggior peso territoriale e demografico della provincia friulana, che costituisce il 91,2% della superficie ed il 63,5% della popolazione regionale.

I punti estremi della nuova regione sono a N il M. Fleons (46°39′ lat. N), nelle Alpi Carniche, a S il M. Castellier (45°35′ lat. N), nei Monti di Muggia, a E il M. Goli (13°55′ long. E), nel Carso Triestino, e a O la Chiusa del Vajont (12°20′ long. E), nelle Prealpi Carniche. La superficie è di 7854 km2 e corrisponde al 2,6% del territorio nazionale, per cui il Friuli-Venezia Giulia occupa il diciassettesimo posto fra le regioni italiane, precedendo solo la Liguria e la Val d'Aosta.

Il territorio è costituito per il 42,5% da montagna, per il 19,3% da collina e per il 38,1% da pianura. La zona montana, che culmina con il M. Coglians (m 2780), comprende il versante meridionale delle Alpi Carniche, dal M. Oregone (a N di Cima Sappada) alla Sella di Camporosso, alcune propaggini delle Alpi Caravanche, il versante tilaventino delle Alpi Giulie occidentali, dal Mangart al Canin, le Prealpi Carniche e buona parte delle Prealpi Giulie. La zona collinare orla a S le Prealpi, assumendo particolare sviluppo nell'anfiteatro morenico del Tagliamento e nel Collio, di cui sono rimasti all'Italia solo alcuni lembi meridionali, ma è costituita anche dal carso Monfalconese e Triestino, dalle colline di Trieste e dai Monti di Muggia. La zona pianeggiante comprende la pianura friulana, fra i fiumi Livenza, Tagliamento e Isonzo, l'Agro Monfalconese, fra l'Isonzo e il Timavo, e le modeste piane alluvionali di Trieste e del Vallone di Muggia.

Popolazione. - Il censimento del 1951 ha riscontrato una popolazione residente di 1.226.121 ab., corrispondente al 2,4% della popolazione italiana, per cui il Friuli-Venezia Giulia si classifica al quindicesimo posto fra le regioni italiane, precedendo solo l'Umbria, il Trentino-Alto Adige, la Basilicata e la Val d'Aosta. La popolazione è così ripartita fra le tre province:

La densità di popolazione era di 156 ab. per km2 e corrispondeva pertanto alla media nazionale, ma essendo salita di due sole unità nell'ultimo settennio, è ora rimasta di nove punti al di sotto della densità media italiana. La popolazione è però distribuita molto eterogeneamente nelle tre province, in rapporto soprattutto alle loro diverse dimensioni.

La piccola provincia di Trieste, per il grande peso demografico del capoluogo, presenta una delle più elevate densità provinciali italiane, inferiore solo a quella di Napoli. Su scala minore lo stesso fenomeno si registra anche nella piccola provincia di Gorizia, la cui densità media è influenzata dalla popolazione urbana di Gorizia e di Monfalcone. Molto scarsamente abitati sono però i comuni carsici e del Collio. La grande provincia di Udine ha invece una densità minore, poiché comprende una estesa zona di montagna ed è caratterizzata da un minore sviluppo delle attività industriali. I comuni montani si mantengono infatti al di sotto dei 100 ab. per km2, ad eccezione di Villa Santina (157) e Tolmezzo (129), situati in ampie conche, favorevoli all'insediamento umano, e di alcuni comuni meno elevati delle Prealpi Giulie. I valori minimi si registrano nelle Prealpi Carniche (Barcis, 10), nel Canale del Ferro e nella val Canale (Malborghetto-Valbruna, 13). Notevoli addensamenti si riscontrano invece nella zona collinare dell'anfiteatro morenico, i cui comuni presentano densità superiori ai 200 ab., con punte massime sopra i 300. La pianura friulana è pure discretamente popolata, con aree di maggiore addensamento attorno ai centri industriali di Udine e Pordenone e nella zona delle risorgive, a cui si contrappongono le minori densità dell'alta pianura occidentale ("magredis") e della fascia costiera, solo recentemente interessata dalle opere di bonifica.

Il movimento naturale della popolazione è caratterizzato da una natalità molto bassa (11,7‰ nel 1957), superiore solo a quella della Liguria, e da una mortalità leggermente più elevata della media nazionale, per cui ne deriva uno scarso incremento naturale (1,20‰, ma −2‰ a Trieste), inferiore a quello di quasi tutte le regioni italiane, ad eccezione della Liguria e del Piemonte.

Questo bilancio è aggravato dalla considerevole ripresa delle migrazioni permanenti verso l'estero (Australia, Canada, Venezuela, Stati Uniti), che però venne compensato, fino al 1955, dall'afflusso di alcune decine di migliaia di profughi provenienti dalle terre cedute alla Iugoslavia. Nel periodo 1954-57 sono partiti circa 42.000 emigranti, di cui 15.000 dalla prov. di Trieste. Grande sviluppo hanno poi anche le migrazioni temporanee, sia verso l'interno sia verso l'estero (Francia, Belgio, Svizzera), a cui partecipano soprattutto le zone più povere della montagna e dell'alta pianura friulana. Alla data dell'ultimo censimento risultavano temporaneamente assenti circa 95.000 abitanti, corrispondenti al 7,9% della popolazione abitualmente residente, di cui oltre la metà si trovavano all'estero.

L'aumento della popolazione fra i due ultimi censimenti è stato nelle attuali circoscrizioni amministrative, del 10,5%, un po' inferiore a quello medio nazionale; tale incremento è però dovuto soprattutto all'immigrazione dei profughi e alla stasi bellica delle emigrazioni permanenti. Infatti nel periodo 1951-58, in condizioni di maggiore normalità, si è avuto un ritmo annuo di accrescimento di appena il 2,1‰ (in tutto 18.700 unità), corrispondente ad appena la quarta parte di quello medio nazionale. Prevale nettamente l'insediamento accentrato, che abbraccia l'83,5% della popolazione regionale, soprattutto nella zona montana e carsica e nell'alta pianura. Appena il 9,4% degli abitanti vivono nelle case sparse, specialmente nella bassa pianura e nelle fertili colline marno-arenacee, mentre il 7% vive nei cosiddetti "nuclei". I maggiori centri abitati si trovano nella pianura e lungo la costa e 15 di essi superavano nel 1951 i 5000 abitanti. Fra questi vi è solo una grande città, Trieste (ab. 259.167), mentre a grande distanza seguono Udine (65.199), Gorizia (34.607), Monfalcone (24.160) e Pordenone (21.895). Fra i 10 ed i 5000 abitanti figurano i centri di Cordenons, Ronchi dei Legionari, Cividale, Gemona, Maniago, S. Daniele del Friuli, Sacile, Cormons e S. Vito al Tagliamento.

La popolazione della regione comprende alcuni modesti gruppi etnici slavi, accentrati nel Carso, nel Collio, nelle valli del Natisone e nella Val Canale, mentre il gruppo tedesco della Val Canale e del Tarvisiano si è notevolmente ridotto in seguito alle opzioni del 1939 e sono ormai in gran parte assimilati i minori gruppi tedeschi di Sauris e di Timau, in Carnia. Gli Slavi della prov. di Trieste, che sono circa 30.000, sono tutelati da uno statuto speciale allegato al Memorandum di Londra.

Le condizioni culturali della popolazione sono abbastanza buone e il fenomeno dell'analfabetismo va rapidamente scomparendo, giacché nel 1951 riguardava solamente il 4,1% degli abitanti in età scolastica. Le punte più elevate si registrano nei comuni costieri che hanno economia prevalentemente peschereccia e nei comuni rurali della bassa pianura.

Agricoltura, allevamento, pesca. - La nuova regione presenta una struttura economica molto varia, in rapporto alle diverse condizioni ambientali ed al diverso sviluppo storico delle sue parti. Mentre infatti nella provincia udinese prevalgono nettamente le attività agricole, le province giuliane hanno un'economia essenzialmente industriale e commerciale. L'agricoltura occupa circa il 28% della popolazione attiva (cens. 1951), ma raggiunge il 40% nella provincia di Udine.

La superficie agraria, che costituisce il 60% della superficie territoriale (1957) è quasi equamente ripartita fra le colture erbacee avvicendate (28,6%), e le colture foraggere permanenti (29,2%), mentre purtroppo molto estesa è la superficie improduttiva (18,1%). Fra le colture cerealicole, che rappresentano la metà del reddito agrario, prevale il granoturco (quarto posto nazionale) che ha dato nel periodo 1955-58 una produzione media di due milioni e mezzo di q, corrispondente al 7% di quella italiana. Il grano ha invece un'importanza molto minore e ha dato nello stesso periodo una produzione media di 1.130.000 q. Sono pure coltivate le patate, la barbabietola da zucchero, il tabacco, alcune piante oleaginose (colza, ravizzone e girasole), mentre attorno ai centri urbani si addensano gli orti. Fra le colture legnose grande importanza ha la vite, che si presenta per lo più in colture promiscue ed è particolarmente diffusa nella zona collinare, con una produzione media di uva di un milione di q, da cui si ricavano 700.000 hl di vino. Grande incremento hanno avuto le colture fruttifere, fra cui primeggiano i peschi ed i ciliegi.

Nella Bassa Friulana e nell'Agro Monfalconese si possono ormai constatare i risultati altamente positivi delle opere di bonifica. Nel 1955 venne inaugurato il canale di 16 km che convoglia le acque del torrente Cormor dalla zona delle risorgive alla laguna, fungendo anche da collettore generale delle acque del bacino che attraversa. Sono proseguite pure le sistemazioni irrigue nell'alta pianura ad opera dei Consorzî Ledra-Tagliamento (16.000 ettari irrigati nel 1957) e Cellina-Meduna (12.000 ettari irrigati nel 1957). Al Canale Ledra si sta affiancando il Canale della Libertà, ormai in avanzata fase di costruzione, che deriverà le acque del Tagliamento alla stretta di Pinzano (40 m3/sec) e con un percorso di 32 km irrigherà la parte più meridionale del comprensorio. Nel 1950 si è costituito il Consorzio dell'Agro Cormonese-Gradiscano, che provvederà all'irrigazione di 8000 ettari in provincia di Gorizia utilizzando le acque dell'Isonzo. Grande importanza ha in tutta la regione l'allevamento del bestiame.

Particolare riguardo va posto a quello bovino (250.000 capi nel 1958), che ha subìto un discreto incremento in pianura, per l'estensione delle colture foraggere e la selezione genealogica, mentre nella zona montana risente della crisi dell'alpeggio. Continua il regresso dell'allevamento ovino (15.000) e di quello caprino (8000), mentre si mantiene stazionario il numero dei suini (92.000) e degli equini (23.000). In grande crisi è invece l'allevamento del baco da seta, diffuso nella zona collinare e nell'alta pianura friulana, la cui produzione risulta dimezzata rispetto all'anteguerra (1.775.000 kg di bozzoli di media nel biennio 1957-58), ma rappresenta ancora circa un quinto della produzione nazionale, al secondo posto dopo il Veneto. Il regresso è dovuto essenzialmente alla concorrenza delle sete cinesi e giapponesi, vendute sul mercato nazionale a prezzi molto più bassi.

Nel settore forestale (18,6% della sup. terr.) grande sviluppo ha avuto in pianura la pioppicoltura, soprattutto a cura della S.A.I.C.I. di Torviscosa. In complesso la massa legnosa utilizzata si aggira in media sui 320.000 m3 (1955-57). La pesca ha subìto nel periodo postbellico notevoli restrizioni per la perdita delle ricche acque istriane e dalmate, mentre è considerevolmente aumentato il numero dei pescatori, in seguito all'esodo di buona parte di quelli istriani. Qualche leggero miglioramento si è però riscontrato dopo i recenti accordi italo-iugoslavi.

Il pesce sbarcato nei porti regionali si aggira in media sui 62.000 q (1955-57), di cui quasi la metà nel compartimento marittimo di Trieste che, nonostante la perdita dei porti istriani e l'istituzione del compartimento marittimo di Monfalcone, ha notevolmente potenziato la sua flotta da pesca ed ha raddoppiato la produzione prebellica. I più tipici centri pescherecci della regione sono Grado e Marano, che curano pure la pesca lagunare e valliva.

Miniere e industrie. - Le modeste risorse del sottosuolo sono costituite quasi esclusivamente da materiali da costruzione, fra cui si distinguono le pietre ornamentali di Aurisina e Monrupino (Marmi del Carso) nel Carso Triestino. L'unica miniera importante è quella di Cave del Predil (Raibl), nel Tarvisiano, da cui si estraggono minerali di zinco e piombo, con una produzione annua di circa 40.000 t, di cui la blenda costituisce i 9/10. Nel 1953 venne definitivamente chiusa la miniera di carbone di Cludinico, presso Ovaro, nella Val Degano, che era stata molto attiva nel periodo bellico, nonostante la qualità scadente del combustibile e gli alti costi di estrazione e di trasporto. Molto cospicue sono invece le risorse idroelettriche, che non sono ancora del tutto utilizzate.

I principali impianti, costruiti negli ultimi 15 anni, sono lo sbarramento del Lumiei, che ha formato il lago di Sauris (70 milioni di m3), del Cellina, con il lago di Barcis (20 milioni di m3) e del Meduna, con il lago di Ponte Racli (22 milioni di m3). Nel quadro di una completa valorizzazione idroelettrica del bacino del Tagliamento, sono in corso gigantesche opere per convogliare le acque del fiume verso il lago di Cavazzo. Nel 1957 venne inaugurata sul lago la supercentrale di Somplago, per cui è prevista una potenza finale di 300.000 kVA. Di questi programmi si avvantaggia anche l'agricoltura, a cui vengono restituite le acque per gli usi irrigui. Nel 1958 erano attive nella regione 157 centrali idriche e 38 centrali termiche, che diedero una produzione complessiva di 1385 milioni di kWh (per il 92% di origine idrica), corrispondente al 3% della produzione italiana. La massima parte dell'energia viene prodotta dalla S.A.D.E., ma non mancano alcuni grossi autoproduttori, come la S.A.I.C.I. e la Soc. Cave del Predil. È in corso di completamento la rete regionale di distribuzione, allo scopo di emancipare le città giuliane dall'importazione di energia iugoslava.

Le attività industriali assorbivano nel 1951 (cens. industriale) il 21% della popolazione attiva. Mentre nella prov. di Udine questa percentuale scende al 17%, supera la media in quella di Trieste e raggiunge il 36% in quella di Gorizia. La forza motrice impiegata dalle industrie manifatturiere aveva una potenza di circa 295.000 HP, di cui quasi la metà installata nella prov. di Udine. In rapporto alla superficie e alla popolazione, le province giuliane hanno indubbiamente un maggior grado di industrialità, ma presentano anche una particolare struttura industriale, imperniata sui poderosi complessi cantieristici di Monfalcone, Trieste e Muggia. Trieste, danneggiata dal nuovo confine politico, cerca di compensare la riduzione dei traffici portuali con un crescente sviluppo industriale, agevolato dall'istituzione dell'Ente Porto Industriale di Zaule (1948), che ha recentemente ottenuto anche un modesto punto franco. Accanto alle due grandi raffinerie petrolifere sono così sorte nell'ultimo decennio numerose industrie, fra cui emergono il cementificio dell' Italcementila manifattura tabacchi e lo stabilimento di fibre tessili artificiali (FIL-SNIA). Una grande cartiera è stata inaugurata nel 1958 alla foce del Timavo, dove può disporre facilmente dell'acqua necessaria alle lavorazioni. Gorizia, che gode di una zona franca industriale e usufruisce assieme a Trieste di uno speciale fondo di rotazione per lo sviluppo delle iniziative economiche, ha rinnovato il suo cotonificio ed ha potenziato la grande fabbrica di macchinario tessile (S. A. F. O. G.), ma si è anche arricchita di nuove attività, soprattutto nel settore dolciario e liquoristico. Monfalcone invece vive essenzialmente con il suo grande cantiere, che risente purtroppo, assieme agli altri cantieri giuliani, della crisi generale dell'industria cantieristica nazionale. Né migliore è la situazione del sodificio Solvay, che sta attuando un piano di ridimensionamento degli impianti monfalconesi. La struttura industriale friulana è invece imperniata ancora sugli stabilimenti tessili (cotone e seta), concentrati soprattutto a Pordenone ed a Udine. Seguono per importanza le industrie metalmeccaniche, concentrate pure nei due centri citati, e quelle alimentari, mentre grande rilievo nazionale ha l'industria chimica di Torviscosa, che produce cellulosa per fibre tessili. Nel complesso dell'economia regionale primeggiano le industrie metalmeccaniche, che assorbono oltre un terzo di tutti gli addetti alle industrie manifatturiere e della forza motrice impiegata in tali industrie. L'artigianato è proporzionalmente più sviluppato che nelle altre regioni italiane, ma sopravvive soprattutto nel Friuli, dove si riscontrano alcune attività caratteristiche come la fabbricazione di coltelli a Maniago, di sedie a Manzano ed altri centri vicini, ecc.

Commercio, comunicazioni, turismo. - Le attività commerciali, che si avvantaggiano, grazie alla posizione geografica della regione, del transito di merci straniere, occupavano alla data dell'ultimo censimento il 10% della popolazione attiva, ma a Trieste, che è il maggior centro commerciale, tale occupazione sale al 17%. Lo strumento fondamentale del commercio triestino è il porto, i cui impianti sono in corso di potenziamento con la costruzione del molo VII e di una ferrovia che allaccerà meglio il porto nuovo e la zona industriale con la stazione ferroviaria. Il movimento commerciale del porto ha avuto dalla fine della guerra una grande ripresa, soprattutto nel settore del petrolio, carbone, minerali e cereali. Tale movimento ha raggiunto la punta massima nel 1957, nel quale anno ha superato i 5 milioni di t di merci sbarcate e imbarcate, ma ora è in fase discendente sia per i mutamenti che sono avvenuti nelle direttrici del commercio estero austriaco sia per l'accresciuta concorrenza di altri porti.

Una notevole funzione di stimolo commerciale viene esercitata dal 1948 dalla Fiera Campionaria Internazionale di Trieste, che presenta mostre specializzate del legno e del caffè, mentre la Fiera Friuli-Venezia Giulia di Pordenone ha un interesse prevalentemente regionale.

Le vie di comunicazione erano costituite nel 1958 da 528 km di strade statali, 512 km di strade provinciali e 4588 km di strade comunali, per un totale di 5628 km. La densità delle strade statali e provinciali, rispetto alla superficie territoriale, è molto inferiore alla media nazionale, ma molte strade comunali stanno per essere trasferite all'amministrazione provinciale, che sarà a sua volta alleggerita della manutenzione di alcune importanti strade, trasferite allo Stato. Fra le strade statali figurano alcune importanti arterie internazionali, che fanno capo ai valichi di Tarvisio (Austria) e di Stupizza, Gorizia, Fernetti, Pese e Rabuiese (Iugoslavia). Per alleggerire il movimento degli autoveicoli lungo la S.S. 14 è stata costruita durante l'amministrazione anglo-americana una nuova strada camionale (S.S. 202) che dalla zona industriale di Trieste si inerpica sull'altopiano carsico, innestandosi sulla S.S. 14 presso Sistiana. È ormai di prossima attuazione l'autostrada Venezia-Trieste, che a Palmanova avrà una diramazione per Udine, collegando così la regione alla rete autostradale italiana. La rete ferroviaria ha una lunghezza di 580 km, di cui circa la metà sono a trazione elettrica. Tale rete è collegata all'Austria attraverso il valico di Tarvisio che occupa il primo posto fra i valichi ferroviarî italiani per il transito delle merci, e alla Iugoslavia attraverso i valichi di Gorizia e di Poggioreale Campagna. Recentemente è stata completata l'elettrificazione della linea Trieste-Mestre, mentre è ancora in corso quella della linea Udine-Mestre. Grande importanza assume poi il potenziamento della linea "Pontebbana" che smaltisce la maggior parte del traffico austriaco per Trieste. Sono ancora in corso i lavori, iniziati già prima della guerra, per l'allacciamento diretto di Udine con Portogruaro, che accorceranno notevolmente le distanze del capoluogo friulano con Mestre.

Bibl.: T. Tessitori, Come nacque la Regione Friuli-Venezia Giulia, Udine 1947; Comitato Organizzativo della Mostra Regionale, 1948; Friuli-Venezia Giulia, Panorama della vita e delle attività friulane, Udine 1948; M. Franzil, Trieste nella Regione Friuli-Venezia Giulia, in Riv. Città di Trieste, VI (1955), n. 1; id., Sviluppi politici della Regione Friuli-Venezia Giulia, in Riv. Città di Trieste, VI (1955), n. 2-3; F. Milone, L'Italia nell'economia delle sue regioni, Torino 1955, pp. 176-324; E. Babille, Distribuzione del reddito imponibile nella Regione Friuli-Venezia Giulia, in Riv. Città di Trieste, VIII (1957), n. 2-3; O. Fabris, Le opere di bonifica nella Regione Friuli-Venezia Giulia, Udine 1959.

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