FRONTI POPOLARI

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

FRONTI POPOLARI

Arturo CODIGNOLA

. Nome dato, a partire dal 1934, in varî paesi europei ed extraeuropei, a una costellazione politica, non del tutto nuova per la qualità dei componenti, ma sì per i motivi che l'ispirano; la quale da allora acquista continuità e precisa configurazione: il raggruppamento cioè - non solo per contingenti motivi elettorali, ma allo scopo, anche oltre quelle contingenze, di permeare e guidare tutta la vita politica di un paese - dei movimenti e dei partiti politici orientati genericamente a sinistra e che si atteggiano a interpreti e propugnatori delle idealità politiche di rinnovamento sociale che sarebbero proprie alle classi popolari, contro le opposte tendenze di stasi e conservazione sociale e politica che, invece, si attribuiscono alle classi per ciò considerate non popolari. Nella formazione dei "fronti popolari" motivi di tattica politica tendono a sfumare le differenziazioni ideologiche. L'origine dei fronti popolari è di ispirazione comunista; non vi può mancare mai, quindi, il partito comunista, per il quale la tattica dei fronti popolari rappresenta la possibilità di conquista del potere politico non mediante l'insurrezione rivoluzionaria, ma attraverso i mezzi offerti dalla democrazia parlamentare, e, in via complementare, dalla pressione delle manifestazioni di massa.

La formazione dei fronti popolari viene presentata dagli assertori di essi come un'organizzazione di difesa suggerita o imposta dal coalizzarsi dei gruppi politici conservatori; è invece prospettata da questi ultimi come una macchina di guerra escogitata dal comunismo per dare l'assalto alle istituzioni democratiche e asservirle, sotto il pretesto di volerle difendere. In linea storica, tuttavia, non è dubbio che i primi esperimenti di fronti popolari rispondevano a motivi di difesa. Nel 1935, l'ascesa del nazismo e del fascismo, troppo minacciosa per la conservazione delle libertà e delle conquiste democratiche, nelle quali soltanto anche il partito comunista aveva possibilità di vita non clandestina, indusse il VII Congresso dell'Internazionale comunista a promuovere l'iniziativa della costituzione di fronti popolari in ogni parte d'Europa; iniziativa che l'anno successivo si tradusse in atto nei paesi (Francia, Spagna) ove la minaccia delle forze conservatrici e fascisteggianti sembrava più grave e ove le idealità di sinistra potevano trovare alimento nelle tradizioni giacobine e nelle istituzioni democratiche. Quindi, non in Gran Bretagna né nei paesi scandinavi, né nella Svizzera e in altri minori stati europei, dove le tendenze innovatrici, riformistiche e gradualistiche, comunemente accettate nella prassi politica democratica, toglievano ogni ragion d'essere a fronti popolari; e non nei paesi più o meno totalitarî (URSS, Italia, Germania, Portogallo, Polonia, Ungheria, Iugoslavia, Turchia, ecc.) nei quali, per l'esistenza del partito unico assolutamente prevalente, mancava il presupposto di un'autentica vita parlamentare-democratica.

In Ispagna il Frente popular che, pur non sotto questo nome, aveva fatto le sue prime prove nell'ottobre 1934, si costituì sulla fine del 1935, con la partecipazione dei repubblicani di sinistra, dei radicali anticomunisti dell'Esquerra, delle varie denominazioni socialistiche, comunistiche ed anarchiche, e riuscì nelle elezioni politiche del 16 febbraio successivo a rovesciare il partito conservatore dopo due anni che s'era imposto. Conquistato il potere esso portò alla presidenza del consiglio Manuel Azaña. Il fronte popolare accentuò nei mesi successivi le sue tendenze anticlericali e svolse un'azione di vera persecuzione e distruzione contro le persone e le cose del culto; ma nemmeno l'insurrezione di Franco (18 luglio 1936), l'estendersi della guerra civile in tutta la Spagna, e la partecipazione ad essa, nei due campi, ma più in quello franchista, di elementi stranieri, valsero a tenere unite tutte le forze del Frente popular, scisse soprattutto fra le tendenze comunistiche e anarchiche, specie in Catalogna; tuttavia il governo che dal settembre 1937 alla fine della guerra civile rappresentò la Spagna antifranchista, si può considerare, in sostanza, un governo di fronte popolare.

In Francia si costituì nel 1933, dopo l'avvento di Hitler al potere, un fronte unico tra socialisti e comunisti, al quale aderì poi (1934) il partito radicale-socialista formando così il fronte popolare, che mostrò la sua forte organizzazione ed efficienza nella vigorosa reazione opposta tre giorni dopo la sommossa, organizzata dalla Lega nazionalista, dalle Croci di fuoco e dal Partito sociale francese, che turbò Parigi il 6 febbraio 1934; nell'aver provocato le dimissioni del gabinetto Doumergue sospettato di velleità autoritarie (8 novembre 1934); nei tafferugli di piazza, frequenti nel corso del 1935, con le "leghe" di destra; nella pressione esercitata per un'applicazione più rigida delle sanzioni contro l'Italia durante l'impresa di Etiopia e per una più sollecita ratifica del patto di assistenza con la Russia del 2 maggio 1935. Nelle elezioni del 26 aprile 1936 il fronte ebbe una vittoria schiacciante. Léon Blum costituì il suo primo gabinetto. Mentre era all'inizio dell'attuazione di un vasto programma di riforme sociali, il fronte fu posto in crisi dalle vittorie di Franco (ormai sorretto anche molto efficacemente da Hitler), ma non meno dalle difficoltà interne, soprattutto valutarie e salariali.

Allo scoppio della seconda Guerra mondiale il fronte popolare francese entrò in crisi e si dissolse per l'equivoca posizione in cui venne a trovarsi il partito comunista francese, riflesso dell'equivoca politica russa nei riguardi dei belligeranti, fino all'estate 1941. I fronti popolari risorsero poco tempo dopo con un mordente più efficace, ma sotto un'altradenominazione e con altri immediati scopi: resistenza e lotta partigiana armata.

In Italia, il fronte ha ripreso vita per esigenze ancor diverse, anche se affini, in occasione delle elezioni del primo parlamento della repubblica italiana, avvenute il 18 aprile 1948, ma è poi stato dichiarato formalmente sciolto (agosto 1948) per iniziativa del partito socialista, anche se rimane fermo il patto di unità di azione fra socialisti (PSI) e comunisti. Sotto ispirazione comunista, e a seconda delle situazioni locali, fronti popolari, o denominazioni affini, sono apparsi anche in altri paesi europei (Romania, Ungheria, Bulgaria, Cecoslovacchia), spesso come prodromo e veicolo alla conquista del potere da parte dei comunisti, e (in momenti e circostanze diverse) anche latino-americani.

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