FRONTONE

Enciclopedia Italiana (1932)

FRONTONE

Antonio Maria COLINI
Adriano PRANDI

. Nel suo significato originario e generico, per frontone s'intende la parte terminale della facciata d'un edificio coperto da un tetto a due spioventi, chiusa superiormente dalle linee inclinate di esso. Strutturalmente esso corrisponde allo spazio occupato dalle capriate del tetto, di cui nei periodi di maggiore sincerità costruttiva, come presso i Greci e nell'architettura medievale, segue fedelmente la fomia. Si distaccò invece da questa quando venne adoperato in funzione di elemento prevalentemente decorativo, come nell'architettura romana, durante il Rinascimento e il Barocco. Ebbe allora forme del tutto estranee a quelle da cui aveva avuto origine, e divenne curvilineo, spezzato, ondulato ecc.

Grecia. - Quando, verso la metà del sec. VII a. C., i Greci sostituirono all'originaria copertura a terrazza dei templi un tetto a doppio spiovente, sui lati corti fu elevato, al disopra della trabeazione orizzontale, un muro triangolare (timpano) per appoggiarvi le travi maestre; la sua forma, assimilata a quella di un'aquila con le ali spiegate, procurò al complesso il nome di aetos (ἀετός). Così da una necessità pratica nacque il più nobile e maestoso ornamento del tempio greco.

Origine e sviluppo della decorazione frontonale. - L'aspetto del frontone nei templi a struttura lignea non si può che ricostruire indirettamente, soprattutto attraverso i monumenti dell'Etruria, ove le forme greche primitive introdotte dalla Ionia rimasero in uso più a lungo. In mezzo alle linee del triangolo frontonale, rivestite di fregi policromi di terracotta e coronate di un sima di uguale materia, sporgeva nel campo del timpano la testata della trave maestra rivestita da una lastra fittile, collegata al coppo ricoprente il colmo del tetto. In questa lastra, che prima fu semplicemente dipinta poi anche modellata, deve riconoscersi l'embrione della decorazione frontonale. I più antichi esempî, offerti dalla Sicilia, recano costantemente la maschera gorgonica. Passando la struttura dal legno alla pietra, la lastra si distacca dal coppo e diviene, isolata, un elemento decorativo del centro del timpano: con siffatta decorazione, e geison e sima fittili, dobbiamo immaginare il frontone del tempio C di Selinunte. Una terracotta frontonale siracusana mostra, invece della protome, un'intiera figura di Gorgone di profilo; infine nel frontone scoperto a Garitza di Corfù (seconda metà del sec. VII a. C.), altre figure del mito e animali fiancheggiano la terribile dea riempiendo tutto il timpano.

Poiché questi incunaboli della decorazione frontonale si sono riscontrati soprattutto in colonie corinzie, si è voluto con ragione vedere in ciò una conferma della tradizione che attribuiva ai Corinzî tale ritrovato.

Al principio del sec. VI a. C. la decorazione frontonale appare diffusa in tutta la Grecia; ma soprattutto i piccoli edifici ce ne offrono esempî.

La serie più importante di resti è quella dell'Acropoli di Atene: scolpiti in calcare tenero locale coperto di una vivace policromia, appartengono a non meno di undici complessi, che si dispongono entro un sessantennio, a partire dal principio del secolo. Un ritrovato degli scultori attici per risolvere il difficile problema della composizione, fu la scelta di mostri pisciformi e anguipedi. Partendo da un rilievo piatto, che in alcuni frontoni si riduce a un semplice disegno inciso su pietra, la decorazione frontonale va gradualmente distaccandosi dal fondo, col progressivo aumento di sporgenza richiesto dalla sua posizione esterna e dalla distanza del soggetto dall'osservatore, sensibile soprattutto nei grandi templi, e tende verso la statuaria libera. L'ultima tappa intermedia è il frontone del tesoro delfico dei Sifnî (o degli Cnidî), nel quale la metà superiore delle figure è scolpita a tutto tondo. Ancora le figure dei frontoni sono rappresentate rigidamente di profilo, intente unicamente all'azione che svolgono; ma con l'acquisto della corporeità, i personaggi cominciano a sentire una relazione col riguardante e a spostarsi verso di esso. Ed ecco, quasi intermediario fra i due, sorgere in posizione frontale nel mezzo del timpano la figura del dio, concepito come simulacro, ma pur legato all'azione.

È questo lo stadio offertoci dai frontoni del tempio di Aphaia in Egina (v.), della prima metà del sec. V a. C. Evidenti sono in essi i segni dell'immaturità: non solo offrono ambedue soggetti analoghi, tratti dalle imprese contro Troia, ma le due ali dello stesso quadro sono assolutamente simili nella posizione e nell'aggruppamento delle figure. I maestosi frontoni del tempio di Zeus in Olimpia offrono in parte gli stessi difetti, pur essendo più evoluti e di soggetto tra loro assai differente (nell'orientale i preparativi per la gara tra Pelope ed Enomao, nell'occidentale la lotta tra i Centauri e i Lapiti). Il più alto esempio è anche in questo campo, offerto da Fidia nel Partenone. Delle due grandi composizioni (la prima apparizione di Atena ira gli dei e la sua contesa con Poseidone per il possesso dell'Attica) non ci sono pervenuti che frammenti sconnessi (la maggior parte di essi ora al British Museum); tuttavia si è riusciti a ricomporne l'aspetto. L'azione era tutta concentrata nel centro del quadro, e da essa il movimento si estendeva, smorzandosi gradualmente, verso gli angoli. Intatti nella parte architettonica, ma senza decorazione, sono i frontoni del cosiddetto Theseion, ad Atene.

Nel periodo seguente possono citarsi: i frontoni dell'Asclepieo di Epidauro (375 a. c.), opera di Timoteo, che a occidente offrivano una amazonomachia, e ad oriente una centauromachia; quelli del tempio di Atena Alea a Tegea (380 a. C. circa), in cui Scopa effigiò a oriente la caccia calidonia, ad occidente la lotta di Telefo con Achille, e infine quelli del tempio di Apollo in Delfi (ricostruito verso il 350 a. C.), nei quali erano raffigurati a oriente Apollo, Latona ed Artemide con le Muse, a occidente Dioniso con la schiera delle Menadi.

Con l'esaurirsi dello stile dorico, cessa, si può dire, l'uso di questa grandiosa decorazione che in Grecia rimase legata soprattutto con esso. Negli edifici ionici il frontone infatti non ha in genere altra decorazione che gli acroterî.

Struttura e decorazione architettonica. - L'altezza del timpano, piuttosto forte negli edifici arcaici, si abbassa gradualmente per fissarsi un poco al di sotto di 1/8 della larghezza. La cornice di base del frontone è sempre simile a quella dei lati lunghi, ma non ha il sima, che gira invece sulle cornici rampanti: queste a loro volta non hanno i mutuli (nell'ordirie ionieo mancano parimenti talora i dentelli) e si raccordano al fondo mediante un echino. Una potente policromia anima tutto il complesso: il fondo del timpano, per far risaltare le figure, è dipinto di blu o di rosso (Partenone); le cornici, oltre alle consuete parti, sono colorite anche inferiormente; il frontone si completa in alto con gli acroterî. La parete del timpano è costruita con assise orizzontali di blocchi talora semplicemente intonacati, ma generalmente rivestiti di lastre verticali di marmo collegate a essi con grappe. Tale parete, per dare sviluppo alla decorazione frontonale, è arretrata di una proporzione che raggiunge fino il valore di 1/5 della larghezza dell'architrave (Egina). La forma del frontone in Grecia è, senza distinzione di ordini, costantemente triangolare.

Italia. - Alla struttura lignea del tempio italico si connettono tipi particolari di frontoni, la decorazione dei quali permane costantemente fittile. Nessun elemento ci permette di precisare l'aspetto del frontone dei templi più antichi costruiti nella parte centrale della penisola italiana (intonno alla metà del sec. VI a. C.). Ma poiché il tipo in uso nella fase d'arte successiva ha un carattere ancora del tutto primordiale e contiene elementi dell'originaria copertura orizzontale, si può credere che i frontoni più antichi fossero analoghi ad esso, salvo, che lo schema decorativo ne era più semplice; vengono generalmente riferite a questo tipo di frontone tegole fornite di un'anta ornata di un fregio figurato e di una terminazione baccellata. Il frontone italico arcaico si avanzava decisamente fuori della linea della facciata, sostenuto dalla sporgenza delle travi maestre aventi la testata rivestita di lastre di terracotta modellate e dipinte; le linee del triangolo erano decorate di fregi di rivestimento, e sormontate da tegole terminali con cornice traforata e acroterî della stessa materia; un piccolo tetto ornato di antefisse formava infine la base del cavo frontonale.

Un cambiamento radicale nella tecnica della decorazione frontonale si effettuò molto più tardi, nel sec. IV a. C. Non potendo per ragioni statiche, date la persistente struttura lignea e la sporgenza, cullocare nel frontone figure isolate, si legarono queste a un fondo sfuggente per la parte inferiore, in modo da lasciare la superiore isolata. Il Museo di Villa Giulia in Roma, quello dell'Opera del duomo di Orvieto e il Museo archeologico di Firenze, posseggono insigni resti così dell'uno come dell'altro tipo di frontoni.

Roma. - Le notizie storiche e i trovamenti sono concordi nell'affermarci che per lunghissimo periodo anche i templi di Roma ebbero fastigi ornati di terracotta dipinta, dei tipi in uso nel resto dell'Italia centrale. Plinio (XXXV, 158) afferma che ne sussistevano molti ancora ai suoi tempi: ciò ci fa ritenere che siano stati sovrapposti anche a edifici lapidei. Le maggiori informazioni per il periodo più antico sono quelle che riguardano il tempio di Giove capitolino costruito al principio del sec. VI a. C. e decorato da artefici etruschi; l'avanzo di frontone fittile più completo proveniente da Roma è invece quello con scena di sacrificio trovato in via S. Gregorio (II-I sec. a. C.), e conservato nel Museo del Palazzo dei conservatori. Quando i Romani adottarono le forme del tempio ellenico lapideo trasportarono su di esso non pochi elementi del frontone italico: una certa predilezione ad affollarne di statue il vertice (v. acroterio), la sovrapposizione di un coronamento di palmette di bronzo dorato alla cimasa, l'uso dell'altorilievo, in luogo della statuaria libera, talora probabilmente in bronzo. Deve inoltre attribuirsi alla tradizione italica la stessa introduzione della decorazione frontonale in questa architettura ellenica che ne aveva tralasciato l'uso e per taluni ordini non l'aveva mai avuta.

Purtroppo di queste decorazioni ci restano avanzi apprezzabili solo di quelle relative a edifici minori (sepolcri, edicole); si può tutavia citare il frontone del Capitolinm di Thugga. Sul frontone dell'avancorpo del Pantheon (età di Settimio Severo) resta una infinità di fori che si riferiscono verosimilmente a una decorazione in bronzo. Alcuni frontoni dei templi maggiori di Roma sono riprodotti su monete e su rilievi. Così quello del tempio di Giove capitolino ricostruito da Domiziano, su un rilievo del Palazzo dei conservatori, e su un altro, perduto, di cui si conserva il disegno; quelli del tempio di Quirino e di un altro tempio identificato a torto con quello di Venere e Roma su rilievi del Museo Naz. Romano e del Laterano; quelli dei templi di Marte Ultore (?) e della Magna Mater su rilievi di Villa Medici, quello di un tempio non identificato, su un rilievo del Museo Mussolini.

Decorazione architettonica e forma. - Il frontone romano è più acuto del greco: le cornici rampanti generalmente sono uguali a quelle dei lati lunghi e gli elementi a caduta verticale (mensole, dentelli, ovoli) conservano tale caduta, disponendosi perciò obliquamente rispetto all'andamento della cornice. Dall'architettura ellenistica la romana trasse ed impiegò forme di frontoni che più o meno differiscono da quello triangolare fondamentale. Il più importante e diffuso tra questi è quello che piega ad arco la cornice di base in corrispondenza dell'intercolumnio mediano (tempio in Damasco, cappella d'Iside a Pompei, lati dell'arco d'Orange, palazzo di Diocleziano in Spalato); un altro tipo, probabilmente di derivazione egizia, curva in unico semicerchio le cornici rampanti (Iseo del Campo Marzio, frontoni delle sale che fiancheggiano l'emiciclo dei mercati di Traiano in Roma); altri tipi, infine, molto varî, si ottennero interrompendo le cornici, ma questi non vennero usati che in decorazioni di piccoli edifici e di particolari architettonici (finestre, edicole). Sembra accertato che queste forme abbiano assunto il loro maggiore sviluppo all'età di Traiano.

Medioevo. - Durante il periodo medievale, pur non conservando o quasi traccia della forma classica, il frontone continua ad essere adottato nella composizione delle facciate delle chiese, dei tabernacoli, delle porte: sia nella semplicissima funzione di muratura di timpano, come, ad esempio, nei protiri romanici, sia nelle svariatissime forme gotiche che i francesi riuniscono sotto i due nomi di "galbe" o di "pignon", derivanti dal circoscrivere l'arco acuto mediante due linee inclinate, riunite in alto da un fiorone, in modo da marcare o simulare le linee del tetto che protegge l'arco sottostante. Caratteristico dell'architettura medievale civile della Francia e specialmente della Germania è il frontone a gradoni, che segue l'inclinazione del tetto retrostante mediante una linea spezzata. Invece nel gotico italiano il frontone ripete spesso, sia pure variandone l'inclinazione e i rapporti, il tipo classico, come, per citare un solo esempio, Arnolfo di Cambio, nei suoi ciborî romani di San Paolo e di Santa Cecilia, sovrappone all'arco acuto un frontone triangolare completo.

Rinascimento. - Gli architetti del Rinascimento, nel risuscitare o rinnovare le forme classiche, furono concordi nell'adottare il frontone, anche se discordi sulla forma e sulle proporzioni. Durante il primo rinascimento la imitazione dell'antico non impedisce il perdurare di forme ancora memori di quelle medievali, come gli acuti frontoni che decorano spesso le finestre e i portali quattrocenteschi, e quelli curvilinei o addirittura semicircolari che coronano la facciata di molte chiese di Venezia.

Dal Cinquecento a oggi. - Nel Cinquecento le regole di Vitruvio ricevono, attraverso le personali interpretazioni dei trattatisti e degli architetti, tutte le possibili applicazioni; nei secoli successivi si ricercano in ogni modo forme nuove e talora stravaganti. I palazzi e le chiese si ornano allora di frontoni di ogni foggia, curvilinei, spezzati, a doppia curvatura, accartocciati, racchiudenti e sorreggenti statue, festoni, stemmi e ogni altro motivo decorativo. E il Borromini finalmente disposerà la linea curva con la retta nel frontone dell'oratorio dei Filippini e fletterà anche sul piano orizzontale i frontoni delle finestre del palazzo di Propaganda Fide e plasmerà capricciosamente il sommo della facciata di S. Carlo alle Quattro Fontane. Finché il frontone si trasferirà dall'architettura degli edifici a quella dei mobili, degli altari, dei tabernacoli, dei caminetti; per tacere dei fastigi a conchiglia o a "cartoccio" che da Andrea Bregno in poi hanno incoronato i monumenti tombali.

Ma contro l'abuso del frontone non poteva mancar la reazione, di cui il Milizia fu il maggior assertore in nome principalmente della sincerità architettonica che l'applicazione decorativa di quell'elemento contraddice. Ciò non ostante, l'architettura neoclassica adottò con entusiasmo il frontone nelle sue forme antiche, scrupolosamente imitato.

L'architettura moderna, insieme con la sostituzione della copertura a terrazza al tetto, pare abbia definitivamente soppresso il frontone, che appare solo in opere di carattere monumentale e decorativo e anche allora in forme schematizzate.

V. tavv. XXIX-XXXIV e tav. a colori.

Bibl.: Antichità: Daremberg e Saglio, Dictionn. d'antiq., s. v. Tympanum; Grecia: P. Montuoro, L'origine della decorazione frontonale, in Memorie Lincei, s. 6ª, I, fasc. 4°, pp. 273-344 con 2 tavv.; A. Della Seta, La genesi dello scorcio nell'arte greca, ibid., s. 5ª, vol. XII, p. 184 seg., tavv. VIII-IX; G. Perrot e Ch. Chipiez, Histoire de l'Art, VIII, Parigi 1903; G. Perrot, La sculpture dans le temple grec, in Mélanges H. Weil, 1898, pp. 355-383; A. Furtwängler, Aegina, Monaco 1906, p. 316 seg.; J. Durm, Die Baukunst d. Griechen, Stoccarda 1910, p. 272 (dorico), 338 (ionico); Th. Wiegand, Die archaische Poros-Architectur der Akropolis zu Athen, Cassel 1904; H. Lechat, La sculpture attique avant Phidias, Parigi 1904. - Etruria: G. R. Rizzo, Di un tempietto fittile di Nemi, in Bull. Com., 1910, p. 281; 1911, p. 23; P. Ducati, Arte etrusca, Firenze 1927; A. Della Seta, Italia antica, 2ª ed., Bergamo 1927; J. Durm, Die Baukunst der Etrusker u. Römer, Stoccarda 1905, pp. 85 e 114; - Roma: A. M. Colini, Indagini sui frontoni dei templi di Roma, in Bull. com., 1923, pp. 299-347; 1925, pp. 161-200; J. Durm, op. cit., pp. 243, 346 (ionico), 410 (corinzio). - Medioevo ed età moderna: Oltre a tutti i teorici e i trattatisti d'architettura da Vitruvio al Vignola, si vedano le opere generali: E.-E. Viollet le Duc, Diction. raisonné de l'architecture franåaise, ecc., Parigi 1875; A. Choisy, Hist. de l'archit., Parigi s. a.; F. Milizia, Principi di architettura civile, 2 ed., Milano 1847; A. Venturi, Storia dell'arte ital., Milano 1901 segg.; Fletcher, A history of architecture, Londra 1921; P. Toesca, Storia dell'arte ital., Torino 1927; G. Giovannoni, Questioni d'archit., Roma 1927; M. Piacentini, Architet. d'oggi, Roma 1930; G. Giovannoni, Saggi sull'architet. del Risorgimento, Milano 1932.

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