FUNGHI o eumiceti

Enciclopedia Italiana (1932)

FUNGHI o eumiceti (lat. sc. Eumycetes; fr. champignons; sp. hongos; ted. Pilze; ingl. mushrooms)

Oreste MATTIROLO
Fabrizio CORTESI

Il nome "fungo" nel concetto popolare indica una determinata produzione vegetale commestibile o velenosa crescente in libera natura; invece, con lo stesso nome, i naturalisti intendono un grande gruppo di esseri appartenenti alle Eutallophyta, vegetali forniti di un corpo o apparato vegetativo detto tallo o talloma, uni- o pluricellulare, muniti, salvo poche eccezioni, di una membrana distinta costituita dalla cosiddetta cellulosa fungina o da chitina, di citoplasma, e di uno o più nuclei.

I funghi mancano di clorofilla e quindi sono incapaci di compiere il processo di organicazione del carbonio per fotosintesi, il che li obbliga a una vita eterotrofa. Nel maggior numero di essi si osserva una distinta differenziazione fra organi destinati alla vita vegetativa e organi preposti alla riproduzione. Gli elementi vegetativi sono per lo più filiformi uni- o pluricellulari (ife) e intrecciati a formare il corpo del fungo (micelio, in alcuni casi detto bianco di fungo)

L'unione delle ife, che in generale è assai lassa, può diventare in certi casi così intima da dare origine a formazioni talliche, che ricordano i tessuti parenchimatici delle Cormofite (pseudoparenchimici). Non raramente il micelio e le ife intrecciandosi, ramificandosi, feltrandosi, dànno origine a corpi (sclerozî) di consistenza dura che possono assumere anche proporzioni assai notevoli, distinti nettamente in una porzione midollare bianca ricca di abbondanti depositi di glicogeno, di grassi, ecc., e una parte esterna sempre colorata in scuro. Dagli sclerozî, dopo un periodo più o meno lungo di quiescenza in condizioni opportune, hanno origine i corpi riproduttivi. Inoltre le ife miceliche, spesso unendosi strettamente insieme, dànno luogo a specie di cordoni rivestiti da uno strato esterno protettivo (rizomorfe). Il micelio e le ife rappresentano gli organi per mezzo dei quali i funghi si procurano il loro alimento sotto forma di composti organici: se questi sono forniti dagli organismi viventi (animali o vegetali) i funghi sono parassiti; si dicono invece saprofiti quelli che si giovano di composti organici presenti nei substrati morti; simbionti invece sono quelli che ricevono il nutrimento da esseri coi quali vivono in rapporti mutualistici e allora possono sviluppare il micelio nella parte interna del corpo del simbionte (simbionti endobiotici) o nelle parti esterne (simbionti epibiotici).

Molti funghi, specialmente parassiti, per assorbire gli alimenti dall'ospite emettono dal loro micelio dei rametti ad apice rigonfiato o addirittura delle ramificazioni penicillate (austorî, v.), le quali penetrano nelle cellule dell'ospite e da esse sottraggono le sostanze adatte al loro sviluppo, causando alterazioni più o meno profonde e provocando nell'ospite stati morbosi che spesso conducono alla sua morte. Il diametro delle ife nei funghi è variabilissimo e talora varia anche nello stesso individuo.

I funghi presentano in generale due modi di riproduzione: 1) la riproduzione vegetativa, o moltiplicazione, si compie in modi assai differenti e svariati; per frammentazione del micelio e successivo sviluppo dei frammenti in altrettanti nuovi individui; per formazione endogena di spore immobili o mobili (come nei Ficomiceti) entro speciali cellule madri o sporangi; per formazione esogena di spore libere, conidî, gemme, oidiospore; per formazione di corpi che rassomigliano alle vere spore (ciamidospore), le quali si formano nella continuità del filamento o provengono dalla diretta trasformazione delle ife. Non raramente le spore possono assumere il carattere di spore durature e comportarsi quindi come gli apparati miceliari scleroziati. 2) La riproduzione sessuale può operarsi con svariate modalità. In merito possiamo distinguere: a) funghi nei quali dall'apparato maschile (anteridio) fuorescono elementi maschili mobili (spermatozoidi o spermî) mentre l'elemento femmineo, molto più sviluppato, si forma in un oogonio. Avvenuta la fecondazione, la oospora, dopo un periodo di quiescenza, dà origine al nuovo individuo (Monoblefaridee); b) funghi, nei quali la cellula o le cellule sessuali femminili rimangono chiuse nell'oogonio, mentre negli anteridî invece degli spermatozoidi si formano speciali nuclei maschili che per mezzo di uno o più canali di comunicazione penetrano negli oogoni e li fecondano (Saprolegniee-Peronosporee); c) funghi nei quali si producono due apparati riproduttori uguali (isogametangi) sopra un unico micelio (Mucorinee omotalliche) o su micelî distinti (Mucorinee eterotalliche); questi apparati, venendo a contatto fra di loro, fondono il contenuto dando origine a una zigospora. Invece in altri gli apparati sessuali sono di dimensioni diverse e l'unione si opera attraverso un organo di copulazione (tricogino) che è formato dall'apparato sessuale femminile; d) funghi nei quali sono elementi sessuali maschili immobili (spemazî) che fecondano per mezzo di un tricogino le cellule sessuali femminili contenute in un apparecchio detto carpogonio o ascogonio (Laboulbeniacee); e) in altri funghi mancano organi sessuali ben differenziati e il processo gamico si opera fra due nuclei contenuti in una stessa cellula o in due cellule contigue dell'ifa micelica (cariogamia).

I funghi sono da considerarsi come serie di forme derivate dalle Alghe, nelle quali però, per la mancanza di clorofilla, avviene la perdita della capacità di nutrirsi autotroficamente e, a differenza delle Alghe, mostrano uno spiccato adattamento alla vita nell'ambiente aereo, poiché solo i tipi inferiori possono vivere ancora nell'acqua. Per quanto la filogenia dei funghi non sia ancora interamente chiarita, è certo che le forme inferiori hanno innegabili relazioni con le Flagellate e con le Cloroficee. Le Laboulbeniacee derivano dalle Floridee e per molti riguardi gli Ascomiceti hanno relazione coi Ficomiceti.

Classificazione dei funghi.

I funghi più antichi si notano già nel Paleozoico, essendosi osservati micelî fungini entro avanzi fossili di piante. Nel periodo terziario si conoscono molte Poliporee e Agaricinee pochissimo diverse dalle attuali.

L'immensa congerie di forme fungine, la massima parte delle quali ci fu rivelata dal microscopio, ha potuto ottenere in questi ultimi decennî una razionale sistemazione, la quale, se non può essere ritenuta come definitiva, risponde nel momento presente ai bisogni della pratica micetologica. La classificazione di A. Engler rappresenta la fortunata sintesi dei tentativi fatti dai botanici sistematici; essa partendo dalle forme più semplici dei funghi sale a quelle maggiormente complicate e perfezionate, e divide i funghi in quattro grandi classi principali:

Ficomiceti (Phycomycetes). - Sono numerosissimi, provvisti in generale di un micelio riccamente ramificato, incolore, formato da ife continue e solo in pochi casi settate. Il protoplasma contiene uno o più nuclei; mancano i cromatofori, ma sono presenti glicogeno e grassi. Il micelio può in certi casi anche dare origine a sclerozî. Per le loro relazioni di forma e di stazione acquea ricordano le Alghe sifonee e per questo vengono indicati anche col nome di Sifonomiceti. La moltiplicazione avviene in generale per spore chiuse dentro sporangi: esse possono fuoruscire, e munite di ciglia muoversi allo stato di zoospore o rivestirsi di membrana propria. I conidî sono pure frequenti; la riproduzione sessuale avviene secondo il tipo isogamico (Mucoracee) e secondo il tipo oogamico mediante spermatozoidi e oosfere ben differenziate (Monoblefaridee) o mediante spermatongi con spermatozoidi indifferenziati e ooangi (Saprolegniee, Peronosporee). A questo gruppo appartengono: la famiglia delle Saprolegniacee, con temibili parassiti dei pesci, dei gamberi e degl'insetti caduti nelle acque; le Peronosporee, con le numerosissime peronospore, parassite assai note di gran numero di piante (la Plasmopara della vite; la Phythophtora, causa del mal nero delle patate, ecc.); le Mucorinee o muffe bianche che si sviluppano sul pane bagnato e su molte sostanze in via di putrefazione; le Entomoforee, sulle mosche e sugl'insetti.

Ascomiceti (Ascomycetes). - Comprendono un notevolissimo numero di famiglie caratterizzate da un micelio pluricellulare, mono- o plurinucleato, ad accrescimento apicale e membrana chitinosa. La moltiplicazione di questi funghi è affidata a varî tipi di conidî, di sclerozî, di clamidospore, di gemme, picnidî, micelî duraturi, ecc. Ciò che caratterizza i funghi di questa classe, è il modo di riproduzione per ascospore, vale a dire per spore che si formano dentro a particolari terminazioni miceliari dette aschi. I giovani aschi contengono ordinariamente due nuclei che si copulano (cariogamia), e quindi dividendosi dànno luogo alla formazione di 4, 8 (normalmente), 16, 32 ascospore che rimangono inalterate nell'asco e vi si possono anche segmentare. Gli aschi, liberi o rinchiusi dentro a speciali cavità (apoteci o periteci), unici o molteplici (Discomiceti), possono rivestire le forme più disparate e rimanere indipendenti o associarsi sopra il substrato. Gli aschi sono isolati o riuniti a formare un imenio ascoforo portato da un ricettacolo ampiamente aperto o chiuso e munito di uno o più fori comunicanti con l'esterno o completamente chiuso: e nell'imenio sono accompagnati da ife sterili (parafisi) e talora anche dai cistidî. Fra le principali famiglie ricorderemo: le Perisporiacee con numerose forme parassite o saprofite, tra le quali anche la cosiddetta crittogama della vite; le muffe verdi, le muffe enzimatiche industriali; le Elaphomycetaceae; le Terfeziacee, che comprendono i tartufi d'Africa; le Tuberacee con le specie dei tartufi; le Hypocreacee, fra le quali va notata la Claviceps purpurea che forma gli sclerozî noti sotto il nome di segala cornuta (v.). A questi tipi vanno aggiunte le Saccaromicetacee che s'ignora se siano da considerarsi come forme primarie o come forme di riduzione e che sono notissime come agenti delle fermentazioni industriali (vino, birra, ecc.). Di molti ascomiceti si conoscono soltanto gli organi vegetativi, ma non quelli di riproduzione, perché non è ancora noto l'intero ciclo di sviluppo: perciò sono classificati temporaneamente fra i cosiddetti Fungi imperfecti. Fra gli Ascomiceti vi sono specie importantissime: parassite, saprofite o viventi in simbiosi mutualistica. Non rari sono gli Ascomiceti eduli, alcuni dei quali sono velenosi se mangiati crudi ma ottimi qualora siano sottoposti alla cottura (morchelle, elvelle).

Protomiceti (Protomycetes). - Comprendono la famiglia Protomicetacee con specie parassite di piante spontanee e coltivate.

Basidomiceti (Basidiomycetes). - Sono funghi con micelio molto sviluppato, fatto di ife pluricellulari. La moltiplicazione ha luogo per varî tipi di conidî, di clamidospore, ma specialmente per basidiospore portate da speciali ife dette basidî. Esiste in essi, come negli Ascomiceti, il fenomeno della cariogamia. I basidî prima della formazione delle spore subiscono una divisione mediante tramezzi trasversali o longitudinali (Protobasidî) oppure rimangono indivisi (Autobasidî). In molti Basidiomiceti i basidî sono riuniti insieme a formare un imenio basidioforo portato da un imenoforo in forma di tubi, punte, costoline, lamelle; i ricettacoli o corpi fruttiferi possono essere aperti (Gimnocarpi) o chiusi (Angiocarpi). Generalmente nel ricettacolo di questi funghi, è necessario distinguere alcune parti, alle quali sono dati nomi speciali: a) il piede: è il sostegno del ricettacolo, si presenta più o meno sviluppato, alcune volte rigonfiato alla base, pieno o cavo; generalmente è presente ma talvolta può anche mancare; b) il cappello: sta sopra il piede da cui deriva; ha la forma ordinariamente di un disco convesso e in certi casi, a termine di sviluppo, è imbutiforme. La sua consistenza è generalmente carnosa; il colore può essere svariatissimo e variare certe volte anche in una stessa specie. La superficie del cappello può essere secca o umida, viscosa, scagliosa, irta di peli, ecc. Il cappello porta l'imenoforo in forma di punte (Idnacee), di tubi (Poliporacee) o di lamine (Agaricaee); questo imenoforo è rivestito dall'imenio i cui basidî portano da 2 a 4 spore, sorrette da sottili peduncoli (sterigmi); c) anello: sta alla sommità del piede, al disotto delle lamine, è il residuo di una membrana detta velo parziale, che nel fungo giovane, attaccata al margine del cappello, proteggeva le lamine; staccandosi a maturità del fungo si rovescia sul piede a guisa di un anello, donde il nome; d) volva: oltre al velo parziale alcuni funghi della famiglia Agaricacee presentano, nello stadio giovanile, un velo totale che avvolge interamente il ricettacolo; quando questo cresce, il velo viene lacerato e alla base del piede ne rimane un residuo più o meno sviluppato detto volva. Talora restano anche alla superficie del cappello residui in forma di scaglie, squame o verruche.

Nelle quattro tavole a colori sono riunite le principali specie di funghi eduli e velenosi; due di esse sono dedicate ai funghi eduli e comprendono: il porcino (Boletus edulis), il prataiolo (Pratella o Psalliota campestris), l'ovolo (Amanita caesarea), il gelone o orecchione (Pleurotus ostreatus) la famigliola buona (Armillaria mellea), il gallinaccio o galletto (Cantharellus cibarius), la spugnola gialla (Morchella esculenta), il tartufo bianco (Tuber magnatum) e quello nero (Tuber melanosporum). Una tavola riunisce i funghi tossici non mortiferi: l'ovolaccio o ovolo malefico (Amanita muscaria), la rossetta cattiva (Russula emetica), la tignosa bigia (Amanita pantherina), il porcino malefico (Boletus luridus); finalmente nella quarta tavola sono rappresentate le specie velenose mortifere: la tignosa verdognola (Amanita phalloides), la tignosa primaverile o falso farinaccio (A. verna) l'agarico citrino (A. citrina), la volvaria (Volvaria speciosa). A facilitare il loro riconoscimento, nella tabella della pagina precedente sono schematicamente riuniti i principali caratteri differenziali delle specie ricordate, eccettuati i tartufi (v.). Per il prataiolo, che si coltiva su vasta scala in parecchi paesi, v. Prataiolo.

Valore alimentare dei funghi.

Solo in tempi recenti si è fatta luce sul valore nutritivo dei funghi. Un confronto fra i risultati delle vecchie ricerche di E.-J.-B. BouillonLagrange (1804), di L.-N. Vauquelin (1810), di H. Braconnot (1811), ecc., con quelli odierni dimostra i progressi fatti in questo campo negli ultimi decennî per opera di Th. G. Husemann, A. Hilger, W. F. Zopf, F. Czapeck, E. Perrot, J. König, F. Guéguen, ecc.

Come tutti gli esseri viventi, i funghi sono formati da acqua, sali, idrati di carbonio, sostanze proteiche, materie coloranti, grassi, amminoacidi, enzimi, resine, principî aromatici, ecc. La grande varietà dei composti fungini si spiega col loro modo di vita. Molti dei composti chimici dei funghi si trovano negli animali; e ciò trova la sua spiegazione nella modalità di vita dei funghi, i quali essendo privi di clorofilla, sono saprofiti o parassiti o simbionti. L'esame dei costituenti consentirà di formarci un concetto delle loro relazioni di composizione con gli animali.

Acqua. - I ricettacoli dei funghi contengono elevate percentuali di acqua che vanno da 84% (Lepiota procera Fries) a 92-94% (Marasimes oreades Fries); in media 90% L'acqua è sempre in più grande quantità nel cappello che nel piede; varia anche assai nei differenti periodi dello sviluppo in relazione alle condizioni del terreno, dell'aria atmosferica, dell'umidità, ecc.

Sostanze minerali. - Le ceneri dei funghi si possono calcolare da 7 a 15 grammi, in media 8 grammi, per un kg. di materiale secco. Le ceneri contengono quasi la metà in peso di potassio e di acido fosforico; il resto è formato da sodio, calcio, magnesio, silicio, acido solforico, cloro, ecc., con piccolissime quantità di rame, alluminio, zinco, ecc.

Glucidi (materiali ternarî). - Sono specialmente dovuti alle cellulose che formano le membrane delle ife. Queste cellulose speciali, note sotto i nomi di micocellulose, chitine (contenenti azoto), metacelluloase, ecc., sono resistenti ai reattivi, insolubili nel liquido di Schweizer e quindi resistenti anche all'azione dei fermenti contenuti nell'apparato gastro-enterico. Per quanto invece riguarda gl'idrati di carbonio solubili, e quindi digeribili, dobbiamo accennare alla presenza in quantità variabili nei funghi di glicogeno, guccheri (specialmente trealosio, glucosio, mannite, ecc.).

Sostanże grasse. - Sono pure assai diffuse e funzionano come materiali di riserva. Variano nelle differenti specie, ma in media si possono calcolare dall'i all'8% della sostanza secca. In moltissimi casi i grassi sono vivamente colorati generalmente in giallo.

Lecitine (Lipoidi fosforati). - Sono contenute nei funghi solo nelle proporzioni di gr. 0,20-1,5 per kg. di sostanza secca e la loro presenza è certamente un indice delle proprietà nutrienti. Oltre a questi composti vanno ricordate le ergosterine; le coletstierine; gli acidi mono-bi-polibasici, le materie coloranti, gli enzimi, ecc. Fra quelle sostanze trovate nei funghi e che si credevano proprie soltanto del regno animale, indicheremo: il glicogen0, l'urea, la guanina, le basi piuriniche, colina, trimetilamina, alcool etilico, chitina, ecc. La presenza dell'urea nei funghi fu segnalata la prima volta da H. Braconnot e dal Landsiedl nel 1903 in alcuni Licoperdon. La quantità di urea nei funghi varia a seconda della loro età (funghi giovani 2,75%; funghi vecchi 30%) e anche da famiglia a famiglia e da specie a specie.

Sostanze proteiche. - La proporzione di queste sostanze, la presenza delle quali valse ai funghi eduli il nome di carne vegetale, si eleva da gr. 27 a 55 e in media 35 per kg. di funghi secchi. Non tutte queste sostanze sono assimilabili. Esse variano notevolmente in quantità a seconda che si studiano gli apparati imenofori, o il loro piede. Le sostanze proteiche dei funghi sono soltanto in parte paragonabili al bianco d'uovo, alla fibrina, alla carne dei muscoli. In gran parte entrano nella loro costi- tuzione oltre agli amminoacidi anche delle coline, delle microcellulose, delle chitine, ecc., e in una proporzione che può (secondo J. König) giungere anche al 20 e al 27%;, della quantità totale. Questi composti possono anche diventare assimilabili, ma sempre in proporzioni molto limitate, in relazione alle modalità della preparazione culinaria. Il tenore di assimilabilità dei funghi varia anche in relazione alle condizioni nelle quali essi vengono ingeriti: se freschi, secchi o polverizzati. Disseccati all'aria i funghi (Z. Mörner) contengono 13,5%, di sostanze proteiche, ma di queste solo 7,5 sono di albumine assimilabili; disseccati completamente ne contengono il 15% e rispettivamente 8% di assimilabili. In conclusione da quanto sommariamente si è esposto e da quanto riferisce la seguente tabella si può argomentare che i funghi rappresentano bensì un alimento completo, ma molto inferiore alla carne, e paragonabile solo a quello che si ricava da certi ortaggi quali cavoli, carote, ecc.

Per quanto sia innegabile il valore dei funghi (Basidiomiceti) e dei tartufi (Ascomiceti) quali alimenti gradevolissimi, e come materiali che in certe contingenze potrebhero anche diventare utili mezzi alimentari, sta di fatto che l'elevata quantità di azoto contenuta dai funghi, non basta, per la mancanza di una proporzionale quantità di albumina assimilabile, a elevarne di troppo il potere nutritivo.

La profilassi contro gli avvelenamenti per funghi.

Le statistiche dimostrano che nella sola Europa, ogni anno, circa 10 mila sono le persone colpite dai veleni fungini. Un solo pezzo di una Amanita può uccidere un uomo e una sola Amanita può far morire una famiglia intera. Basterebbero queste due circostanze a mostrare l'importanza della questione. Si tenga presente che qui si parla solo degli effetti dei veleni specifici dei funghi e non di quelli che si sviluppano in essi, quando si mangino allo stato d'ipermaturazione, quando, cioè, si svolgono i processi di putrefazione durante i quali, per le alterazioni regressive che subiscono le sostanze albuminoidi in genere e le lecitine, si originano in varie proporzioni sostanze che agiscono, più o meno attivamente, in modo deleterio sull'organismo umano.

Cause degli avvelenamenti. - Sono essenzialmente di due ordini. Da una parte le proprietà morfologiche esterne dei funghi, le loro forme cioè, i loro colori, le dimensioni, gli odori e la promiscuità loro, che ingenerano fatali scambî fra specie commestibili e velenose. Dall'altra agisce nello stesso senso la cieca fiducia che hanno, anche persone fornite di una certa cultura, nell'efficacia delle più strane pratiche per riconoscere la velenosità dei funghi. Numerosissimi sono infatti i casi documentati d'individui morti dopo aver mangiato funghi che pure erano stati preventivamente provati: col cucchiaio d'argento o di stagno, con la moneta d'argento, con l'aglio, con la midolla di pane, con la cipolla, col prezzemolo, i quali non s'erano anneriti. È certo infatti che né l'argento, né lo stagno anneriscono per effetto del veleno dei funghi, e che l'annerimento invece si verifica con qualsiasi fungo o con qualsiasi altro vegetale solo quando si sviluppino in essi delle emanazioni solfidriche dovute alle metamorfosi regressive che precedono la vera e propria putrefazione. Si deve altresì tenere per certo che le virtù rivelatrici del bianco d' uovo, del ferro rovente, della carta di tornasole, del latte, ecc., sono del tutto presunte e infondate; che l'odore e il sapore gradevole dei funghi non s'ono indizî né di velenosità, né di commestibilità; che vi sono funghi velenosissimi provvisti o non di anello; che ugualmente si notano funghi velenosi ed eduli con le lamine imeniali di color roseo; che il colore, le macchiettature, gli odori acri o farinosi; le qualità coriacee o suberose della carne, la mollezza di essa; la sua fusione a maturità in una poltiglia nera; il suo cambiamento di colore all'aria; la viscidità della superficie; la presenza di canali laticiferi e di latice; la presenza o non della volva, ecc., non sono da ritenersi indizî sicuri della commestibilità o della velenosità. Così pure deve tenersi presente il fatto che gl'insetti, le lumache divorano ugualmente funghi eduli e velenosi, e che dovunque possono sorgere funghi eduli a lato di quelli velenosissimi; che il veleno dei funghi non agisce ugualmente sopra i varî animali, che, talora, si usano per accertare la velenosità dei funghi. Sta di fatto che per riuscire a conoscere i funghi e a sceverare quelli eduli da quelli velenosi occorre studiarli comparativamente; e che nessuno dei loro caratteri considerato da solo può mai essere indice sicuro della velenosità o della commestibilità. Ora, la conoscenza dei caratteri comparativi dei funghi non è facile, anche se si pensi che molti casi di avvelenamento sono dovuti a funghi essiccati, messi in vendita in condizioni tali che anche al micologo di professione riesce spesso difficile una determinazione sicura.

Concludendo, chi vuol essere sicuro di non avvelenarsi con i funghi deve seguire queste norme generali: 1. Per distinguere un fungo velenoso da uno edule, occorre conoscere i funghi nei loro caratteri botanici; poiché non si conoscono caratteri empirici che possano far riconoscere la loro velenosità, si usino quindi soltanto quei funghi di cui si conoscono bene le caratteristiche. 2. Tutte indistintamente le pratiche empiriche usate per il riconoscimento della tossicità dei funghi sono vane. 3. Nessun mezzo è riuscito a rendere innocuo un fungo letale del gruppo delle Amanite falliniche (v. appresso). 4. Non si mangino mai funghi crudi, perché sono parecchi i funghi, anche eduli, che contengono principî emolitici termolabili, per cui sono tossici solo allo stato crudo. 5. Non conviene fidarsi delle prove condotte sopra animali, perché è noto come essi reagiscano ai veleni in modo molte volte assai diverso da quello col quale reagiscono gli uomini. 6. Non si acquistino mai runghi essiccati, senza che siano preventivamente riconosciuti come eduli da persona competente.

La diffusione nel popolo della conoscenza dei funghi velenosi. - Di questo problema si sono occupati i moderni micologi di tutti i paesi, anche in appositi congressi, e notevoli risultati pratici sono stati già ottenuti. Dal 1900 la Francia si è messa all'avanguardia del movimento di volgarizzazione delle cognizioni micologiche elementari; e ivi appunto, per merito e per opera della Société mycologique de France, si è iniziata un'attivissima propaganda che nel volgere di pochissimi anni (1901-1907) ha condotto a risultati insperati. Furono banditi concorsi per monografie popolari a buon mercato, le quali trattano in modo speciale delle Amanite e le illustrano con disegni a colori; istituiti laboratorî specialmente indirizzati allo studio dei casi di avvelenamento dei funghi, assegnati premî per la pubblicazione di tavole murali; riuniti in gruppo i micologi e le società scientifiche per organizzare esposizioni di funghi, escursioni micologiche nelle differenti regioni della Francia, pubblicazioni di cartoline illustrative, ecc. Un maestro elementare, Octave Grosjean, dedicò la sua attività all'istruzione micologica degli allievi delle scuole primarie compilando 20 mirabili manualetti illustranti i principali funghi velenosi. Anche in Germania da parecchi anni si va svolgendo un'azione analoga.

Sarebbe opportuno che anche in Italia si esercitasse simile azione per volgarizzare le più elementari cognizioni di micologia necessarie per riconoscere i principali funghi velenosi: a tal uopo sarebbe necessario dedicare una estensione maggiore agli studî di micologia pratica nell'insegnamento superiore universitario, allo scopo di preparare micologi pratici, pronti a loro volta a volgarizzare gl'insegnamenti ricevuti; creando fra di essi, e in specie fra medici, farmacisti, veterinarî, igienisti, una categoria di periti, nominati dopo serio esame pratico, cui si dovrebbe dare l'incarico di visitare i mercati nell'epoca della raccolta e del commercio e di procedere all'esame delle partite di funghi essiccati destinati al consumo invernale o al commercio di esportazione. E sarebbe opportuno che gli elementi di micologia fossero ufficialmente insegnati nei seminarî ecclesiastici, e fatti oggetto di attenzione particolarissima negl'insegnamenti delle scuole magistrali, per riuscire a creare nei sacerdoti e nei maestri, i migliori, convinti ed efficaci propagandisti. Occorrerebbe limitare lo studio a quello dei caratteri dei funghi veramente letali e a quello dei pericolosi, che, per buona ventura, sono in numero limitato e facili a riconoscersi.

Funghi letali. - I funghi letali appartengono al genere Amanita; pochi altri generi, come Volvaria, Russula, Lactarius, Entoloma, Boletus, comprendono tipi velenosi, ma rarissimamente letali: molti di questi non vengono mangiati per il sapore amaro, stittico di cui sono fortunatamente dotati. Se si faranno conoscere al pubblico i caratteri delle Amanite proscrivendole tutte, a eccezione dell'Amanita caesarea (Ovolo buono) gli avvelenamenti seguiti da morte non sarebbero più possibili. Il diffondere la conoscenza di questi dati micologici non sarebbe cosa né lunga, né difficile; solamente, non essendo possibile avere sempre a disposizione funghi allo stato di freschezza, sarebbe necessario l'ausilio di tavole murali e di modelli plastici. Queste tavole dovrebbero essere perfette e indicare, come vorrebbe E. Perrot, prima d'ogni cosa le specie mortifere, a lato di quelle con loro confundibili, quindi le specie pericolose e poi le specie eduli. E poiché i funghi sono vegetali ubiquisti per eccellenza, le tavole potrebbero, con poche correzioni, ove ne fosse il caso, servire all'uso di quasi tutte le nazioni. I disegni dovrebbero essere accompagnati da brevi indicazioni dei principali caratteri specifici delle singole specie e dovrebbero essere esposti per legge in ogni scuola, in ogni mercato, in ogni stazione di ferrovia, in ogni ufficio d'igiene.

Prima di procedere oltre occorre qui ricordare che le Amanite, anche essiccate, conservano la potenza del veleno inalterata anche per decenni (Boudier, Kobert). Vero è che certi funghi velenosi si possono mangiare, dopo averli sottoposti a pratiche speciali e che l'Amanita muscaria si mangia in Russia. come in alcune località di Francia (Boudier) e anche in Italia; ma ciò non prova l'innocuità di questo fungo; prova soltanto che i principî tossici che esso contiene possono essere facilmente asportati mediante metodi opportuni. In Francia, secondo il Desmartis, talune Amanite velenose si mangiano dopo averle arrostite sui carboni. In Italia le Amanite sono mangiate dopo averle purgate per 10 o 15 giorni in acqua salata rimutata ogni giorno, secondo il processo cosiddetto "del frate" le Amanite vengono affettate, si fanno bollire sette minuti nell'acqua, quindi, in recipienti adatti, si trattano con acqua fredda, la quale si cambia due volte al giorno per 10 giorni. I funghi con questo trattamento perdono il veleno, ma diventano del tutti insipidi.

Queste pratiche (vale a dire: macerazione nell'acqua acidulata, seguita da ebollizione per circa mezz'ora), furono usate anche nelle esperienze del Gerard (1851) e formano la base dei processi dovuti al Nigrisoli e al Menier.

Azione dei principî tossici dei funghi. - Gli avvelenamenti prodotti dai funghi sono qui trattati dal punto di vista clinico e pratico secondo il quale essi possono essere classificati in cinque gruppi principali, avuto riguardo al loro modo di manifestarsi e di svolgersi.

Veleni la cui azione si manifesta soprattutto sul sistema muscolare. Tra i funghi che determinano questi fenomeni vi è la Claviceps purpurea Tul., che origina lo sclerozio della segala e di altri cereali (la cosiddetta segala cornuta); l'effetto principale dei suoi principî tossici è quello di produrre contrazioni delle fibre muscolari e particolarmente delle fibre muscolari lisce (utero, vasi sanguigni, ecc.). L'avvelenamento acuto è rarissimo; invece durante il Medioevo e ancora oggi in alcune regioni della Russia le epidemie per avvelenamento cronico dovute all'ingestione di cereali infetti dallo sclerozio furono frequenti e note sotto varî nomi: fuoco sacro, fuoco di S. Antonio, ignis sacer, morbus convulsivus, mal des ardents, ecc. Esso diede origine ai terribili fenomeni di ergotism0 che si manifestavano sotto due forme: la convulsiva e la cancrenosa, quest'ultima caratterizzata dalla necrosi delle parti periferiche per cui gli ammalati perdevano le loro membra per cancrena secca. Oggi lo sclerozio è medicinale (v. segala cornuta), gli avvelenamenti cronici sono divenuti rarissimi poiché il ciclo di sviluppo e la velenosità propria dello sclerozio sono conosciutissimi, e i moderni metodi colturali dei cereali impediscono la diffusione della Claviceps.

Funghi contenenti sostanze emolitiche. - Come rappresentanti di questi tipi di funghi vanno annoverati principalmente quelli noti sotto il nome di morchelle o spugnole (Morchella Dill.; Gyromitra Fr.; Helvella L., ecc.), questi funghi che noi consideriamo come ottimi e gustosi se cotti, sono invece tossici quando siano mangiati crudi. In Germania e nell'Austria furono illustrati molti casi di avvelenamento tutti avvenuti in bambini. Coppel ne raccolse 50 in dieci anni con dieci decessi. Il principio tossici (secondo R. Bohm e F. T. Kutz) è l'acido elvellico C12H20O7, ma è probabile che questo veleno sia accompagnato da altri: è termolabile, solubile facilmente nell'acqua calda, è volatile e si distrugge anche solo con l'essiccazione, ragione per cui non bisogna mangiare tali funghi crudi. Pare che il loro potere tossico sia variabile in rapporto al terreno e al clima. L'acido elvellico fu riscontrato anche nell'Amanita phalloides Fries.

Funghi che agiscono localmente irritando l'apparato gastroenterico. - Numerosi sono i funghi che producono avvelenamenti i cui effetti si riflettono sull'apparato gastroenterico e dànno luogo subito a vomiti e a diarree. La durata di incubazione è brevissima, poiché i sintomi dell'avvelenamento si manifestano si può dire quasi subito, da mezz'ora a due ore al più dall'ingestione del fungo. Semhra che questo veleno, la cui natura non è peranco nota chimicamente, sia dovuto a principî resinosi acri che determinano alterazioni infiammatorie nel canale gastroenterico. Un pronto intervento, inteso a ottenere col vuotamento più rapido e completo del tubo digerente, della parte del materiale tossico rimastovi, è la prima e la più importante indicazione nei casi di questo tipo di avvelenamento. Il vomito si provoca o con l'eccitazione diretta delle fauci (con le dita, con una barha di penna), o con altri mezzi (acqua tiepida, saponata, ipecacuana in polvere, ecc.); il medico potrà praticare anche la lavatura dello stomaco, usare purganti oleosi (olio di ricino), panni riscaldati sullo stomaco, laudano a gocce (2-3 per i bambini, 8-10 per gli adulti). I funghi che dànno luogo a questo avvelenamento sono specialmente: Boletus luridus Schaff.; Boletus satanas Lenz; Boletus pachypus Fries.; Boletus felleus Bull.; specie diverse di Russula e di Lactarius; Entoloma Fr.; Tricholoma Fr.; Pleurotus Fries; Stropharia Fr.; Clytocybe Fr.; Psalliota Fr. (Ps. xanthodermima) e fra le Tuberacee i generi ChoiromycesVitt.; Balsamia Vitt.; Hymenogaster Vitt. I principî acri di tutte queste specie sono solubili e questi funghi si possono rendere assolutamente innocui lasciandoli qualche tempo nell'acqua acidulata bollente. Per questo tipo di avvelenamento la prognosi può essere sempre ritenuta fausta.

Funghi il cui principio attivo agisce sul sistema nervoso. - Le specie velenose di questo gruppo producono nello stesso tempo anche alterazioni nell'apparato gastroenterico, le quali si associano ai disturbi nervosi; alcune volte le prime possono anche essere predominanti. Questi avvelenamenti sono caratterizzati da un periodo d'incubazione che di rado oltrepassa le quattro ore, in capo alle quali l'avvelenamento si appalesa con sintomi allarmanti. Oltre ai sintomi ricordati per il tipo precedente di avvelenamento, si ha in questi casi una diminuzione sensibilissima dell'urina, spinta certe volte fino alla sua scomparsa totale; inoltre compaiono fenomeni nervosi che si possono presentare secondo due quadri clinici opposti:

a) La forma adinamica o depressiva di avvelenamento è caratterizzata da pesantezza al capo, cefalea, stupore, assopimento, perdita della coscienza, aumento della secrezione salicare, miosi, polso piccolo e rallentato, collasso seguito però raramente dalla morte.

b) La forma eccitata si manifesta con cefalea, vertigini, disturbi visivi, alterazione dell'intelligenza, della memoria, eccitamento psichico, delirio, accessi convulsivi epilettoidi, alternati da fasi di prostrazione, polso debole, accelerato, midriasi marcata; rara è la morte. In questi casi l'uso degli emetici e purganti, la lavatura dello stomaco sono consigliabili per vuotare il tubo digerente; estratto di belladonna (due a quattro grammi pro die). Nella forma a tipo depresso si consiglia il solfato di atropina (uno a tre milligrammi) come antagonista della muscarina. Nelle forme eccitate oppiati a dose alta; laudano a gocce (una a cinque pro dosi).

La mortalità si calcola al cinque per cento. Nell'Amanita muscaria è stato constatato un principio attivo, la muscarina, ma esso è associato certamente ad altri principî ancora non conosciuti perfettamente (colina o micetoatropina [Kobert], amanitina). I principali funghi causa di questi avvelenamenti sono in modo speciale i seguenti: Amanita muscaria Pers.; Amanita pantherina D. C.; Hebeloma fastibile Fr.; H. sinuosum Fr. L'80% degli avvelenamenti non mortali è dato dallo scambio dell'Amanita muscaria, velenosa, con l'Amanita caesarea (ovolo buono), le quali si possono distinguere assai bene, come abbiamo detto sopra.

Funghi la cui azione quasi sempre letale è caratteriżzata da un periodo lungo d'incubazione e dalla degenerazione degli elementi cellulari e sanguigni. - Questa terribile categoria di funghi è rappresentata da tre sole specie assai vicine fra loro le quali sono: Amanita phalloides Fr.; Amanita citrina Fr.; A. citrina var. mappa Fr.; A. verna Fr. La mortalità per questi funghi è calcolata a circa l'80% dei casi e quasi al 100% per i bambini. Il periodo d'incubazione varia da 8 a 20 a 30 e persino a 40 ore (in media è di 12 ore), dato questo molto importante dal punto di vista della diagnosi e della prognosi, anche perché in generale più è lungo tale periodo più grave si presenterà il caso.

I fenomeni morbosi s'iniziano con disturbi, crisi violente e dolorose, ma brevi e alternate da frequenti remissioni; poi compaiono i sintomi assai gravi da parte del fegato che ingrossa (ittero); del rene (urine scarse, ematuriche), cute cianotica macchiata, diarree coleriformi, stupore, adinamia, atassia; la morte avviene dopo due o tre giorni accompagnata da convulsioni. L'esame anatomopatologico rivela, oltre alla violenta infiammazione del tubo gastro-enterico con aree ecchimotiche e cancrenose, alterazioni renali profonde, degenerazione grassa del fegato, dei reni, dello stomaco, del miocardio, milza tumefatta, polmoni emorragici ed ematosi. Durante il decorso dell'avvelenamento si hanno crampi dolorosi, estremità fredde, glicosuria come negli avvelenamenti da fpsforo. Si notano periodi brevi di euforie, per i quali l'ammalato crede di essere sulla via della guarigione; ma poi i fenomeni riprendono e l'ammalato entra in coma e muore per paralisi cardiaca. Poiché il veleno provoca la degenerazione degli elementi del fegato, del rene, il medico si trova nella quasi impossibilità di agire efficacemente; si trova costretto cioè alle cure sintomatiche. Questi avvelenamenti sono quasi sempre letali; nel loro decorso non si notano accessi febbrili.

Diversi sono i principî velenosi che le ricerche di chimici anche espertissimi non hanno ancora positivamente individuati. R. Kobert nel 1891 diede il nome di fallina a un principio emolitico (forse acido elvellico) il quale essendo termolabile non entra in giuoco nei casi di avvelenamento con materiale fatto cuocere. Un altro principio termostabile che non viene distrutto né dal calore, né dalla bollitura, né dall'essiccamento fu trovato da R. Kobert e ritenuto come una tossialbumina e sembra sia analogo all'amanitossina trovata da W. Ford, veleno resistente, violento, che agirebbe direttamente sul sistema nervoso. Anche nel genere Volvaria si trovano specie velenosissime (V. speciosa e V. gloiocephala) che agiscono al modo dell'Amanita phalloides, ma per buona ventura i casi di avvelenamento di queste specie non sono frequenti, anche perché tali funghi difficilmente si possono scambiare con altri.

La questione di questi avvelenamenti letali prodotti dai funghi a tossine cosiddette falliniche o citotossiche ha fatto in questi ultimissimi anni un passo gigantesco e forse risolutivo, mercé le ricerche di Dujarric de la Rivière dell'Istituto Pasteur di Parigi, il quale sarebbe riuseito a ottenere un siero curativo. Mercé questo siero detto antifallinico iniettato a dosi minime di 40 centimetri cubici, egli avrebbe ottenuto importanti risultati. A dosi elevate non produce inconvenienti perché l'inoculazione del siero non ostacola in alcun modo l'uso dei mezzi terapeutici soliti a usarsi in simili casi, quali sono i tonici cardiaci. Questo siero ottenuto da cavallo immunizzato è stato fino dal 1925 applicato all'uomo in cinque casi di avvelenamento con evidente successo, come è dimostrato dalle relazioni pubblicate. Sembra che questo scienziato francese (seguendo i tentativi di Calmette e le prove d'immunizzazione già applicate nei piccoli animali da Claisse, Pellegrini, Radais e Sartory e nel cavallo da W. Ford) sia sulla via di dotare l'umanità di un mezzo di cura efficace per salvare persone altrimenti votate a morte sicura.

Disciplina della vendita dei funghi.

La vendita dei funghi è disciplinata dal regolamento speciale per la vigilanza igienica degli alimenti 3 agosto 1890, n. 7045 (articoli 126-127-128) che prescrive l'obbligo di un elenco ufficiale dei funghi velenosi redatto e pubblicato per cura dei Consigli provinciali di sanità, e dal Regolamento sanitario 3 febbraio 1900, n. 45, art. 120 che ordina d'inserire nei regolamenti locali d'igiene la lista dei funghi mangerecci di cui è permessa la vendita. Per i funghi secchi, date le difficoltà di riconoscimento, si è d'accordo nel limitare la vendita ai soli porcini, e per quelli conservati sott'olio, sott'aceto o in salamoia al porcino comune e al prataiolo.

A tal proposito è opportuno segnalare i provvedimenti adottati dal Governatorato di Roma. Sui mercati della città è permessa la vendita solo di dodici specie di funghi (compresi i due tartufi) freschi e di tre specie disseccate; esiste un severo controllo alla stazione ferroviaria di Roma eseguito da persone competenti; tutti gli ispettori d'igiene addetti alla vigilanza degli alimenti hanno seguito un corso teorico pratico di micetologia nel R. Istituto botanico di Roma. La rivendita dei funghi è permessa solo nei pubblici mercati e presso taluni negozî specialmente autorizzati ed è garantita dai certificati di controllo.

Bibl.: J. Schröter, Fungi (Pilze), in A. Engler-K. Prantl., Die natürlichen Pflanzefamilien, I, i, Lipsia 1892; R. Farneti, Funghi mangerecci e velenosi, Milano 1893; M. Lanzi, Funghi mangerecci e nocivi di Roma, Roma 1896-1902; F. Cavara, Funghi mangerecci e funghi velenosi, Milano 1897, 2ª ed., 1917; V. Gillot, Étude médicale sur l'empoisonnement par les champignons, Lione 1900; G. Bresadola, I funghi mangerecci e velenosi dell'Europa media, Trento 1906; G. Negri, Atlante dei principali funghi commestibili e velenosi, Torino 1908; E. Gramberg, Pilze der Heimat, 2 voll., Lipsia 1921; F. Edwin Stanton, Pilzgifte, in A. Heffer, Handbuch der experimentellen Pharmakologie, II, pp. 1677-1734, Berlino 1924; G. Gagliardi, Funghi freschi e secchi commestibili e velenosi, Milano 1930. (La maggior parte di queste opere sono copiosamente illustrate da tavole a colori, spesso assai pregevoli).

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