TALIANO, Furlano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

TALIANO (Italiano), Furlano

Fabio Romanoni

TALIANO (Italiano), Furlano. – L’anno di nascita di questo condottiero non è noto, ma può essere collocato attorno al 1380, dato che nei primissimi anni del XV secolo fece parte della compagnia di Facino Cane. Il luogo d’origine fu anch’esso a lungo dibattuto.

Secondo l’erudito romagnolo Paolo Bonoli (1661) Taliano (da lui chiamato Italiano) fu figlio di tale Muzio Armuzzi, originario della pieve di Quinto presso Forlì; e precedentemente un altro erudito romagnolo (Matteo Vecchiazzani, 1647) lo disse originario di Forlimpopoli. La tesi delle origini romagnole – e dunque di una terra d’elezione dei capitani di ventura – ebbe successo nell’Ottocento: Ercole Ricotti (1845) lo cita come Taliano da Forlì e successivamente Albano Sorbelli (Corpus Chronicorum Bononiensium, 1910-1940) si spinse a teorizzare che il nome Furlanus derivasse dalla dialettizzazione del toponimo Forlì.

In realtà, già dal XVI secolo, il friulano Girolamo Cesarini (Origine del castello di San Vito, a cura di F. Altan, 1771) sostenne che Taliano fosse originario di San Vito al Tagliamento e membro della famiglia Linteris che, secondo lo storico ottocentesco Antonio Altan (1832), fu un gruppo familiare di origine lombarda. E se sull’appartenenza ai Linteris non abbiamo prove, l’origine da San Vito è certa sulla base del diploma di concessione dei feudi di Castelleone, Piadena, San Giovanni in Croce e Casteltidone di Filippo Maria Visconti duca di Milano, che nel 1438 lo menziona come Taliano, figlio di Antonio Furlano da San Vito.

Piuttosto frammentarie sono le notizie disponibili sui primi anni della sua lunga attività di uomo d’armi. Nel 1408 militò nella compagnia di Muzio Attendolo Sforza, allora assoldata dagli Estensi contro Ottobuono Terzi signore di Parma, e, nello stesso anno, venne catturato a Scandiano durante un’imboscata da Guido Torelli.

Intensa e bene documentata, invece, la sua attività a partire dal 1418, quando partecipò – sempre con la compagnia di Sforza, allora al soldo della regina di Napoli Giovanna II – alle operazioni militari contro Braccio da Montone in Umbria. L’anno successivo si trovò, insieme a Sforza, a Viterbo, allora assediata da Braccio da Montone, per poi scendere in Calabria con Francesco Sforza. Verosimilmente Taliano si fermò in Calabria fino al 1421, operando insieme a Sforza a respingere gli attacchi aragonesi. Nel 1422, alla falsa notizia della morte di Sforza, Taliano passò al servizio del viceré di Alfonso d’Aragona, Giovanni d’Ixar; ma tuttavia, a Cosenza, Sforza batté le forze aragonesi e catturò Taliano, che venne perdonato e reintegrato nella compagnia. Nel 1424 fu capitano di Muzio Attendolo durante la spedizione in soccorso dell’Aquila e, dopo la morte di Sforza, passò al servizio prima di Braccio da Montone, poi del duca di Milano, che lo inviò in soccorso di Corrado Trinci signore di Foligno, e infine dei fiorentini, partecipando alla battaglia di Zagonara, dove venne catturato dai viscontei. Nel 1425 operò, sempre al soldo di Firenze, in Romagna e in Toscana a fianco di Niccolò Piccinino e poi in Lombardia contro i Visconti. L’anno successivo guidò centoventicinque lance di cavalleria, pagate da Firenze e poste al servizio di Venezia. Assoldato dalla Serenissima, combatté, sempre in Lombardia, con il conte di Carmagnola e, nel 1428, si recò a Foligno per sposare Elena Tomacelli, nipote di Corrado Trinci signore della città.

In questi anni Taliano riuscì ad ampliare la sua compagnia: nel 1431 fu nel campo veneziano in Lombardia con duecento lance, occupando, con Orsino Orsini, Calcio, Pontelongo, Romanengo e altre località. Nel 1432 partecipò alla spedizione veneziana in Valtellina, dove venne sconfitto da Piccinino e catturato insieme al provveditore veneto Giorgio Cornaro e a Taddeo d’Este. Nel 1433 Taliano, la cui compagnia contava trecento cavalli, abbandonò i veneziani e si pose al servizio del duca di Milano, per il quale operò in Romagna, Umbria e Marche, per poi, nel 1435, ricongiungersi a Sforza, allora al servizio dello Stato della Chiesa. Sforza lo inviò, con seicento cavalli, a soccorrere Camerino e altre località minacciate da Niccolò Fortebraccio. Partecipò alla spedizione inviata alla rocca di Fiordiponte, allora assediata da Fortebraccio, che rimase ucciso nello scontro. Successivamente Taliano rimase fedele a Sforza, nonostante il tentativo di alcuni abitanti di Camerino di convincerlo ad abbandonare il suo capitano. Per la fedeltà dimostrata, Taliano ottenne da Sforza le cavalcature, forse ottocento, catturate a Fiordiponte alle forze di Fortebraccio.

Sempre sotto Sforza operò, prima al servizio della Chiesa e poi di Firenze, in Italia centrale, continuando a giocare abilmente tra i due schieramenti.

Nel 1437 Camerino si ribellò a Sforza e gli abitanti chiesero l’appoggio del condottiero visconteo Piccinino: Taliano fu quindi inviato contro costui, prima nel territorio di Fabriano e poi a Camerino. L’anno successivo, convinto dal denaro degli abitanti di Camerino e dalle promesse del duca di Milano, abbandonò l’assedio di Cessapalombo e unì le sue forze a quelle di Piccinino. Nel 1438 Corrado Trinci e Pirro Tomacelli, abate di Montecassino, allora assediato nella rocca di Spoleto dagli abitanti della città, richiesero il suo aiuto: Taliano quindi raggiunse Spoleto e la prese, saccheggiandola. Richiamato dai Visconti si spostò con le sue forze in Lombardia, dove divampava la guerra tra Milano e Venezia. Partecipò successivamente, con Piccinino, all’assedio di Casalmaggiore, per poi spostarsi, attraverso l’Oglio, nel Bresciano e assediare la città, con le altre truppe viscontee. Si accampò prima presso la torre di Mombello, dove fece realizzare bastite e posizionare quindici bombarde contro le mura della città, e dopo a Sant’Apollonio, dove fece scavare gallerie di mina sotto la torre di S. Andrea. Tuttavia, nonostante i forti danneggiamenti provocati dalle gallerie alle mura urbane, gli assalti lanciati dai viscontei alla città fallirono.

Mentre ancora durava l’assedio, Taliano fu protagonista l’anno successivo (1439) di un’importante impresa, quando con seicento cavalli e mille fanti intercettò e catturò in Val Sabbia (di concerto con Gianfrancesco Gonzaga e Piccinino) una colonna di rifornimenti inviata da Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, alla città. Successivamente si mosse contro Parisio di Lodrone che aveva ricevuto rinforzi da Brescia, ma fu sconfitto duramente a Castel Romano in Val del Sarca, perdendo nello scontro uno dei propri figli. Taliano si rifugiò quindi a Riva del Garda e partecipò all’azione combinata tra flottiglia e truppe a terra per conquistare le località poste sulla sponda orientale del lago di Garda, ma le truppe giunte da Brescia e le imbarcazioni veneziane sbaragliarono a Maderno i viscontei e, di notte, con pochi uomini Taliano riuscì a stento a ritirarsi a Salò, dove venne di nuovo sconfitto da Taddeo d’Este. La sua intensissima attività durante quest’anno continuò nel settembre, quando nella riviera di Salò sbaragliò le forze venete che scendevano dalla Val di Sabbia, permettendo ai viscontei la conquista del castello di Lodrone. Nel mese di novembre tuttavia si rifiutò – forse per ordine del duca di Milano – di inviare aiuti a Verona, temporaneamente strappata da Piccinino ai veneziani, aprendo un contrasto con lui. L’anno successivo, al comando della flotta lacustre viscontea, subì una grave sconfitta nel tentativo di forzare l’assedio veneziano a Riva del Garda: nello scontro i veneziani catturarono tre galee e due navi (oltre a ottocento uomini, con duecento morti); Taliano si salvò fuggendo lungo il lago con una nave a vela, ma il suo stendardo venne preso dai veneti. Si riscattò poco dopo, sconfiggendo Guerriero Marzano e impedendogli di rifornire Brescia assediata; ma una nuova sconfitta la patì, con Alvise Dal Verme, nel giugno del 1440, nel tentativo di ostacolare Sforza che intendeva attraversare l’Adda. Ancora una volta Taliano evitò la cattura fuggendo attraverso le paludi del fiume verso Castelleone.

Nel febbraio del 1441 Taliano ebbe un contrasto, superato grazie alla mediazione di Lampugnino Birago, con Filippo Maria Visconti: già nel 1438 (cfr. supra) il duca gli aveva concesso Castelleone, Piadena, e altre terre, e nel 1439 Viguzzolo; ottenuta anche l’infeudazione di Castellazzo Bormida, il condottiero richiese, rischiando il licenziamento, anche i feudi ex sforzeschi nell’Alessandrino. Tuttavia, prese forse parte alla battaglia di Cignano (25 giugno 1441) e alle operazioni militari contro i veneziani, e con Piccinino incontrò Sforza, rappacificandosi con lui dopo tanti tradimenti. I rapporti con il duca ebbero anche in seguito alti e bassi; nel 1443 Taliano subì l’arresto e il sequestro dei beni, salvo poi essere graziato e riabilitato l’anno successivo.

Attivo in Romagna nel 1445 (con mille cavalieri e mille fanti) contro Sforza, intervenne poi nel Bolognese in sostegno dei Canetoli, conquistando e saccheggiando Castel Bolognese (dopo l’uccisione di Battista Canetoli). Rientrato in Romagna, nel quadro dell’alleanza antisforzesca sostenuta dal papa, dal duca e dagli aragonesi operò (con milleduecento cavalieri) in Romagna e nelle Marche, conquistando Fano, Osimo e Recanati e assediando Alessandro Sforza nella rocca di Girifalco di Fermo. Con Ludovico Scarampi (legato papale) e con il viceré aragonese, assediò inoltre Jesi.

Ma nell’estate del 1446, su sollecitazione del duca di Milano, il patriarca fece arrestare Taliano, che fu rinchiuso a Rocca Contrada, l’attuale Arcevia, e poi decapitato, mentre la sua compagnia fu affidata a Marco Coiro.

I contrasti tra Taliano e Visconti non erano mancati, come si è visto, ma i motivi della condanna non sono mai stati del tutto chiariti. Non è inverosimile tuttavia che essa sia da ricondurre alla scoperta di una trattativa segreta tra Taliano e i fiorentini, che gli avevano promesso la nomina a loro capitano generale con una condotta di ben quattromila cavalieri; del resto, più o meno contemporaneamente i governi di Firenze e Venezia fecero profferte a diversi condottieri al soldo dei Visconti, come Giacomo da Caivano, Guglielmo di Monferrato e Bartolomeo Colleoni.

Scompariva così un longevo e spregiudicato capitano, che visse l’epoca d’oro dei condottieri di ventura e operò al fianco dei massimi protagonisti, pur non raggiungendo la fama di Sforza e di Piccinino: ma per tutta la sua carriera si barcamenò con una certa abilità tra le principali potenze politiche del Quattrocento italiano.

Verosimilmente di umili origini, Taliano riuscì a costruirsi discrete fortune economiche e un’adeguata posizione sociale, sposando la nipote del signore di Foligno, ottenendo feudi dal duca di Milano e facendo sposare con Bianca di Lancillotto Visconti, appartenente a un ramo secondario della famiglia ducale, il proprio figlio Ettore (che nel 1441 ottenne dal duca il feudo di Cameriano).

Scarse sono invece le notizie che abbiamo sulla sua personalità: Bernardino Corio (L’historia di Milano, 1554), pur definendolo «homo di gran fama», sostenne che era «più inchinato a li denari che all’honore», mentre Cristoforo da Soldo (La cronaca, a cura di G. Brizzolana, 1938-1942) ce lo descrive sotto le mura di Brescia mentre «tirava con la balestra a donne, a femine, a polcelli come faria uno Nerone». Si tratta verosimilmente di accuse generiche, forse influenzate anche dalla sua triste fine, che potrebbero essere estese a tanti altri condottieri coevi.

Fonti e Bibl.: B. Corio, L’historia di Milano, Vinegia 1554, ad ind.; M. Sanuto, Vitae ducum Venetorum, in RIS, XXII, Mediolani 1733, coll. 991, 1003, 1015, 1032 s., 1045, 1048, 1051, 1065, 1071 s., 1076 s., 1079, 1084, 1089, 1092, 1097 s., 1119, 1124; G. Cesarini, Origine del castello di San Vito, a cura di F. Altan, in Nuova raccolta di opuscoli scientifici e filologici, Venezia 1771; L. Osio, Documenti diplomatici tratti dagli Archivi milanesi, Milano 1869, III, 1, pp. 98, 107, 112, 144, 155, 228, 370, 372, 397, 401, 444; Annales Forolivienses..., a cura di G. Mazzatinti, in RIS, XXII, 2, Città di Castello 1903-1909, ad ind.; Corpus Chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, ibid., XVIII, 1, Bologna 1910-1940, ad ind.; B. Platinae, Liber de vita Christi ac omnium pontificum..., a cura di G. Gaida, ibid., III, 1, Città di Castello 1913-1932, ad ind.; Cronache malatestiane, a cura di A.F. Massera, ibid., XV, 2, Bologna 1922-1924, pp. 65, 68, 72 s., 79, 104, 106, 108, 113 s.; Cristoforo da Soldo, La cronaca, a cura di G. Brizzolara, ibid., XXI, 3, Bologna 1938-1942, ad ind.; G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae Mediolanensium ducis commentarii, a cura di G. Soranzo, ibid., XXI, 2, Bologna 1952-1959, ad ind.; F. Cengarle, Feudi e feudatari del duca Filippo Maria Visconti, Milano 2007, ad ind.; L. Birago, Lo strategicon adversum Turcos, a cura di I.M. Damian, Roma 2017, p. IX.

M. Vecchiazzani, Historia di Forlimpopoli, Forlimpopoli 1647, pp. 72, 267; P. Bonoli, Istorie della città di Forlì, Forlì 1661, p. 220; L.A. Muratori, Annali d’Italia, IX, Milano 1753, pp. 151, 163, 192, 410, 412 s.; A. Altan, Memorie storiche di Sanvito al Tagliamento, Venezia 1832, pp. 77-82; A. Pezzana, Storia della città di Parma, II, Parma 1842, pp. 106, 427, 439, 441, 500; E. Ricotti, Storia delle compagnie di ventura in Italia, III, Torino 1845, pp. 59, 66, 77, 106, 108, 420; N.F. Faraglia, Storia della regina Giovanna II d’Angiò, Lanciano 1904, pp. 221, 277, 282; G. Soranzo, L’ultima campagna del Gattamelata al servizio della Repubblica veneta (luglio 1438-gennaio 1440), in Archivio veneto, s. 5, LXXXVIII (1957), pp. 79-114; M.V. Prosperi Valenti, Corrado Trinci ultimo signore di Foligno, in Bollettino della deputazione di storia patria per l’Umbria, LV (1958), pp. 5-93; G. Soranzo, Battaglie sul Garda, sul Po e Adige nella guerra veneto-viscontea del 1438-1441, in Nova Historia, XIII (1962), pp. 38-71; A. Menniti Ippolito, Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, in Dizionario biografico degli Italiani, XLIII, Roma 1993, pp. 46-52; M.N. Covini, La compagnia di Facino: formazione, crescita, successi, in Facino Cane, predone, condottiero e politico, a cura di B. Del Bo - A.A. Settia, Milano 2014, p. 110.

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