Mably, Gabriel Bonnot de

Dizionario di filosofia (2009)

Mably, Gabriel Bonnot de


Pensatore politico francese (Grenoble 1709 - Parigi 1785). Fratello (per parte di madre) di Condillac, studiò nel seminario di Saint-Sulpice a Parigi e percorse la carriera ecclesiastica sino a divenire suddiacono; successivamente ricoprì importanti incarichi diplomatici. Caduto in disgrazia presso il suo protettore (il card. P. de Tencin, segretario di Stato agli Affari esteri), lasciò la diplomazia e si dedicò agli studi. Tra le sue opere si segnalano in partic.: Des droits et des devoirs du citoyen (1758); Entretiens de Phocion sur le rapport de la morale avec la politique (1763); Doutes sur l’ordre naturel des sociétés politiques (1768); De la législation ou principes des lois (1776); De l’étude de l’histoire (1783); tutti questi scritti compaiono in trad. it. nei 2 voll. degli Scritti politici. Il pensiero di M., per più aspetti assimilabile a quello di Rousseau, ha esercitato un significativo influsso sulle correnti più radicali della Rivoluzione francese: in esso, infatti, la critica all’ancien régime (in partic. all’assolutismo regio e al potere nobiliare, ai quali M. contrappone gli antichi «diritti della nazione franca», tra i quali spicca il diritto all’insurrezione contro la tirannide) si salda con la critica all’individualismo dei moderni (che trova espressione nelle teorie economiche dei fisiocratici). Secondo M. il ‘progresso’ dei moderni – nelle lettere, nelle scienze, nelle arti e nell’industria – ha in realtà determinato la loro corruzione, perché li ha allontanati dall’eguaglianza e dall’armonia dello stato naturale. In questo processo degenerativo un ruolo di particolare importanza spetta alla proprietà, che M. considera all’origine di tutti i mali sociali: di qui la proposta di una sua graduale abolizione, da realizzarsi nel quadro di uno Stato dove domini l’eguaglianza e la legge. Ammiratore delle repubbliche antiche, M. ispira il suo Stato ideale alle teorie di Platone e alle istituzioni di Sparta, anche se tenta di ‘adattarlo’ alla realtà delle nazioni moderne accettando la forma monarchica dello Stato (una monarchia ‘repubblicana’, con un potere esecutivo regio debole) e prevedendo l’esistenza di un sistema rappresentativo (i cui membri, pur non essendo eletti a suffragio universale, sono tuttavia sottoposti a un mandato di tipo imperativo).

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