GADAMES

Enciclopedia Italiana (1932)

GADAMES (arabo Ghadāmes; A. T., 113-114)

Attilio MORI
Francesco BEGUINOT

Oasi della Libia interna, a circa 500 km. a sud-ovest di Tripoli (658 km. attraverso la nuova pista per Azizia, Bir Ghnem, Giosc, Tigi, Nalut, Sinauen, Bir Zograr), presso il punto ove convergono i tre confini della Libia, della Tunisia e dei Territorî del Sud Algerino. Gadames, che, per la sua importanza come punto di sosta e di rifornimento e per il contrasto che offre con l'aridità desolante del deserto che la circonda, fu qualificata come la perla del Sahara, è una piccola oasi di forma quasi circolare, la cui area dentro la cinta che la delimita supera di poco un kmq. La città ne occupa solo una piccola parte; il resto è parzialmente coperto da un palmeto che si ritiene conti da 20.000 a 25.000 palme. La vita dell'oasi è data principalmente dalla sorgente termale detta ‛Ain el-Feras, "la fonte della giumenta", perché secondo la leggenda sarebbe sorta da un colpo di piede di una giumenta. La temperatura della fonte è di quasi 30° e l'acqua contiene dal z al 3% di cloruro di sodio e di magnesio e ha una portata di 40 litri al secondo, insufficiente, nonostante il concorso di altre fonti minori e di alcuni pozzi, a irrigare tutto il territorio.

È molto probabile che l'origine di Gadames risalga ad epoca remota, dato che la fonte ‛Ayn el Feras è l'unica in mezzo a vaste distese di deserto dunoso o pietroso, che presso di essa passava una delle più importanti vie di comunicazione commerciale fra le regioni sudanesi e il Mediterraneo. Esistono a Gadames, o vi sono stati rinvenuti, alcuni antichi ruderi, che per rassomiglianza con altri dell'Africa del Nord possono attribuirsi ai Libî; le grandi costruzioni chiamate dagl'indigeni col vocabolo arabo aṣnām (idoli), che sono forse tombe; il bassorilievo trovato dal Duveyrier; la torre che sembra servisse di vedetta, se pure non era anch'essa una tomba, le mura sulla collina di Tekūt, ecc. Tali ruderi, come molti altri dell'antichità libica, non sono, allo stato delle conoscenze, databili; dimostrano solo l'esistenza di una civiltà locale, che può fissarsi tanto al 1° millennio a. C., quanto ai primi secoli dell'era volgare, ma che era di origine certo anteriore.

Su questo strato propriamente indigeno vengono in epoca storica a innestarsi o a sovrapporsi elementi di nuove civiltà o dominazioni che s'impiantano nell'Africa del Nord: cioè dei Romani, dei Bizantini, degli Arabi, delle dinastie berbere indipendenti, dei Turchi e infine degl'Italiani. L' oasi è talvolta assoggettata politicamente; più spesso subisce influenze religiose e culturali. La memorabile spedizione del Fezzan per la quale il proconsole Lucio Comelio Balbo ebbe il trionfo a Roma nel marzo dell'anno 19 a. C., aveva dato all'Impero il dominio di Gadames, il cui nome appare in Plinio (Nat. Hist., V, 35) nella forma Cydamus o Cidamus che si pronunciava certamente in bocca latina Kydamus, con k esplosiva mediopalatale che riproduceva talvolta la velare berbera gh, come si vede in qualche altro caso, ad es. in Μάζικες, Mazices delle fonti classiche, che corrisponde a Imāzīghen, nome nazionale dei Berberi. Che il dominio romano fosse fin d'allora diretto e permanente non risulta; ma certo l'oasi aveva un presidio almeno nella 1ª metà del sec. III dell'era volgare, aveva cioè una vexillatio della legione terza Augusta, come si rileva da un frammento d'iscrizione latina dei tempi di Alessandro Severo (Corp. Inscr. Lat., VIII, 1, 10.990). I futuri scavi scopriranno senza dubbio tracee numerose delle opere dei legionarî e documenteranno la durata dell'occupazione militare, che doveva rappresentare uno degli elementi del sistema difensivo della zona. Da fonti posteriori si deduce che durante il dominio bizantino dell'Africa del Nord Gadames si convertì al cristianesimo e fu sede di un vescovato; una o più basiliche vi furono costruite, di cui si è rinvenuta qualche traccia. Ma iniziatosi, poco prima della metà del sec. VII dell'èra volgare, il grande movimento di espansione araba verso l'occidente, l'oasi fu occupata nell'anno 46 dell'ègira, 666-667 dell'era volgare, e ben presto, pur non essendo sottoposta a un regolare controllo, entrò, come tutta la Barberia, nell'orbita spirituale dell'Islām. I Gadamesini, fattisi dapprima musulmani ortodossi, accolsero poi l'eresia khārigita che ebbe tanta diffusione e potenza fra i Berberi nei secoli VIII e IX dell'era volgare; ma a differenza dei Nefūsah, dei Mzābiti e di altre popolazioni tuttora rimaste tenacemente attaccate all'eresia, essi tornarono all'ortodossia dopo che il khārigismo nel sec. X andò politicamente in rovina. Tali facili mutamenti si spiegano forse con lo spirito pacifico e con gl'interessi commerciali degli abitanti. Nei secoli successivi, durante le dominazioni degli Almoravidi, degli Almoḥadi, degli Ḥafṣidi e dei Turchi, Gadames fu per lunghi periodi indipendente, retta al modo berbero dall'assemblea dei cittadini e dai notabili. Appare nelle fonti arabe talvolta come rifugio di qualche agitatore, talaltra come base di operazioni guerresche contro ribelli; più spesso come meta di spedizioni dirette a costringere gli abitanti al pagamento delle imposte. Dopo la conquista francese di Algeri (1830) e il ristabilimento dell'autorità turca in Tripolitania (1835) si determina un certo antagonismo tra le due potenze a proposito d'influenze politiche e commerciali su Gadames: nel 1842 la Porta vi stabiliva un suo mudīr e nel 1864 la elevava a caimacamia.

Il primo europeo che nei tempi modemi poté penetrare in Gadames fu l'inglese maggiore Gordon Laing, che nel suo viaggio da Tripoli a Timbuctu, in cui doveva trovare miseramente la morte, fu a Gadames nel settembre-ottobre del 1825; ne determinò le coordinate geografiche e stese su di essa un'ampia relazione. Dopo l'occupazione turca fu visitata da numerosi altri viaggiatori di diversa nazionalità; ma particolarmente fruttifera per la sua illustrazione fu la missione francese che nell'autunno del 1862 vi si recò per la via di Tripoli, e della quale facevano parte, sotto la direzione del comandante Mircher, numerosi specialisti, allo scopo di stabilire intelligenze commerciali coi Tuareg. Alla vigilia dell'occupazione italiana vi si recò la commissione mista franco-turca per il tracciamento del confine, della quale faceva parte il geologo Pervinquière che diede la più ampia descrizione (v. bibl.) dell'oasi anteriore all'occupazione italiana. Questa si compì poco dopo la pace di Losanna nell'aprile del 1913. Sgombrata l'oasi nel luglio 1915 in seguito alla ritirata italiana dall'interno, rimasero interrotti i lavori di miglioramento che nel breve periodo dell'occupazione italiana erano stati iniziati, allo scopo specialmente di aumentare, con l'escavazione di pozzi artesiani, l'approvvigionamento idrico dell'oasi. Questa fu rioccupata il 16 febbraio 1924 col favore della popolazione che è tornata ad affluirvi.

Gadames è divenuta ormai una località sahariana di facile accesso turistico, e destinata a vedere sviluppare sempre più la sua importanza economica. Questa, più che dalle magre risorse della sua piccola oasi, il cui prodotto è insufficiente al consumo, deriva dalla sua posizione che la rese una stazione di transito sulle grandi vie carovaniere traversanti il Sahara. La città, che occupa la parte SE. dell'oasi, è caratteristica per le sue strade anguste e coperte e perciò in taluni punti affatto oscure: veri corridoi tortuosi, intramezzati da piazzette, delle quali la principale è quella del mercato su cui prospettano le due principali moschee. Un castello, di costruzione turca, un fabbricato per gli uffici pubblici e una zauia senussita ne sono gli altri principali edifici. La popolazione di Gadames era stimata nel 1915 di circa 5000 abitanti, divisa in parti eguali tra i due gruppi dei Beni Ulid e dei Beni Uattas, berberi entrambi più o meno commisti con elementi arabi di diversa provenienza, abitanti quartieri distinti e divisi un tempo da rivalità che andarono in seguito gradatamente attenuandosi. Secondo computi attuali la popolazione sarebbe scesa a 1200 ab. Alcuni gruppi minori di Negri sudanesi e fezzanesi, antichi schiavi, attendono specialmente ai lavori agricoli; circa 150 Tuareg vivono accampati fuori dell'abitato, in caratteristiche capanne sparse sul "pianoro degl'idoli". I Gadamesini sono più che altro commercianti e molti di essi frequentano o sono stabiliti nei maggiori centri della Tunisia e della Tripolitania. Gadames, occupata da un presidio italiano, è provvista di servizio postale e radiotelegrafico, di una scuola italo-araba, di un aeroporto per le comunicazioni aeree con Tripoli e di un comodo albergo.

V. tavv. XLV e XLVI.

Il linguaggio proprio dell'elemento originario dell'oasi è un dialetto berbero che ha una sua fisionomia, pur presentando affinità col nefūsī e in parte anche col tārgī. I Gadamesini tuttavia, a contatto per ragioni di commercio con altre genti, parlano anche arabo, hausa, il berbero dei Tuareg, ecc.

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