GERACI, Gaetano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GERACI, Gaetano

Maria Viveros

Nacque a Palermo il 3 0tt. 1868 da Antonino e Domenica Durante, unica figlia ed erede del proprietario di uno stabilimento di lavorazione del marmo, sito in via Tukory, presso il quale il marito aveva lavorato come capocantiere divenendone poi conduttore.

Compì il suo apprendistato a Palermo presso lo scultore D. Trentacoste. A sedici anni, insofferente per le continue pressioni del padre, che lo voleva impegnato nell'amministrazione dell'attività familiare, fuggì di casa per recarsi a Firenze, ove riuscì a studiare grazie a un sussidio inviatogli mensilmente dal fratello Giosuè che, intanto, aveva preso in mano le redini dell'azienda.

Nel 1891, mentre era arruolato nell'esercito come caporale maggiore del 1° reggimento del genio a Piacenza, partecipò a Milano alla I Esposizione triennale dell'Accademia di belle arti di Brera, presentando il Busto in gesso del comandante del quarto corpo d'armata, il tenente generale G. Gerbaix de Sonnaz (ubicazione ignota: catal., p. 63 n. 499).

Sempre nel 1891 prese parte all'Esposizione nazionale di Palermo con il busto in gesso Ritratto del principe Amedeo di Savoia, del quale si sono perse le tracce; ignota è anche l'ubicazione dell'Ultimo mozzicone, una testa in bronzo esposta nel 1893 alla LII Promotrice di belle arti di Torino.

Rientrato a Palermo, nel 1897 sposò Marianna Di Pisa, appartenente a una ricca famiglia di costruttori locali.

Nel 1898 partecipò all'Esposizione nazionale di Torino con una testa in bronzo, Anacreonte (ubicazione ignota). Nel 1902, alla I Esposizione internazionale d'arte decorativa di Torino, presentò un camino per riscaldamento a gas e a elettricità, oggi presso il collegio femminile di S. Agostino di Piacenza.

Il G. si dedicò anche alla realizzazione degli impianti scultorei per tombe, come dimostra il modello Han requiem insieme (1902) conservato a Palermo presso gli eredi dell'artista. Nel 1903, con l'architetto M. La Cavera, ideò in linguaggio "floreale" la parte decorativa della cappella funeraria della famiglia Zito, che si trova nel cimitero palermitano di S. Orsola.

Nel 1906 presentò il gesso Caino alla Mostra nazionale di belle arti di Milano (catal., p. 99 n. 14). Di quest'opera, come della maggior parte dei lavori del G., si sono perse le tracce; un'immagine della scultura si trova nella cartella monografica di tavole fotografiche edita nel 1911 (G. Geraci, Scultura decorativa, Torino).

Questa pubblicazione, consultabile nell'esemplare conservato presso la Biblioteca comunale di Palermo, permette di seguire l'iter stilistico dell'artista: nelle opere iniziali, come per esempio, il camino del 1902, il modellato appare morbido e le forme vengono tradotte in stucco con una linea sensualmente sinuosa, tanto che, soprattutto alcune delle "botticelliane" figure femminili, possono essere accostate a certi esempi dell'art nouveau. Tale caratteristica fa del G. in Sicilia uno dei più precoci interpreti, e forse il più sentimentalmente partecipe, del liberty di marcata declinazione floreale.

In uno studio a sanguigna del Caino la figura è resa con tratteggio nervoso, capace di intensi e morbidissimi contrappunti chiaroscurali, tradotti nella materia con un ductus memore del modellato degli scultori francesi fin de siècle, in particolare A. Rodin.

I risultati più originali il G. li conseguì nelle decorazioni di edifici pubblici e privati, appartenenti questi ultimi alla nuova borghesia palermitana, dimostrando di operare in sintonia con quanto veniva propugnato in ambiente secessionista, soprattutto relativamente agli ideali della progettazione totale.

A Palermo l'assimilazione delle esperienze moderniste europee aveva creato un fervido clima culturale. E. Basile, il più precoce e intelligente interprete di tale movimento, trovò nel G. un abile collaboratore, sensibile a tali istanze. Tra gli interventi del G. a fianco dell'architetto palermitano sono segnalati interventi decorativi nel teatro Massimo (1891-92: Riapre il teatro Massimo…, in Kalós, IX [1997], 2, pp. 15-17) e nel palazzo della Cassa di risparmio Vittorio Emanuele (1908-13).

Nel 1904, proprio nel periodo in cui Basile era direttore del Regio Istituto di belle arti palermitano, il G. divenne insegnante aggiunto della cattedra di ornato e plastica ornamentale. Tra il 1906 e il 1908 collaborò con l'architetto F. La Porta al villino Caruso di Palermo. Nel 1910, in occasione delle celebrazioni per il cinquantenario dell'Unità d'Italia, in piazza Mordini a Palermo fu collocata l'Aquila scolpita nel marmo dal G., che, stavolta, diede alla scultura una marcata inflessione naturalistica.

Tra il 1913 e il 1914 l'artista realizzò, inoltre, le decorazioni plastiche del Kursaal Biondo di Basile (1911); nei locali di questa grande sala per spettacoli, ora parzialmente distrutta, il G. presentò alcune opere nell'ambito della II Esposizione "Pro Patria Ars" (1917). Tra il 1909 e il 1911 il G. fu impegnato nell'ampliamento, operato da Basile, del palazzo Montecitorio a Roma; anche in questo caso il G. eseguì interventi difficilmente riconducibili con precisione alla sua mano. Tale impegno lo indusse a trasferire a Roma l'intero cantiere del fratello Giosuè, e a farsi raggiungere anche dalla famiglia.

Nonostante il suo nome non ricorra nei documenti relativi alla ditta Ducrot, che tanta parte ebbe nelle realizzazioni degli apparati decorativi progettati da Basile, tuttavia, il G. ebbe un ruolo di primo piano all'interno di questa impresa, sia come consulente tecnico sia come esecutore artistico: nelle fotografie degli interni degli stabilimenti Ducrot si possono individuare modelli in gesso a grandezza naturale di particolari architettonici che possono essere attribuiti esclusivamente al G. e alla sua bottega (Sessa).

Tra il 1915 e il 1916 collaborò con S. Benfratello, epigono di Basile, all'esecuzione degli apparati decorativi del distrutto palazzetto Russo-Radicella, in via Roma a Palermo. Suoi sono anche gli interventi con elementi floreali in stucco nel convento dei frati minori a Baida, nei pressi di Palermo, dove si conservano suoi acquerelli, studi in gesso, bozzetti di sculture e di particolari ornamentali, riproposti in vari contesti: per esempio, nelle decorazioni plastiche di casa Pagano in via Dante n. 79 a Palermo, dove realizzò in stucco, e firmò, giochi di putti ed elementi fitomorfi nelle lunette delle finestre.

Il G. progettò anche vetrate, nel 1911 per la propria abitazione - il villino Di Pisa-Geraci che dava su via Notarbartolo - per palazzo Torrebruna, per le chiese di S. Chiara a Palermo e di Maria ss. dei Miracoli a Alcamo.

Per quanto riguarda l'attività espositiva, nel 1913 partecipò alla Mostra didattica di belle arti tenutasi al teatro Massimo di Palermo; nel 1915 alla mostra del "Ventaglio patriottico" patrocinata dal Giornale di Sicilia; nel 1920 all'Esposizione di belle arti della Società amatori e cultori di Roma (Meditando e Porta stearine di ubicazione ignota: catal., pp. 33 n. 99; 39 n. 125); nel 1921 alla Mostra permanente di belle arti, allestita all'interno dei magazzini della Fabbrica italiana pianoforti a Palermo. Nell'aprile del 1925 collaborò all'allestimento della sezione siciliana alla II Biennale nazionale delle arti decorative di Monza.

Il G. morì a Palermo il 20 giugno 1931.

Suo figlio Nino, nato a Palermo il 3 ag. 1900, fu avviato alla scultura dal padre e, nel corso degli anni Venti, proseguì il suo tirocinio con M. Rutelli, quindi con A. Ugo. Nel 1923 espose Capretta (catal., p. 30) alla mostra della Società degli amatori e cultori di belle arti di Roma. Nel 1925 si trasferì negli Stati Uniti dove risiedette per sei anni eseguendo diverse opere di carattere decorativo (Greco). Alla scomparsa del padre, rientrò a Palermo e nel corso degli anni Trenta partecipò spesso alle mostre regionali del Sindacato fascista di belle arti. Nel 1933 espose la scultura Arciere (ubicazione ignota) nell'ambito della Sindacale nazionale di Firenze. Egli era specializzato nella rappresentazione di atleti in gara e fu per questo chiamato a lavorare per lo stadio di Offenbach, in Germania, da dove rientrò nel 1942 (ibid.). Nello stesso anno presentò un Lanciatore di giavellotto in bronzo alla Biennale di Venezia, alla quale prese parte per la prima e ultima volta. Nel 1953 espose a Roma un Ritratto in gesso e il bronzo Capretta alla "Mostra dell'arte nella vita del Mezzogiorno d'Italia" (catal., p. 108 nn. 21 s.).

Dal dopoguerra e fino agli anni Settanta eseguì diversi lavori in Sicilia, di committenza ecclesiastica o pubblica: nel 1949, a esempio, vinse il concorso per la fontana a Caltagirone e realizzò le tre statue in bronzo (La versatrice d'acqua, Il Lavoro, L'Abbondanza); nel 1978, infine, realizzò una Deposizione per l'Istituto Don Bosco di Palermo.

Nino morì a Palermo il 15 maggio 1980.

Fonti e Bibl.: R. De Spigliati, Guida della Prima Esposizione internazionale d'arte decorativa moderna…, Torino s.d. (ma 1902), p. 40; Kursaal Biondo in Palermo, in L'Architettura italiana, X (1915), 10, p. 113; F. Meli, L'arte in Sicilia dal secolo XII fino al secolo XIX, Palermo 1929, p. 140; Id., La Regia Accademia di belle arti di Palermo, Firenze 1941, App., XLIV, p. 131; Mostra del liberty a Palermo, Palermo 1973, passim; Bilancio di studi sul liberty (catal., sala Basile del Grand Hotel Villa Igiea), Palermo 1974, passim; R. Bossaglia, Il liberty siciliano, in Storia della Sicilia, X, Napoli 1981, pp. 162-166; Palermo 1900 (catal.), a cura di S. Boscarino - R. Bossaglia - G. Pirrone - P. Portoghesi, Palermo 1981, pp. 137, 268; G. Baragli, Bronzi e marmi d'oro, in L'Ora, 16 maggio 1985 (anche per Nino); A. Panzetta, Dizionario degli scultori italiani dell'Ottocento, Torino 1989, p. 83; A. Greco, in Dizionario degli artisti siciliani di Luigi Sarullo, III, Palermo 1994, pp. 149 s. (anche per Nino); V. Vicario, Gli scultori italiani dal neoclassicismo al liberty, I, Lodi 1994, p. 519; P. Stivani, La scultura italiana nel liberty, in Catalogo dell'arte italiana dell'Ottocento, Milano 1997, pp. 32 s.; Salvatore Gregorietti… (catal., Palermo), a cura di A.M. Ruta - G. Valdini - V. Mancuso, Milano 1998, passim; E. Sessa, ibid., p. 138.

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