ZOMPINI, Gaetano Gherardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZOMPINI, Gaetano Gherardo

Francesco Baccanelli

– Nacque a Nervesa, nel Trevisano, il 24 settembre 1700, figlio di Andrea e di sua moglie Paola (Battistella, 1930, pp. 22 s.).

Nel 1717 si trasferì a Venezia (Scarfì, 1994, p. 82), dove ebbe modo di frequentare la bottega di Nicolò Bambini (Sasso, 1785). Altrettanto importante per la sua formazione artistica fu la figura di Sebastiano Ricci, del quale finì presto per «imitare la maniera» (ibid.).

La prima parte di carriera di Zompini non è facilmente ricostruibile. Appartengono senz’altro al terzo decennio del Settecento sia il Trionfo di Diana in palazzo Zen ai Frari a Venezia sia gli affreschi eseguiti nella stessa città all’interno della chiesa di S. Nicola da Tolentino, tra i quali spicca, al centro della cupola, una raffigurazione della SS. Trinità. Il primo, restituito al suo catalogo soltanto in tempi recenti, sembrerebbe risalire al 1725 (Lucchese, 2013, pp. 76 s.); gli altri, che hanno come sicuro terminus ante quem il 1729 (Scarfì, 1994, p. 83), potrebbero essere anticipati alla stessa data (Lucchese, 2013, pp. 78, 82). In entrambi i cantieri Zompini si trovò a lavorare accanto al più esperto Girolamo Mengozzi Colonna.

Il 15 febbraio 1730, a Venezia, nella chiesa di S. Cassiano, Zompini prese in moglie Lucrezia Alberghetti, nativa di Nauplia ma residente in laguna; tra i testimoni di nozze figurava lo scultore bellunese Giovanni Marchiori (Scarfì, 1994, p. 83). Dal matrimonio nacquero undici figli. Senza specificarne i nomi, Zompini, nella domanda di privilegio per Le arti che vanno per via nella città di Venezia, compilata il 2 novembre 1747 (Gallo, 1941), si trovò a scrivere che a quella data alcuni di loro già lo aiutavano in bottega: si tratta dell’unica occasione in cui, seppure in modo generico, i figli vengono menzionati dalle testimonianze a noi note.

Nel corso degli anni Trenta Zompini continuò a lavorare soprattutto per Venezia. Nel 1735 per la chiesa di S. Lio realizzò un’Orazione nell’orto, una Salita al Calvario e un dipinto con le Marie al Sepolcro (Fiocco, 1927), oggi dispersi. Più o meno allo stesso periodo sembrerebbe riconducibile un gruppo di tele destinato alla chiesa di S. Giacomo dall’Orio, di cui è sopravvissuta soltanto quella raffigurante Il miracolo durante i funerali della Vergine (Scarfì, 1994, p. 78). Certamente del 1736, invece, è l’ambizioso ciclo di tele di tema mitologico eseguito per palazzo Zinelli in calle Bembo a S. Salvador, acquistato nel 1914 da Franz Hubert von Tiele-Winckler per il suo castello a Moszna, in Alta Slesia (Battistella, 1930, pp. 34-36, 79), e oggi non più rintracciabile. Nel 1737, anno al quale sembrerebbero riferibili le opere in palazzo Scotti a Treviso (Craievich, 2011), lo stampatore veneziano Giuseppe Bettinelli pubblicò una nuova edizione, illustrata, del Rutzvanscad il Giovine di Zaccaria Valaresso: a fornire i disegni per le incisioni fu Zompini, probabilmente al suo debutto in questo campo (Zanetti, 1742-43, 1885). Nel 1739 l’artista tornò a lavorare per la chiesa di S. Lio, che gli aveva commissionato una serie di dipinti per la decorazione del pulpito e della zona circostante (Scarfì, 1994, pp. 78 s., 84).

Al 1740 risale l’iscrizione alla fraglia dei pittori veneziani (Favaro, 1975). La stessa data compare sulla pala raffigurante La Madonna del Carmelo, s. Giuseppe col Bambino e s. Teresa d’Avila dipinta da Zompini per la chiesa parrocchiale di S. Lorenzo ad Arcade (Treviso). Nel 1742 per il soffitto di un salone del seminario vescovile di Treviso eseguì, invece, un olio su tela raffigurante il Trionfo della Virtù e alcune decorazioni monocrome ad affresco (Manzato, 1992, p. 290).

Il 10 settembre 1747 a Venezia il capitolo della Scuola grande dei Carmini indisse un concorso per l’invenzione del programma iconografico delle sale dell’archivio e dell’albergo (Scarfì, 1994, p. 81). Zompini vi partecipò in competizione con altri cinque pittori, tra cui Jacopo Guarana e Giustino Menescardi; il 10 marzo dell’anno successivo il suo progetto, dedicato all’esaltazione della Vergine Maria attraverso alcune figure femminili dell’Antico Testamento, venne dichiarato vincitore (Battistella, 1930, pp. 38-41). Per stabilire quali artisti avrebbero dato forma a questo programma fu indetto un nuovo concorso e a Zompini furono assegnati il dipinto raffigurante Lo svenimento di Ester davanti ad Assuero e quello con Rebecca al pozzo. La realizzazione delle due opere, contraddistinte da una particolare eleganza e da non pochi ricordi dei modi di Sebastiano Ricci, si può collocare con sicurezza tra il 19 maggio e il 23 agosto 1749 (Scarfì, 1994, p. 81).

Di poco successiva è la seconda pala realizzata da Zompini per la parrocchiale di Arcade: L’Immacolata Concezione, s. Antonio di Padova col Bambino e s. Maria Maddalena fu ultimata entro il mese di maggio del 1750 (Battistella, 1930, pp. 31 s.). Risale, invece, al 1751 un gruppo di opere eseguito per la chiesa parrocchiale di Tutti i Santi a Roncade, di cui sono parte due dipinti su tela, raffiguranti uno il Battesimo di Cristo e l’altro Cristo e la Samaritana, e quattro rappresentazioni ad affresco delle Virtù cardinali (Sartor, 2012, p. 14).

In questo periodo prese progressivamente forma anche l’opera alla quale il nome di Zompini sarebbe poi rimasto per sempre legato, vale a dire la serie di acqueforti intitolata Le arti che vanno per via nella città di Venezia. Richiesto al Senato il 2 novembre 1746, il privilegio per la pubblicazione fu concesso il 21 gennaio 1747 (Gallo, 1941). Per promuovere l’impresa, l’artista fece stampare un foglio volante, privo di data, indirizzato «agli amatori delle stampe», nel quale la descriveva come una raccolta di cento incisioni raffiguranti «tutte le arti solite ad esercitarsi in Venezia da persone che girano tutto giorno per l’esercizio delle medesime» (Succi, 2013, pp. 750 s.). Le prime quaranta acqueforti, caratterizzate da un’intonazione sobria, distante tanto da sentimentalismi quanto da concessioni al comico, furono stampate nel 1753. A esse, poco dopo, probabilmente già nel corso dell’anno successivo (Bozzolato, 1978, p. 33), se ne aggiunsero venti nuove, del tutto conformi sul piano del linguaggio stilistico. Le altre previste dal progetto iniziale, invece, per motivi a noi sconosciuti, non furono mai realizzate; la fortunata edizione postuma del 1785, stampata a Venezia su iniziativa del residente britannico John Strange, ripropose le stesse sessanta messe in commercio a metà secolo.

Il 13 febbraio 1756 Zompini partecipò alla seduta inaugurale dell’Accademia di pittura e scultura di Venezia, diventandone membro (Battistella, 1930, p. 21).

Trascurando in parte l’attività di pittore, in questa fase di carriera lavorò soprattutto nell’ambito dell’illustrazione di libri. Fondamentale fu il sodalizio con Antonio Zatta. Per Le Rime del Petrarca brevemente esposte per Lodovico Castelvetro, opera ripubblicata in due tomi dall’editore veneziano nel 1756, fornì un ampio gruppo di disegni, oggi conservato alla Biblioteca civica di Trieste (Pavanello, 1999; Le ‘Rime’ del Petrarca, a cura di A. Giacomello - F. Nodari, 2003), lasciando la quasi totalità del lavoro di incisione a Giovanni Magnini, Bartolomeo Crivellari e Giovanni Cattini. Più limitato fu invece il contributo offerto alla Divina Commedia data alle stampe da Zatta nel 1757, per la quale preparò soltanto sette illustrazioni, tutte per la prima cantica, incise poi da Magnini e da Giuliano Giampiccoli. Il materiale grafico destinato all’opera petrarchesca fu riutilizzato in diverse altre pubblicazioni veneziane del tempo, tra le quali il Giudizio degli antichi poeti sopra la moderna censura di Dante attribuita ingiustamente a Virgilio di Gasparo Gozzi e Lo Spirito Santo di Carlo Goldoni, entrambe edite nel 1758.

Alla fine del sesto decennio dovrebbero risalire anche le dodici incisioni realizzate in prima persona da Zompini partendo da alcuni disegni di Giovanni Benedetto Castiglione posseduti da Anton Maria Zanetti il Vecchio, complessivamente note con il titolo di Varii capricci e paesi, titolo assegnato al gruppo soltanto a partire dalla ristampa promossa nel 1786 da Strange (Santifaller, 1973).

Pochi sono i riferimenti che permettono di seguire le vicende artistiche di Zompini negli anni Sessanta e Settanta. Nel 1761 a Venezia decorò il salone di un palazzo di proprietà della famiglia Marin, dipingendo alle pareti Il ratto di Elena e La fuga di Enea da Troia e nel soffitto Apollo e le Muse (Magrini, 1998), mentre nel 1763 tornò a lavorare per la parrocchiale di Roncade, che gli commissionò due nuovi dipinti, la Flagellazione di Cristo e l’Incoronazione di spine (Sartor, 2012, p. 16). A un periodo successivo dovrebbero infine risalire le Scene dell’Antico Testamento eseguite a tempera sui muri di un salone della canonica di Borbiago di Mira, e in parte derivanti da modelli di Raffaello Sanzio e di Jacopo Amigoni (Niero, 1976).

Zompini, che a partire dalla fine del settimo decennio aveva smesso completamente di partecipare alle sedute dell’Accademia di pittura e scultura (Magrini, 1998, p. 72), trascorse gli ultimi anni di vita con gravi problemi alla vista, che lo condussero alla cecità, e in ristrettezze economiche (Sasso, 1785).

Morì a Venezia il 20 maggio 1778 (Battistella, 1930, p. 73).

Fonti e Bibl.: A.M. Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia e isole circonvicine..., Venezia 1733, pp. 270, 361; A. Rigamonti, Descrizione delle pitture più celebri che si vedono esposte nelle chiese ed altri luoghi pubblici di Trevigi, Treviso 1767, pp. 9, 21, 27, 40; A.M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle opere pubbliche de’ veneziani maestri. Libri V, Venezia 1771, p. 474; G. Sasso, Memoria, in Le arti che vanno per via nella città di Venezia inventate ed incise da G. Z. Aggiuntavi una memoria di detto autore, Venezia 1785; G. Zanetti, Memorie per servire all’istoria dell’inclita città di Venezia (1742-1743), a cura di F. Stefani, in Archivio veneto, XV (1885), pp. 93-148 (in partic. pp. 107 s.); G. Fogolari, L’Accademia veneziana di Pittura e Scoltura del Settecento, in L’arte, XVI (1913), pp. 241-272, 364-394 (in partic. p. 248); G. Fiocco, Aggiunte di Francesco Maria Tassis alla guida di Venezia di Anton Maria Zanetti, in Rivista mensile della città di Venezia, VI (1927), 4, pp. 141-174 (in partic. pp. 166 s.); O. Battistella, Della vita e delle opere di G.G. Z. pittore e incisore nervesano del secolo XVIII (1916), Bologna 1930; R. Gallo, L’incisione nel ’700 a Venezia e a Bassano, Venezia 1941, p. 30; M. Levey, A sketch by Z. for the Scuola dei Carmini, in Arte veneta, X (1956), pp. 207 s.; G.M. Pilo, I dipinti dello Z. nel palazzo Sturm a Bassano, in Emporium, LXIX (1963), 824, pp. 51-55; M. Precerutti Garberi, Affreschi settecenteschi delle ville venete, Milano 1968, pp. 129 s.; M. Santifaller, Un problema Zanetti-Z. in margine alle ricerche tiepolesche, in Arte veneta, XXVII (1973), pp. 189-200; E. Favaro, L’arte dei pittori in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, p. 159; A. Niero, Da stampe Correr a dipinti dello Z., in Bollettino dei Musei Civici Veneziani, XXI (1976), 3-4, pp. 19-29; Le arti per via. Incisioni di Giuseppe Mitelli e G. Z. (catal.), a cura di B. Premoli, Roma 1977; G. Bozzolato, G. Z. incisore senza fortuna, Padova 1978; D. Succi, Z., G., in Da Carlevarijs ai Tiepolo. Incisori veneti e friulani del Settecento (catal., Gorizia-Venezia), a cura di D. Succi, Venezia 1983, pp. 451-463; E. Manzato, Z., G., in La pittura in Italia. Il Settecento, a cura di G. Briganti, II, Milano 1989, p. 906; Cronaca veneziana. Feste e vita quotidiana nella Venezia del Settecento. Vedute di Gabriel Bella e incisioni di G. Z. dalle raccolte della Fondazione Scientifica Querini Stampalia di Venezia (catal., Zurigo), a cura di G. Busetto, Venezia 1991; E. Manzato, La pittura a Treviso durante il dominio veneto, in Storia di Treviso, III, L’età moderna, a cura di E. Brunetta, Venezia 1992, pp. 241-296 (in partic. pp. 286 s., 289 s.); S. Scarfì, L’attività pittorica di G. Z., in Venezia arti, VIII (1994), pp. 77-84; R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, II, Milano 1996, pp. 111-115; M. Magrini, Un palazzo tra Santa Maria del Giglio e la Fenice: Ca’ Marin, in Studi in onore di Elena Bassi, Venezia 1998, pp. 61-72; G. Pavanello, I disegni della Biblioteca Civica di Trieste per l’edizione veneziana delle ‘Rime’ di Francesco Petrarca (1756), in Arte in Friuli. Arte a Trieste, XVIII-XIX (1998-1999), pp. 197-202; F. Montecuccoli degli Erri, Novità su alcuni pittori immigrati a Venezia nel Settecento e sui loro contatti professionali (Battaglioli, Joli, Z., Simonini, Zuccarelli e altri), in Arte veneta, LV (1999), pp. 183-192 (in partic. p. 185); Le ‘Rime’ del Petrarca. Un’edizione illustrata del Settecento (Venezia, Antonio Zatta, 1756), a cura di A. Giacomello - F. Nodari, Gorizia 2003; R. Domenichini, Girolamo Mengozzi Colonna, in Saggi e memorie di storia dell’arte, XXVIII (2004), pp. 169-291 (in partic. pp. 177, 241-244); A. Craievich, Polazzo e Z. per i Serviti di Gradisca, in Arte in Friuli. Arte a Trieste, XXV (2006), pp. 23-30; K. Stella, G. Z. (1700-1778). “La facilità nell’inventare” di un “piccolo poeta vernacolo dell’arte veneziana”, tesi di laurea, Università degli Studi di Firenze, a.a. 2009-2010; A. Craievich, Treviso e la Marca, in La pittura nel Veneto. Il Settecento di Terraferma, a cura di G. Pavanello, Milano 2011, pp. 89-124 (in partic. p. 107); I. Sartor, Chiesa di Tutti i Santi in Roncade, Roncade 2012, pp. 14-17; E. Lucchese, Nuovi esempi di decorazione profana pittorica del Settecento veneziano, in AFAT, XXXII (2013), pp. 73-88; D. Succi, La Serenissima nello specchio di rame. Splendore di una civiltà figurativa del Settecento. L’opera completa dei grandi maestri veneti, II, Castelfranco Veneto 2013, pp. 748-769.

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