KOCH, Gaetano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 62 (2004)

KOCH, Gaetano

Fabrizio Di Marco

Nacque a Roma il 9 genn. 1849 da Augusto, pittore, e da Ludovica Carrozzi Lecce. Dopo gli studi liceali, volle inizialmente dedicarsi all'arte paterna, preferendo poi frequentare l'università, dove nel 1872 conseguì il titolo di architetto e ingegnere. Nello stesso anno venne assunto nell'ufficio tecnico della Società dell'Esquilino dove, dopo un breve periodo di apprendistato, ebbe modo di progettare l'edificio G tra via dell'Esquilino e via Gioberti, l'edificio B tra via Principe Amedeo, via Manin, via Amendola e i quattro stabili dell'isolato delimitato dalle vie Principe Amedeo, Manin, Farini e Gioberti (F. Girardi - G. Spagnesi - F. Gorio, L'Esquilino e la piazza Vittorio…, Roma 1974, pp. 45, 59-61).

Dopo tale preziosa esperienza, il K. iniziò una febbrile e instancabile attività di progettista, sviluppata senza soluzione di continuità per tre decenni, esempio di un "professionismo senza scosse e perplessità" (Miano, p. 36), fondato su un rigore compositivo nell'uso del repertorio cinquecentesco abbinato a un continuo sviluppo dei caratteri tipologici e distributivi degli edifici, con studiate soluzioni nella disposizione dei cortili e dei collegamenti verticali.

Tali caratteri, già evidenti nel palazzetto Voghera in via Nazionale 200 (Roma, Arch. stor. Capitolino, Tit. 54, prot. 20959/1876) e nel villino Costanzi in via Urbana 167, "di sapore tutto peruzziano" (Ibid., Tit. 62, prot. 55672/1878; Piacentini, 1944, p. 169), vennero ulteriormente affinati nei palazzi Marotti in via Nazionale 172 (1880), con le possenti colonne che inquadrano l'ingresso, e Calabresi in via XX Settembre 5 (1882-83), con l'interessante soluzione del doppio cortile, concordata con i committenti per assolvere specifiche funzioni logistiche e di rappresentanza (ibid., prot. 34134/1882).

A metà degli anni Ottanta il K. si aggiudicò le commissioni delle tre opere più prestigiose della sua carriera, sempre dopo attriti e polemiche con architetti diretti concorrenti: nel 1885 ebbe la meglio su P. Piacentini nel concorso per la sede della Banca d'Italia in via Nazionale, dopo aver rifiutato di collaborare con il collega; nello stesso anno impose il suo progetto per il palazzo Piombino in via Veneto, dopo un tentativo dei principi Boncompagni Ludovisi di coinvolgerlo in una collaborazione con il loro architetto F. Settimj; nel 1886, infine, il Consiglio comunale approvò il progetto per l'esedra, preferendolo alla proposta di D. Jannetti. Capacità professionale, abilità politica e una certa dose di scaltrezza valsero al K. una notorietà a livello nazionale, come testimoniato dai riconoscimenti conseguiti all'Esposizione di Torino del 1890 (D. Donghi, L'architettura moderna alla prima Esposizione italiana di architettura. Torino 1890, Torino 1899, pp. 37-42).

Una valida sintesi tra requisiti funzionali e qualità formale venne raggiunta nella sede della Banca d'Italia, realizzata tra il 1886 e il 1893 dopo il primo concorso a inviti del 1882. In pianta presenta uno svolgimento compatto intorno a due cortili affiancati, con interposto corpo di fabbrica contenente lo scalone d'onore, a collo con pozzo libero. La facciata, interamente in travertino, si configura con linee semplici e severe, ma grandiose (Palazzo per la Banca nazionale da costruirsi in Roma. Relazione sul secondo progetto redatto dall'architetto G. K., Roma 1883); il lungo fronte, dall'effetto volutamente algido, nella sua accentuata orizzontalità rispecchia le gerarchie degli ambienti interni, palesandole nell'imponente avancorpo centrale qualificato dalla sovrapposizione di ordini a semicolonne, con ulteriore scatto delle sezioni estreme, sormontate dai gruppi scultorei di N. Cantalamessa Papotti.

Di notevole interesse la soluzione prevista per il palazzo Piombino, poi Regina Margherita (1886-90); di chiara ispirazione sangallesca nell'impaginato della facciata, venne saldato ortogonalmente alla preesistenza del palazzo Grande dei Ludovisi, in parte demolito, creando una continuità della quinta urbana e ridefinendo al contempo il giardino su due livelli, dove vennero edificati i due villini annessi, dal carattere più austero.

I palazzi dell'Esedra, il segno più incisivo lasciato dal K. nella città, rappresentano uno dei nodi urbani simbolici della terza Roma. Edificati tra il 1886 e il 1903 sul sedime dell'esedra delle terme di Diocleziano, gli edifici curvilinei presentano una successione seriale del modulo arcata - ordine gigante - attico risolto con stilemi schiettamente romani, mentre nei quattro corpi in testata, di più spiccato carattere plastico, si concentrano elementi stilistico-decorativi (cariatidi, frontoni curvilinei) che denotano la disinvoltura del progettista nell'effettuare incursioni in diverse epoche storiche.

Una libera riadozione di soluzioni che rievocano il primo Cinquecento fiorentino nella partizione delle facciate, con massicci basamenti bugnati, o in alternativa di modelli più strettamente romani che riecheggiano cadenze sangallesche e vignolesche assorbite attraverso l'opera di P.M. Letarouilly, venne applicata senza esitazione nella cospicua produzione concentrata negli ultimi due decenni dell'Ottocento; si vedano i palazzi Bourbon in via XX Settembre 3 (1884), Gori Mazzoleni in piazza Ss. Apostoli 73 (Roma, Arch. stor. Capitolino, Tit. 54, prot. 14778/1890), Frontini in via Veneto 54 (ibid., prot. 81840/1889), Balestra in via Veneto 56 (ibid., prot. 24928/1897) e De Parente in piazza Cavour 34 (1885-90), che presenta le felici soluzioni dell'avancorpo d'angolo semicircolare, testimonianza di una ricerca di qualità urbana e dell'atrio passante, scelta dettata dalla difficile forma triangolare del lotto.

Anche nella complessa operazione di corso Vittorio Emanuele II il K. lasciò testimonianze significative: palazzo Lavaggi Pacelli (1886; numero civico 110) con l'impaginato della facciata di matrice sangallesca in contrapposizione alla serrata scansione del contiguo palazzo Vidoni del Settimj, palazzo Trocchi (1888; n. civ. 266) e palazzo Amici (1889; n. civ. 337), dove la delicata saldatura con il sansoviniano palazzo Niccolini venne risolta mediante l'inserimento di un atrio semicircolare (A.M. Racheli, Corso Vittorio Emanuele II. Urbanistica e architettura a Roma dopo il 1870, Roma 1985, pp. 32, 40, 78 s., 155, 195 s.).

Rare furono le esperienze in tipologie estranee alla residenza; oltre alle cappelle Calabresi, Gori Mazzoleni, Del Drago e K. al Verano (C. Cianferoni, Cimitero del Verano…, Torino 1915, p. 6, tavv. 9, 13, 49), di notevole interesse si rivelano le opere commissionate dal senatore G. Barracco: la Biblioteca del Senato in via degli Staderari (Roma, Arch. stor. Capitolino, Ispettorato Edilizio, prot. 1642/1887) e il Museo Barracco in corso Vittorio Emanuele II, poi demolito, risolto in forme di sacello ionico (ibid., prot. 321/1902), che ci rivela un K. avviato a una decisa adesione a motivi neoclassici, già palesata nel palazzo Amici in piazza S. Bernardo, anch'esso demolito (Ibid., Tit. 54, prot. 9477/1884).

Oltre alle opere già menzionate, si citano di seguito i principali interventi documentati a Roma: primo nucleo di palazzo Field Brancaccio in via Merulana (1879-83; G. Centi, Di palazzo Field Brancaccio, di Francesco Gai e d'altro, in Il Museo nazionale d'arte orientale…, a cura di P. D'Amore, Livorno 1997, pp. 28-31, 43 s., 73-77, 93, 98-103), edifici centrali gemelli in piazza Vittorio (1882-83), villino Dell'Aquila in via Flaminia (Roma, Arch. stor. Capitolino, Tit. 54, prot. 50294/1890; demolito), palazzo degli Stabilimenti di Francia in piazza dell'Orologio 12 (ibid., prot. 13697/1891), palazzo Boncompagni Ludovisi in largo Goldoni (ibid., prot. 86363/1902), villino Galli Sarazzani in via Maria Adelaide 14 (ibid., prot. 86776/1902). Fonti coeve gli attribuiscono anche la casa Bonelli in via del Corso, palazzo Santini in piazza Cavour, palazzo Crostarosa in via Nazionale (Donghi; Piacentini, 1910).

L'intensa e fiorente attività professionale, intrapresa in giovanissima età, distolse in parte il K. dalla grande stagione dei concorsi pubblici della Roma umbertina; partecipò comunque con discreto successo al secondo concorso per il Vittoriano (1882-84, con lo scultore S. Galletti), proponendo un progetto caratterizzato da un fastigio con "portichetto semicircolare" di chiara ascendenza bramantesca (F. Guelfi, Progetti pel monumento a Vittorio Emanuele II…, in L'Italia, II [1884], 2-3, pp. 22 s.; Accasto - Fraticelli - Nicolini, p. 81). Nel 1897-98 prese parte, con A. Marchesi e G. Mengarini, al concorso per la nuova aula di Montecitorio. Il suo progetto, fortemente invasivo, venne ammesso al secondo grado (F. Borsi, Montecitorio dal '70 ad oggi, in Il palazzo di Montecitorio, Roma 1967, pp. 275, 282, 319).

Vanno inoltre segnalati alcuni lavori inattuati, redatti in collaborazione, circostanza rara nella carriera del K.: nel 1879 si impegnò, con E. Zanotti, nella stesura del progetto per una "Galleria coperta con ferro e cristalli" tra Montecitorio e piazza S. Lorenzo in Lucina. Presentò i disegni per le scuderie del villino Huffer in via Nazionale (1880), parzialmente attuati nella soluzione finale di J.A. Pellechet (M. Saratti, Il villino Huffer, in Villa Huffer. Una dimora…, a cura di G. Amati - I. Insolera, Cinisello Balsamo 1991, pp. 93-115). Nell'annoso dibattito sulla sistemazione di piazza Colonna, il K. intervenne dapprima in qualità di membro della Commissione edilizia, tra il 1885 e il 1894, poi associandosi al progetto di A. Marchesi e P. Piacentini (1895), con lo studio dell'arretramento di palazzo Buonaccorsi (Giovanetti - Pasquali). Di notevole portata il piano del 1890-91 per l'Esposizione nazionale in Roma del 1895, poi annullata, nella vasta area compresa tra via Flaminia e villa Glori, redatto con un gruppo di architetti coordinato da M. Manfredi (Borsi - Buscioni, pp. 128-132).

A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, dopo i prestigiosi incarichi ottenuti, il K. venne invitato in importanti commissioni: nel 1886-87 fu tra i giurati del secondo concorso per il palazzo di Giustizia, cosa che alimentò le critiche al progetto Manfredi (ibid., pp. 17 s.), e tra gli esaminatori del progetto di M. Moretti per la passeggiata Flaminia, con successiva proposta della stessa commissione, poi accantonata (M. de Vico Fallani, Storia dei giardini pubblici di Roma…, Roma 1992, pp. 300-302, 453). Nel 1890 fece parte della commissione per il monumento a Mazzini e nel 1897 giudicò i bozzetti di M. Rutelli per la fontana delle Najadi (Piantoni). Nel 1893-94 fu convocato a fianco di C. Boito nella giuria del concorso per le scuole Pacchiotti a Torino (Verso il Vittoriano…, p. 18). Nel 1896 subentrò a L. Beltrami nella commissione istituita dal ministero dell'Agricoltura industria e commercio per esaminare il piano di ampliamento della sede in via della Stamperia e le proposte per la nuova sede in via XX Settembre; nel 1897 fu anche incaricato di redigere un progetto, che non ebbe seguito (M.C. Norante - M.L. Cipolla, Il ministero dell'Agricoltura…, in Roma capitale 1870-1911. I ministeri… [catal., Roma], Venezia 1985, pp. 149-151, 156). Nel 1899 partecipò alla commissione per la copertura della loggia di Brescia (Rinaldi, p. 252) e nel 1904 venne convocato nella commissione preposta al restauro della loggia dei Mercanti di Macerata (Storia di Macerata, a cura di A. Adversi - D. Cecchi - L. Paci, III, Macerata 1973, p. 25). Fu infine presente nelle giurie di due importanti concorsi nazionali, ancora con Boito: nel 1903 per la Biblioteca nazionale di Firenze e nel 1906-07 per la stazione di Milano (A.S. De Rose, M. Piacentini. Opere 1903-1926, Modena 1995, p. 17; Rinaldi, p. 255).

Il K. svolse una discreta attività anche fuori dalla città di Roma: a Recanati disegnò atrio, scalone e aula magna nel palazzo comunale (1898) e curò gli interventi nella villa di sua proprietà (O. Calamanti, Guida di Recanati, Recanati 1961, pp. 41, 62); a Porto Recanati progettò le scuderie del villino Terni; a Macerata si impegnò per la salvaguardia di villa Lauri. Nel 1905 sovrintese al progetto di L. Barbantini per la sede della Cassa di risparmio di Ferrara (I centocinquant'anni della Cassa di Risparmio di Ferrara, Ferrara 1988, pp. 109, 194).

L'ultimo incarico di prestigio gli venne affidato sul finire del 1905, con la direzione dei lavori del Vittoriano, insieme con P. Piacentini e M. Manfredi; in particolare si devono al K. i disegni per il soffitto del sommoportico, a lacunari con pannelli in bassorilievo, realizzati da G. Tonnini (S. Antellini, Il liberty al Vittoriano, Roma 2000, pp. 26 s., 31-33, 115-119). Contestualmente a tale incarico collaborò nel 1907 alla stesura del piano per la sistemazione delle adiacenze al monumento (Il Vittoriano, I, pp. 32 s., 83 s.).

Fu coadiuvato nella gestione della professione dal fratello minore Ottaviano (1853-1939); suo allievo diretto fu T. Passarelli, che si avvalse dei disegni del maestro per la curia dei domenicani in via S. Vitale (V. Passarelli - A. Spaccarelli, L'edilizia sacra, in La terza Roma, Roma 1971, p. 122) e probabilmente collaborò con il K. al progetto per la chiesa di S. Maria Riparatrice in via Veneto (non realizzato), nel quale si trovano correttamente impaginati gli stilemi del neoromanico lombardo (Roma, Arch. stor. Capitolino, Ispettorato Edilizio, prot. 1168/1891). Frequentarono il suo studio anche M. Piacentini e A. Foschini.

Fu membro e consigliere del Collegio degli ingegneri e architetti in Roma, poi Società degli ingegneri e architetti italiani. Nel 1893 divenne membro della Giunta superiore di belle arti; l'anno seguente venne nominato accademico di S. Luca, e rappresentò l'accademia al VI Congresso internazionale di architettura di Madrid, nel 1904 (Roma, Arch. dell'Acc. di S. Luca, vol. 158, nn. 152, 159; vol. 189, n. 16). Fu professore onorario delle accademie di Carrara e Perugia e membro dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon. Tra i fondatori, nel 1890, dell'Associazione artistica fra i cultori di architettura, ricoprì la carica di presidente nel 1895, e promosse la redazione di un Elenco delle fabbriche monumentali di Roma da rispettarsi (Catalogo dei disegni di architettura conservati nell'Archivio del Centro di studi…, Roma 1987, pp. 13-15).

Abbracciò la carriera politica nel 1895, quando venne eletto consigliere comunale; nominato assessore all'Edilizia, si dimise nel 1899, e rimase consigliere fino al 1902 (E. Arbib, Sommario degli Atti del Consiglio comunale di Roma…, Roma-Firenze 1895, all. A, pp. XVI, XLIV).

Sposato con Matilde Fraschetti, da lei ebbe due figli, Augusto (1884-1944) e Guido (1886-1942), che non seguirono la carriera paterna.

Il K. morì a Roma il 14 maggio 1910.

Il nonno Josef Anton Koch, nato a Obergieben (Tirolo) il 27 luglio 1768, fu un valente pittore, attivo in Italia dal 1794, prima a Napoli e poi, dall'anno successivo, a Roma, dove prese contatto con i maggiori pittori tedeschi presenti nella città. Qui i suoi paesaggi si arricchirono di riferimenti biblici e mitologici e il suo interesse si volse ai temi storici e letterari. A partire dal 1801 cominciò a dedicarsi all'illustrazione della Divina Commedia, dapprima con i disegni e poi, tra il 1825 e il 1828, con gli affreschi del casino Massimo, che gli erano stati commissionati fin dal 1818 dal marchese Carlo. Vicino ai pittori nazareni, con cui condivise alcune istanze romantiche, concluse la sua attività realizzando repliche dei dipinti di maggiore successo. Morì a Roma il 12 genn. 1839.

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