GALATI

Enciclopedia Italiana (1932)

GALATI (Γαλάται, Galătae)

Giuseppe Cardinali

È il nome col quale i Greci designarono il popolo stesso che i Latini chiamarono Galli, sinonimo dunque di Κελτοί (Paus., I, 4, 1); ma poiché Γαλατία divenne presto nome specifico della regione del medio Sangario e dell'Halys in Asia Minore, i Romani finirono col limitare il nome di Galatae ai Celti stanziatisi in questa regione. Il passaggio delle orde celtiche in Asia Minore avvenne nel 278-7 a. C., e furono orde che si staccarono da quei Celti che irruppero nella Penisola Balcanica dall'Occidente, e che, vinto Tolemeo Cerauno, dilagarono in Macedonia nella primavera del 279, e negli ultimi mesi dello stesso anno subirono dinnanzi a Delfi una grande sconfitta. Fu precisamente dopo l'arrivo di questi Celti nella Dardania, e quindi prima dell'invasione della Macedonia, che da loro si staccarono due grosse orde (di 20.000 individui) che, comandate da Lutario e da Leonnorio, attraverso la Tracia passarono, dopo una sconfitta patita ad opera di Antigono Gonata presso Lisimachia, in Asia Minore, ove porsero aiuto a Nicomede di Bitinia contro il fratello Zipoites, e poco dopo furono raggiunte da una terza stirpe. I nomi delle tre stirpi, nelle quali d'ora in poi vedremo distinti i Galati d'Asia Minore sono: Tolistobogi, Trocmi e Tectosagi. Le tre stirpi corsero per parecchio tempo qua e là, seminando il terrore specialmente tra le città greche della costa d'Asia Minore, e poi presero stanza nella regione che abbiamo detto, non sappiamo precisamente in quale momento, né attraverso quali avvenimenti, collocandosi i Tolistobogi ad occidente (loro capitale fu più tardi Pessinunte), i Tectosagi nel centro (capitale Ancira) e i Trocmi ad oriente sulla sponda destra dell'Halys (capitale Tavio). Ma anche dopo questo stanziamento essi continuarono nelle loro scorrerie e ad offrirsi come mercenarî ai diversi dinasti d'Asia Minore. Verso il 270 a. C. Antioco I di Siria riportò su di essi una notevole vittoria. Contro i Galati intervenne Eumene I di Pergamo; con essi invece si alleò Antioco Ierace contro il fratello Seleuco Callinico; contro di loro più volte e vittoriosamente combatté Attalo I di Pergamo che perciò assunse la corona regale e si liberò dall'obbligo del tributo a quei barbari. Ma queste vittorie non riuscirono a debellare lo spirito avventuriero e l'avidità di preda dei Galati.

Antioco III nella guerra siriaca ebbe numerosi mercenari galati: questa partecipazione e le rimostranze generali degli Asiatici contro i barbari spinsero nel 189 a. C. Cn. Manlio Vulsone ad assalire i Galati nel cuore del loro paese, costringendoli a una pace che vietava loro le scorrerie. Verso il 183 a. C. Eumene II condusse contro di loro una nuova guerra, in seguito al buon esito della quale i Galati furono da lui ridotti in soggezione. Nel 168 a. C. essi risollevarono il capo, ma ancora una volta furono sconfitti da Eumene. Allora i Galati inviarono un'ambasceria a Roma, e un senatoconsulto defraudò Eumene, contro il quale si erano ormai rivolte le gelose apprensioni dei Romani, dei frutti della vittoria, dichiarando l'autonomia dei Galati.

Dopo la morte di Attalo III, la Galazia con la Magna Frigia fu da Manio Aquilio ceduta a Mitridate V re del Ponto, che la dovette però abbandonare nel 120 a. C. Mitridate VI Eupatore la rioccupò, ma nel corso della prima guerra mitridatica i Galati furono buoni alleati dei Romani, e questi nel trattato di Dardano dell'85 a. C. imposero a Mitridate di riconoscerne l'indipendenza. Al principio della terza guerra dei Romani contro Mitridate, questi s'impadronì di nuovo della Galazia, ma Deiotaro, tetrarca dei Tolistobogi (in origine i tetrarchi erano. 12, 4 per ciascuno dei tre distretti etnici della Galazia, ma poi si erano ridotti a tre, uno per distretto) cacciò il satrapo pontico Eumaco, restando sino alla fine della guerra alleato di Roma. Caduto Mitridate, Deiotaro ebbe da Pompeo notevoli ingrandimenti del suo dominio ereditario e il titolo di re, che gli fu confermato dal senato nel 59 e con la legge Clodia nel 58. Dopo la battaglia di Farsalo Cesare, pur lasciandogli il titolo di re, ne ridusse il territorio, e soltanto dopo la morte del dittatore riuscì a Deiotaro di riunire sotto di sé tutta la Galazia. Quando egli morì nel 41 a. C., Antonio l'assegnò prima a Castore e poi, nel 36, ad Aminta, ex-segretario e generale di Deiotaro, aggiungendovi altre regioni, e poiché Aminta defezionò ad Azio, Ottaviano gli concesse ulteriori ingrandimenti, ed altri egli se ne procurò da sé. Quando morì nel 25 a. C., il suo regno, toltene alcune parti, fu trasformato in provincia romana (v. galazia).

Bibl.: L. Bürchner e C. G. Brandis, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VII, coll. 519 segg. e 534 segg.; J. G. Droysen, Geschichte der Nachfolger Alexanders, p. 649 segg.; B. Niese, Geschichte der griechischen und makedonischen Staaten seit der Schlacht bei Chaeronea, II, Gotha 1899, pp. 77 segg., 154 segg., 750 segg.; III, ivi 1902, pp. 69 segg., 199 segg.; G. Cardinali, Il Regno di Pergamo, Roma 1907, pp. 16 segg. e 103 segg.; F. Stählin, Geschichte der kleinasiatischen Galater, 2ª ed., Lipsia 1906; A. J. Reinach, in Revue Celtique, XXIX (1906), p. 225 segg.; XXX (1908), p. 47 segg.; G. De Sanctis, Storia dei Romani, IV, i, Torino 1923, p. 217 segg.; K. J. Beloch, Griechische Geschichte, 2ª ed., IV, i, Berlino 1925, p. 569 segg.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata