GALLARATI SCOTTI, Tommaso Anselmo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 51 (1998)

GALLARATI SCOTTI, Tommaso Anselmo

Nicola Raponi

Nacque a Milano il 15 dic. 1819 dal duca Carlo e da Francesca dei marchesi Guerrieri Gonzaga.

Poco si sa dei suoi studi e della formazione giovanile, condotta sotto l'influenza dei gesuiti. A 18 anni ottenne dal padre l'emancipazione e la gestione dei beni di famiglia siti nello Stato sardo; morto quegli il 3 febbr. 1840, dovette subito occuparsi dell'amministrazione dell'intero patrimonio familiare comprendente vaste proprietà nel Milanese, in Lomellina, nel Novarese e nel Regno delle Due Sicilie.

Il 15 febbr. 1845 fu nominato ciambellano imperiale; l'8 febbr. 1847 sposò a Genova Barbara Melzi d'Eril. Nel giugno del '47 compì un lungo viaggio a Livorno, Roma e Napoli: ebbe così occasione di incontrare e rafforzare i legami con esponenti del mondo politico ed ecclesiastico italiano e di avviare una cospicua corrispondenza con alcuni influenti gesuiti. Consigliere comunale di Milano dal 1846, visse in prima persona le vicende delle Cinque giornate.

Insieme con gli altri tre duchi di Milano (Uberto Visconti, Antonio Litta e Lodovico Melzi) il G. decise di versare un contributo di 100.000 lire ciascuno per fronteggiare la difficile situazione cittadina; fu anche fra i collettori della sottoscrizione al prestito di 24 milioni di lire emesso dal governo provvisorio di Lombardia (27 marzo 1848), ricevendo dal presidente G. Casati il diploma di "benemerito della patria" (4 apr. 1848). Ma dopo la crisi politico-religiosa del 1848-49, il suo atteggiamento si orientò sempre più decisamente verso posizioni antiliberali e legittimiste.

Tornati gli Austriaci a Milano, e riconfermato consigliere comunale, fu nominato, per espresso intervento del governatore militare J.W. Radetzky, assessore per il biennio 1849-50. Il suo indubbio legittimismo, come appare dai documenti, non era animato da ostentazioni; tuttavia il G. sostenne iniziative volte a rafforzare la politica conservatrice dell'alleanza fra il trono e l'altare.

Fu tra i promotori e i finanziatori del periodico politico milanese La Bilancia (1850-58), legittimista e clerico-reazionario; sostenne dalla nascita La Civiltà cattolica - che inaugurò anch'essa le pubblicazioni nel 1850 - e, dal 1851, si adoperò presso il governo di Vienna per il ritorno dei gesuiti a Milano. Contribuì a finanziare la fondazione del seminario lombardo di Roma - dove furono formate generazioni di preti rigorosamente tomisti e fedeli alle direttive romane - e strinse una solida amicizia con mons. P.A. Ballerini, dopo il '48 anch'egli filoaustriaco, nominato arcivescovo di Milano nel 1859 su proposta del governo di Vienna, anche se mai riconosciuto dal governo italiano.

Cavaliere di prima classe della Corona ferrea dal 30 sett. 1849, nel 1857 fu nominato consigliere intimo di Stato da Francesco Giuseppe; è possibile che, all'epoca, anche il G. avesse confidato in una politica dell'arciduca Ferdinando Massimiliano, destinato dall'imperatore come nuovo governatore del Lombardo-Veneto, più autonoma da Vienna, come confermerebbero i contatti con C. Cantù, favorevole a questo disegno, e le onorificenze concesse più tardi al G. e a sua moglie da Massimiliano, divenuto imperatore del Messico.

Liberata la Lombardia nel giugno del '59 il G., fatto oggetto di minacce da alcuni patrioti che gli rimproveravano le sue simpatie politiche, dovette lasciare Milano e rifugiarsi con la famiglia in territorio svizzero, mentre il suo palazzo fu destinato a sede dell'Intendenza generale dell'armata francese d'Italia, che lo tenne occupato per vari mesi, nonostante la richiesta che gli fosse rilasciato almeno il suo appartamento. Nel 1860, rientrato a Milano, il G. protestò per l'invasione dello Stato pontificio, partecipando poi alla campagna per l'Obolo di S. Pietro. Per evitare un imbarazzante servizio nei ruoli della guardia nazionale di Milano, nel 1861 aveva trasferito, non senza difficoltà, il domicilio suo e della famiglia nel Comune di Oreno.

Dopo il 1870 il G., già in amicizia o in corrispondenza con L. Veuillot, T. Dandolo e altri cattolici conservatori come i Campello, i Brignole Sale, i Sardi, si segnalò fra i più rigorosi esponenti della nobiltà fedele al papa e alle sue rivendicazioni temporaliste e fu tra i portabandiera dell'opposizione cattolica allo Stato liberale, aderendo alle iniziative e alle istituzioni del cattolicesimo intransigente, come l'Opera dei congressi; fu anche fra i sostenitori della costituzione della società editrice de L'Osservatore cattolico.

Il G., comunque, condusse vita austera ed esemplare, dedicandosi regolarmente alla visita domiciliare ai poveri e distribuendo in beneficenza e interventi caritativi parte cospicua del reddito familiare; va pure ricordata la sensibilità da lui dimostrata verso quelle forme nuove di presenza religiosa, di interventi sociali, quali le istituzioni culturali e scientifiche cattoliche, le nuove congregazioni religiose di vita attiva attente al pauperismo e ai nuovi bisogni creati dalla rivoluzione industriale, le istituzioni del cattolicesimo sociale.

Fu, infatti, sostenitore e benefattore delle opere salesiane di don G. Bosco, che conobbe personalmente, delle attività di mons. G.B. Scalabrini per gli emigranti, dell'istituto del Buon Pastore di Milano e di numerose nuove fondazioni religiose; mise anche a disposizione di G. Toniolo somme di danaro per borse di studio a favore di giovani studiosi cattolici. Nel 1890, eletto presidente della commissione milanese per la realizzazione di un convitto magistrale da intitolare a Leone XIII per il suo giubileo episcopale, fu tra i finanziatori dell'istituto, affidato ai gesuiti milanesi e divenuto, nel 1893, il collegio S. Luigi e convitto Leone XIII dapprima e, poco dopo, il collegio Leone XIII. Nel suo austero palazzo di via Manzoni un po' d'aria nuova venne portata a poco a poco dal matrimonio del figlio Gian Carlo, di idee più liberali, con Luisa Melzi d'Eril (1878), dalla presenza di A. Ratti chiamato dagli anni Ottanta come catechista dei nipoti, dall'avvio di un cenacolo di spiritualità per le dame di casa e della numerosa parentela Scotti, guidato da uno spirito aperto come il bollandista F. van Ortroy che negli anni Novanta compiva ricerche all'Ambrosiana.

Il G. aveva fatto testamento sin dall'11 genn. 1866 e lo aveva rinnovato il 15 febbr. 1884, dopo la morte del figlio Giuseppe, nominando erede il figlio Gian Carlo e lasciando numerosi legati a vantaggio di opere pie.

Morì a Milano il 3 genn. 1905.

Fonti e Bibl.: La raccolta più completa di documenti si trova presso l'Arch. privato Gallarati Scotti a Milano: cartt. 11-17 (patrimonio e asse ereditario); 144 (canonicato di patronato Scotti nel capitolo del duomo di Milano); 147-151 (beneficenza, associazioni cattoliche, attività politiche, giornale La Bilancia); 163-174 (carteggi familiari, con personaggi illustri, con artisti, con ecclesiastici, con amministratori); 183 (araldica). V. anche: Arch. di Stato di Milano, R. Amministr. centr. di Lombardia, cart. 68, f. 13; Milano, Arch. storico del Comune (Bibl. Trivulziana), sull'attività di consigliere comunale; G. Trivulzio Manzoni, Mem. intorno alle famiglie Gallarati e Scotti, Milano 1897, tav. XVI; L. Marchetti, Il decennio di resistenza, in Storia di Milano, XIV, Sotto l'Austria (1815-1859), Milano 1960, p. 596; F. Catalano, Vita pubblica e questioni sociali (1859-1900), ibid., XV, Nell'Unità italiana, ibid. 1962, p. 160; T. Gallarati Scotti, Interpretazioni e memorie, Milano 1960 (in partic. pp. 137-142); G.G. Gallarati Scotti, Mondo nero e mondo bianco sul finire dell'800 a Milano, Vimercate 1978, pp. 6-18; F. Della Peruta, Il giornalismo ital. dal 1847 all'Unità, in La stampa italiana del Risogimento, a cura di V. Castronovo - N. Tranfaglia, Bari 1979, pp. 519-529; G. Rumi, Lombardia guelfa, Milano 1988, pp. 69, 83, 85; F. Cajani, I benefici eccles. del patriarca Ballerini dalla cappellania Orombelli al patronato Gallarati Scotti, Besana Brianza 1993, pp. 26-32, 110-115 e passim; N. Raponi, Nuove forme di presenza culturale nella società lombarda di fine secolo: le congregazioni religiose e la genesi del Leone XIII, in Boll. dell'Arch. per la storia del mov. sociale catt. in Italia, XXX (1995), pp. 266-288; I. Villa, Verso l'Unità d'Italia: dalla Restaurazione alla vigilia della seconda guerra d'indipendenza, in G. Farinelli - E. Paccagnini - G. Santambrogio - I. Villa, Storia del giornalismo ital., Torino 1997, p. 152.

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