Garanzia [dir. civ.]

Diritto on line (2016)

Tommaso Febbrajo

Abstract

Vengono illustrati i diversi ed eterogenei ambiti di operatività della garanzia civilistica, intesa sia come insieme di previsioni volte a garantire il godimento di un diritto, sia come insieme di istituti volti ad accrescere o rafforzare, per un dato creditore, la probabilità di essere soddisfatto. In quest’ultimo contesto, si traccia la distinzione tra garanzia generica e garanzie specifiche, tra garanzie reali e personali e si ripercorrono le principali direttrici di sviluppo delle cc.dd. garanzie atipiche, sorte dietro l’impulso della prassi al fine di individuare strumenti di tutela dei finanziamenti sempre più agili ed efficaci.

La nozione civilistica di garanzia

Il termine ‘garanzia’, inteso nel suo significato più ampio, in grado di dare conto delle applicazioni che vengono fatte dell'istituto nei diversi settori dell'ordinamento giuridico, designa «ogni congegno di protezione di determinati interessi contro l'eventualità di offese cui siano esposti» (Mastropaolo, F., I contratti autonomi di garanzia, Torino, 1995, 20). In ambito civilistico, il termine ‘garanzia’ viene impiegato dal legislatore in una grande varietà di accezioni e con riferimento a situazioni eterogenee (Fragali, M., Garanzia (dir. priv.), in Enc. dir., Annali, XVIII, Milano, 1969, 448; Barbiera, L., Garanzia del credito e autonomia privata, Napoli, 1971, 19; Tucci, G., Garanzia, in Dig. civ., VIII, Torino, 1992, 581).

Gli sforzi della dottrina di individuare una nozione generale del concetto, capace di ricondurre a unità le diverse fattispecie, non sono mai pervenuti ad un esito condiviso e del termine ‘garanzia’ si rinvengono definizioni differenti, modulate a seconda della metodologia e della prospettiva di volta in volta utilizzata dagli interpreti. Più precisamente, il problema relativo alla individuazione della nozione generale di garanzia viene affrontato con due metodologie differenti.

Da un lato vi è chi, muovendo dal dato testuale e, mettendo in luce i punti di contatto esistenti tra le varie ipotesi definite dal legislatore con il termine ‘garanzia’, tenta di enucleare una definizione unitaria ed omnicomprensiva, capace di ricomprendere tutte le situazioni a cui il termine viene riferito. Dall’altro lato, vi è chi ritiene non appagante limitarsi ad una ricognizione del concreto manifestarsi delle fattispecie nominalmente ricondotte al fenomeno e suggerisce di individuare un «concetto tecnico» di garanzia, sulla base del quale circoscrivere l’ambito di applicazione dell’istituto e «relegare ciò che rimane fuori, nel campo del figurato o del traslato» (Fragali, M., Garanzia, cit., 449 s.).

Seguendo la prima impostazione, si è affermato, con una fortunata formula di sintesi, che per garanzia deve intendersi «ogni mezzo apprestato dall'ordinamento per assicurare (o accrescere la sicurezza) circa il godimento di un diritto o l'adempimento di un'obbligazione» (Bo, G., Garanzia, in N.D.I., VI, Torino, 192; Montel, A., Garanzia, in Nss.D.I, VII, Torino, 1968, 742; Mastropaolo, F., I contratti autonomi di garanzia, cit., 21; Briganti, E., Fideiussione e promessa del fatto altrui, Napoli, 1981, 12). Nel suo nucleo essenziale, pertanto, la garanzia avrebbe caratteri spiccatamente funzionali e sarebbe strutturalmente collegata a una distinta situazione soggettiva, riconosciuta e tutelata dal diritto, che essa mira a rendere effettivamente realizzabile o che, genericamente, rafforza (Mastropaolo, F., I contratti autonomi di garanzia, cit., 21).

Sul fronte opposto, si afferma che la funzione tecnica di garanzia andrebbe riferita esclusivamente a quegli istituti che hanno l’effetto di «accrescere o rafforzare per un dato creditore, la probabilità di essere soddisfatto» e non anche alle figure che vengono indicate come «garanzia del godimento di un diritto» (Fragali, M., Garanzia, cit., 454). Ed invero, la garanzia di un’obbligazione non potrebbe consistere in una nuova obbligazione a carico dello stesso debitore perché, essendo questa del medesimo tipo dell’obbligazione da garantire, il creditore non vedrebbe rafforzata la sua posizione, né meglio assicurata l’aspettativa che gli dava la prima obbligazione. Si avrebbe semplicemente «un’obbligazione duplicata» (Fragali, M., Garanzia, cit., 449). A ben guardare, pertanto, ciò che in questi casi viene chiamato ‘garanzia’, altro non sarebbe che un’assunzione di responsabilità (Piazza, L., Garanzia, cit., 2; Fragali, M., Garanzia, cit., 449; Pugliatti, S., Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935, 265; Barbero, D., Sistema del diritto privato italiano, II, Torino 1965, 123 s.).

Classificazioni e distinzioni

La dottrina suggerisce diverse classificazioni e distinzioni della garanzia civilistica. Si usa distinguere le varie figure secondo il soggetto da cui sono prestate, debitore o terzo; in base alla fonte, legale o convenzionale; in base al contenuto, reale o personale; alla natura, tipica o atipica (Bo, G., Garanzia, cit., 192); alla struttura, distinguendosi tra garanzie a ‘struttura semplice’ (che sorgono immediatamente dalla legge, dalla sentenza o dalla volontà delle parti) e a ‘struttura complessa’ (che risultano dall’effetto combinato di un titolo e di una ulteriore situazione) (Fragali, M., Garanzia, cit., 460). Secondo un’impostazione largamente seguita, la garanzia civilistica dovrebbe essere sottoposta ad una prima macro distinzione tra a) garanzie del godimento di un diritto (cd. garanzia in senso lato), e b) garanzie del credito (c.d. garanzia in senso stretto e tecnico) (Piazza, L., Garanzia, cit., 1; Mastropaolo, F., I contratti di garanzia, in Tratt. Contr. Rescigno-Gabrielli, Milano, 2006, 23). All’interno di quest’ultima tipologia, occorrerebbe ulteriormente distinguere la cd. garanzia generica dalla garanzia specifica, la quale, a sua volta, si compone di garanzie reali e personali.

La garanzia del godimento di un diritto

In questo articolato contesto, la garanzia è principalmente costituita da clausole contrattuali o prestazioni di garanzia imposte da norme di diritto suppletivo, derogabili in varia misura dai contraenti, in forza delle quali una parte, il garante, assume il rischio contrattuale di assicurare all’altra parte, il garantito, il godimento pacifico o utile di un bene, di un’opera o di un diritto (Tucci, G., Garanzia, cit., 581). Per i contratti a titolo oneroso, il paradigma di questo tipo di garanzia è costituito dalle norme dettate in tema di vendita, alle quali si riconosce una particolare forza espansiva (De Nova, G., Il tipo contrattuale, Padova, 1974, 53). In questo senso, il nostro codice attuale (come già quello precedente, unitamente ai più importanti codici di civil law, nonché all’U.C.C. statunitense) prevede come effetto naturale del contratto, anche in assenza di una specifica disposizione delle parti, l’obbligazione del venditore di garantire al compratore il pacifico godimento del bene venduto (garanzia per evizione, artt. 1483 ss.) e quella di garantire la stessa controparte dai vizi o difetti occulti del bene medesimo (artt. 1490-1495). A queste previsioni, che corrispondono alle azioni edilizie della tradizione romanistica, si aggiungono l’art. 1497 c.c., che prevede la garanzia per mancanza di qualità promesse o essenziali per l’uso cui la cosa è destinata, e l’art. 1512 c.c., che prevede, per i soli beni mobili, la garanzia di buon funzionamento. Analoghe disposizioni si rinvengono nel contratto di locazione (art. 1578 c.c.), nel contratto di appalto (artt. 1667 ss.) e in tema di contratto d’opera (art. 2226 c.c.).

Secondo un’opinione largamente diffusa, in tutte queste ipotesi, la funzione di garanzia sarebbe assicurata da un meccanismo di assunzione di rischio e non già dalla responsabilità contrattuale (Gorla, G., La compravendita e la permuta, in Tratt. Vassalli, Torino, 1937, 88).  Ricorrerebbe, infatti, nel nostro ordinamento una «impossibilità logica» di concepire un’obbligazione relativa al modo di essere della cosa (Mengoni, L., Profili di una revisione della teoria sulla garanzia per i vizi nella vendita, in Riv. dir. comm., 1953, I, 15 ss). In caso di concretizzazione del rischio, pertanto, la responsabilità del garante non sarebbe riconducibile al genus dell’inadempimento di una obbligazione in senso tecnico, con la conseguente inapplicabilità della prova liberatoria prevista dall’art. 1218 c.c. (Tucci, G., Garanzia, cit., 582).

Questa tradizionale distinzione tra garanzia e responsabilità, non trova accoglimento nella vendita internazionale: la convenzione di Vienna del 1980 (ratificata con l. 11.12.1985, n. 765) inquadra la non conformità dei beni nell’ambito dell’inadempimento contrattuale (art. 35, co. 1) (Bin, M., La non conformità dei beni nella convenzione di Vienna sulla vendita internazionale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1990, 755). Analoga logica ispira la disciplina dei contratti di vendita di beni di consumo (artt. 128 ss. c. cons.), in cui la conformità dei beni al contratto viene a configurarsi come l’oggetto non di una garanzia in senso tecnico, bensì di una specifica obbligazione gravante sul professionista (art. 129, co. 1, c. cons.), diversa ed autonoma sia da quella avente ad oggetto il trasferimento della proprietà sia da quella di consegna del bene (De Cristofaro, G., Difetto di conformità al contratto e diritti del consumatore, Padova, 2000, 53).

Infine, si considerano da parte della dottrina garanzie a tutti gli effetti (Tucci, G., Garanzia, cit., 584) anche talune previsioni a tutela del compratore previste in tema di vendita di eredità (art. 1542 c.c.), di vendita forzata (artt. 2921 e 2922 c.c.) e di vendita di crediti (art. 1266 c.c.).

La garanzia del credito

La garanzia generica

La garanzia in senso stretto e tecnico è quella riferita all’interesse del creditore e viene definita alla stregua di un «rimedio che dà al creditore la sicurezza di raggiungere il risultato dedotto in obbligazione ed al quale egli è interessato, o almeno il suo equivalente economico, anche quando venga meno la prestazione del debitore o malgrado la sua opposizione o inerzia, agendo sui beni di lui, oppure grazie all’attività di un terzo» (Mastropaolo, F., I contratti di garanzia, cit., 36). Le garanzie in favore del creditore in caso di inadempimento possono incidere o sull’intero patrimonio del debitore o di altri soggetti passivi (fra cui i fideiussori e i terzi che assumono di rispondere nel caso di inadempimento con il loro patrimonio: garanzia generica) o su beni determinati (garanzie specifiche).

L'articolo 2740, co. 1, c.c. stabilisce che il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri. Considerato che la responsabilità del debitore costituisce una «componente essenziale» dell’obbligazione (C. cost., 15.7.1992, n. 329, in Giust. civ., 1992, I, 2309), senza la quale l’assunzione di un debito non avrebbe rilevanza giuridica, l'articolo in questione precisa che tale responsabilità è puramente patrimoniale, non involgendo più, come avveniva nel diritto romano, la persona stessa del debitore, e che l'estensione di tale responsabilità è illimitata, riguardando non solo i beni di cui il debitore disponeva all’atto dell’insorgenza dell’obbligazione, ma anche quelli successivamente pervenuti nel suo patrimonio. Tale assoggettamento del patrimonio del debitore all’azione esecutiva del creditore costituisce, secondo un’interpretazione (Pugliatti, S., Esecuzione forzata e diritto sostanziale, cit., 144) maturata sotto il vigore del codice civile abrogato (il cui art. 1949 recitava: «i beni del debitore sono la garanzia comune dei suoi creditori») ed oggi largamente accreditata presso i commentatori, una forma di garanzia (una sorta di «pegno generico», secondo una risalente teoria: Rocco, A., La realizzazione dell’obbligazione nel fallimento del debitore, in Riv. dir. comm., 1910, I, 682) e, più precisamente, la cd. garanzia generica del credito, contrapposta alle garanzie ccdd. specifiche, che riguardano singoli cespiti del debitore (Piazza, L., Garanzia, cit., 2; Tucci, G., Garanzia, cit., 590; Barbiera, L., Responsabilità patrimoniale, in Comm. c.c. Schlesinger-Busnelli, Milano, 2010, 12 ss.)

Tale affermazione non risulta, tuttavia, pacifica. Parte della dottrina contesta la riconducibilità della responsabilità patrimoniale alla figura della garanzia, facendosi notare come la formulazione dell’art. 2740 c.c. abbia significativamente abbandonato l’esplicito riferimento al termine «garanzia» contenuto nel previgente art. 1949 c.c. (Fragali, M., Garanzia, cit., 448; Ravazzoni, A., Garanzia (diritti reali di), in Dig. civ., VIII, Torino, 1992, 602).

Da altra prospettiva, parte della dottrina, accogliendo la teoria generale dell'obbligazione elaborata dalla pandettistica tedesca (Brinz, A., Lehrbuch der Pandekten, Erlangen, 1873; Von Amira, K., Nordgermanisches Obligationrecht, Leipzig, 1882), distingue nettamente i concetti di puro debito (Schuld), ossia il dovere del debitore, responsabilità (Haftung), consistente nello stato di assoggettamento dei beni del debitore (art. 2740, co. 1, c.c.) e garanzia (Gambino, F., Le obbligazioni. I. Il rapporto obbligatorio, in Tratt. Sacco, Torino, 2015, 6). Quest’ultimo concetto differirebbe da quello di responsabilità patrimoniale, dal momento che, mentre la responsabilità si riferisce ad un elemento oggettivo, ossia a ciò che costituisce materia del soddisfacimento del creditore (beni del debitore), la garanzia starebbe invece ad indicare un dato soggettivo, ossia la situazione di ciascun creditore rispetto agli altri in relazione al potere di aggressione dei beni del debitore (Messineo, F., Manuale di diritto civile e commerciale, III, Milano, 1959, 69).

Limitazioni e mezzi di conservazione della garanzia generica

La garanzia patrimoniale generica è illimitata, in quanto coinvolge tutti i beni, presenti e futuri, del patrimonio del debitore. Tuttavia, l’esecuzione forzata deve avvenire nel rispetto di un principio di proporzionalità, di cui è espressione l'articolo 496 c.p.c., il quale attribuisce al debitore la facoltà di chiedere, e al giudice dell'esecuzione il potere di disporre d'ufficio, la riduzione dei beni sottoposti a pignoramento, al fine di impedire che il debitore sia pregiudicato oltre la misura necessaria al soddisfacimento del credito (Barbiera, L., Responsabilità patrimoniale, cit., 12).

In considerazione del fatto che la garanzia generica è posta anche a presidio della giuridicità del vincolo, la responsabilità patrimoniale può essere limitata soltanto nei casi stabiliti dalla legge (art. 2740, co. 2, c.c.). Le limitazioni alla garanzia generale devono dirsi eccezionali e tassative. Ne sono esempi, l’art. 514 c.p.c, il quale contiene un elenco di cose mobili sottratte al pignoramento; i vari patrimoni separati e destinati, ossia istituti caratterizzati dall’effetto di introdurre sui beni interessati una responsabilità limitata alle sole obbligazioni connesse al perseguimento di uno scopo: il fondo patrimoniale (art. 170 c.c.); l'usufrutto legale (art. 325 c.c.); i fondi speciali per la previdenza e assistenza (art. 2117 c.c.); i patrimoni destinati dalle s.p.a. ad uno specifico affare (artt. 2447 bis ss.); gli atti di destinazione previsti dall'articolo 2645 ter c.c., ai quali si è soliti ricondurre anche la figura del trust.

Abbandonata la tesi che faceva discendere dalla garanzia patrimoniale generale uno specifico obbligo gravante sul debitore di conservare il proprio patrimonio (Cicu, A., L’obbligazione nel patrimonio del debitore, Milano, 1948, 227 ss.), l’opinione oggi dominante attribuisce alla diminuzione della garanzia non già la natura di illecito, fonte di obbligo risarcitorio, bensì il solo effetto di permettere al creditore l'esperimento di alcuni strumenti di tutela. Tra questi, i principali sono costituiti dai mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale previsti dagli artt. 2900-2906 c.c.: il sequestro conservativo, l’azione revocatoria e l’azione surrogatoria (Tucci, G., Garanzia, cit., 590). Funzione indirettamente protettiva della garanzia del credito viene riconosciuta anche ad alcuni rimedi di autotutela: il diritto di ritenzione (artt. 1152, 1006; 2794 co. 2, 1689, co. 2, c.c.); la decadenza dal beneficio del termine (art. 1186 c.c.) e la sospensione dell'adempimento per mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore (art. 1461 c.c.).

Le garanzie specifiche

In molti casi, il concreto grado di rischio connesso all’inadempimento è tale da rendere la garanzia generica non sufficiente allo scopo di tutelare il creditore. Si avverte, in queste ipotesi, l’esigenza di apprestare altri e più efficaci strumenti che, aggiungendosi alla responsabilità patrimoniale ed integrandola, rafforzino ulteriormente la posizione del creditore, sì da consentirgli l’assunzione, in condizioni di relativa tranquillità, di un rischio superiore alla media. Con riferimento a questi strumenti si parla di «garanzie specifiche» (contrapposte alla «garanzia generica» offerta dal patrimonio del debitore) o anche di «garanzie aggiuntive», per indicare che si tratta di elementi posti ad integrare e rafforzare un apparato di sicurezza del credito già presente nel rapporto obbligatorio (Piazza, L., Garanzia, cit., 3; Bianca, C.M., Diritto civile. Le garanzie reali. La prescrizione, VII, Milano, 2012,14).

Si ha garanzia specifica dell’obbligazione quando al creditore viene concesso un diritto di prelazione su determinati beni del debitore o eventualmente su beni del terzo (garanzia reale) oppure quando il soddisfacimento del diritto del creditore è agevolato dalla concorrente responsabilità personale per lo stesso debito di un altro soggetto (garanzia personale) (Ravazzoni, A., Garanzia, cit., 603). Tipici diritti di garanzia di questo tipo sarebbero la fideiussione, il pegno, l’ipoteca, i privilegi, l’anticresi, la ritenzione e la cauzione (Bianca, C.M., Diritto civile. Le garanzie reali, cit., 14).

Secondo una definizione più ristretta, per ‘garanzie specifiche’ dovrebbero intendersi soltanto le cause legittime di prelazione (privilegi, pegno e ipoteca) previste dall’art. 2741, co. 2, c.c. le quali, in deroga al principio della par condicio creditorum, permettono di sottrarre alla garanzia generica taluni beni in modo tale da accrescere, per i creditori che ne beneficiano, la probabilità di vedere soddisfatte le proprie pretese (Messineo, F., Manuale, cit., 69).

Garanzie reali e personali

Le garanzie reali attribuiscono al creditore il diritto di espropriare, anche nei confronti di eventuali terzi acquirenti, i beni (del debitore o di terzi) vincolati a garanzia del suo credito e di essere soddisfatto con preferenza rispetto agli altri creditori sul prezzo ricavato dalla loro espropriazione (Ravazzoni, A., Garanzia, cit., 602).

Le garanzie reali fondamentali e indiscusse sono il pegno e l’ipoteca. Per alcuni rientrerebbero in questa categoria anche l’anticresi, la ritenzione e la cauzione (Bianca, C.M., Diritto civile. Le garanzie reali, cit., 14). Per altri, invece, (Fragali, M., Garanzia, cit., 455) nella cauzione scomparirebbe ogni distinzione terminologica, intendendosi in questo caso denominare tanto la garanzia reale quanto quella personale.

Secondo l’opinione prevalente in dottrina, anche i privilegi speciali rientrerebbero nelle garanzie reali (Ravazzoni, A., Garanzia, cit., 606).

Pegno e ipoteca vengono tradizionalmente definiti come diritti reali di garanzia su cosa altrui. Il bene resta di proprietà di chi lo ha dato in pegno o ipoteca e può essere liberamente alienato dal proprietario, ma il creditore acquista sul bene: a) il diritto di seguito, cioè la possibilità di aggredire il bene da sottoporre ad esecuzione forzata, anche se fuoriuscito dal patrimonio del debitore, per essere stato nel frattempo trasferito ad un terzo; b) il diritto di prelazione, cioè la possibilità di soddisfarsi sul bene con priorità rispetto agli altri creditori, che potranno a loro volta soddisfarsi solo sull’eventuale residuo.

Il pegno e l’ipoteca possono essere costituiti a garanzia dell’obbligazione non solo dal debitore, ma anche dal terzo, il quale così assume la veste di terzo datore di pegno (art. 2784 c.c.) o di terzo datore di ipoteca (artt. 2868 ss.).

Dalle garanzie reali, costituite su di una cosa del debitore o di un terzo, vincolata alla garanzia di un credito, si distinguono le garanzie personali (fideiussione, mandato di credito e avallo) caratterizzate dal fatto che in questo caso è un soggetto che garantisce con il proprio patrimonio l’adempimento di una obbligazione altrui. Tipica figura di garanzia personale è la fideiussione (art. 1936, co. 1, c.c.). Tale garanzia presuppone l’intervento di un terzo garante ma, a differenza del pegno e dell’ipoteca, non attribuisce un diritto su di un dato bene opponibile anche a terzi acquirenti, né una preferenza nei confronti degli altri creditori, ma offre al garantito un altro patrimonio (garanzia generica) su cui rivalersi, oltre a quello del debitore eventualmente inadempiente (Fragali, M., Garanzia, cit., 455).

Le garanzie atipiche

La rapida evoluzione della realtà economica degli ultimi decenni ha messo a dura prova la tenuta dei tradizionali istituti codicistici di sicurezza del credito, i quali, modellati sulle esigenze di un contesto assai differente rispetto a quello odierno, hanno inevitabilmente subito molteplici sollecitazioni ad opera della prassi. Si è trattato di sollecitazioni volte alla ricerca di tecniche sempre più agili ed efficaci di tutela dei finanziamenti, spinte dalla progressiva accelerazione della velocità con cui circola la ricchezza mobiliare (Fiorentini, F., Le garanzie reali atipiche, in Riv. dir. civ., 2000, 253; Portale, G.B., Le garanzie bancarie internazionali, Milano, 1989, 1 ss.; Piazza, L., Garanzia, cit., 4).

Rispetto alle nuove esigenze imposte dall’evoluzione del mercato dei finanziamenti, le garanzie personali e quelle reali hanno manifestato differenti indici di resistenza.

La disciplina predisposta per le garanzie personali si è rivelata sufficientemente elastica da permettere alla prassi, da un lato, di introdurre garanzie atipiche, apportando una pluralità di emendamenti ai tradizionali tipici schemi codicistici (è il caso della fideiussione omnibus) e, dall’altro, di importare da ordinamenti stranieri figure negoziali inedite (è il caso delle garanzie autonome a prima richiesta e delle lettere di patronage), le quali, sospinte da una rapida diffusione soprattutto nel settore bancario, hanno superato le iniziali oscillazioni manifestate da dottrina e giurisprudenza sul punto della loro liceità, sino ad ottenere, come nel caso della clausola omnibus nel contratto di fideiussione, anche un riconoscimento normativo (l. 17.2.1992, n.154, il cui art. 10 ha novellato gli artt. 1938 e 1956 c.c.) (Cenini, M., Garanzie atipiche, in Dig. civ., Aggiornamento, VIII, Torino, 2013, 305; Fiorentini, F., Le garanzie reali atipiche, cit., 254; Chinè, G., Fideiussione omnibus e contratto autonomo di garanzia, in Gius, 1996, 93; Nappi, F., Studi sulle garanzie personali. Un percorso transnazionale verso una scienza civilistica europea, Torino, 1997; Bozzi, G., L’autonomia negoziale nel sistema delle garanzie personali, Napoli, 1990, 34 ss.).

Uno sviluppo analogo si è verificato con riferimento al pegno, risultando ormai pacifica la validità della figura del pegno cd. omnibus, costituito cioè a garanzia di crediti futuri ed indeterminati; e delle clausole cd. di ‘rotatività’ , che mirano a far rientrare nell’oggetto del pegno beni futuri e diversi rispetto a quelli originari, senza che sia necessario a tal fine alcun ulteriore adempimento formale (Gabrielli, E., Il pegno «anomalo», Padova, 1990, 213; Messinetti, D., Le strutture formali della garanzia mobiliare, in Riv. crit. dir. priv., 1991, 783). Anche in questo contesto è intervenuto il legislatore, con il d.lgs. 21.5.2004, n. 170, il quale, recependo la direttiva 2002/47/CE sui contratti di garanzia finanziaria (da ultimo modificata dalla direttiva 2009/44/CE, recepita a sua volta dal d.lgs. 24.3.2011, n. 48), ha disciplinato il pegno su attività finanziarie prevedendo all’art. 1, lett. g), l’ammissibilità della cd. clausola di sostituzione, ovvero della «clausola del contratto di garanzia finanziaria che prevede la possibilità di sostituire in tutto o in parte l’oggetto nei limiti del valore dei beni originariamente costituiti in garanzia» (Cenini, M., Garanzie atipiche, cit., 305; Tarzia, G., Le garanzie atipiche (e l’attuazione della direttiva europea sui contratti di garanzia finanziaria), in Fall., 2005, 485).

Nel suo complesso, tuttavia, il sistema delle garanzie reali tipiche si è rivelato scarsamente flessibile ad assecondare le nuove esigenze, a causa della rigidità che connota la disciplina codicistica della responsabilità patrimoniale, dell’inderogabilità del principio della par condicio creditorum e della tipicità dei diritti reali di garanzia. In questo contesto, pertanto, l’autonomia privata ha avuto scarsi margini di manovra, creando così i presupposti per il progressivo divaricarsi di una frattura tra la staticità dei modelli giuridici e la dinamicità della realtà economica, prodromo di quella che è stata definita la «crisi delle garanzie reali tipiche» (Fiorentini, F., Le garanzie reali atipiche, cit., 255; Mariconda, V., Trasferimenti commissori e principio di legalità, in Foro it., 1990, I, c. 1428).

Di fronte alla rigidità del dato legale, la prassi mercantile ha tentato di aprire il settore delle garanzie reali del credito a schemi innovativi, facendo ricorso a strumenti tipici predisposti dal diritto delle obbligazioni e dei contratti, impiegati dagli operatori con una inedita finalità di garanzia del credito. In questa direzione si collocano figure quali la vendita con riserva di proprietà, con patto di riscatto, sospensivamente o risolutivamente condizionata, il cd. riporto finanziario, il contratto di sale and lease back, la cessione di credito in garanzia, il mandato all’incasso a scopo di garanzia e quello a vendere conferite dal debitore al creditore e, più in generale, tutte le altre ipotesi ricondotte alla categoria delle ccdd. ‘alienazioni a scopo di garanzia’ (Fiorentini, F., Le garanzie reali atipiche, cit., 253; Cenini, M., Garanzie atipiche, cit., 305; Sesta, M., Le garanzie atipiche. Vendita, cessione del credito, mandato a scopo di garanzia, contratto autonomo di garanzia, Padova, 1998, 34 ss.). Tutte queste fattispecie, prevedendo un trasferimento di proprietà tra soggetti legati da un rapporto di debito-credito, si pongono in potenziale conflitto con il divieto del patto commissorio (art. 2744 c.c.) ed hanno innestato, ognuna per le proprie caratteristiche, articolati dibattiti in merito alla loro validità, non sempre approdati ad esiti positivi, come nel caso della vendita con patto di retrovendita, considerata dalla giurisprudenza prevalente nulla per contrarietà all’art. 2744 c.c. o, più spesso, perché in fraudem legis, in quanto diretta ad eludere, ai sensi dell’art. 1344 c.c., il divieto di patto commissorio (Cass., S.U., 3.4.1989, n. 1611; Cass., 12.12.2011, n. 20956; Fiorentini, F., Le garanzie reali atipiche, cit., 253 ss.).

Fonti normative

Artt. 1266, 1344, 1483, 1490-1495, 1497, 1512, 1542, 1578, 1667, 2226, 2740, 2741, 2744, 2784, 2868, 2900-2906, 2921, 2922 c.c.; artt. 128, 129 c. cons.

Bibliografia essenziale

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