GEBEARDO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)

GEBEARDO

**

Tedesco, canonico della cattedrale di Eichstätt, dovette nascere verso la fine del secolo X; compare per la prima volta nelle fonti, già arcivescovo di Ravenna, in un atto del 23 febbr. 1028 (edito da Amadesi, pp. 327 s.) nel quale concedeva in enfiteusi a Michele medico e Anastasio suo cugino alcuni fondi rustici di proprietà della locale Chiesa.

Predecessore di G. alla cattedra archiepiscopale era stato Eriberto il quale aveva accolto in città Corrado II di Franconia quando questi, già incoronato re d'Italia a Milano nel 1026, aveva soggiornato a Ravenna prima di dirigersi verso Roma. Lo stesso Eriberto, stando ai Gesta archiepiscoporum di Arnolfo, aveva assistito all'incoronazione imperiale di Corrado avvenuta il 26 marzo 1027 in Laterano, dove aveva avuto un contenzioso con l'arcivescovo di Milano, Ariberto d'Intimiano, circa il privilegio di accompagnare il sovrano davanti a papa Giovanni XIX. L'ultima notizia sul predecessore di G. risale al 6 apr. 1027, quando questi si trovava ancora a Roma in occasione di un sinodo lateranense presieduto dal pontefice e dall'imperatore, nel quale fu discussa l'assegnazione di questo privilegio.

La nomina di G., che era probabilmente nel seguito di Corrado II come cancelliere o cappellano di corte, dovette avvenire con tutta probabilità negli ultimi mesi di quello stesso anno e confermava la tradizionale presenza nell'archidiocesi ravennate di vescovi "scelti tra i membri della Deutsche Reichskirche" (Violante, 1955, p. 7), caratteristica per tutto il X e XI secolo. A questo allineamento politico (sia in ambito locale, sia in quello più propriamente "imperiale") G. rimase sostanzialmente fedele nel corso del suo pontificato, mentre la sua azione pastorale fu caratterizzata dalla costante rivendicazione dei beni e dei privilegi pertinenti alla sua Chiesa e dal sostegno dato alle correnti spirituali riformatrici diffusesi nei primi decenni del secolo XI.

Due placiti, rispettivamente del 1030 e del 1032, vedono G. in relazione con i più importanti signori dell'epoca e sono particolarmente significativi in relazione a quanto affermato. Nel primo, svoltosi nei pressi di Bologna il 6 giugno 1030, i conti Ugo e Ubaldo intervenivano a favore di Ugo, procuratore di G., contro Geremia e i suoi fratelli, detentori abusivi di beni di pertinenza dell'archiepiscopato; nel secondo, presieduto da Bonifacio di Canossa, marchese di Toscana, e tenutosi tra il 16 e il 18 marzo a Codrea e a Ferrara, venivano riconsegnati a un procuratore di G. beni fondiari posseduti dalla Chiesa di Ravenna e indebitamente gestiti da Boculo e Guido, fratelli, e da Guarino loro cugino.

Bonifacio di Toscana e Ugo, conte di Bologna, ricompaiono in un altro, importante momento della vita di G., in occasione della campagna di Borgogna condotta da Corrado II. In seguito alla morte del re di Borgogna, Rodolfo III (6 sett. 1032), Corrado II era stato designato a succedergli al trono, suscitando così l'ostilità di Oddone, conte di Blois e duca di Champagne, e di una parte della feudalità avversa a tale investitura. Le basi della spedizione militare allestita da Corrado II furono poste nel corso di un convegno, tenutosi il giorno di Pasqua a Ratisbona (14 apr. 1034). La storiografia recente (Violante, 1965) vuole che anche G. fosse presente in tale occasione e che proprio il presule di Ravenna sia stato posto, insieme con Bonifacio di Canossa e Ariberto d'Intimiano, a capo del contingente dei signori, laici ed ecclesiastici giunti dall'Italia in soccorso dello schieramento imperiale. La presenza di G. alla Dieta pasquale non è testimoniata dalle fonti; egli era però certamente presente a Ratisbona il 30 aprile successivo, quando otteneva un diploma d'investitura della contea di Faenza da Corrado II (che qualifica G. come "fidelissimus filius", cfr. Mon. Germ. Hist., Dipl., IV, p. 284), con ampi diritti e poteri riguardanti l'amministrazione della giustizia e larghe prerogative di natura fiscale. Ugo di Bologna sottoscriveva, poco tempo dopo (26 giugno), in presenza di G. e di Guido, abate di Pomposa, l'accettazione della cessione della contea di Faenza, sulla quale la sua famiglia esercitava abitualmente prerogative di natura signorile. Nello stesso atto però G. cedeva a Ugo la metà di tali diritti, con il probabile intento di assicurarsi la piena collaborazione del conte di Bologna e potersi così sottrarre agli obblighi militari. Nessun cronista contemporaneo attesta la fattiva partecipazione di G. alla campagna di Borgogna, già terminata ai primi di agosto; il 27 di quello stesso mese egli era senz'altro nella sua sede archiepiscopale, dove concedeva in enfiteusi alcuni fondi rustici (Federici - Buzzi, pp. 8 s.).

La rivendicazione dei propri diritti patrimoniali, all'interno della quale si giustificano i placiti del 1030 e del 1032, fu, come accennato, una costante della sua attività, fin dal privilegio ottenuto da Corrado II nel 1028, probabilmente nel mese di maggio, nel quale venivano confermati in favore della Chiesa ravennate "omnes res mobiles et immobiles […] et privilegia" (Mon. Germ. Hist., Dipl., IV, p. 165; per l'analisi del documento cfr. Rabotti, p. 143). Gli atti editi da M. Fantuzzi attestano che tale cura riguardava l'intero territorio soggetto a vario titolo a Ravenna e alle sue diocesi suffraganee.

Particolare attenzione G. dedicò alla vita e ai costumi del clero: in un atto emanato nel gennaio 1114, al tempo di Gualtiero arcivescovo di Ravenna, si fa esplicito riferimento alle donazioni a suo tempo compiute da G. in favore dei canonici della cattedrale, per incentivarne la vita comune. Identica cura è testimoniata dall'approvazione da lui data alla regola, redatta da Giovanni vescovo di Cesena il 2 giugno 1042, per i canonici della locale cattedrale. Nell'atto (edito fra l'altro in Samaritani, 1967, pp. 137-140) la sottoscrizione di G., apposta in primo ordine, è stata vista come la concreta testimonianza del suo impegno nell'estendere alle diocesi suffraganee il suo impegno riformatore (Vasina). Si inserisce in tale prospettiva il legame con Pier Damiani, che G. dovette conoscere quando questi risiedette presso il monastero di S. Maria di Pomposa (1040-41). Di tale rapporto ci rimane una lettera scritta intorno al 1043 (e non due lettere, come spesso sostenuto dalla letteratura storica, cfr. Pier Damiani, p. 109), nella quale il Damiani, dopo essersi scusato per non potersi recare a Ravenna (come avrebbe voluto G.), invita il presule a mantenere salda la sua lotta contro la simonia e per la riforma dei costumi.

In ambito locale G. fu particolarmente legato al monastero femminile di S. Andrea Apostolo e all'importante istituzione monastica di S. Maria di Pomposa.

Proprio in favore di Emma, badessa di S. Andrea, fu emanato, il 15 giugno 1028, un atto nel quale G. donava il monastero di S. Maria "in Coeloseo" e la chiesa di S. Martino, siti in Ravenna, nonché altri beni immobili urbani ed extraurbani. Il possesso di questi dovette essere successivamente oggetto di controversie, come attestano due placiti, emanati rispettivamente il 20 apr. 1030 e il 12 genn. 1031, ai quali era presente anche G., e un diploma emanato a Treviso da Corrado II il 1° sett. 1037, nei quali furono riconfermate tali concessioni.

Intenso fu il legame di G. con il monastero di Pomposa, di pertinenza della Chiesa ravennate, e con il suo abate Guido, già ricordato. Proprio nel corso dell'abbaziato di quest'ultimo, discepolo di Romualdo camaldolese, Pomposa conobbe il suo massimo splendore grazie anche alla costante protezione di G., che l'arricchì notevolmente con donazioni e concessioni in enfiteusi. In un documento rogato a Ravenna il 29 maggio 1031 (ritenuto da alcuni spurio, ma cfr. comunque Regesta Pomposiae, p. 99, n. 149, con la bibliografia ivi citata) G. confermava il godimento di beni già detenuti da Pomposa, fra i quali i monasteri di S. Stefano Maggiore, quello di S. Stefano Minore e S. Zaccaria, in Ravenna, e le curtes di Montarione e di Ostellato con la vicina chiesa di S. Pietro. Su queste località, poste lungo il delta padano, e su queste istituzioni la curia ravennate vantava precipui diritti di giurisdizione: l'atto s'inseriva a pieno titolo nel quadro della definizione, avviata in quegli anni, dei rapporti patrimoniali fra Pomposa e Ravenna, sottolineando anche i diritti dell'archiepiscopato su tali possedimenti. In questa prospettiva si pongono sia il diploma di concessione patrimoniale in favore di Pomposa emanato (30 apr. 1037) da Corrado II nel corso di un suo soggiorno ravennate (nel quale G. figura come intercessore presso l'imperatore), sia un decreto, sottoscritto da G. in occasione di un sinodo locale tenutosi a Ferrara il 30 apr. 1042.

Stando la Vita sancti Guidonis, G. fu testimone di un miracolo operato dall'abate Guido, che trasformò in vino l'acqua destinata al presule ravennate e contenuta nella stessa caraffa dalla quale si dissetava lo stesso Guido (il miracolo è riportato anche in un ciclo di affreschi del XIV secolo del refettorio cenobiale).

G. morì il 16 febbr. 1044 e fu sepolto nel capitolo dell'abbazia di Pomposa. Il giorno della sua morte, oltre che da una lapide seicentesca (edita in Federici, p. 365), posta in occasione della traslazione dei suoi resti e riproducente un'epigrafe precedente ormai illeggibile, è riportato anche nel Liber anniversariorum del monastero femminile di Lindau. La sua morte è ricordata anche da altre fonti di ambito ecclesiastico sempre di area germanica, a testimonianza degli ininterrotti rapporti mantenuti da G. con la sua terra d'origine.

Fonti e Bibl.: Appendix ad Agnelli Ravennatis Pontificale, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., II, 1, Mediolani 1723, col. 207; Annales Augustani, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Script., III, Hannoverae 1839, pp. 125 s.; Hermannus Augiensis, Chronicon de sex aetatibus mundi, a cura di G.H. Pertz, ibid., V, ibid. 1844, p. 125; Gundecharus episcopus Eichstetensis, Liber pontificalis Eichstetensis, a cura di L. Bethmann, ibid., VII, ibid. 1846, p. 249; Arnulphus, Gesta archiepiscoporum Mediolanensium, a cura di L. Bethmann - W. Wattenbach, ibid., VIII, ibid. 1848, p. 12; Liber anniversariorum monasterii Lindaugiensis, a cura di F.L. Baumann, Ibid., Necrologia, I, Berolini 1886, p. 183; Liber anniversariorum et necrologium monasterii Sancti Galli, a cura di F.L. Baumann, ibid., p. 467; Die Urkunden der deutschen Könige und Kaiser, a cura di H. Bresslau, Ibid., Diplomata, IV, Hannoverae-Lipsiae 1909, pp. 164 s., 284 s.; Wipo, Gesta Chuonradi II…, a cura di H. Bresslau, Ibid., Script. rer. Germanic., LXI, ibid. 1915, p. 36; Pier Damiani, Die Briefe, a cura di K. Reindel, ibid., Die Briefe der deutschen Kaiserzeit, IV, 1, München 1983, pp. 105-111; H. Rubeus, Historiarum Ravennatum libri decem, Venetiis 1590, pp. 229, 232, 278-281, 813; Vita s. Guidonis abbatis, in Acta sanctorum… Martii, III, Antverpiae 1668, p. 914; L.A. Muratori, Annali d'Italia…, VI, Milano 1744, pp. 93, 103; G.B. Mittarelli - A. Costadoni, Annales Camaldulenses…, I, App., Venetiis 1755, p. 282; II, ibid. 1756, pp. 22, 25, 49, 53, 76 s., 87-89, 93; App., pp. 7-101; P. Federici, Rerum Pomposianarum historia, I, Romae 1781, pp. 328-332, 506-509 e s.v. Gebehardus Ravennas archiepiscopus; G.A. Amadesi, In antistitum Ravennatum chronotaxim…, Faventiae 1783, I, p. 97 n. 72; II, pp. 169-175, 327 s.; Monumenti ravennati de' secoli di mezzo, a cura di M. Fantuzzi, I, Venezia 1801, pp. 260-264, 267 s., 272-276; II, ibid. 1802, pp. 70-72, 306 s.; Appendice ai Monumenti ravennati…, a cura di A. Tarlazzi, I, 1, Ravenna 1872, p. 43; II, ibid. 1884, p. 2; V. Federici - G. Buzzi, Regesto della Chiesa di Ravenna. Le carte dell'Archivio Estense, Roma 1911, pp. 8 s.; I placiti del Regnum Italiae, a cura di C. Manaresi, III, Roma 1960, pp. 28-31, 35-37; Regesta Pomposiae, a cura di A. Samaritani, I, Rovigo 1963, pp. 99, 105; R. Volpini, Placiti del "Regnum Italiae" secoli IX-XI…, Milano 1975, pp. 407-409; A. Zirardini, De antiquis sacris Ravennae aedificiis, Ravenna 1908-09, pp. 25-37; S. Fabbri, Le sagre memorie di Ravenna, Venezia 1664, pp. 476 s.; G. Cappelletti, Le chiese d'Italia…, II, Venezia 1844, pp. 105-107; G. Berti, Sull'antico duomo di Ravenna ed il battistero e l'episcopio…, Ravenna 1880, pp. 78-84, 92, 289-294; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens unter den Sächsischen und Salischen Kaisern…, Leipzig-Berlin 1913, p. 156; G. Buzzi, Ricerche per la storia di Ravenna e di Roma dall'850 al 1118, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XXXVIII (1915), pp. 172-175; Id., La curia vescovile e la curia cittadina dall'850 al 1118, in Bull. dell'Istituto stor. italiano, XXXV (1915), pp. 46-48 (con l'elenco delle pergamene conservate nell'Archivio arcivescovile di Ravenna riguardanti G.); A. Falce, Bonifacio di Canossa padre di Matilde, Reggio Emilia 1927, I, La storia, pp. 131, 240 s.; II, Regesto, pp. 26, 29, 37; A. Vasina, Lineamenti di vita comune del clero presso la cattedrale ravennate nei secoli XI e XII, in La vita comune del clero nei secoli XI e XII. Atti della II Settimana di studio, Mendola… 1959, II, Milano 1962, pp. 203, 206, 222-225; C. Violante, La pataria milanese e la riforma ecclesiastica, I, Le premesse (1045-1057), Roma 1955, pp. 6 s.; A. Simonini, La Chiesa ravennate: splendore e tramonto di una metropoli, Ravenna 1964, pp. 239-242; C. Violante, L'età della riforma della Chiesa in Italia, in Storia d'Italia (UTET), II, Torino 1965, p. 124; P. Laghi, S. Guido abbate di Pomposa, in Analecta Pomposiana, III, Bologna 1967, pp. 56 s., 103 s.; A. Samaritani, G. di Eichstätt arcivescovo di Ravenna…, ibid., pp. 109-140; H.P. Laqua, Traditionen und Leitbilder bei den ravennater Reformer Petrus Damiani. 1042-1052, München 1976, ad ind.; H. Zimmermann, Presenza germanica e società locale dall'età sassone a quella sveva, in Storia di Ravenna, a cura di A. Vasina, III, Venezia 1993, pp. 116 s.; G. Rabotti, Dai vertici dei poteri medievali: Ravenna e la sua Chiesa fra diritto e politica dal X al XIIIsecolo, ibid., pp. 141-143; O. Capitani, Politica e cultura fra Papato e Impero dall'XI al XII secolo, ibid., pp. 172-174, 195, e ad indicem.

CATEGORIE