BECCHI, Gentile

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970)

BECCHI, Gentile

Cecil Grayson

Figlio di Giorgio, nacque ad Urbino, forse nel terzo decennio del sec. XV. Mancano notizie precise dei suoi studi, in cui presto si distinse attirando su di sé l'attenzione di Cosimo de' Medici. Fin dal 1454 precettore dei figli di Piero di Cosimo, la sua fama e fortuna furono legate in gran parte alla persona di Lorenzo il Magnifico, che egli educò insieme col fratello Giuliano non solo nelle lettere latine, ma anche nella poesia e nella prosa volgare. La corrispondenza del B. con Piero de' Medici, con Lucrezia Tornabuoni e con lo stesso Magnifico testimonia la vigile cura da lui posta nell'educazione dei figli e il sincero affetto che egli nutrì sempre per i suoi allievi e per la famiglia medicea in genere. Tipica dell'uomo la costante fedeltà ai suoi signori sia nelle cose personali sia in quelle politiche. La parte che egli ebbe nella formazione morale e intellettuale soprattutto di Lorenzo deve ritenersi uno dei suoi principali contributi alla storia di Firenze durante il sec. XV.

Non è del tutto vero però, come scrisse il Dennistoun, che "l'interesse destato dalla figura del B. si deve piuttosto all'importanza dei suoi allievi anziché alla propria". Alla posizione che egli ebbe presso i Medici è dovuto, almeno in parte, il suo avanzamento nella carriera ecclesiastica. Nominato canonico di Firenze e di Pisa, ebbe benefizi a Decimo, Cascina e Fagna, e Giovanni Neroni, arcivescovo di Firenze, lo volle al suo fianco nell'amministrazione della diocesi fidando nelle sue non comuni qualità personali. E se gli valse la raccomandazione di Lorenzo per la nomina, a vescovo di Arezzo nel 1473, i suoi talenti di letterato nonché la sua devozione alle cose della Chiesa lo resero caro a Sisto IV che lo volle presso di sé come scrittore e familiare. A Firenze, nel circolo mediceo, si trovò in rapporti di amicizia cogli uomini più celebri del tempo, tra cui il Ficino, il Landino e il Poliziano, ed ebbe rapporti epistolari con molti altri umanisti e poeti famosi, tra cui Iacopo Ammannati, Francesco Filelfo, il Campano, l'Aliotti, il Rimiccini e Donato Acciaiuoli. Il Landino lo incluse nella compagnia che discuteva De nobilitate (dicembre 1469) e il Poliziano gli indirizzò una delle sue più belle odi, "per forma e pensiero e affetto notevolissima" (Del Lungo), ode composta dopo la congiura de' Pazzi in cui perì Giuliano de' Medici (1478). A questo fatto va riferita la famosa lettera del Poliziano a Lucrezia Tornabuoni, scritta da Caffagiolo, in cui egli descrive la desolazione sua e di messer Gentile.

Alla congiura de' Pazzi seguì un episodio molto discusso della carriera del Becchi. In seguito all'impiccagione dell'arcivescovo Salviati e di altri congiurati, Sisto IV scomunicò Lorenzo e lanciò l'interdetto contro la città di Firenze (1º giugno 1478). Il B., fedele al suo signore e a Giuliano, si mise alla testa dell'opposizione alle censure papali, cercando di convocare un concilio dei prelati del territorio fiorentino.

È ancora oggetto di controversia per gli storici moderni, come lo fu per gli antichi, se questa "Synodus Florentina" sia o no avvenuta. Primo per il sì fu il Machiavelli (Istorie Fiorentine, VIII, xi), per il no, oltre al Fabroni che ripubblicò il lungo documento steso evidentemente dal B. e "datum in Ecclesia nostra Cathedrali Sanctae Reparatae 23 Iulii 1478" (già in Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozz. 387), fu propenso il Pastor (Storia dei Papi, II, Roma 1925, p. 518 n. 4). Non sembra che si possa dubitare dell'autenticità di questo discorso o rapporto che sia, che chiama il papa "diaboli Vicarius", accusandolo di aver istigato la congiura per sovvertire la situazione politica e procedere ingiustamente contro Firenze e Lorenzo; in difesa di quest'ultimo il B. riassume abilmente i motivi e le modalità del fatto e in undici punti confuta le accuse del pontefice respingendone le sanzioni. Il documento fu subito stampato da Niccolò della Magna (una copia si trova all'Estense di Modena) ed ebbe ristampe, sebbene in testi alquanto mutilati, nei secc. XVII e XVIII.

La crisi passò, ma non si dimenticò del tutto questo atto di opposizione del B. al papato, e ciò, forse, insieme con altri motivi, gli pregiudicò la possibilità di divenire cardinale. Della sua nomina già si parlava nel 1477; la proposta fu rinnovata dopo l'elezione di Innocenzo VIII, che il B. andò a felicitare nel 1484 con altri ambasciatori fiorentini, e tra il 1487 e il 1489 sembrava che dovesse avere successo. Ma la concorrenza era troppo forte, e riuscì invece solo la nomina del piccolo Giovanni, figlio di Lorenzo, e futuro papa Leone X, al quale il B. fu dato come guida spirituale fin dal 1489. Non meno sfortunato fu il tentativo dell'altro figlio di Lorenzo, Piero, allievo anche lui del B., di far elevare alla porpora il maestro nel 1493.

In questi anni il B. ebbe vari incarichi diplomatici, in cui dimostrò le sue capacità di osservatore politico e di oratore. Nel 1483 andò per la prima volta in Francia con altri ambasciatori a congratularsi con Carlo VIII nuovamente assunto al trono. Nel 1485 fu scelto come oratore della Lega presso il papa, quando si trattava di riconciliare Ferdinando d'Aragona con Innocenzo VIII, e nel 1487 fu mandato da Lorenzo presso Boccolino Guzzoni per chiedere la restituzione della città di Osimo al legato pontificio. Forse il suo maggior trionfo come oratore ebbe luogo a Roma nel 1492, quando, poco dopo la prematura morte di Lorenzo, Firenze inviò una legazione per felicitarsi con il nuovo papa Alessandro VI. Il discorso del B. in nome della Repubblica fu stampato poco dopo (in due edd. E. Silber e S. Planck, Roma 1492; ristampato da F. M. Calvo, Roma 1525): per questa legazione, e le gelosie che suscitò, vedi Francesco Guicciardini, Storia d'Italia, I, 2, e Storie Fiorentine, X (ma cfr. Picotti, p. 288 n. 91).

Le vere capacità diplomatiche del B. si rivelarono particolarmente nella seconda missione in Francia nel 1493-94. Egli ebbe insieme con Piero Soderini il difficile incarico di illustrare la politica neutrale di Piero de' Medici presso il re che si proponeva di calare in Italia. Davanti alla corte francese il B. fece ottima impressione con un discorso di cui rimane solo l'abbozzo. Ma, dietro le apparenze, egli vide bene il giuoco delle forze, le ambizioni del re e di Ludovico il Moro. Le sue lettere a Piero, scritte tra l'agosto 1493 e il febbraio 1494, sono piene di franchezza e di acute e argute osservazioni, anche se oscillanti nelle loro raccomandazioni. Quando Carlo VIII, avendo deciso la discesa in Italia, domandò apertamente l'aiuto dei Fiorentini, il B. e il Soderini dovettero tornare, non avendo istruzioni adeguate a tale contingenza.

Dopo la discesa di Carlo in Italia il B. fu di nuovo nominato oratore in Firenze (ottobre 1494). Ma fu la rovina politica di Piero a decidere la sorte sua e della signoria medicea. Dopo pochi mesi questi fu cacciato da Firenze, e il B. non trovò più posto tra gli uomini che presero il governo della Repubblica. Si ritirò allora nella sua villa alle Botte. Morì ad Arezzo nel 1497 e fu sepolto nella cattedrale.

Fin dalla sua elezione al vescovato nel 1473 non aveva negletto gli affari della sua diocesi: vi sedò le fazioni; favorì l'introduzione in Arezzo delle suore clarisse; diede licenza agli olivetani di costruirsi chiesa e monastero in città; fece restaurare la facciata del duomo e disegnare una nuova loggia dal palazzo vescovile alla chiesa.

Il B. compose varie poesie latine, inedite, per le quali fu lodato dai contemporanei; ma sono molto meno importanti delle sue orazioni e meno ancora delle sue molte lettere che attendono ancora chi le raccolga.

Bibl.: A. M. Bandini, Specimen Literaturae Florentinae saeculi XV, I, Florentiae 1748, p. 182; II, ibid. 1751, pp. 111 ss.; A. Fabroni, Laurentii Medicis Magnifici, Vita, 2 voll., Pisa 1748, passim e spec. II, pp. 136 ss.; G. Canestrini-Desjardins, Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, I, Paris 1859, pp. 317 ss.; Prose volgari edite ed inedite di A. Poliziano, a cura di I. Del Lungo, Firenze 1867, pp. 67 ss., 259-261; A. Reumont, Lorenzo de' Medici il Magnifico, I, Leipzig 1883, p. 318; I. Del Lungo, Florentia, Firenze 1897, p. 224; A. Della Torre, Storia dell'Accademia platonica, Firenze 1902, passim; J. Dennistoun, Memoirs of the Dukes of Urbino, II, London 1909, pp. 113 ss.; J. Ross, Lives of the early Medicis, London 1910, passim; C. J. Hefele-H. Leclercq, Histoire des conciles, VIII, Paris 1917, pp. 64-66; E. Santini, Firenze e i suoi 'oratori'nel '400, Milano 1922, cap. VI, pp. 202-207; G. B. Picotti, La giovin. di Leone X, Milano 1927, passim (ampie notizie di mss., lettere e documenti, con abbondanza di notizie biogr.); P. O. Kristeller, Supplementum Ficinianum, II, Firenze 1937, p. 340 (notizie dei mss. delle oraz. e delle poesie, nonché dei corrispondenti del B.; alle quali va aggiunto il Rinuccini, Lettere ed orazioni, a cura di V. Giustiniani, Firenze 1953); Id., Iter Italicum, I, London 1963, ad Indicem; A. Rochon, La jeunesse de Laurent de Médicis, Paris 1963, pp. 31-35 e passim; M. Martelli, Studi laurenziani, Firenze 1965, passim, ma in ispecie p. 14 dove sono segnalate 181 lettere del B. nel fondo Ginori Conti recentemente acquistato dalla Biblioteca Nazionale di Firenze. Si confronti inoltre A. Poliziano, Della congiura dei Pazzi, a cura di A. Perosa, Padova 1958, pp. VII-IX, XXX, F. Pintor, Per la storia della libreria medicea nel Rinascimento, in Italia medioevale e umanistica, III (1960), pp. 207 ss. Per le attività del B. ad Arezzo si veda G. Rondinelli, Relazione sopra lo stato antico e moderno della città di Arezzo, Arezzo 1755, p. 83; C. Grossi-P. Gherardi, Degli uomini illustri di Urbino commentario, Urbino 1856, pp. 106-109; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XVIII, Venezia 1864, p. 149; per un supposto ritratto del B. cfr. J.C. Hill, Iconografia di A. Poliziano, in Rinascimento, II (1951), p. 269, nota; Dict. d Hist. et de Géogr. Ecclés., VII, col. 353.

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