Geografia e cartografia

Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)

Giorgio Strano
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Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook

Nel Seicento si assiste a uno spostamento della produzione di carte geografiche e nautiche dalla penisola iberica all’Inghilterra e alle Province unite. Lo sviluppo di viaggi e commerci, nonché le possibilità di impiego offerte a cartografi, incisori e stampatori di fede protestante, fanno sì che Londra e Amsterdam divengano i due centri principali della cartografia europea. Tecnici e matematici collaborano alla produzione di carte nautiche, alla determinazione della longitudine e alla costruzione di nuovi strumenti di osservazione necessari alla navigazione. In Francia, nel processo di centralizzazione posto in atto da Luigi XIV e da Colbert, la cartografia gioca un ruolo di primo piano: serve a facilitare il controllo del regno e lo sviluppo di un’economia mercantilistica. Con Bernhard Varenius la geografia acquista prestigio intellettuale e il suo insegnamento è introdotto in numerose università europee.

Navigazione e cartografia

Nel XVII secolo il dominio dei mari passa dai Portoghesi e Spagnoli agli Inglesi e Olandesi. Durante il regno di Elisabetta I, gli Inglesi creano le proprie colonie; la nascita di compagnie commerciali che armano nuove flotte per il traffico, per i viaggi di scoperta, per la pirateria, dà all’Inghilterra nuova ricchezza e potenza. L’ideologia imperiale matura negli ultimi decenni del XVI secolo e il matematico John Dee ne è uno degli artefici. Le maggiori imprese commerciali, quali la East India Company (1600), la Virginia Company (1606) e la Hudson’s Bay Company (1670) danno un forte impulso ai viaggi e ai commerci e costituiscono un potente stimolo allo sviluppo di tecniche legate alla navigazione. Gli Inglesi guadagnano terreno nella tecnologia navale: la costruzione di navi si perfeziona e il galeone, in grado di portare quattro cannoni, diviene il principale vascello inglese; i piloti inglesi divengono più esperti grazie a una più diffusa conoscenza delle matematiche e della cartografia. A Londra si ha una crescita della cantieristica navale e numerose compagnie di mercanti hanno sede nella città. Nel XVII secolo quasi 300 navi l’anno fanno la spola tra l’Inghilterra e la Giamaica; circa il 90 percento del commercio inglese passa per il porto di Londra, sul Tamigi, le cui strutture sono ampliate e modernizzate nel corso del secolo. Tra il 1696 e il 1700 è costruito l’Howland Great Wet Dock, un immenso bacino (1 km di lunghezza e 6 m di profondità), in grado di ospitare numerose navi, anche di grandi dimensioni. All’inizio del secolo l’insegnamento della geografia è introdotto a Oxford e Cambridge ed è impartito al Gresham College di Londra, tra i cui professori figurano i matematici e astronomi Edmund Gunter, Henry Briggs e Henry Gellibrand. Nel 1624 Gunter pubblica un trattato sugli strumenti matematici necessari alla navigazione e, al fine di agevolare l’uso della carta di Mercatore, pubblica le sue tavole di logaritmi di funzioni trigonometriche. Briggs elabora tavole relative alla declinazione magnetica e Gellibrand stabilisce che la declinazione magnetica, ovvero la distanza angolare tra nord geografico e nord magnetico, varia non solo da luogo a luogo, ma anche nel tempo. A Gellibrand si deve uno dei più noti manuali per la navigazione, An Epitome of Navigation (pubblicato postumo nel 1695). Anche la Royal Society dà il proprio contributo allo sviluppo delle tecniche di navigazione: nel 1666 Robert Hooke presenta in un meeting della Royal Society strumenti matematici da lui perfezionati, tra cui un nuovo tipo di sestante in grado di calcolare la distanza angolare tra due oggetti; in un meeting del 1699 Newton presenta un nuovo modello di ottante. A fine secolo, l’astronomo Edmond Halley, membro della Royal Society, guida una spedizione scientifica nell’Atlantico finalizzata a studiare le variazioni del magnetismo terrestre.

Liberatisi dal giogo spagnolo, gli Olandesi, sul finire del XVI secolo, divengono una potenza navale e competono con i Portoghesi e gli Inglesi per il dominio dei mari. Grazie alla potente Compagnia delle Indie Orientali, gli Olandesi creano un vasto impero coloniale, con possedimenti in tutti i continenti e un fiorente commercio delle spezie. Nella prima metà del secolo la marina olandese è la più potente del mondo e il porto di Amsterdam cresce fino a diventare il principale porto europeo. Abili cartografi e stamperie specializzate nella produzione di carte e atlanti fanno di Amsterdam il centro della cartografia. Willem Janszoon Blaeu, che collabora con Tycho Brahe e produce un globo celeste, nel 1599 si stabilisce ad Amsterdam, dove intraprende con successo l’attività di cartografo e costruttore di strumenti matematici. Dal 1633 ricopre il ruolo di “idrografo” ufficiale della Compagnia olandese delle Indie, ovvero presiede alla produzione di carte nautiche, di cui l’Olanda è la maggior produttrice. Il più prolifico tra i cartografi di Amsterdam è Frederick de Wit, la cui fiorente stamperia produce alcuni dei migliori atlanti, nonché un atlante marittimo di 27 fogli che rappresenta le linee costiere del mondo. Jodocus Hondius, incisore, liutaio e costruttore di globi, abbandona i Paesi Bassi del sud perché perseguitato dai cattolici e, dopo aver trascorso qualche anno in Inghilterra, si stabilisce ad Amsterdam, dove pubblica una nuova versione dell’ Atlas di Mercatore, destinata ad avere grande successo. Sempre ad Amsterdam opera Claes Janzsoon Visscher, noto anche come Piscator, che diviene famoso per le sue carte geografiche murali, per lo più destinate a varie famiglie reali. Lo stesso Visscher dà inizio alla produzione di atlanti di formato ridotto, relativamente economici e indirizzati a un pubblico piuttosto ampio, come l’ Atlas contractus, pubblicato in varie edizioni, che contengono da un minimo di 25 a un massimo di 150 carte. Il cartografo Hugo Allard di Amsterdam è tra i maggiori costruttori di globi del Seicento, un’attività che, insieme alla produzione di eleganti carte murali, gli procura ingenti proventi.

Lo studio della matematica applicata alla cartografia e navigazione è coltivato da Willebrord Snell, professore di matematica all’università di Leida. Snell pubblica un trattato sulla navigazione dal titolo Tiphys batavus (1624) in cui contribuisce alla rettificazione delle lossodromie, sviluppando i metodi introdotti da Gerardus Mercator. La lossodromia (termine coniato da Snell) è una linea che taglia tutti i meridiani con lo stesso angolo. In una carta nautica le complicate curve lossodromiche devono essere tracciate per mezzo di rette. Le carte nautiche devono quindi possedere il requisito della rettificazione delle lossodromie.

Tra Sei e Settecento la Francia comincia a fondare colonie in America del Nord, nei Caraibi e in India. Sotto Luigi XIV, nasce la Compagnia francese delle Indie Orientali che compete con le analoghe compagnie inglesi e olandesi. Nell’ambito del processo di centralizzazione amministrativa posto in atto da Luigi XIV e da Colbert, la cartografia ha un ruolo di primo piano. Il programma assolutista di governo necessita di carte atte a facilitare il controllo del Paese e l’inventario delle risorse del regno. Lo sviluppo delle tecniche di navigazione e delle carte nautiche serve a potenziare navigazione e commerci. A questo scopo è mobilitata l’Accademia delle Scienze, cui è richiesto di lavorare alla risoluzione del problema della determinazione della longitudine e della desalinizzazione dell’acqua del mare. Una delle principale risorse di cui dispone l’Accademia è l’astronomo italiano Gian Domenico Cassini che, trasferitosi a Parigi, è nominato membro dell’Accademia delle Scienze di Parigi e direttore dell’Osservatorio. Cassini misura l’arco di meridiano passante per Parigi, lavora alla determinazione della forma e grandezza della Terra e pone le basi per la realizzazione della carta del regno di Francia, portata a termine dai suoi discendenti.

La longitudine

Per stabilire la rotta, occorre determinare la longitudine, un’operazione tutt’altro che semplice per i naviganti del XVII secolo. La longitudine di un determinato punto del globo è data dall’angolo compreso tra il meridiano che passa per questo punto e un meridiano preso come riferimento. Nel Seicento si adottano i meridiani di Londra o quello di Parigi come “meridiani zero”, e solo nel XX secolo si giungerà all’uniformità (meridiano di Greenwich). In 24 ore, per effetto della rotazione della Terra, tutti i meridiani (per i 360°) passano sotto il Sole. Ogni ora passano 15° e ogni grado passa in 4 minuti. Di conseguenza, la longitudine può essere misurata in ore e in gradi. Nel corso del Seicento si hanno alcuni progressi nella determinazione della longitudine in mare. Il problema è quello del collegamento tra l’ora locale (che può essere fornita dalla posizione degli astri) e quella del meridiano di riferimento. Quest’ultima può essere conservata durante la navigazione o per mezzo di un orologio di precisione o per mezzo di osservazioni di fenomeni astronomici in grado di fungere da indicatori del tempo, come i moti della Luna o dei satelliti di Giove, come suggerito da Galileo. Ma tanto il computo del tempo di eventi celesti regolari, quanto la registrazione dell’ora al punto di spostamento sono ancora viziati da una notevole imprecisione. Le tavole lunari e i cataloghi delle stelle sono alquanto imprecisi e per di più il telescopio a riflessione, che può essere usato durante la navigazione, presenta una difficoltà di carattere pratico, in quanto la lente si appanna rapidamente per l’umidità. Ugualmente insoddisfacenti sono i vari orologi a pendolo, che in mare non sono sufficientemente precisi. Già dalla fine XVI del secolo il problema è considerato di primaria importanza da numerosi principi: Filippo III di Spagna promette un lauto vitalizio a chi è in grado di risolvere il problema della longitudine. Anche Luigi XIV è vivamente interessato alla questione, così come il suo ministro Colbert, che impegna in questa ricerca l’Académie des Sciences, in particolare Huygens, Cassini e Römer. Huygens perviene così all’ideazione (contemporaneamente e indipendentemente dall’inglese Hooke) di orologi con bilanciere a molla a spirale, utilizzabili durante la navigazione. Nel 1676 Cassini suggerisce un metodo per stabilire la longitudine per mezzo di osservazioni dei movimenti dei satelliti di Giove condotte da varie località della Terra: confrontando l’ora esatta del passaggio delle lune di Giove in differenti località si può determinare la longitudine esatta di ciascun punto di osservazione. La proposta di Cassini è realizzata utilizzando osservazioni condotte in 43 località della Terra, in Asia, Africa, Europa e America. L’elaborazione dei dati è condotta dall’Osservatorio di Parigi e porta alla realizzazione di un globo terrestre dal diametro di 7,50 metri e di un planisfero terrestre, pubblicato da Cassini nel 1696.

Come Cassini, anche Vincenzo Coronelli, noto per i suoi magnifici globi, si trasferisce a Parigi (nel 1681), dove lavora per due anni per costruire globi per Re Sole, al fine di abbellire Versailles. Coronelli, che aveva già lavorato per Ranuccio II Farnese a Parma, produce due globi, uno terracqueo e l’altro celeste, quest’ultimo con la rappresentazione del cielo al momento della nascita di Luigi XIV. La committenza di Re Sole lo rende famoso in tutta Europa. Tornato in Italia, Coronelli lavora per la Repubblica di Venezia.

La geografia

Nel XVII secolo la geografia include tre sottodiscipline: la geografia matematica (da cui dipende la cartografia), la geografia descrittiva e la corografia o geografia locale. La prima si basa sulla matematica per determinare distanze, dimensioni di aree, la forma e dimensione della Terra, nonché le variazioni del magnetismo terrestre. Ad essa è legata la geodesia che comprende, oltre allo studio della forma della Terra, la topografia e l’idrografia. La geodesia riceve un nuovo impulso da Willebrord Snell, che introduce un metodo basato sulla triangolazione per calcolare il raggio terrestre. Nella sua opera dal titolo Eratosthenes Batavus. De Terrae ambitus vera quantitate (1617) Snell presenta i risultati della triangolazione applicati alle città di Alkmaar e Bergen op Zoom, separate da un grado di meridiano, che calcola uguale a 107,395 km. In Francia, Jean Picard è tra i membri dell’Accademia delle Scienze che lavorano alla geodesia. Nella Mesure de la terre (1671) Picard presenta i risultati delle misurazioni del grado di meridiano terrestre, ottenendo un risultato di alta precisione: 111,09 km, molto vicino ai valori oggi accettati.

La seconda sottodisciplina della geografia, che segue il modello della Geografia di Strabone, contiene riferimenti toponomastici, descrizioni di ambienti, popolazioni e attività economiche. La terza, ovvero la corografia, si occupa di aree limitate come regioni, città, porti; unisce storia locale, antichità, genealogie, folklore. Ne è un esempio l’opera Britannia (1586) di William Camden, che nelle edizioni seicentesche include carte di varie contee delle isole britanniche. Un altro esempio di corografia sono la Natural History of Oxfordshire (1677) e la Natural History of Staffordshire (1686) del naturalista Robert Plot, in cui si fondono descrizioni della natura, di fossili e delle antichità. Sono proprio queste ultime a dominare i trattati di corografia che vedono la luce in Inghilterra a partire dalla fine del Seicento.

Varenius

Il maggior geografo del Seicento è il tedesco Bernhardus Varenius. Allievo di Joachim Jungius ad Amburgo, studia a Königsberg e Leida e poi si trasferisce ad Amsterdam. Nel 1649 pubblica la Descriptio regni Japoniae, la prima opera europea dedicata alla geografia del Giappone, evidentemente favorita dai legami commerciali degli Olandesi con il Giappone. Nel 1650 esce la sua Geographia generalis in cui l’autore stabilisce i criteri su cui deve basarsi il lavoro del geografo. Tre sono i fondamenti della geografia secondo Varenius: matematico, astronomico e osservativo (basato sull’esperienza). La sua Geographia è infatti divisa in tre sezioni: la prima considera la Terra da un punto di vista matematico (dimensioni, moti e distanze); la seconda esamina gli effetti del Sole e delle stelle e i climi in varie parti del globo; la terza esamina la divisione della superficie terrestre e stabilisce i principi della geografia regionale. Varenius include nella sua Geographia informazioni di carattere antropologico sulle arti, le cerimonie religiose, le lingue e le religioni dei popoli. La Geographia generalis, la cui edizione del 1672 è curata da Isaac Newton, è tradotta in numerose lingue e eserciterà una duratura influenza ancora per tutto il Settecento.

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