GEOLOGIA

Enciclopedia Italiana (1932)

GEOLOGIA (dal gr. γῆ "terra" e λόγος "discorso")

Michele Gortani

Nome e concetto. - Per i geologi oggetto della geologia è l'investigazione delle vicende e dei mutamenti attuali e passati della superficie del globo e (per quanto ci è dato conoscere) dell'interno di esso. I moderni geografi tendono invece a restringere il campo della geologia alle passate vicende, riservando alla geografia lo studio dei fenomeni attuali. I quali a ogni modo (salvo poche eccezioni, come i fenomeni climatici) esigono per uno studio rigoroso tutto un complesso di cognizioni assai più strettamente geologiche che geografiche, e inerenti sia alla natura e struttura del suolo, sia ai metodi d'indagine di questo e dei processi infinitamente varî che vi hanno luogo. La necessità di conoscenze speciali ha indotto invece la maggioranza dei geologi a lasciare agli astronomi gli studî cosmogonici (v. cosmogonia) e ai geofisici le indagini (importanti anche per il geologo e soltanto col suo aiuto rettamente interpretabili) sulla gravità, il magnetismo terrestre, la geoelettricità, la radioattività, nonché l'analisi delle vibrazioni sismiche, delle maree, dei regimi fluviali e lacuali, dei fenomeni meteorologici. Rientrano nell'ambito della geologia i fenomeni della vita in quanto hanno esplicato ed esplicano un'azione apprezzabile nelle mutazioni della superficie del globo, e in quanto sono parte integrante della storia della Terra. La paleontologia (v.), scienza dei fossili, si può considerare scienza a sé soltanto per comodità di studio. Lo stesso vale per la paleobiologia. I limiti sono indecisi quando si giunge alle forme subfossili e ai depositi che l'antropologia e archeologia preistoriche fanno oggetto delle loro investigazioni; potendosi soltanto asserire che, in generale, l'intervento utile del geologo si arresta là dove cessano le modificazioni fisiche dell'ambiente e questo ha assunto stabilmente le sue caratteristiche attuali. Conteso coi mineralogisti è il campo della petrologia e petrogenesi, cui si lega strettamente lo studio genetico dei giacimenti minerarî in genere e metalliferi in specie. Ma non deve per questo, né può disinteressarsi la geologia dei complessi problemi scientifici e pratici riguardanti i giacimenti minerarî, il cui studio trova appunto nella scienza geologica le basi e l'appoggio indispensabili. Si apre anzi con tale studio il campo sterminato delle applicazioni della geologia. Per l'appunto intorno a tali applicazioni, che almeno ad alcune branche della geologia dànno un carattere prettamente utilitario, sorsero con le necessità della vita umana complessi di nozioni empiriche, che costituirono un vero nucleo di cognizioni geologiche, prima che di questa scienza venisse creato (pare da Ulisse Aldrovandi) il nome.

La geologia nell'età classica. - A rigor di termini, le prime cognizioni empiriche di geologia si possono far risalire alla remota preistoria, con la scelta e la ricerca delle giadeiti, delle ossidiane e delle selci e l'addestramento alla lavorazione di esse. E, d'altra parte, già adombrano fenomeni geologici i miti più antichi di cui abbiamo memoria. Ma anche a prescindere da ciò, sta di fatto che le grandi civiltà asiatiche e mediterranee anteriori alla classica, dai Cinesi ai Fenici e dagli Egiziani agli Etruschi, si mostrano assai progredite nello sfruttamento razionale delle cave e delle miniere fino a profondità ragguardevoli, nell'arte dei sondaggi, per rintracciare la prosecuzione dei giacimenti, nelle ricerche di acque sorgive sotterranee, anche con pozzi artesiani, e nella cattura di acque sorgive e termali, nelle bonifiche per colmata e per drenaggio, e via dicendo; progressi che, per quanto empirici si vogliano ammettere, presuppongono concetti sia pur grossolani di geologia elementare. Lo stesso I capitolo della Genesi sembia implicare l'idea di un progressivo divenire ed evolversi del mondo, già messa in luce da S. Agostino; idea che rintracciamo più tardi nel Ṛgveda, nell'Edda, nella Teogonia di Esiodo; mentre fra le rappresentazioni mitiche dei grandi fenomeni naturali prendono posto importante le lotte dei Titani, Giganti, Ciclopi della mitologia classica e le tradizioni di tanti popoli intorno al diluvio. Fra il sec. VI e il V a. C., nella fioritura del pensiero filosofico greco, troviamo rilevati o intuiti concetti geologici di valore universale, che si assommano nella visione dell'instabilità del trasformarsi continuo della Terra, del perpetuo divenire dell'universo, sotto l'azione delle forze naturali incessantemente attive. Senofane e molti altri dopo di lui riconobbero anche la vera natura delle conchiglie fossili, prova di regressioni marine; ed Empedocle riuscì anche a discernere che vi erano, tra i fossili, spoglie di organismi diversi dai viventi. Il poco che ne sappiamo (per citazioni o interpretazioni sommarie di autori più tardi) ci lascia intravedere nella filosofia greco-italica anche discussioni intorno al prevalere delle forze esterne o delle forze interne (per quanto non intese nel senso odierno) nelle rivoluzioni del globo.

Nello svolgimento successivo del pensiero scientifico, Aristotele occupa un posto notevolissimo, sia per la vastità dell'opera sua, sia per essersi questa conservata. Nel mondo latino, la trasformazione del mondo cantata da Lucrezio che descrisse con nitidezza e grandiosità terremoti ed eruzioni indagandone le cause, la mutabilità delle forme poeticamente e limpidamente espressa da Ovidio e da Marco Aurelio, le acute osservazioni di Seneca, il corpo di nozioni codificato da Plinio e da Vitruvio non possono dare che un'assai pallida idea del progresso effettivo che la geologia concreta, in quanto interessava direttamente i bisogni e le opere umane, fece sotto l'impulso gagliardo e il senso pratico degl'ingegneri romani.

La geologia nel Medioevo. - Il Medioevo pochissimo aggiunse all'opera aristotelica che ci tramandò fedelmente e ai canoni dell'arte mineraria dell'età classica, trasmessi con segretezza ai soli iniziati. Intorno al Mille, il persiano al-Bīrūnī dà una spiegazione delle sorgenti e dei pozzi artesiani basata sul principio dei vasi comunicanti; e qualche idea nuova sui rilievi di sollevamento e di erosione troviamo in Avicenna, che ebbe d'altra parte ad esagerare ancora le influenze astrali attribuendo a una speciale vis plastica la generazione delle pietre e dei fossili.

La concezione dei mutamenti geologici fu serbata, tramandata e ravvivata con qualche idea nuova, oltre che da altri studiosi arabi, soprattutto dagli studiosi italiani. Preceduto certamente da altri, fiorisce nel sec. XIII Ristoro d'Arezzo, primo a fondare l'ipotesi che la Terra solida sia soltanto un guscio racchiudente una massa in fusione ignea, capace di sprigionare forze da cui sorsero e si abbassarono i monti, con spostamenti e fratture; riconoscendo d'altra parte nei depositi alluvionali il lavorio delle correnti che smantellano i monti e colmano le depressioni. Nelle università di Padova e Bologna si formava, pure nel Duecento, S. Alberto Magno, che riprende e sviluppa i concetti geologici di Seneca e di Aristotele, ma (con gli Arabi e con un anonimo siciliano del sec. XII) attribuisce allo zolfo e ai bitumi, piuttosto che all'aria imprigionata, i fuochi vulcanici, e pur ammettendo la "virtus formativa" nella generazione delle pietre, riconosce la realtà di vere pietrificazioni di resti vegetali e animali. La scuola italiana si continua nel Duecento e Trecento con Brunetto Latini, Dante, Boccaccio, Cecco d'Ascoli; e nel Quattrocento con Leon Battista Alberti, non solo assertore dell'evoluzione dei paesaggi terrestri per azione delle acque e del vento, ma precursore dell'idrologia sotterranea; sulla fine del Medioevo Alessandro degli Alessandri dai fossili marini dei monti calabresi deduce un antico più elevato livello del mare, formulando l'ipotesi d'una diversa posizione dell'asse terrestre di rotazione nei tempi passati.

La geologia dalla fine del sec. XV alla metà del secolo XVIII. - L'evo moderno si apre con Leonardo da Vinci e i suoi contemporanei. Primo a confutare la lettera della cosmogonia mosaica e del diluvio noetico, Leonardo dimostra sperimentalmente che i fossili sono avanzi di antichi organismi per la maggior parte marini, e che i terreni fossiliferi, stratificati in tempi lunghissimi, sono antichi fondi di mare sollevati; illustra la lenta continua azione degli agenti meteorici; deduce i continui mutamenti fra terra e mare, ne ricostruisce alcuni per il bacino mediterraneo e ne prevede di futuri; formula le leggi delle acque correnti, intuisce la causa della salsedine marina, crea la dottrina del moto ondoso.

Fra i contemporanei e seguaci di Leonardo, Girolamo Fracastoro intuisce l'alterno sollevarsi e abbassarsi dei continenti con regressioni e ingressioni marine, deducendolo da osservazioni sui monti fossiliferi del Veronese; Girolamo Cardano professa analoghe idee, e distingue i monti in rilievi di sollevamento, di accumulo eolico e di erosione; Georg Bauer (detto latinamente Agricola) e Vannoccio Biringuccio scrivono i primi trattati di chimica mineralogica, dal Biringuccio sviluppata con metodo sperimentale. Nella lunga serie di studiosi, pur valenti come un Falloppia, un Mattioli, un Mercati, e l'Agricola stesso, che attribuivano l'origine dei fossili alla "materia pinguis" o ad influenze astrali o a scherzi di natura, emergono nella seconda metà del Cinquecento Bernardo Palissy e Giordano Bruno: questi, instauratore di idee filosofiche razionali sull'origine, la morfologia e i mutamenti della superficie terrestre, sull'interpretazione dei fenomeni eruttivi, sull'impossibilità di un diluvio universale; quegli, espositore dei concetti e ragionamenti derivati probabilmente da Leonardo intorno ai fossili, enunciatore esplicito della verità che molti generi di fossili sono diversi dai generi di animali moderni, assertore di idee giuste sull'origine delle acque sorgive.

Ma le idee più assurde continuarono a dominare fino alla metà del sec. XVIII, nonostante il vivo interessamento che destarono in questo periodo le raccolte di petrefatti e i cataloghi descrittivi di esse. Ad argomenti geologici erano dedicate opere voluminose, in cui prevale una singolare commistione di note giuste e di asserti stravaganti o peggio, perché al difetto dei dati d'osservazione si suppliva con speculazioni immaginarie. Prevaleva ormai, a ogni modo, il riconoscimento dei fossili come avanzi organici, benché l'origine loro si facesse risalire al diluvio. Nel 1b06 è un italiano Fabio Colonna, a dimostrare che le cosiddette "glossopetre" sono denti di squali, a scoprire tra i fossili di Andria il gruppo dei brachiopodi, a distinguere nei fossili forme terrestri, d'acqua dolce e marina; e settant'anni dopo è ancora un italiano, Nicolò Quirini, a negare l'origine diluviale delle conchiglie fossili con ragionamenti analoghi a quelli di Leonardo. Più acuto, in questo, del celebre Nicola Stenone, che pur si deve riconoscere come il maggior geologo del sec. XVII, sia per le doti d'osservatore scrupoloso e minuto, sia per le conclusioni a cui seppe giungere, dimostrando che gli strati della crosta terrestre contengono i ricordi di una successione cronologica di eventi e stabilendo i principî fondamentali della stratigrafia (1669). Sulle condizioni interne del globo, Stenone si riallaccia a Cartesio, continuatore a sua volta delle idee degli alchimisti, e secondo la cui esposizione (1644) la terra sarebbe un astro spento, con un nucleo centrale di materia solare infocata, avviluppato da strati concentrici rispettivamente di crosta solida e compatta, di acqua, di argilla, di aria; le montagne procederebbero da ineguali dilatazioni dello strato acqueo sotto l'azione del calore solare. Con progresso notevole, sul finire del Seicento G. F. Leibniz interpretava in modo assai più razionale il graduale raffreddamento della terra e rappresentava le forze interne del globo come il risultato della lotta fra il calore delle masse interne e l'acqua penetrante dall'esterno nelle spaccature. Frattanto il bresciano Francesco Lana aveva precorso la teoria filoniana dei giacimenti minerarî e la geologia e mineralogia sperimentali (1684); Giovanni Giustino Ciampini istituiva a Viterbo le prime osservazioni di osteologia fossile comparata (1688); Bernardo Ramazzini dimostrava la vera origine delle acque artesiane e della loro salienza nella Valle Padana colmata da alluvioni (1692); Domenico Guglielmini stabiliva i principî fondamentali dell'idraulica (1697); e anche fuori d'Italia, pur fra molte bizzarre idee contrastanti, una parentesi luminosa è segnata dalle lezioni di Robert Hooke in cui la natura e il significato dei fossili sono interpretati con ragionamenti analoghi a quelli esposti due secoli innanzi da Leonardo da Vinci.

Emiliani e Veneti tengono il campo nella prima metà del Settecento. Antonio Vallisnieri è a buon diritto considerato fondatore dell'idrologia sotterranea e della speleologia scientifica (1715); sua è la prima classificazione delle rocce e dei minerali, con un prospetto dei terreni d'origine marina del suolo italiano; a lui risale la dottrina dell'attualismo, che interpreta gli avvenimenti geologici passati sulla base delle cause attuali; suo è il primo tentativo (1721) di spiegare con le forze vulcaniche il sollevamento e la dislocazione dei sedimenti marini, da lui riconosciuti in base ai fossili in molte parti d'Europa: tentativo ripreso e sviluppato più tardi, non senza fortuna, da Anton Lazzaro Moro 1740). Contemporaneo del Vallisnieri, Luigi Ferdinando Marsigli sviluppò i concetti di Stenone e tracciò i primi profili stratigrafici e abbozzi di carte geologiche; indagatore diligente e acuto di geologia mineraria, per primo emise l'ipotesi che la terra sia interamente solida e i fenomeni vulcanici siano da ricondurre a reazioni chimiche locali: ideatore dei completi studî monografici, compose il primo trattato di oceanografia (1725), la prima monografia limnologica (dedicata al Garda), e, con la mirabile esplorazione del bacino danubiano, la prima grande monografia regionale di morfologia e geologia descrittiva (1726). La paleontologia progrediva con la scoperta dei minuti foraminiferi a opera di Iacopo Bartolomeo Beccari (1711) e la loro illustrazione a opera di Giovanni Bianchi (1739); s'inizia la paleobiologia con gli scandagli di Vitaliano Donati nell'Adriatico per riconoscervi le stazioni dei molluschi viventi e compararle alle fossili (1750).

La geologia dei tempi moderni. - A partire dalla metà del Settecento, la geologia si viene progressivamente e rapidamente costituendo come scienza a sé. La serie degli autori che segnano il nuovo indirizzo si apre col veronese Giovanni Arduino, fondatore della geologia stratigrafica: a lui è dovuta (1759) quella ripartizione dei terreni in primitivi, secondarî, terziarî e vulcanici che ancora si conserva; a lui risalgono la scoperta del metamorfismo di contatto e dei rapporti dei filoni e ammassi metalliferi con le rocce ignee, e di lui rimangono le prime vere carte e sezioni geologiche. Precursore della geomorfologia è negli stessi anni in Toscana Giovanni Targioni-Tozzetti. L'antica esistenza di climi più caldi dell'attuale nelle medie latitudini è riconosciuta in base ai fossili da Iacopo Odoardi, che tenta di spiegarla con spostamenti dei poli (1761), mentre più tardi Georges Louis de Buffon (1778) l'attribuisce al meno spinto raffreddamento del globo. Emanuele Kant, dopo aver tentato la sua grandiosa cosmogonia meccanica (1755), raccoglie e ravviva, coordinandole in un complesso organico, le più svariate nozioni di geografia fisica e geologia. Rinnovatore degli studî naturalistici, L. Spallanzani passa invece all'osservazione precisa dei fatti; e mentre fa segnare notevoli progressi a varî capitoli della geologia generale e speciale, getta le basi della vulcanologia, della geochimica e della geologia sperimentale modernamente intese.

Si costituivano intanto in Germania e in Inghilterra le due scuole fra loro contrastanti, dei "nettunisti" e dei "plutonisti". La prima, capitanata da Abraham Werner, partiva dall'errato concetto che tutte le rocce fosseri sedimentarie; ma assai meglio che per le idee professate, traeva fama e importanza dall'entusiasmo di ricerca che il maestro sapeva infondere negli allievi, accorrenti a Freiberg da ogni parte d'Europa, e dalle precise nozioni di geologia mineraria e di nomenclatura litologica, che egli aveva fissate. Di valore scientifico assai maggiore, James Hutton, capo dei "plutonisti", riconosceva abbastanza esattamente l'importanza della sedimentazione tanto organica e chimica quanto meccanica, giungendo fino a riconoscere l'origine sedimentaria degli scisti cristallini; ma la trasformazione di questi attribuiva all'effetto continuato del calore, della pressione e delle acque circolanti, e riconosceva la natura eruttiva delle rocce intrusive ed effusive. Il contrasto fra le due scuole veniva infine eliminato, sia dalle ricerche dello Spallanzani e del Brocchi in Italia, sia dall'opera vastissima di L. von Buch e di A. von Humboldt, che, allievi del Werner, seguirono i principî di Hutton.

La serie geologica dei terreni era fin qui rimasta ai quattro gruppi dell'Arduino. È nei primi decennî del sec. XIX che essa venne faticosamente assumendo lo sviluppo e la fisionomia attuali, in base al metodo paleontologico-stratigrafico proposto con una prima tabella nel 1799 da William Smith, e ad opera di tutta una schiera di ricercatori, fra cui primeggiano J. Phillips, A. Sedgwick, R. J. Murchison e C. Lyell in Inghilterra, A. Boué e H. G. Bronn in Germania, A. Brongniart e P. Deshayes in Francia, G. B. Brocchi in Italia. Di pari passo procede la paleontologia, dopo il grande impulso avuto dall'adozione della nomenclatura linneana e, per i vertebrati, dai fondamenti dell'anatomia comparata a opera di Georges Cuvier. Nella serie dei fenomeni geologici, dopo le ricerche di H. B. de Saussure sui ghiacciai attuali, aprono nuovi orizzonti le induzioni di Benetz e di J. de Charpentier, ben presto sviluppate da L. Agassiz, sulla grande glaciazione quaternaria. Nella concezione generale della storia della Terra e della vita, si delineavano intanto due correnti: la prima, sostenuta da Cuvier e da Élie de Beaumont, si basava sull'estinzione repentina delle varie faune e flore fossili per effetto di subitanei cataclismi, e sul ripopolamento per migrazioni da altre regioni (a cui altri sostituiva l'ipotesi di altrettante creazioni indipendenti); la seconda, risalente a Vallisnieri, Hutton, Lamarck e Brocchi, e fatta trionfare da Charles Lyell, si basava sull'attualismo e sull'evoluzione organica. Progresso innegabile, anche se gli studî ulteriori dimostrarono l'insufficienza delle cause attuali a spiegare tutti i fenomeni geologici passati, e in particolare la formazione delle catene montuose.

Per queste ultime ebbe largo favore nel primo Ottocento l'ipotesi del sollevamento per spinte verticali (dovute all'intrusione di rocce eruttive), formulata da Leopold von Buch; alla quale E. de Beaumont contrappose con successo, a partire dal 1829, la teoria delle spinte tangenziali procedenti dalla contrazione del globo in via di raffreddamento. Teoria che dominò a lungo e che ha ancora sostenitori, benché sia in contrasto col principio dell'equilibrio isostatico delle masse litoidi costituenti la crosta terrestre, oggi generalmente ammesso, e intravisto un secolo fa da John Herschel e Giuseppe Belli. Tutto il partito che si poteva trarre dalla teoria della contrazione, applicata all'interpretazione strutturale e alla storia dei rilievi continentali e delle successive trasformazioni della crosta terrestre, emerge nell'opera di E. Suess che conclude e riassume il lavoro dei geologi sino alla fine del secolo scorso.

Sorgono intanto le nuove vedute tettoniche, con l'ipotesi dei grandi carreggiamenti d'immense coltri sovrapponentisi per decine e centinaia di chilometri in seguito a straordinario sviluppo di ultrapieghe coricate; sorge il concetto dei cicli geologici, fecondo di applicazioni nell'interpretare la storia del globo; sorgono le nuove vedute orogeniche, basate sull'ipotesi di correnti magmatiche profonde e di movimenti traslatorî delle masse continentali; la scoperta dei fenomeni radioattivi apre nuovi orizzonti alla geologia endogena e fa tentare su nuove basi il computo della durata dei periodi geologici; la geochimica e la geofisica permettono di affrontare con qualche fondamento le questioni relative alle condizioni interne del globo; le investigazioni geologiche e paleontologiche sono ormai spinte con intensità in tutti i paesi del mondo. Ma i problemi geologici più assillanti per lo spirito umano sono ancora tutti insoluti: dalle cause del vulcanismo e dei terremoti all'origine delle montagne, dalle grandi linee paleogeografiche alle variazioni dei climi, dall'origine e dall'evolversi della vita all'età del genere umano.

Partizioni e metodi della geologia moderna. - 1. Geologia generale o geologia fisica, che studia le condizioni attuali della Terra e degl'invogli terrestri (fisiografia) e i fenomeni fisici, chimici e biologici che tendono incessantemente a mutarle e a mutare in particolar modo la superficie terrestre (geodinamica). La fisiografia è particolare campo di studio della fisica terrestre o geofisica, che estende il suo raggio d'azione anche ai fenomeni geodinamici in quanto siano suscettibili d'indagine coi metodi fisico-matematici.

2. Geologia tettonica (o tettonica, o geotettonica, o geologia strutturale), rivolta a studiare l'architettura e struttura dei rilievi e della parte più esterna della crosta terrestre - ossia i rapporti di posizione delle singole rocce così sedimentarie come eruttive, le pieghe, fratture, faglie, carreggiamenti. ecc. - e a indagare i modi e le cause delle dislocazioni, dei movimenti delle masse continentali e della formazione delle montagne.

3. Geologia morfologica o geomorfologia (v. morfologia), che dalle risultanze morfologiche dei varî agenti tellurici nei loro effetti attuali, in rapporto anche con le condizioni litologiche e tettoniche, risale all'origine delle forme plastiche della superficie terrestre e della loro distribuzione generale e regionale.

4. Geologia petrografica o petrologia, che studia le rocce, inclusi i giacimenti minerarî, nei loro caratteri mineralogici, chimici e strutturali, ne indaga la genesi, le trasformazioni e le alterazioni, e con l'aiuto della geochimica affronta anche i problemi relativi ai processi magmatici.

5. Geologia chimica o geochimica, che studia i fenomeni chimici e fisico-chimici in relazione alla loro importanza geologica, e le leggi della distribuzione e circolazione degli elementi chimici sul globo terrestre.

6. Paleontologia, che studia le forme vegetali (paleofitologia o paleontologia vegetale) e animali (paleozoologia o paleontologia animale) vissute in epoca anteriore all'attuale, ne ricerca la distribuzione cronologica e geografica, le parentele e le origini, ne indaga il modo di vita in relazione all'ambiente (paleobiologia).

7. Geologia regionale, che studia le varie condizioni geologico-stratigrafiche, tettoniche, morfologiche e paleogeografiche delle singole unità regionali, e ne ricostruisce l'origine e le successive vicende.

8. Geologia storica, o cronologica, o stratigrafica (spesso viene confusa, a torto, la stratigrafia con la tettonica e la stratimetria), che cerca di ricostruire le vicende e le trasformazioni successive di tutta la Terra durante i singoli periodi in cui si convenne di dividere il tempo geologico; valendosi a tal uopo di tutti i mezzi d'indagine e di tutte le nozioni che si possono trarre dalle più particolari altre branche della geologia e dalle altre scienze ausiliarie.

9. Geologia applicata: assai meglio che un ramo di scienza, è questo un gruppo di capitoli svariati, che dalle nozioni geologiche più diverse trae argomenti di applicazioni pratiche della più alta importanza. Alcune di queste sono raccolte in corpi di dottrina autonomi, anche assai elaborati, come la geologia mineraria, la geologia agraria (o geoagrologia o pedologia), la geoidrologia, la geologia delle costruzioni; altre si vengono sviluppando, come la geologia militare.

Come assai varia è l'indole e assai vario l'effetto di questi molteplici rami della scienza geologica, così è vario dall'uno all'altro il metodo di ricerca e varia la possibilità di sintesi, che nella geologia storica raggiunge la massima ampiezza. Fondamento della geologia storica è il criterio paleontologico-stratigrafico, basato sulla successione delle faune e delle flore fossili, con forme e gruppi di forme (fossili caratteristici) proprie per ciascun membro principale della serie degli strati sedimentarî. I fossili caratteristici hanno larga diffusione nello spazio e diffusione rigorosamente limitata nel tempo; quelli proprî di membri diversi non si trovano mai frammisti in un medesimo strato, e nella serie degli strati occupano sempre livelli sovrapposti nel medesimo ordine. La serie stratigrafica, caratterizzata dai fossili, è fondamentalmente unica, nelle sue grandi linee, su tutta la Terra, non ostante le differenze locali e nonostante la varietà degli ambienti fisici e biologici che in ogni tempo si sono avuti sul globo. In ogni singola regione il gioco combinato delle dislocazioni tettoniche, dei sollevamenti e dell'erosione ha condotto ad affiorare di regola soltanto una parte, talora assai piccola o frammentaria, della serie dei terreni; ma con l'aiuto reciproco della paleontologia stratigrafica e della tettonica si può sempre riuscire a ricostruire quelle serie parziali e a riconoscerne la posizione nella serie generale. Il criterio litologico, che da sé solo non avrebbe valore stratigrafico, ne acquista anch'esso localmente in relazione con gli strati caratterizzati e datati da fossili, siano pur questi rarissimi. Riconosciuta così la serie e natura dei varî strati sedimentarî di una data regione, e, stabilita la disposizione tettonica di essi, per completare la conoscenza strutturale della plaga sono da ricercare i rapporti di posizione fra le rocce sedimentarie e le rocce eruttive che vi fossero intercalate o intruse. Fatto anche questo, non si è ancora ricostruita la storia geologica della regione; se ne è fatto soltanto il rilevamento geologico (v. geologiche, carte), base fondamentale per gli studî ulteriori. Occorre, ora, trarre dalla paleobiologia, dalla petrologia e dalla geomorfologia i criterî e i metodi di ricerea per ricostruire le varie vicende per le quali è passata la regione in esame durante la lunga serie dei periodi geologici (v. geologiche, ere). E, infine, soltanto da un sapiente coordinamento di tutte le consimili ricerche di geologia regionale può aver origine e alimento la geologia storica largamente intesa. Questo è appunto il lavoro a cui attendono i geologi dal principio del sec. XIX in poi.

Agli sforzi dei ricercatori isolati diedero più facile possibilità di coordinamento le società geologiche; e, riconosciuta l'utilità pratica di tali studî, vi aggiunsero mezzi potenti i servizî geologici di stato con lo scopo precipuo del sistematico rilevamento geologico del rispettivo territorio, rilevamento essenziale così per il progresso degli studî come per le ricerche minerarie e le altre svariate applicazioni della geologia. In Italia il servizio statale data dal 1867; la Società geologica italiana venne fondata nel 1881, ma era stata preceduta da una Società geologica istituita a Milano nel 1858 e poi convertita nella Società italiana di scienze naturali.

Bibl.: Per la storia della geologia: G. B. Brocchi, Discorso sui progressi della conchiliologia fossile in Italia, Milano 1814; Ch. Lyell, Historical sketch of the progress of Geology, Londra 1830; 12ª ed., 1875; A. C. Ramsay, Passages in the history of Geology, Londra 1848-49; A. Stoppani, Della priorità e preminenza degli Italiani negli studi geologici, Milano 1862; M. Cermenati, Evoluzioni e momenti storici delle scienze geologiche, Roma 1893; id., Considerazioni e notizie relative alla storia delle scienze geologiche, Roma 1893; id., Considerazioni e notizie relative alla storia delle scienze geologiche, Roma 1901; K. A. Zittel, Geschichte der Geologie und Palaeontologie, Monaco e Lipsia 1899; A. Geikie, The founders of Geology, Londra 1905; G. De Lorenzo, Leonardo da Vinci e la geologia, Bologna 1922; M. Gortani, Bibl. geolog. it., I, Per la storia, in Giorn. di geol., VI, Bologna 1931. Storia, oggetto e metodi sono trattati diffusamente da L. De Launay, La science géologique, Parigi 1905. Per i metodi di studio vedi inoltre: J. Geikie e P. Lemoine, Traité pratique de Géologie, Parigi 1910; Sokol, Geologisches Praktikum, Berlino 1927; E. Greenly e R. Williams, Methods in Geological Surveying, Londra 1910.

Fra i trattati e opere di carattere generale, particolarmente: A. Stoppani, Corso di geologia, Milano 1871-73; 3ª ed., Milano 1900-04; E. Kayser, Lehrbuch der Geologie, Stoccarda, 7ª ed., 1923-24; Chamberlin e Salisbury, Geology, New York 1909; E. Haug, Traité de géologie, Parigi 1907-11; C. F. Parona, Tratt. di geologia, 2ª ed., Milano 1924; W. Salomon, Grundzüge der Geologie, Stoccarda 1924-26; M. Gignoux, Géologie stratigraphique, Parigi 1926; F. X. Schaffer, Lehrbuch d. Geologie, Lipsia e Vienna 1922-32; J. Walter, Einleitung in die Geologie als hist. Wissenschaft, Jena 1894; E. Suess, La face de la Terre (trad. E. De Margerie), Parigi 1897-1918; v. inoltre: Handbuch d. regionalen Geologie, Berlino 1910; Geologie d. Erde, Berlino dal 1925.