Orwell, George

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Orwell, George

Rosa Maria Colombo

L’inventore del Grande Fratello

L’opera dello scrittore inglese George Orwell, vissuto nella prima metà del Novecento, ha interpretato l’incubo dei totalitarismi nel 20° secolo e ha lasciato un’impronta forte nell’immaginario collettivo delle nuove generazioni. La sua invenzione del Grande Fratello – il teleschermo che nel romanzo 1984 invade la vita privata delle persone con funzione di controllo politico – ha assunto la valenza di un mito, riproposto in molti reality shows di successo

La vocazione politica

Nato nel Bengala, in India (1903), George Orwell, il cui vero nome è Eric Blair, fece i suoi studi in Inghilterra, assorbendo i valori di civiltà del paese. Tali valori furono subito messi alla prova nei cinque anni di servizio prestato nella polizia coloniale inglese di stanza in Birmania, un’esperienza evocata in uno dei primi libri, Giorni in Birmania, del 1934. Tornato in Europa, sperimentò le durezze della vita metropolitana, descritta in Senza un soldo a Parigi e a Londra (1933), condividendo la fame e le umiliazioni dei più poveri per eliminare ogni distanza tra sé e il proletariato.

La guerra civile spagnola (Spagna) acuì la sua sensibilità politica, avvicinandolo al socialismo e inducendolo a partecipare alla guerra dalla parte dei repubblicani (Omaggio alla Catalogna, 1938); da allora si impegnò esclusivamente come scrittore politico, avverso a qualsiasi forma di regime totalitario. Morì di tubercolosi nel 1950.

L’opera narrativa e saggistica

L’edizione completa degli scritti di Orwell, pubblicata a distanza di quasi cinquant’anni dalla morte, rivela una straordinaria ricchezza: venti volumi fra romanzi e saggi, molti di origine giornalistica. Tema centrale è la denuncia di «qualsiasi forma di dominio dell’uomo sull’uomo»: dal rifiuto giovanile, spontaneo, della violenza dell’imperialismo britannico (colonialismo) alla consapevole assunzione dell’impegno a difesa dei diritti umani umiliati dal fascismo prima, poi dal comunismo di marca stalinista.

Dalla fusione dell’impegno politico con la passione letteraria nascono i due romanzi che lo hanno reso un autore di culto. La fattoria degli animali, del 1946, è la brillante satira della retorica sovietica dell’uguaglianza. La rivoluzione degli animali, promossa da un onesto maiale, si conclude con la cacciata del padrone. Comincia un’era di libertà e giustizia, ma ben presto un altro maiale, Napoleon, s’impadronisce del potere e impone un unico principio: «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri». Ancora più amara è la visione allucinata di 1984 (1949), romanzo profetico di un futuro di abiezione umana già anticipato dal comunismo storico, in quanto potere che annienta la ragione e intorpidisce la mente, come accade al protagonista Winston Smith.

L’ultima utopia dell’Occidente

Lo sguardo critico di Orwell non risparmia l’amata Inghilterra, soprattutto nella sua politica imperialistica, vista come deviazione da una consolidata tradizione di democrazia e di rispetto delle libertà individuali. Molti saggi ripropongono il valore della tradizione inglese da diverse angolazioni: lo stile di vita, nel quale il rispetto delle forme può convivere con comportamenti eccentrici (Il leone e l’unicorno, 1941); l’antidogmatismo intellettuale; il patrimonio letterario intessuto di tensione civile (importante un saggio su Dickens pubblicato nel 1946); la distanza da posizioni estetizzanti (Nel ventre della balena, 1940). C’è poi anche la sua Inghilterra, quella della gioventù e degli anni Venti, finemente ricostruita nel romanzo Una boccata d’aria (1939). Un patriottismo intenso e singolare quello di Orwell: mai schierato sul fronte di un partito e nutrito di utopia. Orwell investe fino in fondo nella scrittura come atto politico che può mettere in moto un processo di cambiamento sociale. Nel pamphlet Perché scrivo (1946) egli dichiara di scrivere soltanto se ha una cosa concreta da dire; ciò spiega anche la sua scelta di uno stile trasparente, accessibile a un largo pubblico, ricalcato sul modello non autoritario della conversazione. I ritratti che circolano di Orwell sono disomogenei, spesso contraddittori. C’è l’Orwell pacifista e combattente, nazionalista e socialista, ironico e appassionato, scrittore concreto che gioca con le favole (La fattoria degli animali) ma anche con i terrori della fantascienza (1984), con l’inquietante presenza dell’onnivedente Grande Fratello. Egli fu un po’ tutto questo, ma fu soprattutto portavoce dell’ultima utopia dell’Occidente: credere che al reclutamento degli uomini nelle ideologie bastasse rispondere con la forza della ragione.

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