Bush, George Walker

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Uomo politico statunitense (n. New Heaven, Conn., 1946). Laureatosi nel 1975 presso la Business School della Harvard University (Cambridge, Mass.), B. iniziò l'attività di imprenditore nel settore petrolifero. Nel 1987 fece il suo ingresso in politica nelle file del Partito repubblicano, impegnandosi nella campagna per le elezioni presidenziali del padre, G. H. W. Bush. Eletto nel 1994 governatore del Texas e riconfermato nel 1998, nel 1999 B. si candidò per le elezioni presidenziali del novembre 2000 con una campagna incentrata sugli obiettivi di riduzione fiscale, limitazione del welfare, potenziamento delle spese per la scuola pubblica e la difesa, nel quadro di un richiamo morale di forte impronta religiosa che assegnava un ruolo centrale alla famiglia e alle comunità locali. Il risultato elettorale, a lui favorevole di stretta misura, veniva contestato dal candidato democratico A. Gore, per l'incertezza dei conteggi nello stato della Florida (governato dal fratello di B., Jeb) e risultato decisivo per l'assegnazione della vittoria. La decisione della Corte suprema federale di non procedere a una verifica dei voti indusse Gore ad accettare la sconfitta (13 dic.); B. si insediò alla Casa Bianca il 20 gennaio 2001. Tra le prime iniziative da presidente: la sospensione, in nome degli interessi nazionali minacciati dalla recessione economica, dell'attuazione di una serie di misure di protezione ambientale (gli accordi di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra non sono stati infatti ratificati dagli USA, anche se nel summit sul clima, promosso dall'ONU a Bali nel dic. 2007, la posizione americana è sembrata meno intransigente) e la riduzione delle imposte sulle persone. Gli attentati dell'11 settembre 2001 condotti dall'organizzazione fondamentalista islamica al-Qā῾ida contro le Twin Towers di New York e la sede del Pentagono a Washington, indussero B. a indicare come obiettivo prioritario della sua presidenza la guerra al terrorismo. Nell'ottobre 2001, raccolto un largo consenso internazionale, gli Stati Uniti si posero alla testa di una coalizione militare per invadere l'Afghānistān contro il regime dei Tālibān (gli studenti delle scuole coraniche), accusato di garantire ad al-Qā῾ida l'organizzazione delle sue principali basi logistiche e la protezione del leader del movimento, Osama Bin Laden. In poche settimane, nell'autunno 2001, il regime dei Tālibān venne abbattuto, ma Bin Laden sfuggì alla cattura. A questo punto la strategia dell'amministrazione B. si ampliò fino a comprendere come destinatari della lotta al terrorismo tutti i regimi del Medio Oriente considerati ostili agli USA. La guerra globale al terrorismo divenne la "missione" da perseguire con determinazione assoluta, in nome dei principi universali di libertà e democrazia interpretati secondo una versione che ha suscitato forti contrasti tra gli stessi alleati europei. Se la guerra in Afghānistān raccoglieva un amplissimo consenso interno e internazionale, non si può dire lo stesso della successiva guerra contro l'Iraq, iniziata il 20 marzo 2003 e che in un mese portò alla fine del regime del dittatore Ṣaddām Ḥusain, catturato poi in dicembre. Iniziato senza alcun avallo giuridico internazionale, il conflitto provocò una grave crisi nei rapporti con l'Europa. Nelle presidenziali del 2004 la difficile congiuntura economica e la delicatezza della situazione venutasi a creare in politica internazionale, uniti alla difficoltà di gestire il disimpegno dall'Iraq (dove la rapida fine della guerra aveva di fatto portato allo stabilizzarsi di una situazione di incertezza e di guerriglia interna dai forti accenti antioccidentali e antiamericani) misero in forse la rielezione di B., cui si oppose per lo schieramento dei democratici il senatore del Massachusetts J. Kerry. La scarsa capacità di Kerry di coinvolgere gli elettori incerti, il tradizionale appoggio garantito nei momenti di crisi dagli americani al presidente in carica e l'eccezionale capacità di mobilitazione dimostrata dalla destra religiosa permisero a B. di ottenere una seconda chiara affermazione. Risultò infatti vincitore in 31 Stati su 50, con 286 voti congressuali su un totale di 537. Pochi mesi dopo la sua rielezione B. in politica interna ha dovuto affrontare uno dei peggiori disastri naturali nella storia della nazione, l'uragano Katrina (agosto 2005) che, abbattendosi con particolare violenza sulla città di New Orleans, ha causato migliaia di vittime e costretto milioni di abitanti della cosiddetta Gulf Coast ad abbandonare le case. In politica estera, l'amministrazione di B. ha continuato a sostenere il principio della lotta al terrorismo e dell'esportazione della democrazia occidentale attraverso l'azione militare e la guerra preventiva, anche se dimidiato da una parziale correzione degli indirizzi di politica internazionale posta in essere da una serie di avvicendamenti nel governo, come le dimissioni del segreterio alla difesa D. Rumsfeld (nov. 2006), simbolo del conflitto in Iraq. L'esito molto discusso della campagna in Iraq ha provocato, tuttavia, nelle elezioni di metà mandato del novembre 2006, la sconfitta di B. e dei repubblicani, che dopo dodici anni hanno perduto la maggioranza sia alla Camera dei rappresentanti sia al Senato. L'instabilità economica degli Stati Uniti aggravata dalla crisi dei mutui immobiliari (subprime), clamorosamente esplosa nell'agosto 2007, ha ridimensionato le previsioni di crescita del PIL e le prospettive occupazionali. I ripetuti interventi della Federal Reserve, che attraverso le continue riduzioni dei tassi di interesse a opera del presidente B. Bernanke, hanno tentato di arginare il peggioramento dei fondamentali dell'economia statunitense. Nel discorso di B. alla nazione (genn. 2008) si è evidenziata l'esigenza di un maggiore intervento del governo federale sui fattori della crisi economica incombente, sollecitando il Congresso ad approvare le misure di agevolazioni fiscali e di incentivi alle imprese.

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