Georges Seurat e il neoimpressionismo

Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)

Luigi Carlo Schiavi
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Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook

La pittura di Seurat rappresenta il tentativo di conciliare scientismo di matrice positivista e sintesi ideale della forma. Artista dalla breve ma importante parabola, la sua ricerca stilistica si colloca nell’ambito del movimento simbolista e aspira alla definizione di un metodo attraverso il quale coordinare la spontaneità impressionista.

Gli esordi di Seurat e gli studi di ottica

La formazione di Georges Seurat risente dell’influenza di personalità come Jean-Auguste-Dominique Ingres, Jean-François Millet e Pierre Puvisde Chavannes. Da essi desume il senso di una forma integra, scandita secondo i dettami della tradizione classicista, da opporre tanto alla frammentarietà dell’impressionismo che all’analisi verista. Ma grande importanza ha per lui anche lo studio del cromatismo di un altro grande francese della prima metà del secolo, Eugène Delacroix. La mescolanza ottica delle tinte applicata da questo artista – ossia l’accostamento di colori più o meno puri sulla superficie pittorica che si fondono solo a distanza nell’occhio di chi guarda, al fine di ottenere una maggior brillantezza – costituisce infatti per Seurat una scoperta di importanza fondamentale che è alla base della sua successiva elaborazione metodologica.

Nel 1893 Seurat comincia a esporre, ma il Salon gli accetta solo un disegno e nel 1884 gli rifiuta Bagno ad Asnières (o La baignade), una tela imponente – grande circa due metri per tre – che Seurat presenta allora al Salon des Indépendants. Si tratta di un’opera di grande importanza, in quanto segna l’inizio ufficiale del breve percorso stilistico dell’artista. Già nel 1880, infatti, Seurat legge gli scritti di ottica di Chevreul, Rood, Sutter, Helmholtz e Maxwell, traendone spunto per elaborare il proprio stile in base alle più recenti scoperte sulla luce e sul colore.

Preceduto da numerosi studi e disegni, Bagno ad Asnières conserva l’impostazione monumentale e solenne derivata da Puvis de Chavannes, nonché il suo gusto per i toni freddi e per una luminosità velata e astraente. La forma sinteticamente scandita e la sottile vibrazione cromatica, ottenuta attraverso la giustapposizione di pennellate divise, sono però frutto di riflessioni approfondite, ampiamente sviluppate da Seurat in una successiva opera – di analoghe dimensioni – dal titolo Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte (1884-1886). Come nell’opera Bagno ad Asnières, anche in questo dipinto la situazione è tratta dalla contemporaneità quotidiana, fatto che – come accade nella pittura impressionista – viene sottolineato dal taglio fotografico e dunque “moderno” dell’immagine. Ma le forme di Seurat sono immobili e statuarie (si è parlato, a questo proposito, di ricordi della scultura arcaica o di Piero della Francesca) e ricompongono la frammentarietà del reale, individuata dall’artista nelle sue singole componenti cromatiche attraverso l’applicazione meticolosa delle leggi del colore, suddiviso in brevi, singole particelle, secondo la tecnica detta pointillisme.

Nella pittura di Seurat vi è, dunque, da un lato una ricerca di armonia e di sintesi tendente a recuperare i canoni della tradizione classicista, dall’altro l’adesione a tematiche di grande attualità che consentono all’artista di elaborare un metodo scientificamente aggiornato di esaltazione cromatica, desunto da quanto osservato a suo tempo nella pittura di Delacroix e già sviluppato dagli impressionisti, nel senso contrario di una progressiva dissoluzione della forma.

L’evoluzione artistica di Seurat e il neoimpressionismo

Il quadro Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte viene presentato al pubblico nel 1886 insieme a opere di Camille Pissarro e Paul Signac – che nel frattempo hanno aderito alle ricerche di Seurat – e mentre insorgono contrasti con Monet, Renoir, Sisley, che si ritirano dall’esposizione, il critico Félix Fénéon si dichiara entusiasta del nuovo stile che definisce neoimpressionista, per sottolineare lo scatto operato dal nuovo movimento pittorico.

Emile Verhaeren, poeta simbolista belga, mette Seurat in contatto col Gruppo dei Venti, di cui fanno parte i pittori James Ensor e Theo van Rysselberghe, e sempre in questo periodo, probabilmente attraverso l’ambiente della rivista “La Vogue”, a cui collabora Fénéon, l’artista conosce lo scienziato Charles Henry. Questi è l’autore di Introduzione a una estetica scientifica (1885) e di Il cerchio cromatico (1888), nei quali si interessa dell’effetto psicologico prodotto da linee e colori in pittura; questi scritti hanno grande importanza per Seurat, che partecipa anche alla loro realizzazione.

In questi anni Seurat frequenta l’ambiente dei poeti e dei letterati simbolisti – tra cui Jean Moréas, Gustave Kahn, De Wijzewa, Jules Christophe – ed è al centro di un gruppo di pittori, quali Signac, Charles Angrand, Henri-Edmond Cross, Albert Dubois-Pillet, ma anche Camille Pissarro e suo figlio Lucien, Hippolyte Petitjean, Louis Hayet, Lucie Cousturier e il belga van Rysselberghe, che riconoscono in lui l’iniziatore del movimento.

Intanto, nel 1886, Seurat si reca a Honfleur, in Normandia, dove in paesaggi e marine dalla costruzione essenziale e quasi geometrica egli sperimenta le teorie elaborate, raggiungendo effetti di straordinaria raffinatezza anche nell’uso del punto diviso che gli consente di tradurre le minime variazioni atmosferiche. Nello stesso anno comincia a dipingere Le modelle, un altro quadro di grandi dimensioni (2 metri per 2,5), per il quale esegue numerosi studi preparatori. Si tratta della medesima figura di donna, ritratta in pose diverse all’interno dello studio dell’artista (contro lo sfondo è ben riconoscibile una parte della Grande Jatte), che si presta a una meticolosa indagine sulla forma umana. La figura umana viene infatti analizzata nelle sue molteplici componenti cromatiche e infine riassunta in volumi sintetici, statuari. Ma Seurat non è contento del risultato: contrariamente alle aspettative, il tono finale del quadro non raggiunge la brillantezza sperata, nonostante l’espediente della cornice dipinta a tocco diviso come parte integrante del quadro, messa a punto da Seurat per mantenere inalterati i rapporti di colore.

Nell’estate del 1888 l’artista si reca a Port-en-Bessin (ancora in Normandia), dove esegue un gruppo di paesaggi nei quali, oltre ad applicare le teorie elaborate con Henry riguardo al significato simbolico della struttura del quadro, accentua la tensione formale in senso decorativo. È questo l’inizio di un processo che trova conferma nel dipinto La parata del circo (1887-1888) e corrisponde a una tendenza diffusa dell’arte del tempo (basti pensare, ad esempio, all’esperienza di Paul Gauguin e dei Nabis), ma nello stesso tempo rappresenta il procedere dell’artista nel senso di una crescente applicazione del proprio sistema pittorico che ben presto provocherà incomprensioni all’interno del gruppo neoimpressionista. A scatenare la polemica è il critico Arsène Alexandre che in un articolo del 1888 sul “Paris”, pur riconoscendo il ruolo innovatore di Seurat e la sua personalità d’artista, giudica eccessivo il peso attribuito da alcuni suoi seguaci alla scienza, accusandoli inoltre di non riconoscere al collega la priorità nell’elaborazione del metodo.

Signac si sente chiamato in causa da questa accusa, che crede sia ispirata dallo stesso Seurat, mentre Camille Pissarro ammette le proprie riserve sull’applicazione troppo sistematica della scienza alla creazione artistica.

Il gruppo non è più compatto come un tempo: alcuni (Pissarro e Hayet, ad esempio) se ne allontanano, mentre il pointillisme diventa una fra le possibilità espressive del linguaggio simbolista. Vincent van Gogh, Maurice Denis, Edouard Vuillard, Félix Valloton e altri ne fanno liberamente uso, ma di fatto Seurat è sempre più isolato nel rigore della sua ricerca, come dimostra il dipinto Le chaut – nome di un ballo alla moda – eseguito nel 1890. Dovendo esprimere il senso di un movimento gaio e vorticoso, infatti, Seurat si affida a un preciso gioco di linee e colori, che nel suo vocabolario formale corrispondono a quelle sensazioni. Anche nell’ultima opera, Il circo (1891), rimasta incompiuta a causa della sua prematura morte, l’artista spinge la propria volontà espressiva fin quasi alla caricatura, come affascinato dalle affiches del noto cartellonista Jules Chéret, e sviluppa ulteriormente in senso decorativo la scelta di sintesi operata.

Nonostante il seguito ottenuto, con Seurat si chiude una fase storica del postimpressionismo, che l’entusiastica opera di divulgazione dell’amico Signac, non basta a far durare, ma che costituisce la base per molte successive esperienze dell’arte contemporanea.

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