GEORGIA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1995)

GEORGIA

T. Velmans

(georgiano Sa-Kartvel)

Regione storica del Caucaso meridionale, cui corrispondono quelle che nell'Antichità erano denominate Colchide e Iberia. I limiti territoriali sono cambiati molte volte nel corso dei secoli; oggi la Rep. di G. confina a N con la Russia, a S con l'Armenia e la Turchia, a O con il mar Nero e a E con l'Azerbaigian. Nel Medioevo un importante centro culturale fiorì nel regno georgiano di Tao-klardžeti, che oggi si trova in territorio turco.La G. è una regione di lingua, alfabeto e cultura assai antichi. La lingua appartiene alla famiglia ibero-caucasica, mentre la popolazione si andò formando attraverso un rimescolamento multisecolare di elementi autoctoni, di popoli venuti dall'Anatolia e di altri di origine indoeuropea, Greci, Romani e Arabi; ciò non impedì ai Georgiani di assumere una propria identità etnica autonoma.Gli archeologi hanno trovato testimonianze dell'esistenza di tribù georgiane sul territorio già prima del 5000 a.C.; oggetti d'arte realizzati nel secondo millennio a.C. sono venuti alla luce nel corso di diversi scavi. Già nel primo millennio a.C. gli antenati dei Georgiani sono menzionati negli annali assiri e in quelli di Urartu (Armenia).Dopo aver costituito una satrapia persiana nel sec. 6° a.C., sotto Dario I, la costa del mar Nero e il Caucaso meridionale con la Colchide furono colonizzati dai Greci, che, sulla base degli oggetti preziosi e dei raffinati monili eseguiti in quest'area, vi introdussero i miti del vello d'oro e di Prometeo. I territori dell'od. G. caddero in seguito sotto il controllo di Mitridate VI Eupatore, re del Ponto (120-63 a.C.); intorno al 65 a.C. i Romani fecero del regno di Iberia un protettorato che controllava il resto del territorio.Nel sec. 3° d.C. la parte orientale della G. subì l'influsso della Persia sasanide, mentre la parte occidentale si avvicinò a Bisanzio. Nel 330 ca. il cristianesimo penetrò nella G. orientale dalla Palestina e dalla Siria, per il tramite dell'Armenia, e nella G. occidentale da Costantinopoli; il re Mirian (265-342) lo proclamò religione di Stato. Poco dopo nella regione venne comunque diffusamente accolta la leggenda della schiava s. Nino, che, venuta dalla Cappadocia, avrebbe evangelizzato i Georgiani. Intorno al 403 Rufino di Aquileia (ca. 345-410) dedicò un capitolo della Historia ecclesiastica (X, 2) alla santa, ma la sua fonte è un racconto orale del principe georgiano Bacurio, ascoltato a Gerusalemme.Fu solamente a partire dal sec. 5° che Vakhtang Gorgaslani (446-499 ca.) riuscì quasi a restituire alla G. la sovranità nazionale. Nella stessa epoca la Chiesa georgiana completò la sua organizzazione interna con a capo un vescovo con l'appellativo di katholikós. Il monachesimo si sviluppò con l'arrivo dei c.d. tredici padri siriani, in realtà georgiani, probabilmente monofisiti, che erano stati costretti a fuggire dalla Siria, tornando al paese d'origine, al momento delle persecuzioni nei confronti di questa eresia da parte del potere centrale bizantino. Dovettero comunque essere ben più di tredici - cifra simbolica che ripete il numero del gruppo costituito da Gesù e dagli apostoli - i padri che vennero in G. in piccoli gruppi tra il 520 e il 571. Altri storici difendono un'ipotesi molto più fragile secondo la quale i tredici padri sarebbero venuti dalla Cappadocia.Nella stessa epoca (secc. 5°-6°) furono fondati alcuni grandi monasteri georgiani fuori dei confini della regione, come quello fatto costruire a Gerusalemme da Pietro Iberico (409-490), ove i monaci georgiani si mescolavano a quelli greci. Un'altra ventina di insediamenti, oggi scomparsi, sono attestati in Palestina dalle fonti scritte. Numerosi monaci erano altresì integrati nella grande lavra di S. Saba, in Palestina, e tre chiese furono costruite in Bitinia (Asia Minore). Una grande comunità monastica, che fu anche un centro di studio, si costituì in Siria, nei pressi di Antiochia e del sito in cui si trovava la colonna di s. Simeone Stilita, ma l'espansione del fervore religioso non si fermò a quel punto. Intorno alla metà del sec. 10° una colonia georgiana si installò sul monte Sinai. Nel 982-985 fu costituito il monastero di Iviron sul monte Athos, particolarmente importante per la cultura e la spiritualità georgiane, così come il monastero della Santa Croce, nei pressi di Gerusalemme, che fu restaurato numerose volte nel corso del Medioevo. Infine Gregorio Bakuriani fondò un monastero nella località di Bačkovo, in Bulgaria (1080). Stando ai documenti disponibili, anche la regina Tamara avrebbe fatto costruire un monastero, quello di Galia a Cipro.Nel sec. 6° la Persia sasanide mise fine alla monarchia iberica e creò un governatorato tenuto da un marzbān a Tbilisi. Durante il sec. 8° e all'inizio del 9° la G. orientale ebbe a soffrire della dominazione araba; lottò contro il potere arabo con l'aiuto dei Bizantini, i quali permisero ad Achot I (786-826) di autoproclamarsi principe di Iberia (sec. 8°), preparando così l'unificazione della G., che divenne effettiva nel sec. 10°, grazie al re Bagrat III (975-1014). Essa si consolidò nel sec. 11° sotto il regno di Davide II (1089-1125), che si era appoggiato all'autorità della Chiesa contro i feudatari. Grazie a questi successi la G. era nel sec. 12° uno Stato potente che si estendeva fino all'Azerbaigian e all'Asia Minore, con Trebisonda e Shīrvān come città vassalle. L'apogeo della potenza georgiana giunse con il regno della regina Tamara (1184-1213), di cui si conservano diversi ritratti.La grande fioritura delle lettere e delle arti che caratterizzò il regno di Tamara s'interruppe nel 1220 ca., quando cominciarono le invasioni dei Mongoli, che costrinsero la G. al pagamento di tributi e fecero aumentare l'autonomia dei principi. Giorgio V (1318-1346) tentò di consolidare le basi dello Stato, ma ben presto gli attacchi di Tamerlano (1336-1405) misero fine a questo tentativo. Alessandro I (1412-1442) regnò sulla G. unificata, ma dopo di lui le regioni e i loro capi riacquisirono i propri diritti e riaffermarono la propria autonomia.I monumenti dei primi secoli dopo la cristianizzazione sono rari. Le ragioni principali vanno ricercate nella forte opposizione manifestata nei confronti della nuova religione dalle classi popolari della G. orientale, le quali erano assai legate al culto di Mitra, al mazdaismo e anche ai culti locali della luna (elemento maschile), che si trasformarono in seguito nel culto di s. Giorgio; allo stesso modo si spiega la diffidenza generata in G. occidentale dal cristianesimo, religione trasmessa in greco e peraltro ancor più difficile da comprendere proprio perché ancora in fase di definizione, come testimoniano le dispute, le eresie e i concili.I primi edifici religiosi (sec. 4°) erano in legno; essi furono rapidamente sostituiti da edifici in pietra in cui le tre navate erano comprese sotto un'unica copertura, ma questa tipologia venne presto rimpiazzata da quella della chiesa a cupola con abside a ferro di cavallo. L'influsso dei templi zoroastriani spiega l'affermarsi di basiliche dette a tre chiese o anche a tre sale: si tratta di tre navate collegate le une alle altre da due archi; l'abside non è visibile all'esterno. Tuttavia nella regione si affermò anche la basilica di tipo asiatico, come la chiesa di Bolnisi (478-493), con la navata mediana voltata a botte, più alta delle laterali, con l'abside sporgente, le navatelle coperte da semibotti e cinque coppie di pilastri cruciformi che sostengono arconi trasversi, contrariamente a quello che accade nelle basiliche a tre navate dell'Armenia.L'impianto tipico della regione non fece comunque la sua comparsa prima del sec. 6°: le tre navate delle basiliche sono separate da muri, aperti solo in alcuni punti (Kvemo Bolnisi). Questa tipologia è ignota in Armenia nonostante la vicinanza strutturale tra gli edifici di culto delle due regioni. Ciò che caratterizza soprattutto l'architettura georgiana è la pianta centrale della chiesa a cupola. Quella di Djvari, edificata su di una collina che sovrasta Mckheta (600 ca.), costituisce una buona esemplificazione del tetraconco con quattro ambienti angolari collegati al vano centrale dell'edificio da profonde nicchie, una tipologia attestata solo in G. e in Armenia. La cupola centrale è sorretta da un sistema di trombe.Tra il sec. 8° e il 10° l'architettura georgiana appare influenzata dalla Siria, donde provenivano alcuni monaci missionari, e da Costantinopoli, da cui deriva la cupola impostata su pennacchi. Vennero introdotte diverse varianti della tipologia a pianta centrale, con la moltiplicazione dei bracci (chiese esaconche) e delle absidi. L'influenza bizantina si manifestò soprattutto lungo il litorale del mar Nero, dove è attestata la cupola sostenuta da quattro pilastri liberi (Likhne). Durante il regno di Tao-klardžeti vennero costruiti grandi monasteri, come Dört Kilise, Opisa e Oški (triconco con prolungamento del braccio occidentale della croce), che fu uno dei centri della cultura georgiana. A partire dal sec. 6° il panorama architettonico venne completandosi con la comparsa di elementi quali nartece, tribune, navate, sulla base di prototipi risalenti alle grandiose cattedrali del regno di Taoklardžeti. Lo spazio interno si modifica, tutte le parti degli edifici sono riunite insieme dall'interno e danno così vita a un'armonia nuova in cui ogni elemento è sottoposto e ricollegato all'insieme (cattedrali di Kutaissi, Alaverdi, Sveti-Tskhoveli, Ichkhani; secc. 10°-11°).Le facciate delle chiese e i capitelli vennero decorati a partire dal 5° secolo. Le decorazioni esterne presentano in una prima fase motivi zoomorfi che tradiscono un influsso sasanide e motivi fitomorfi, soprattutto il ceppo di vite, simbolo cristiano ma anche della G. pagana. Motivi geometrici di carattere popolare decorano solo alcune facciate (Ateni, sec. 7°). A partire dal sec. 10° i temi rappresentati furono soprattutto religiosi: la croce fiorita o Albero della vita (Djvari), l'Ascensione (Kvemo Bolnisi), la Visione divina dei profeti (Sveti-Tskhoveli). A differenza di quanto accadeva nel mondo bizantino, l'iconostasi venne qui sostituita da una bassa recinzione corale, in muratura, simile al témplon dell'epoca paleocristiana. Le recinzioni corali georgiane, costituite da un basso muro che sorregge colonnette architravate, sono assai spesso dipinte e particolarmente ben conservate nella regione caucasica della Svanezia.La tradizione georgiana della lavorazione dei metalli risale alla prima Antichità. Nel corso del terzo e secondo millennio a.C. l'eccezionale qualità delle oreficerie georgiane era nota ben al di là dei confini della regione. La cristianizzazione moltiplicò i contatti della G. con il mondo bizantino, ma anche quelli con l'Iran. L'oreficeria di quest'epoca raggiunse dei livelli mai più superati. Nel Medioevo, oltre a gioielli, armi e vasellame, videro la luce numerose icone in metallo, tra le quali basta citare l'icona dell'Ascensione di Zarzma, dell'886 (Tbilisi, State Art Mus.), quella della Vergine con il Bambino, in oro a sbalzo, di Martvili (Tbilisi, State Art Mus.; sec. 10°-11°), le lastre di Sagolacheni e di Chemokhmedi (Tbilisi, State Art Mus.; sec. 11°). Si conservano inoltre di quest'epoca alcuni oggetti liturgici (rhipídion di Chemokhmedi; Tbilisi, State Art Mus.; sec. 10°-11°), così come croci pettorali e processionali (croce di Martvili, sec. 11°) e alcuni rivestimenti di croci monumentali (esemplare di Katskhi; Tbilisi, State Art Mus.; sec. 11°).Dopo una fase contraddistinta dalla ricerca di una certa resa volumetrica e dall'impiego di tecniche scultoree (Vergine Eleúsa di Chemokhmedi; Tbilisi, State Art Mus.; sec. 11°-12° ), a partire dal sec. 12° si osserva uno stile più grafico, che segna le icone in oro e smalto di una rara armonia di forme e colori (Discesa dello Spirito Santo, Presentazione di Gesù al Tempio; Tbilisi, State Art Mus.; sec. 12°). I Georgiani utilizzavano la tecnica degli smalti già prima dell'epoca cristiana, ma le opere più raffinate in smalto cloisonné vennero eseguite tra l'8° e il 12° secolo. A partire dal sec. 12° è riscontrabile anche una tendenza ornamentale, come si può osservare nel celebre trittico di Khakhuli (Tbilisi, State Art Mus.), tempestato tra l'altro di piccole placchette in smalto; l'icona della Vergine al centro, conservata in stato frammentario, è uno degli smalti di maggiori dimensioni mai realizzati. Nonostante alcuni pezzi assai pregevoli prodotti nei secc. 15° e 16°, il declino dell'oreficeria georgiana cominciò nel 13° secolo.La produzione di manoscritti miniati in G. risale al sec. 5°, ma non si è conservato alcun esemplare antecedente la fine del 9° secolo. I monasteri, importanti centri di studio, erano anche il luogo in cui i libri venivano miniati. Un gran numero di manoscritti proviene dai monasteri georgiani situati fuori dei confini della regione, come per es. quello atonita di Iviron; altri vennero decorati in G., nei monasteri di David-Garedja, di Scio-Mgvime e di Tbeti e nelle accademie di Ikalto, di Gelati e di Gremi. Si scriveva su pergamena e dal sec. 10° su carta.Il più antico manoscritto miniato conservato è quello di Adichi, dell'897 (Mestia, Mus. Statale di Storia ed Etnografia della Svanezia); vi si osserva una miscela di influssi siriaci ed ellenistici. Nel primo Tetravangelo di Djroutchi (Tbilisi, Ist. dei manoscritti K. Kekelidze, Accad. di Scienze, H 1660), decorato da un Tevdore nel 936-940 sulla base di un modello perduto del sec. 5°-6°, prevalgono lo stile grafico e l'influsso siriaco, e i ritratti degli evangelisti sono ogni volta seguiti da una scena di guarigione. Questo manoscritto dall'insistito grafismo si distingue per una miniatura della Vergine con il Bambino rappresentata in forma di icona.A partire dal sec. 11° l'influsso bizantino divenne assai forte e alcuni manoscritti (per es. Tbilisi, Gosudarstvennyj mus. Gruzii, 1; del 1030) furono addirittura miniati a Costantinopoli. Altri (per es. Tbilisi, Ist. dei manoscritti K. Kekelidze, Accad. di Scienze, Iviron 92) presentano iniziali miniate tipicamente bizantine. Per quanto riguarda i secc. 11° e 12° si possono distinguere due gruppi di manoscritti bizantini, cui se ne ricollegano alcuni georgiani. Il primo gruppo presenta inizialmente solo le tavole dei canoni riccamente decorate, iniziali dipinte e ritratti degli evangelisti; in ragione del carattere ellenizzante di queste miniature se ne sono cercati i lontani prototipi in ambito alessandrino. Intorno al sec. 12° la decorazione si arricchì di quattro scene delle Feste liturgiche, come è visibile in un manoscritto georgiano del 1128, proveniente dal monastero di Iviron (Parigi, BN, gr. 75). Al medesimo gruppo appartiene anche il Tetravangelo di Alaverdi, del 1054 (Tbilisi, Ist. dei manoscritti K. Kekelidze, Accad. di Scienze, A 484), ove al testo evangelico viene aggiunta la traduzione della leggenda del mandilio. Vi sono raffigurati gli evangelisti nell'atto di scrivere, secondo un'iconografia d'ispirazione costantinopolitana, ma la prima miniatura del manoscritto presenta una croce trionfale su di un podio tipicamente georgiano e orientale.In G. vennero adottati anche i moduli compositivi del secondo gruppo di manoscritti bizantini, costituiti da vangeli in cui il testo è accompagnato dalla raffigurazione di numerosi episodi. Appartengono a questo gruppo i Vangeli di Gelati (Tbilisi, Ist. dei manoscritti K. Kekelidze, Accad. di Scienze, A 908; sec. 11°-12°) e il secondo Vangelo di Djroutchi (Tbilisi, Ist. dei manoscritti K. Kekelidze, Accad. di Scienze, H 1667). Le numerose miniature di questi manoscritti (trecentocinquantanove nell'esemplare da Djroutchi) sono dipinte su fondo oro come a Costantinopoli, con ricche ambientazioni architettoniche o con paesaggi rocciosi, e risultano di eccezionale qualità. Assai vicine alle contemporanee miniature bizantine, vi si possono comunque distinguere alcuni tratti nazionali, in particolare nelle miniature che fuoriescono dalle cornici e nell'adozione di soggetti originali. Un gruppo di manoscritti profani, alcuni dei quali tradotti dall'iranico, denuncia prestiti dalle illustrazioni di questi libri. Ai secc. 13° e 14° vanno assegnati alcuni salteri di buona qualità, ma in linea generale la miniatura georgiana dell'epoca sembra aprirsi a una fase di declino.Non si conservano opere di pittura monumentale dei primi secoli successivi alla cristianizzazione, ma vi sono attestazioni del fatto che nel sec. 6° si usava decorare le absidi. Tessere dorate sono state ritrovate dinanzi all'abside della chiesa di Djvari, e un pavimento policromo a motivi in larga parte geometrici, affine agli esempi antiocheni, è stato riportato alla luce nella basilica di Bitchvinta (sec. 5°-6°). Infine, una decorazione frammentaria (sec. 7°), di stile bizantino-ellenistico, in cui compaiono Cristo con gli apostoli e l'Etimasia, decorava l'immensa abside della chiesa di Cromi (Tbilisi, State Art Mus.). Nei secc. 8° e 9° l'influsso costantinopolitano si fece meno forte e riemersero antichi elementi locali che avevano assimilato le tradizioni iraniche, come nella chiesa nr. 8 di Sabereebi e, in misura minore, nella chiesa di Telovani, ove in mezzo agli apostoli del secondo registro dell'abside si vede, entro un medaglione, la testa di Cristo senza nimbo né collo.In concomitanza del considerevole declino del califfato arabo nei secc. 9°-10°, in G. si assiste a una fioritura economica e artistica. In quest'epoca non compare ancora un vero e proprio stile nazionale, quanto piuttosto vari stili regionali che corrispondono anche alla formazione di scuole differenti: si possono distinguere quella della lavra di DavidGaredja, situata in una regione desertica, quella del regno di Tao-klardžeti e quella di Svanezia. Le piccole chiese rupestri della tebaide di David-Garedja non vennero decorate al momento della creazione del monastero da parte del santo da cui prende nome (sec. 6°), forse perché il fondatore accettava la dottrina monofisita che negava la natura umana di Cristo. Fu solo nel sec. 9° che la pratica della pittura monumentale si diffuse e assunse un valore incontestabile, vale a dire sacro.La regione dell'alta Svanezia è disseminata di piccole chiese a navata unica, decorate in uno stile peculiare, che in gran parte risalgono all'11° e 12° secolo. Lo stile appare d'ispirazione popolare, benché vi lavorassero pittori di talento come Tevdore; alcuni schemi iconografici risultano originali, basati su reminiscenze pagane proprie alla tribù degli Svani. Una delle rappresentazioni caratteristiche è quella dei santi cavalieri affrontati, che si estende su di un'intera parete con S. Giorgio (l'antico dio della luna) che uccide l'imperatore Diocleziano e S. Teodoro che uccide il dragone.I programmi più interessanti dal punto di vista dell'iconografia negli edifici di culto ortodossi si trovano nei punti liturgicamente e simbolicamente più importanti: l'abside e la cupola. Nel sec. 9°, al termine della crisi iconoclastica, a Costantinopoli vennero elaborate regole assai rigide che fissavano il programma decorativo degli edifici di culto. Nei Balcani e in Russia tali regole vennero puntualmente seguite: così la Vergine con il Bambino adorato da due angeli occupa la conca absidale, mentre nella cupola compare in qualche caso l'Ascensione (secc. 9°-10°) e poi, di regola, il Cristo Pantocratore circondato da angeli. In G. invece, tra i secc. 9° e 10°-11°, il soggetto presente nell'abside è generalmente la Visione teofanica dei profeti. Cristo in trono è circondato da angeli e dalle potenze angeliche, come serafini, cherubini e ruote, cui si aggiunge in qualche caso il tetramorfo. Viene così illustrata la visione dei profeti Isaia, Ezechiele, Daniele ed Enoch. Uno degli esempi più articolati di tale rappresentazione è costituito dalla chiesa del Salvatore a Tchvabiani (sec. 10°). Intorno al sec. 10°-11° a questa grandiosa rappresentazione posta nell'abside cominciarono a essere aggiunte figure della Vergine e di s. Giovanni Evangelista in preghiera. Il senso dell'immagine cambia radicalmente e la visione si trasforma in Déesis, vale a dire la preghiera dei due principali intercessori che supplicano Cristo per il perdono dei peccati del genere umano. Alcuni dettagli delle pitture o delle iscrizioni permettono di precisare che si tratta della Déesis della fine dei tempi, che si svolge dopo la seconda Parusia (Mt. 24, 30; 25, 31; Ap. 4, 8). Agli elementi già citati si aggiungono in qualche caso due gruppi di angeli, secondo il testo di Dn. 7, 10 e di Ap. 5, 11.Nello stesso periodo (secc. 9°-10°) una corrente costantinopolitana si manifesta sporadicamente sia nelle grandi chiese urbane sia in monasteri, per es. Vardzia, fondati da monarchi potenti e favorevoli a un riavvicinamento al mondo bizantino, come per es. la regina Tamara. In queste chiese il programma iconografico della conca absidale si ricollega a quello bizantino senza peraltro assumerlo integralmente. Così la Vergine viene posta nella calotta, ma il secondo registro non presenta mai la comunione degli apostoli come nelle chiese bizantine, bensì talvolta gli apostoli che glorificano la croce (Ateni, sec. 11°), talaltra i soli apostoli (Vardzia, sec. 12°), la missione degli apostoli (Timotesubani, sec. 13°) o ancora alcuni apostoli e altri santi (S. Nicola di Kincvisi, sec. 13°).Tuttavia la Déesis, che esprime l'idea del riscatto dei peccati e della salvezza del genere umano, era particolarmente presente nel pensiero e nella sensibilità religiosa delle popolazioni georgiane. Così, nelle decorazioni appena citate più direttamente influenzate dalla cultura bizantina, in cui la Vergine occupa l'abside, la Déesis della fine dei tempi compare nella cupola, inquadrata da angeli o da profeti, e affianca la croce gemmata rossa che annuncia la seconda venuta di Cristo (Mt. 24, 30) e la sua definitiva vittoria sul male. Intorno a essa o sul tamburo viene rappresentata la stessa seconda venuta con l'intercessione (chiese di Manglisi, sec. 11°; Kincvisi, Timotesubani, sec. 13°). Questo tipo di decorazione della cupola non compare altrove che in Georgia.Sulle pareti delle chiese georgiane si trova il ciclo delle Feste liturgiche e degli altri principali episodi evangelici, ma fino al sec. 14° non vengono rappresentati né il ciclo dei miracoli né il menologio (calendario liturgico). La grande composizione del Giudizio universale, disposta sulla parete o nell'abside occidentale, non è molto frequente, probabilmente perché il suo momento centrale, la Déesis, è già presentato nell'abside principale. Tuttavia essa compare dalla fine del sec. 11° (Ateni) e si presenta sotto una forma particolarmente evoluta a Timotesubani (sec. 13°). La Dormizione della Vergine è raffigurata sul muro nord o su quello occidentale.Gli schemi iconografici impiegati sono, a eccezione del Giudizio universale, piuttosto arcaici in confronto a quelli in uso nel mondo bizantino nella stessa epoca; vi si colgono anche evidenti reminiscenze paleocristiane. Il periodo della c.d. rinascenza paleologa bizantina (1261-1453), così audacemente antichizzante nello stile e così fortemente volto verso la rappresentazione pittorica della liturgia, non ebbe alcun riflesso in Georgia. È vero che a S. Nicola di Kincvisi, a Timotesubani, a Betania e in altri cicli decorativi del sec. 13° si riscontra una tendenza alla monumentalità e si coglie qualche volto molto bello, vicino a modelli antichi, ma si tratta di un'eco assai debole di ciò che accade nei Balcani e in Russia.Nei registri inferiori dei muri si stagliano santi in piedi; S. Giorgio, patrono della G., è spesso raffigurato a cavallo, come si è visto a proposito della Svanezia. Compare anche un altro santo cavaliere, Eustachio, raffigurato nel momento in cui, nel corso di una battuta di caccia, ha la visione di un cervo coronato da una croce. Questa rappresentazione è comune nell'Oriente bizantino e praticamente assente nella pittura monumentale, che segue le regole costantinopolitane. Se i cicli della vita di un santo sono rari prima del sec. 14°, la vita dei santi nazionali georgiani, Davide di Garedja e Scio di Mgvime, appare comunque rappresentata nei loro rispettivi monasteri. I ritratti dei donatori si trovano generalmente sulla parete settentrionale, vicino al santuario: quelli della regina Tamara e della sua famiglia, abbastanza ben conservati nelle chiese di Vardzia, Udabno, Kincvisi e Betania, sono accompagnati da tre o quattro personaggi laici, generalmente appartenenti alla famiglia del sovrano. Nel sec. 14°, nella chiesa di Zarzma, il numero dei personaggi rappresentati arriva a una ventina.Intorno alla fine del sec. 14° l'iconografia costantinopolitana penetrò più profondamente in G. grazie all'arrivo di pittori greci. Nella chiesa di Zalendjikha un'iscrizione attesta che il pittore Manuele Eugenikos lasciò Costantinopoli per la G. proprio per decorare quella chiesa, su richiesta di due emissari georgiani, e condusse a termine il suo lavoro con l'aiuto di pittori locali. A partire almeno da questo momento si osservano cambiamenti tanto nello stile quanto nell'iconografia: fanno la loro comparsa soggetti liturgici e simbolici prima assenti, come l'Amnós o 'Agnello sacrificato'; ma nella regione si rimane comunque lontani dalla massa dei nuovi soggetti creati o adattati per la pittura monumentale che caratterizzano la fine del Medioevo nel mondo bizantino. La cupola presenta ora l'Ascensione (Zarzma) e il Pantocratore circondato da angeli (Kalendjikha). D'altro canto un gusto narrativo fino ad allora sconosciuto moltiplica i cicli: Feste liturgiche, Infanzia, Miracoli, Passione. All'interno di ciascun ciclo le immagini si moltiplicano e in ogni composizione i personaggi divengono più numerosi; alcuni soggetti assai diffusi nel mondo bizantino a partire dal sec. 14°, per es. il Cristo Pantepóptes, compaiono nella chiesa della Trasfigurazione a Zarzma.Lo stile della decorazione delle chiese tra i secc. 11° e 14°-inizi 15° (chiesa di Nabahtevi) è piuttosto difficile da definire globalmente, dal momento che varia a seconda degli edifici e delle regioni. Ciò non di meno si può parlare di una tendenza bizantina classica ad Ateni e di uno stile linearistico nel sec. 12°, anche se quest'ultimo non ha i tratti specifici dello stile bizantino dell'epoca comnena. Nel sec. 13°, a S. Nicola di Kincvisi e a Timotesubani, è ugualmente presente la tendenza verso forme più ampie e monumentali che si osserva nel mondo bizantino, ma le figure rimangono piatte e le rappresentazioni architettoniche sono rare. Infine, a partire dalla metà del sec. 14° fanno la loro comparsa un modellato più sostenuto e una certa resa volumetrica. Le chiese della Svanezia si distinguono per uno stile generalmente grafico e più sommario.Nonostante le difficoltà sociali e politiche, la pittura monumentale georgiana subì una ripresa in alcune regioni nel corso del sec. 16°, con la realizzazione di notevoli complessi, spesso grazie alle strette relazioni intrattenute con il monte Athos, alla presenza di artisti greci e al talento dei pittori georgiani.

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