D'ERASMO, Geremia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 39 (1991)

D'ERASMO, Geremia

Bruno Accordi

Nacque a Carbonara (Bari) il 23 marzo 1887 da Pasquale e da Celeste Gigante. Nel 1908 si laureò in scienze naturali - con una tesi sull'età e la fauna dei calcari litografici a ittioliti di Pietraroja, per la quale nel 1913 ricevette il premio Molon della Società geologica italiana -, avendo studiato prima a Torino, poi a Napoli, sotto la guida di F. Bassani. Per un ventennio fu assistente di ruolo nell'università partenopea: libero docente in paleontologia, nel 1918 gli venne affidato l'incarico d'insegnamento in tale materia, poi in geologia, infine in mineralogia e geologia. Nel 1932 vinse il concorso a cattedra e diresse l'istituto geologico e paleontologico dell'università di Napoli fino al 1957, anno in cui lasciò l'insegnamento per raggiunti limiti di età.

Morì a Napoli il 4 febbr. 1962.

Membro e segretario per un trentennio dell'Accademia di scienze fisiche e matematiche di Napoli, al cui sviluppo lavorò intensamente, e della Accademia Pontaniana, ricevette una medaglia d'oro della Società italiana per il progresso delle scienze nel 1929. Si occupò inoltre dello sviluppo della Società nazionale di scienze, lettere ed arti in Napoli, per la quale collaborò alla redazione degli Annuari dal 1950 al 1961. Ottenne una medaglia d'oro al merito della scuola nel 1959 e fu membro dell'Accademia nazionale dei Lincei.

In campo scientifico egli lasciò circa centotrenta fra note e memorie: fra queste prevalgono gli studi sui pesci fossili, di cui il D. era divenuto un noto specialista: alla sua perizia ricorrevano gli studiosi di ogni parte d'Europa. Studiò vecchie e nuove raccolte di pesci - dal Triassico al Pleistocene - recuperati in formazioni geologiche disseminate dal Carso alla Somalia, dalla Iugoslavia al Brasile.

In una monografia giovanile (Su alcuni avanzi di pesci triassici della provincia di Salerno, in Atti d. Acc. d. sc. fis. e mat. [di Napoli], s. 2, XVI [1915], pp. 1-12) egli esaminò alcuni reperti conservati in scisti ittiolitici entro i calcari dolomitici bituminosi del Triassico superiore di Pellezzano e di Giffoni Vallepiana: uno studio che corresse l'errata attribuzione cronologica di tale calcare, riferendo tre esemplari ad una specie di Belonorhynchus presente in terreni coevi della Lombardia e dell'Austria. Giovanile è anche l'accurato studio di pesci ganoidi del Cretacico del Carso (IlSaurorhamphus Freyeri Heckel degli scisti bituminosi cretacei del Carso triestino, in Boll. d. Soc. adriatica di sc. nat. ..., XXVI[1912], pp. 45-88), che permise all'autore importanti conclusioni sull'attribuzione tassonomica di questi resti di vertebrati.

Poderosa è un'opera che riprendeva e ampliava il lavoro svolto per la tesi di laurea (La fauna e l'età dei calcari a ittioliti di Pietraroia provincia di Benevento, in Paleontol. ital., XX [1914], pp. 29-86; XXI [1915], pp. 59-112), che illustra ben quattrocento campioni di pesci fossili raccolti nel calcare straterellato e selcifero del Matese meridionale, formazione che contiene anche resti di Crostacei, Anfibi e Rettili: in quest'opera sono illustrate ben diciannove specie di pesci attribuiti stratigraficamente al Cenomaniano (periodo Cretacico), buona parte delle quali è in comune con l'ittiofauna coeva di Capo d'Orlando presso Castellammare (Napoli). Nello stesso campo di studi il D. portò a termine, nel 1922, un Catalogo dei pesci fossili delle Tre Venezie (in Mem. dell'Ist. di geol. d. Univ. di Padova, VI [1922], pp. 1-181), opera avviata dal suo maestro F. Bassani e subito interrotta per la sua morte; qui riesamina i resti fossili di duecento località del Veneto, dal Triassico al Quaternario, conservati in una trentina di musei o collezioni private che il D. ebbe modo di visitare; il Catalogo, che comprende l'illustrazione di molti campioni nuovi per la scienza, è di grande utilità per la geologia veneta.

Ancora sui pesci fossili è lo studio dei campioni raccolti a Racalmuto (Studi sui pesci neogenici d'Italia, I, L'ittiofauna fossile di Racalmuto in Sicilia, in Giorn. d. Soc. di sc. nat. ed econ. [di Palermo], XXXV [1928], estr., pp. 42, tav. 1), in cui il D. esamina duemila esemplari di Teleostei raccolti nel tripoli (farina fossile) del Miocene superiore dell'Agrigentino, traendone dati sul loro ambiente di vita e sulle affinità con le ittiofaune coeve delle Marche e dell'Algeria. Sempre sui pesci del Cretaceo verte uno studio presentato nel 1938 (Ittioliti cretacei del Brasile, in Atti d. Acc. d. sc. fis. e mat., s. 3, I [1940], 3, pp. 1-44) che il D. compì su campioni inglobati in noduli ovali di arenaria mandatigli da O. De Fiore, reperti che presentano analogie con quelli coevi dell'Australia. Dall'Argentina, da strati compresi tra il Mesozoico superiore e l'Oligocene, provengono resti di Pesci e di Rettili che il D. ebbe in consegna - per lo studio - da E. Feruglio, resti costituiti per lo più da denti fossili.

Né il D. si limitò a questo ramo della paleontologia; infatti studiò a fondo anche proboscidati fossili, in parte scoperti da lui stesso: ricorderemo il cranio di elefante antico di Pignataro Interanina (presso Cassino); i celebri resti elefantini di Sahabi (un giacimento scoperto dagli italiani in Libia); numerose altre ossa di pachidermi del Pleistocene dell'Italia meridionale, altri antichi elefanti fossili rinvenuti nella valle del Sele, del Liri e in altri luoghi del Meridione e una raccolta della Patagonia. Con gran dispiacere, per l'impossibilità materiale di acquistarlo, vide il "suo" cranio di Elephas antiquus di Pignataro emigrare negli Stati Uniti: fortunatamente ne trovò più tardi un secondo esemplare, cui dedicò i suoi studi.

I resti di tali pachidermi furono illustrati in tre memorie: nella prima (L'Elephas antiquus nell'Italia meridionale, in Atti d. Acc. d. sc. fis. e mat., s. 2, XVI I [1927], II, pp. 1-105, in collaborazione con G. De Lorenzo) era discussa l'appartenenza a tale specie abbastanza recente (Pleistocene medio) di molti denti, zanne e ossa di pachidermi raccolti nel Sud della penisola; nella seconda (L'Elephas meridionalis nell'Abruzzo e nella Lucania, ibid., XVIII [1930], 8, pp. 1-25) si precisavano le affinità e le differenze fra i reperti del più antico elefante meridionale (del Pleistocene inferiore) e i fossili della specie dianzi citata; sono anche esaminate le condizioni geologiche che impedirono al meridionalis una vasta diffusione, come invece successe alla specie più giovane: molti pezzi sono descritti per la prima volta e recano un grande contributo alla scienza. Nella terza memoria (Ilcranio giovanile di Elephas antiquus di Pignataro Interamna nella valle del Liri, ibid., s. 3, III [1955], 6, pp. 1-32, con 5 tavv.), in collaborazione con M. Montcharmont Zei, il D. descriveva il cranio di un giovane individuo, che attribuiva a una sottospecie Italicus, trovato nel Pleistocene medio dei sedimenti che colmarono il "lago di Cassino", ora estinto; l'esame osteologico permette di avvicinare il reperto frusinate ad un altro celebre individuo (quello di Fonte Campanile, presso Viterbo) e mette in luce le affinità morfologiche - soprattutto nella dentizione - con l'elefante vivente in Asia anziché con quello africano.

In campo geologico il D. scrisse una monografia per illustrare le formazioni stratigrafiche sepolte sotto i tufi e le lave del Vesuvio; trattò poi anche le cave di pozzolana della stessa regione. In un altro studio (Icrateri delle pozzolane nei Campi Flegrei, in Atti d. Acc. d. sc. fis. e mat., s. 2, XIX [1931], pp. 1-55) descrisse il gruppo di vulcani che dal lago di Averno giungono fino ai Fondi di Baia, esaminando in particolare i prodotti delle eruzioni di pozzolana e di un tufo grigio incoerente, illustrò anche particolari aspetti del vulcanismo flegreo e delle sue acque termali. Ancora in campo geologico egli trattò del bradisismo di Pozzuoli e di Paestum e dei caratteri geologici dell'Italia meridionale.

Ebbe sempre a cuore la sua terra natale, la Puglia, di cui studiò i terreni pliocenici, il carbone delle Murge e la dubbia presenza di idrocarburi. In campo bibliografico, pregevoli sono le tre monografie che raccolgono tutti gli scritti geopaleontologici sulla Campania, sulla Puglia e sulla Calabria; lo attrasse anche la preistoria e in tre pubblicazioni trattò le industrie del Paleolitico.

Il D. emerge in particolare per i suoi lavori storici: ricostruì le vicende della Società reale di scienze, lettere e arti, poi Accademia delle scienze fisiche e matematiche in Napoli; chiarì i rapporti con la geologia di Alberto Magno, di Lazzaro Spallanzani, di Oronzo Gabriele Costa (che tra il 1827 e il 1860 studiò i fossili dell'Italia meridionale) e di Nicola Braucci da Caivano, naturalista napoletano, che nella seconda metà del sec. XVIII lasciò una grossa monografia (tuttora inedita) sulla Campania sotterranea. I suoi rapporti, più che amichevoli, con molti colleghi, lo spinsero a commemorare - con ampi necrologi - C. Chistoni (definito il "principe dei geofisici italiani"), G. B. Alfano, anch'egli geofisico, il naturalista E. Quercigh, il paleontologo statunitense Henry F. Osborn e i geologi F. Bassani, G. Capellini, R. Bellini, G. Checchia Rispoli, R. Fabiani e G. De Lorenzo.

Oltre alle opere citate nel testo ricordiamo del D.: Risultati ottenuti dallo studio di alcuni Actinopterigi del calcare cretacico di Pietraroja in prov. di Benevento, in Atti d. Soc. ital. per il progr. d. scienze [1910], Roma 1911, pp. 797-800.

Nuove osservazioni su L'Elephas antiquus dell'Italia meridionale, in Atti d. Acc. d. sc. fis. e mat., s. 2, XVIII (1930), 5, pp. 1-15, 12 ill. (in coll. con G. De Lorenzo); Studi sui pesci neogenici d'Italia, III, L'ittiofauna fossile del Gabbro, ibid., 6, pp. 1-118, 4 tavv.; Studio geologico dei pozzi profondi della Campania, in Boll. d. Soc. dei natural., XLIII (1931), pp. 15-143; Ancora su L'Elephas antiquus di Pignataro Interanma, in Rend. d. Acc. d. sc. fis. e mat., s. 4, I (1931), pp. 16-19 (in coll. con G. De Lorenzo); Avanzi di elefante e di ippopotamo nella Valle del Sele, in Atti d. Acc. d. sc. fis. e mat., s. 3, I (1940), 41, pp. I-II, 1 tav., 14 ill. (in coll. con G. De Lorenzo); Nuovi rinvenimenti di pachidermi quaternari nella valle del Liri, in Rend. d. Acc. d. sc. fis. e mat., s. 4, XVI (1949), pp. 160-168, 1 tav., 1 ill.; I Pesci di Sahabi, in Paleontologia di Sahabi (Cirenaica), in Rend. d. Acc. naz. dei XL, s.4, III (1951), pp. 33-69, I ill., 4 tavv.

Fonti e Bibl.: Necrologi in Rendic. d. Acc. d. Lincei, cl. d. sc. mat., fis. e nat., s. 8, XXXV (1963), pp. 626-631 (con bibl. essenziale); in Boll. d. Soc. d. natural. in Napoli, LXXII (1963), pp. 1-18 (con bibl.); in Atti d. Acc. Pontaniana, n. s., XI (1962), pp. 407-413; in Annali dell'Osservatorio vesuviano, s. 6, V (1963), pp. 1-14.

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