MERCATORE, Gerhard

Enciclopedia Italiana (1934)

MERCATORE (o Mercator, latinizz. di Kremer), Gerhard

Giuseppe Caraci

Uno dei più grandi geografi del sec. XVI, considerato il fondatore, o, meglio, il riformatore della cartografia scientifica. Nacque, il 5 marzo 1512, a Rupelmonde (Fiandra orientale) da un modesto calzolaio. Ebbe accurata educazione (per merito dello zio paterno Gisbert Kremer), prima a Bois-le-Duc, poi frequentando per due anni i corsi di filosofia e matematica all'università di Lovanio, donde uscì col titolo di magister. Volto dapprima agli studî religiosi, M. finì col preferire le lezioni del suo maestro Gemma Frisio, da poco venuto a Lovanio e di appena quattro anni maggiore di lui, dandosi alla costruzione di strumenti matematici, di astrolabî, di sfere armillari, e all'incisione in rame. Con questa sua attività non solo trovò modo di sopperire ai bisogni della famiglia (si era sposato nel 1536 con Barbe Schellekens, che lo rese padre di sei figli), ma anche di farsi noto come uno dei più abili tecnici (era anche un provetto agrimensore) del suo tempo: tanto che Carlo V lo incaricò della preparazione di varî strumenti matematici. Il più antico ricordo della sua attività si trova su un globo (conosciuto solo per l'esemplare senza data che è nel Gymnasium Francisceum di Zerbst) preparato dal Frisio probabilmente verso il 1536, come quello dell'incisore (Gerardus Mercator Rupelmundanus coelavit), ma già nel 1537 vede la luce a Lovanio, dove M. si era stabilito, la sua prima carta geografica a stampa, quella della Palestina (Amplissima Terrae Sanctae descriptio ad utriusque testamenti intelligentiam; incis. in rame in 6 fogli, misurante in complesso m. 0,55 × 1,10), la cui unica copia conosciuta si conserva nella Biblioteca comunale di Perugia (riprodotta nel 1927 a grandezza naturale). Tanto questo lavoro, quanto il mappamondo doppio-cordiforme del 1538 (senza titolo: incis. in rame, m. 0,33 × 0,51; il solo esemplare conosciuto è in possesso dell'American Geographical Society di New York; più volte riprodotto) e la grande carta della Fiandra in 4 fogli, che porta la data del 1540 (Vlaenderen exactissima descriptio; inc. in rame in 4 fogli, m. 0,95 × 1,23; se ne conosce un solo esemplare incompleto, custodito nel Museo Plantin-Moretus ad Anversa, riprodotto nel 1882, con numerose derivazioni) appartengono a quello che si potrebbe dire il periodo di tirocinio dell'attività cartografica di M., e non rappresentano prodotti originali (il primo deriva dal noto mappamondo 1531 di O. Fineo; la seconda utilizza antiche carte locali, specie quella di P. van der Beke, di cui riporta fino i particolari decorativi). Nel 1544, in seguito alle persecuzioni religiose determinate dal moto della Riforma, M., che si trovava a Rupelmonde per liquidare l'eredità dello zio Gisbert, fu imprigionato come sospetto di eresia e rilasciato solo dopo quattro mesi per l'intervento di alti personaggi. Decretata, col trattato di Passavia (1552), la libertà di religione per gli stati tedeschi, M. andò a stabilirsi a Duisburg, sul Reno, dove, riorganizzato il suo piccolo laboratorio, diede in luce nel 1554 la celebre carta d'Europa in 15 fogli (alla scala di circa 1:4.360.000; senza titolo speciale; incis. in rame, m. 1,20 × 1,47; l'unico esemplare conosciuto è alla Stadtbibliothek di Breslavia; riprodotto nel 1891. La carta ebbe una seconda edizione nel 1572, con alcune modificazioni; incis. in rame, 1,34 × 1,60; se ne conoscono tre esemplari) che rappresenta, per l'epoca, un vero modello di elaborazione critica di tutto il materiale fino ad allora raccolto, e, anche per la larga diffusione avuta, contribuì grandemente ad assicurare la fama del suo autore. Una carta delle Isole Britanniche con la data del 1564 (Angliae Scotiae et Hiberniae nova descriptio; incis. in rame in 8 fogli, m. 0,876 × 1,271; conosciuta in tre esemplari; riprodotta nel 1891) porta il suo nome (ma è probabilmente opera di un suo amico inglese rimasto ignoto, e M. non ne fu che l'incisore e l'editore); un'altra, composta nello stesso anno e rappresentante la Lorena, reca anche il nome del figlio Bartolomeo, ma non venne mai stampata. Nel 1569 comparve il grande mappamondo in 18 fogli (Nova et aucta orbis terrae descriptio, incis. in rame, m. 1,342 × 2,118; ne sono conservate quattro copie; più volte riprodotto), destinato, come dice il titolo, ad usum navigantium: opera divenuta celebre, più che per il suo contenuto, per la proiezione, che è una cilindrica isogona, detta a latitudini crescenti, dotata di una proprietà assai vantaggiosa alla navigazione, in quanto sopra di essa la rotta lossodromica si trasforma in una linea retta; e perciò è facile, con una carta di questo tipo, risolvere, per mezzo di semplici procedimenti grafici, tutti i problemi relativi alla determinazione delle rotte. Va però avvertito che, mentre M. non si può dire l'inventore di questa proiezione, enunciata già dal cartografo Erhard Etzlaub di Norimberga, la generalizzazione del suo uso data solo dalla prima metà del sec. XVII, dopo cioè che l'inglese E. Wright ne ebbe esposto il fondamento matematico (v. cartografia).

Dello stesso anno 1569 è anche una carta dell'America, di cui nessun esemplare fu ritrovato ancora; a un'altra grande (15 fogli) mappa del Nuovo Mondo, essa pure smarrita, sappiamo che lavorava M. nel 1572 (doveva essere terminata certo nel 1581). Ma un ambizioso disegno soprattutto egli veniva vagheggiando: abbracciare in una vasta sintesi enciclopedica l'origine, l'ordinamento e il funzionamento del Cosmo. Con tutta una serie di opere organicamente disposte, egli avrebbe tentato dapprima di ricostruire le conoscenze che gli antichi ebbero dell'universo, poi di esaminare come s'era venuto allargando nei secoli l'orizzonte geografico dell'umanità, e in pari tempo di tracciare le linee maestre di una cronologia del Cosmo nei suoi momenti essenziali, fondata sulla successione, matematicamente determinata, dei fenomeni celesti. Sennonché le forze di un solo uomo non potevano bastare a tant'opera, e ce ne rimangono solo come capitoli staccati: la Chronologia (1569), le carte (1578), e il testo (1584) della Geographia di Tolomeo, e finalmente l'Atlas (1585-95) che vide la luce, completo, solo dopo la morte dell'autore (1602).

Il progresso delle conoscenze geografiche e lo sviluppo della cartografia nautica e scientifica avevano ormai chiarito gli errori e l'imperfezione delle carte tolemaiche, ma non ancora posto storicamente il problema del loro significato e del loro valore metodico. Ricostruendo la figurazione dell'orbe classico direttamente sui dati forniti dall'alessandrino, che egli sottopone a una critica rigorosa, ai procedimenti matematici dell'antico cosmografo M. restituisce quel credito che la tradizione delle carte tolemaiche, costruite con metodi diversi da quelli enunciati nel testo, non poteva più mantenere. Attraverso una lunga e paziente opera di raccolta di testi e di versioni (nella quale ebbe a collaboratori i figli Arnoldo, Bartolomeo e Rumoldo), che M. si diede la pena di collazionare e di correggere per ristabilire, come meglio gli era possibile, il testo nelle sue forme primitive, e su questo fondare la restituzione delle carte ad mentem auctoris, uno dei principali compiti che il grande studioso s'era proposto poté essere condotto a termine nel 1578 (Tabulae geographicae Cl. Tolemaei, ecc., Colonia; la raccolta comprende 28 carte, con aggiunti a ognuna una nota illustrativa, e, in fondo, l'indice dei nomi; il testo latino fu edito nel 1584).

Non meno lunga e scrupolosa fu la preparazione dell'altra grande raccolta che M. veniva mettendo insieme: quella delle carte moderne, per le quali ai materiali già elaborati nelle precedenti pubblicazioni poté aggiungere, con l'aiuto di dotti, di amici, di corrispondenti sparsi per tutta Europa, una vera folla di dati preziosi, di notizie, di aggiornamenti. La prima parte (Galliae [16 carte], Belgii Inferioris [9 carte], Germaniae [26 carte] tabulae geographicae; dedicata al duca Giovanni di Clèves, 1585) e la seconda (Italiae, Sclavoniae, et Greciae tabulae geographicae; datata 13 marzo 1589; comprende 23 carte) di questa raccolta furono curate personalmente da M.; la terza, uscita nel 1595 (Atlas sive cosmographicae meditationes de fabrica mundi et fabricati figura, comprendente 29 carte) fu curata dal figlio Rumoldo, giacché il 2 dicembre 1594 M. era morto.

Il successo dell'Atlas, pure senza essere pari alla sua importanza, indusse gli eredi di Rumoldo (morto nel 1600) ad approntarne una nuova edizione nel 1602 (Düsseldorf, presso B. Brusius; la prima e l'unica completa). In seguito, la proprietà delle tavole passò al cartografo olandese Josse (Jodocus) Hondius, che ne curò, tra il 1606 e il 1640, una quarantina di edizioni (mescolandovi tuttavia materiale di altri autori), senza tenere conto del cosiddetto Atlas Mımor, riduzione in piccolo formato (Girolamo Porro ne aveva già pubblicata una a Venezia nel 1596), che ebbe pure più di venti edizioni tra il 1607 e il 1651.

M. è noto anche come costruttore di un globo terrestre (1541: ne esistono numerosi esemplari) e di uno celeste (1551); ed è infine autore di alcune opere ormai pressoché dimenticate: una specie di saggio filosofico sulla storia del mondo (De mundi creatione ac fabrica liber), scritto da giovane, ma pubblicato solo sessant'anni dopo (1592); una Literarum latinarum, quas Italicas cursoriasque vocant, scribendarum ratio (1540), sull'opportunità di regolare nelle carte la scelta dei nomi e di seriverli in caratteri romani anziché gotici, come fin allora si era fatto in Germania; la Chronologia (1563), che forma, come s'è accennato, una specie di storia universale dalla creazione del mondo al 1558, determinata ex eclipsibus et observationibus astronomicis om nium temporum; e la Evangelicae historiae quadripartita Monas, sive Harmonia quatuor evangelistarum (1592), in cui si giustifica dell'accusa d'avere errato di un anno nel calcolare la vita di Cristo nella Chronologia.

L'opera cartografica di M. rappresenta la sintesi del Rinascimento. Oltre che sistematore del copioso materiale preesistente, che egli elabora in un grandioso tentativo d'interpretazione e conciliazione dell'antico col nuovo, M. è a ragione considerato il restauratore del concetto scientifico della cartografia, in quanto la riconduce a procedimenti matematici, sottraendola a quella specie di eclettico empirismo, fino ad allora prevalente, anche se poi per difetto o imperfezione di elementi costruttivi mantiene talora, e perfino aggrava, gli errori di chi lo ha preceduto.

Bibl.: J. van Raemdonck, G. M., sa vie et ses œuvres, Saint-Nicolas 1869; A. Breusing, Gerhard Kremer, genannt Mercator, der deutsche Geograph, Duisburg 1878; M. Fiorini, Gerardo Mercatore e le sue carte geografiche, in Boll. Soc. geogr. ital., s. III, 3, Roma 1890; H. Averdunk e J. Muller-Rheinart, Gerard Mercator und die Geographen unter seinen Nachkommen, in Petermann's Mitteil., supplemento 182, Gotha 1914; F. van Ortroy, Bibliographie sommaire de l'œuvre mercatorienne, in Revue des bibliothèques, XXIV-XXVI, Parigi 1914-16.

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