GEROLAMINI

Enciclopedia Italiana (1932)

GEROLAMINI

Pio Paschini

. Tra il sec. XIV e il XV sorsero in Italia e in Spagna comunità di frati che, dal nome di S. Girolamo (v.) che aveva praticato vita monastica presso Betlemme, si chiamarono gerolamini. Essi infatti considerarono S. Girolamo come loro diretto fondatore, favoleggiando ch'egli avesse istituito a Betlemme la casa madre dell'ordine e l'avesse diffuso fondando nuove case in Palestina, in Siria, a Costantinopoli, nell'Illirico, ad Altino (per mezzo di Eliodoro), a Roma (per mezzo di Pammachio), in Spagna (per mezzo di Orosio), a Nola, e determinando l'abito, la regola, ecc., di queste fondazioni. Seguirono in realtà la regola di S. Agostino, completata con aggiunte tolte dagli scritti di S. Girolamo e da altre regole.

Si dividevano in quattro osservanze: Eremiti spagnoli. Alcuni discepoli di Tommasuccio di Siena istituirono anche in Spagna, durante il regno di Alfonso XI di Castiglia (1312-1350), alcuni eremi sotto la regola del terz'ordine francescano. Col tempo uomini illustri si misero con loro, come il portoghese Basco e poi Pietro Fernando Pecha di Guadalajara, cameriere del re e fratello di Alfonso vescovo di Jaén. Il Pecha ottenne da Gregorio XI in Avignone nel 1374 la conferma per questi eremiti, con l'obbligo di accettare la regola di S. Agostino, di emettere voti solenni e assoggettarsi a un monastero centrale, che fu quello di S. Bartolomeo di Lupiana in diocesi di Toledo. Sebbene in origine contemplativo, il nuovo ordine assunse volentieri anche la cura d'anime, e attese agli studî scientifici; si diffuse in Spagna e Portogallo, e nel 1415 contava già 25 conventi. Il cardinale Ximenes inviò quei frati alle missioni fra gl'Indiani a Haiti; Filippo II affidò ad essi il convento dell'Escorial (v.). Di là furono cacciati nel 1835, in seguito alla generale soppressione degli ordini religiosi, ma più tardi vi rientrarono. Nel 1375 s'era formato anche il ramo femminile dell'ordine, per opera di Maria Garcias (morta nel 1426) nel monastero di S. Paolo di Toledo, e si estese alle principali città della Spagna. Fu soppresso nel 1835.

Poveri eremiti di S. Girolamo, della congregazione del b. Pietro da Pisa. Furono fondati da Pietro de' Gambacorti dei signori di Pisa (morto nel 1435), il quale a 25 anni nel 1377 si fece eremita sul monte Cessano presso Urbino, chiamato poi Montebello. Pietro fu poi richiesto di fondare altri eremi a Venezia, Padova, Treviso, e così cominciò la sua congregazione. Ad essa si aggiunsero altri eremi, dove si seguiva la regola del terz'ordine francescano; verso il 1434 sorse poi il convento di S. Onofrio a Roma, anche oggi di questi gerolamini. Nel suo maggior fiore la congregazione contò 47 conventi, quasi tutti in Italia, e da Pio V nel 1568 fu obbligata ad accettare la regola di S. Agostino, con speciali costituzioni e voti solenni.

Gerolamini dell'osservanza, o di Lombardia. Lope de Olmedo, generale dei Gerolamini di Spagna, nel 1424 alla regola di S. Agostino aggiunse costituzioni più rigide, prendendole dai certosini; la riforma, approvata da Martino V, si estese in Spagna e in Italia, il 24 giugno 1430 entrò in possesso della chiesa dei Ss. Alessio e Bonifacio sull'Aventino, dove nel 1433 morì il Lope. Per volere di Filippo II nel 1595 i 6 conventi spagnoli di questa riforma si unirono alla congregazione spagnola; allora i 17 conventi italiani rimasti indipendenti ebbero un proprio generale. La congregazione poi si estinse.

Eremiti di S. Girolamo della congregazione di Fiesole. - Carlo dei conti Guidi di Montegranelli, prete e terziario francescano, nel 1360 fondò a Fiesole un piccolo convento, e sul modello di questo altri se ne fondarono a Verona, Venezia e altrove. Innocenzo VII nel 1406 ne formò una congregazione, approvata poi anche da Gregorio XII. Morto il beato Carlo a Venezia nel 1417, Eugenio IV volle che vi si osservasse la regola di S. Agostino. Essa giunse ad avere fino a 40 conventi, fra i quali quello dei Ss. Vincenzo ed Anastasio a piazza Trevi in Roma. Soppressa da Clemente IX nel 1668, i conventi furono uniti alla congregazione del b. Pietro da Pisa.

Bibl.: G. Hergenröther, Storia universale della Chiesa, trad. ital., Firenze 1906, V, p. 80 segg.; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, XXXI, Venezia 1845, p. 88 segg.; M. Armellini, Le chiese di Roma, Roma 1891, pp. 287, 587, 658; M. Heimbucher, Die Orden und Kongregationen der Katholischen Kirche, I, Paderborn 1896, p. 481 segg.