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Gerusalemme

di Adolfo Cecilia - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Gerusalemme (Ierusalemme)

Adolfo Cecilia

Città della Palestina centrale, situata sull'altopiano a 750 m. di altitudine, in una posizione favorevole per le comunicazioni con le regioni circostanti, e particolarmente adatta alla difesa. Già abitata agl'inizi dell'epoca storica, visse vicende piuttosto tormentate, delle quali offrono, in certo modo, testimonianza anche i numerosi toponimi: Yĕrūshālayim in ebraico, Ἰερουσαλήμ in greco (anche τά Ἰεροσόλυμα), Ierusălem o Hierusălem i più comuni in latino, Urshilīm o El Quds (città santa) in arabo.

Fu contesa per secoli da Egiziani ed Ebrei, fu occupata da Alessandro Magno, conquistata da Pompeo nel 63 a.C., distrutta da Tito nel 70 d.C. Nel 132, dopo un'ultima rivolta domata, prese il nome di " Aelia Capitolina ", priva peraltro di ‛ ius italicum '. Conobbe un periodo di splendore ai tempi di Costantino e, successivamente, sotto gl'imperatori di Costantinopoli. Dopo un breve dominio persiano, stroncato da Eraclio, ebbe inizio la lunga dominazione musulmana. Il regno di G., fondato dai cristiani il 22 luglio 1099, ebbe vita effimera, pur estendendosi nel sec. XII su tutta la Palestina e su parte della Siria; ma il titolo di re di G. perdurò anche dopo la perdita totale dei territori e giunse nel sec. XV ai Savoia, che lo mantennero fino al 1861.

Città importante per il mondo cristiano, sia per motivi religiosi, sia per motivi commerciali (Salimbene Cronica, ediz. Scalia, pp. 8, 9, 11, 26, 127, 128, 255; G. Villani II 13, IV 24, V 3, VI 17, VIII 35; e cfr. anche Davidsohn Storia I 1056, IV II 759), G. è ‛ luogo ' fondamentale della geografia medievale che, a proposito, prende le mosse da passi della Bibbia e dai classici. Ed è ‛ luogo ' fondamentale della geografia dantesca.

Sulla base del concetto della sfericità della Terra e dei riferimenti astronomici acquisiti, D. ha molto chiara l'idea della disposizione di quattro meridiani: il meridiano di G. che, nella sua geografia, possiamo ritenere come iniziale e, quindi, ‛ meridiano zero '; il meridiano della montagna del Purgatorio, 180º (ovviamente sia est che ovest) da quello di G., per cui i due luoghi sono antipodi e condividono lo stesso orizzòn (v., più avanti, per Pg IV 68-71); il meridiano della foce del Gange, 90º a est di G.; il meridiano di Gade, 90º a ovest di essa.

Per quanto riguarda la parte della sfera rappresentata dalla terra emersa, la gran secca di If XXXIV 113, questa, secondo la concezione comunemente accettata ai tempi di D. sulla scorta di concezioni classiche (Alfragano, ad es.), era tutta compresa nell'emisfero settentrionale, ed era comunemente rappresentata in ecumeni circolari, all'interno dei quali la metà superiore appariva occupata dall'Asia, la metà inferiore dall'Europa e dall'Africa, divise dalla linea del Mediterraneo, ossia dall'asta verticale di una T, la cui asta orizzontale rappresentava la linea Tanai (Don)-Nilo (G. Villani I 3). I limiti longitudinali, foce del Gange - isole di Gade, e quelli latitudinali compresi in 67° tra l'equatore e il circolo polare artico, sono esplicitamente indicati da D., sulla scorta di Orosio, in Quaestio 54 ss.

Pur sottolineando l'errore di fondo riguardo l'estensione e la distribuzione delle terre emerse, e pur notando l'errore di computo riguardo la distanza in longitudine tra la foce del Gange e le isole di Gade, si deve prendere atto del fatto che l'elemento che più conferisce a G. la sua importanza nella geografia dantesca, cioè la collocazione al centro dell'abitabile, è sufficientemente prossimo all'esattezza entro i confini dell'ecumene dantesco. Infatti, il meridiano di G. è abbastanza vicino al meridiano intermedio tra quello della foce del Gange e quello delle Colonne d'Ercole; e la vicinanza è ancora maggiore se ci si spinge a ovest dello Stretto di Gibilterra, verso le " Gades insulae ". In latitudine, poi, i 32° N che segnano la posizione di G. rispetto all'equatore, sono molto vicini al parallelo di 33,1/2° che segna il luogo dei punti intermedi tra equatore e circolo polare artico, estremità sud e nord, come si è visto, della gran secca.

La medianità di G. è già affermata dalla Bibbia; in Ezech. 5,5 si legge infatti: " Haec dicit Dominus Deus: ista est Ierusalem. In medio gentium posui eam et in circuitu eius terras ". E il Medioevo cristiano argomenta il concetto dalle Scritture, lo rafforza sulla scorta delle esperienze dei pellegrini, i quali muovevano verso la Terrasanta lungo itinerari marittimi che potevano trarre a grossolane interpretazioni (Rambaldi), e annulla, per amor di simmetria, eventuali incertezze. Anche la Bibbia, quindi, e le figurazioni cartografiche successive alla prima crociata, ad esempio la grande carta detta di Ebstorf, della fine del Duecento, e il planisfero del Vesconte (Revelli, Italia 35, 50, 53) contribuiscono a spiegare la collocazione dantesca di G. al centro dell'ecumene; così come (ibid. 38) accenni a leggendarie isole oceaniche trovati da D. in carte del suo tempo possono avergli suggerito l'immagine dell'isola oceanica, sulla quale sorge l'antipode di G., il monte del Purgatorio, elemento geotopografico, questo, che sembra dovuto particolarmente a D. (Buti-Bertagni). Il Baldacci (anche il Rambaldi adombrava qualche dubbio di D. attorno alle medianità di G. e di Roma), nel rilevare che D. pone G. a metà latitudine e fa corrispondere a essa il ‛ meridiano zero ', notava come il poeta derivasse la nozione da Isidoro di Siviglia (Etym. XIV III 21 " In medio autem Iudeae civitas Hierosolyma est, quasi umbilicus regionis totius "), per cui G. è al centro della Giudea, non dell'ecumene tutto; ma, aggiunge il Baldacci, alcuni leggono " terrae " in luogo di " totius ", e ribadiscono così una concezione, anche isidoriana, della centralità di G., ripresa poi da Rabano Mauro (De Universo XIV 2). A sostegno della sua tesi, il Baldacci faceva notare (ma vedi ora, dello stesso studioso, la voce GEOGRAFIA in questa Enciclopedia) che D. non dichiara mai esplicitamente che G. è il punto centrale della terra emersa. Ma, in If XXXIV 112-117 E se' or sotto l'emisperio giunto / ch'è contraposto a quel che la gran secca / coverchia, e sotto 'l cui colmo consunto / fu l'uom che nacque e visse sanza pecca; / tu hai i piedi in su picciola spera / che l'altra faccia fa de la Giudecca, ove G. è ricordata come il luogo ove Cristo patì la morte, il colmo dell'emisfero boreale, al quale la gran secca fa da coperchio, e che sta per G., non altrimenti si può intendere se non come il centro dell'emisfero stesso e, quindi, della terra emersa. Il che risulta pur tenendo conto dei commenti più antichi, alcuni dei quali (Graziolo, Lana, Benvenuto) riportano soltanto come voce corrente la medianità di G., oppure ne approssimano la medianità stessa (più tardi Landino: " E dinota Hierusalem, che è quasi el mezzo della Terra ").

La medianità longitudinale di G. è ribadita in Pg II 1-3 Già era 'l sole a l'orizzonte giunto / lo cui meridïan cerchio coverchia / Ierusalèm col suo più alto punto, mentre la reciproca posizione di G. e del monte del Purgatorio è spiegata a D. da Virgilio in IV 67-71 Come ciò sia, se 'l vuoi poter pensare, / dentro raccolto, imagina Sīòn / con questo monte in su la terra stare / sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn / e diversi emisperi. Ancora, in XXVII 1-6, ove G. è nuovamente indicata come il luogo della morte di Cristo, D. fornisce un'indicazione temporale, nella quale coinvolge anche l'Ebro, attraverso la quale ribadisce le relative posizioni dei luoghi essenziali: Sì come quando i primi raggi vibra / là dove il suo fattor lo sangue sparse, / cadendo lbero sotto l'alta Libra, / e l'onde in Gange da nona riarse, / si stava il sole; onde 'l giorno sen giva, / come l'angel di Dio lieto ci apparse. In altri luoghi D. ricorda G., ma le citazioni non riguardano la posizione geografica della città. Così, in Mn III IX 10 è ancora ricordata come il luogo ove Cristo patì la morte: Scribit etiam [Matteo] quod, cum Cristus diceret discipulis quia oportebat eum ire in Ierusalem et multa pati. In Ep II 5 nunc regiae sempiternae aulicus praelectus in superna Ierusalem cum beatorum principibus gloriatur, e in Pd XXV 55-57 però li è conceduto che d'Egitto / vegna in Ierusalemme per vedere, / anzi che 'l militar li sia prescritto (v. anche EGITTO), G. sta a indicare, metaforicamente, il Paradiso. In Ep VII 30 la condizione degli esuli fiorentini è paragonata a quella degli esuli in Babilonia: ac quemadmodum, sacrosanctae Ierusalem memores, exules in Babilone gemiscimus. In Ep XI 1 ss., è ricordata come la città di David; in Ep XIII 3, come la città visitata dalla regina di Saba; in Pd XIX 127, il Ciotto di Ierusalemme è Carlo II d'Angiò, il quale aveva ereditato dal padre, Carlo I, il titolo di re di G.; in Pg XXIII 29, infine, è la città perduta dagli Ebrei nel 70 d.C., quando Tito, dopo un lungo assedio, la conquistò e la distrusse.

Bibl.-B. Sorio, Lettere dantesche scritte all'amico il prof. F. Longhena, sopra i passi che nella D.C. di D. rimangono da illustrare nella vera sua spiegazione o da emendare alla sua vera lezione recandoli coi mss. e con sana critica, Roma 1863, 13 ss., 26 ss. (e città di Castello 1894, 15 ss., 27 ss.); E. Moore, The Time-References in the D.C., Londra 1887, 68-70; E. Sanesi-G. Boffito, Traduzione e riassunto riveduto e approvato dall'autore de La Geografia di D. secondo E. Moore, Firenze 1905, 11-12 (recens. di P.L. Rambaldi, in " Bull. " XII [1905] 202); P. Gribaudi, Per la storia della geografia specialmente nel medioevo, in Scritti di varia geografia, Torino 1955, 21-70; O. Baldacci, Ecumeni ed emisferi circolari, in " Boll. Soc. Geogr. Ital. " s. 9, VI (1965) 8-9; ID., Alcuni problemi geografici di esegesi dantesca, ibid. VII (1966) 563-578; G. Buti-R. Bertagni, Commento astronomico della D.C., Firenze 1966, 27-31, 110-111, 143, 226.

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