GHERARDO di Giovanni di Miniato

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GHERARDO di Giovanni di Miniato

Ebe Antetomaso

Nacque a Firenze nel 1445 o 1446 da Nanni di Miniato di Gherardo, detto Fora, "scharpellatore", e da Domenica, figlia di Bartolomeo, calzolaio.

La data di nascita si ricava dal catasto del 1451 del quartiere di S. Giovanni - citato da Levi D'Ancona che, con Martini, fornisce la maggior parte di riferimenti documentari su G. - nel quale il padre dichiara di abitare in una casa sul canto di piazza S. Marco e di avere sei figli, tra i quali G. di anni cinque; più grande di G. era il primogenito Bartolomeo, nato nel 1444, mentre l'altro suo fratello, Monte, nacque nel 1448 (gli altri fratelli erano nati da un matrimonio precedente del padre). L'appellativo "Fora" o "del Fora" che talvolta accompagna il nome di G. deriva da un soprannome del padre presente in tre documenti dell'Archivio dell'Opera del duomo riferiti al solo genitore (Martini, p. 68) ed è stato erroneamente accostato a G. e a suo fratello Monte da Milanesi (in Vasari [1568], p. 252), seguito da una parte della critica.

Il percorso di maturazione artistica del giovane G. avvenne probabilmente nell'ambiente del cantiere dell'Opera del duomo fiorentino, con il quale il padre ebbe diversi contatti dal momento che ricevette un pagamento nel 1433 per non meglio documentate "opere di scultura" mentre nel 1437 fu autorizzato a lavorare con Donatello (Martini, p. 24). Più che alla modesta personalità del padre (nato nel 1398, morto in data imprecisata senza aver lasciato opere note) G. dovette far riferimento al raffinato entourage della corte medicea, dove conquistò il favore dello stesso Lorenzo - colpito dallo sforzo che quel "cervello sofistico", secondo la definizione di Vasari, andava compiendo non solo nell'arte della miniatura, ma anche in quella preziosa e difficile del mosaico - e dove ebbe contatti con Poliziano accostandosi anche allo studio del latino (Fahy, 1989, p. 10). Vasari nella "vita" dedicata a G., pur non distinguendolo sempre chiaramente dal fratello Monte, non manca di sottolineare i suoi rapporti con il Ghirlandaio e la sua attenzione per le stampe di Dürer, interesse che egli condivise con il fratello minore (Garzelli, 1985, p. 322).

La prima menzione documentaria di G. miniatore risale al 1460, quando ricevette un pagamento per la biblioteca del cancelliere Bartolomeo Scala. Nel 1465 G. prese in affitto dai monaci della Badia una bottega nei pressi di piazza S. Pulinari insieme con Bartolomeo e Monte. I tre fratelli, già definiti nel contratto "cartolai e miniatori" (Martini, p. 25), avviarono così un'attività fiorente che vide il maggiore occuparsi, forse esclusivamente, della gestione economica mentre G. e Monte furono impegnati in quella artistica; negli anni seguenti la locazione della bottega fu continuamente rinnovata: tra il 1470 e il 1475, dal 1476 al 1477 a nome di G., e poi ancora dal 1477 al 1482 (Levi D'Ancona). In questi anni i monaci della Badia eseguirono diversi pagamenti alla bottega per la fornitura di carta, per le legature e per lavori di miniatura; lo stesso fecero i frati di S. Marco per la legatura e la miniatura di diversi libri del convento. L'intensa attività della bottega culminò con l'esecuzione da parte di G. e Monte del messale per l'ospedale di S. Maria Nuova, detto Messale di s. Egidio (oggi ms. 67 del Bargello di Firenze), databile agli anni 1474-76.

Il Messale di s. Egidio "definisce uno degli eventi maggiori del connettivo pittorico fiorentino all'aprirsi degli anni settanta" (Garzelli, 1985, p. 268) e rappresenta un'importante occasione per osservare e mettere a confronto lo stile dei due fratelli. La novità di queste miniature - rappresentata dall'utilizzazione di due piani compositivi distinti, il primo piano dove agiscono i protagonisti e lo sfondo che si colora di paesaggi naturali o, più spesso, urbani e, più precisamente, fiorentini - viene proposta da G. con particolare attenzione agli spazi modulari di derivazione brunelleschiana dove si muovono figure che ricordano, nell'impostazione, Piero della Francesca. Nell'economia generale della decorazione il ruolo di G., da un punto di vista esecutivo, è forse più limitato rispetto a quello del fratello, mentre la sua partecipazione all'ideazione generale dell'opera dovette essere più estesa.

La febbrile attività della bottega dovette causare qualche problema tra i fratelli, che nel 1476 posero fine alla società: al padre dei tre e a Miniato, monaco nella vicina Badia, venne affidato l'incarico di comporre la lite. Nel luglio nel 1476 il genitore, ormai vecchio, decise che i tre figli non dovessero più lavorare insieme e stabilì che G. avrebbe dovuto rilevare in proprio la bottega, dopo un accurato inventario dei beni e del materiale in essa presenti (Martini, pp. 53-82).

L'attività di G. come miniatore è ricostruibile attraverso la documentazione conservata che ha tramandato notizia dei pagamenti e degli acquisti di materiale per diversi codici, non tutti oggi chiaramente identificabili, frutto della stretta collaborazione di bottega col fratello minore, tanto che risulta difficile distinguere la mano di G. da quella di Monte. Il 31 marzo 1477 G. venne pagato per diverse miniature: una Crocefissione di s. Pietro, una Natività della Vergine e una serie di Storie di s. Egidio in un Manuale di S. Maria Nuova (oggi Bargello, cod. 68); in settembre eseguì "41 Santi Egidi per la festa" e, sempre nel 1477, insieme con Monte, miniò un Breviario di don Ambrogio, sacrestano della Badia (Levi D'Ancona, p. 135) mentre nel gennaio dell'anno seguente il solo G. fu pagato per miniature non meglio identificate. Tra il 1488 e il 1491 G. eseguì per S. Maria Nuova almeno due opere: un Messale e un Breviario.

Già Vasari aveva messo in luce quella versatilità che avrebbe consentito a G. di dedicarsi non solo alla miniatura, ma anche alla pittura, sia ad affresco sia su tavola. Nel 1474 G. affrescò la facciata della chiesa di S. Egidio raffigurandovi Martino V concede privilegi alla chiesa.

Questa pittura, oggi staccata, fu oggetto di un restauro nel XVI secolo da parte di Francesco Brini (Seconda mostra di affreschi staccati, Firenze 1958, pp. 74 s.). Ciò che ne rimane sembra sufficiente alla maggior parte della critica per avvalorare l'ipotesi vasariana di una vicinanza stilistica di G. a Domenico Ghirlandaio, soprattutto agli affreschi di S. Trinita.

A opere mobili non identificate sembrano inoltre riferirsi i due pagamenti fatti da S. Maria Nova a G. il 29 apr. 1476, "per dipingnere Santa Maria delle Gratie", e il 30 apr. del 1479 per la "dipintura di 1 crocie da 2 lati messa doro fine con azurro oltremarino" (Levi D'Ancona, pp. 135 s.). Un altro affresco, oggi quasi illeggibile, fu dipinto nel 1486 per S. Maria del Sasso, presso Bibbiena. Vasari segnala inoltre "fuor della porta alla croce un tabernacolo a fresco", la cosiddetta Madonna del Garullo, commissionata a G. e a Monte nel 1487 dai capitani del Bigallo di Firenze (dell'opera, trasportata in seguito in via Aretina, rimane un frammento in cattive condizioni) e un altro tabernacolo con Madonna e il Bambino in trono tra quattro santi sulla facciata della costruzione in angolo tra via Cavour e piazza S. Marco, dove lo stesso G. abitava (Bargellini).

Il corpus delle opere pittoriche di G. è considerevolmente cresciuto dopo l'identificazione del miniatore fiorentino nella figura del cosiddetto "Maestro del Trionfo della Castità" autore della tavola eponima conservata nella Galleria Sabauda a Torino, del pannello con il Combattimento tra Amore e Castità (Londra, National Gallery) e di 3 tavolette, oggi disperse, già a Genova nella collezione Adorno (Zeri).

A questo complesso si riconnette una serie di opere, legate tra loro da evidenti affinità stilistiche (Fahy, 1967; 1976). Si tratta di un dipinto raffigurante la Madonna nella Galleria nazionale d'arte antica a palazzo Barberini di Roma, molto vicina al pannello londinese, di un tondo con la Madonna ed un Angeloche adorano il Bambino (Seattle, collezione Ivan Best), di una tavola nella Galleria dell'Accademia di belle arti a Firenze (inv. 8634), di un pannello mutilo con Angeli, oggi nel Ringling Museum of Art a Sarasota, forse identificabile con la parte mancante della tavola di Roma, di una insolita pittura della Vergine con Bambino nella collezione del National Trust a Upton House (Banbury, Oxfordshire), della Maddalena tra i ss. Pietro e Caterina da Siena nella Kress Study Collection a Brunswick (ME), già attributo a G. in base a una vicinanza stilistica con le miniature del Manuale cod. 68 al Bargello (Fahy, 1967, p. 132), del dipinto raffigurante un Angelo nella Gambier Parry Collection (Londra, Courtauld Institute), probabilmente parte della stessa composizione di cui faceva parte la Madonna di Seattle, di un pannello oggi nella Royal Collection di Hampton Court che raffigura il Bambino e s. Giovannino. Non riferibile alla mano di G. sembra infine il tabernacolo della Pinacoteca di Bologna con la Madonna e santi al quale è stata tradizionalmente riferita la notizia vasariana di un dipinto eseguito da G. per la chiesa di S. Domenico a Bologna (Garzelli, 1985, p. 267 n. 3). Garzelli aggiunge al catalogo di G. le due tavole con Uomini e donne in adorazione della collezione Johnson (Philadelphia, Museum of art).

Nel campo della miniatura, alla bottega di G. e Monte è riferito anche un Cerimoniale dei vescovi (Biblioteca apost. Vaticana, Ottoboniano 501); un Omero (Napoli, Biblioteca nazionale, ms. sq XXIII K22) stampato a Firenze nel 1488, dove viene ascritto a G. il celebre Ritratto di giovane nel foglio IIv (Garzelli, 1985, p. 296); un Messale della Biblioteca Laurenziana di Firenze (Edili, 109) eseguito nel 1492 per il duomo di Firenze insieme con altri tre codici oggi perduti (Levi D'Ancona, pp. 128, 131).

Controversa è l'attribuzione del Codice K della basilica di S. Lorenzo al solo G. (D'Ancona, 1914, p. 692), a Monte (Levi D'Ancona, p. 131) o alla collaborazione dei due fratelli che lo avrebbero eseguito poco prima del Codice 67 del Bargello (Bertani, 1985, p. 539). Più recentemente si è tornati a riferire il Codice K all'opera di G., soprattutto in relazione alla miniatura del foglio 45, il Martirio di s. Lorenzo, dove sono stati colti echi precisi del Martirio di s. Pietro nel Codice 68 del Bargello (Garzelli, 1985, p. 288).

Su commissione del re di Ungheria Mattia Corvino i due fratelli eseguirono alla fine degli anni Ottanta una serie di miniature in codici conservati oggi in diverse biblioteche: si tratta dell'Expositio Evangelii di s. Girolamo (Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, cod. 930), del manoscritto 496 della Pierpont Morgan Library a New York (Opera di Didimo Alessandrino) del Commentarii in Epistolas s. Pauli di san Girolamo della Biblioteca di Budapest (Cod. Lat. 437), tutti databili al 1488; dei Dialoghi di Gregorio Magno (Modena, Biblioteca Estense, 449) riferibile agli anni tra il 1488 e il 1490, di un codice contenente le opere di Aristotele conservato a Praga (Cod. Lat. 1656), di una Bibbia della Biblioteca Laurenziana a Firenze (Plut. 15, cod. 15-17), riferita al 1489-90.

Ancora opera di collaborazione tra i due fratelli è il codice petrarchesco conservato nella Walters Art Gallery di Baltimora (ms. 10.755) dove sono riferibili a G. diverse pagine, tra cui quella con il Trionfo del Tempo (c. 59) e la Trinità (65v); ridotta è la presenza di G. nel Tolomeo miniato per Camillo Maria Vitelli (Garzelli, 1985, p. 300), oggi conservato a Firenze nella Biblioteca nazionale.

Tra le commissioni medicee si ricordano il Libro d'ore della Bayerische Staatbibliothek di Monaco di Baviera (Lat. 23639), dove G. svolse un ruolo attivo soprattutto nella impostazione generale della grafica (Garzelli, 1980, pp. 495-498), e il Salterio di Cambridge (Fitzwilliam Museum; Add.Mss. 37-1970) che vede l'intervento di G. nella tavola con il David salmista a colloquio con l'Eterno (c. 2), notevole per il brano paesaggistico che fa da sfondo alla scena. Ancora a G. sono da riferire alcuni interventi nei Libri d'ore della Biblioteca nazionale di Firenze (B.R.321 e B.R. 334), in quelli nella Biblioteca Trivulziana a Milano (mss. 468 e 469), in quello realizzato per le nozze di Isabella d'Este con Francesco I Gonzaga nel 1490 (passato il 28 nov. 1979 da una vendita Sotheby a Monaco) e in quello miniato cinque anni dopo per il matrimonio di Lucrezia Strozzi e Roberto Acciaiuoli (Melbourne, Department of Fine Art) dove G. eseguì, tra l'altro, un'Annunciazione e una Crocefissione importanti per definire il suo stile nella fase estrema della carriera.

Da ricordare, inoltre, tra gli ultimi lavori del miniatore, il suo intervento (nel foglio a fronte con l'Incipit della postilla) nella decorazione del Niccolò di Lira in sette volumi commissionato alle botteghe fiorentine da Emanuele d'Aviz, futuro re del Portogallo (Lisbona, Arquivo nacional da Torre do Tombo), risalente al 1494-96.

Tra le opere che si ritengono miniate dal solo G. si annovera il Graduale D della Biblioteca del Convento dei servi all'Annunziata (dove l'Annunciazione della c. 30 mostra il linguaggio più cauto nei confronti delle innovazioni tipico di G.); il Breviario romano della British Library di Londra (Add. Mss. 29735); un lussuoso esemplare della stampa veneziana del Plinio (Douce 310 della Bodleian Library di Oxford); il De Secundo bello punico di Livio, eseguito nel 1479 per Ferdinando d'Aragona, della Biblioteca universitaria di Valencia; l'Achilleide di Stazio (oggi ms. 712 della Biblioteca Riccardiana di Firenze; Garzelli, 1985); una copia delle Favole di Esopo (ms. Spencer 50 della New York Public Library; Fahy, 1989, pp. 7-15).

L'esperienza di G. come mosaicista si riferisce alla decorazione della cappella di S. Zanobi nel duomo fiorentino, commissionata il 18 maggio 1491 a Domenico e Davide del Ghirlandaio, Botticelli e Gherardo.

L'impresa venne interrotta nel 1492 e nel dicembre dell'anno seguente la sola bottega di G. e Monte fu incaricata della decorazione musiva di una vela nella cappella. Solo nel 1504, morto ormai G., si tentò senza successo di riprendere i lavori: Davide del Ghirlandaio e Monte furono in gara per il completamento della famosa Testa di s. Zanobi (Firenze, Museo dell'Opera del duomo), a proposito della quale è stata avanzata l'ipotesi di una partecipazione di G. relativa alla sola figura del santo, eseguita dunque negli anni Novanta (Haines, p. 54).

Nel 1495 G. e Monte confermarono ancora una volta l'affitto della bottega; nel gennaio del 1496 il solo G. è nominato in un pagamento dei monaci della Badia per alcune miniature.

G. morì a Firenze nel 1497: nel testamento di Monte, datato 5 luglio, G. risulta già deceduto mentre da un altro documento apprendiamo che il 5 agosto dello stesso anno G. venne sepolto in S. Croce (Martini, p. 36).

Nell'ambito della bottega familiare la figura di G. si rivela come mente più ingegnosa e versatile rispetto al fratello Monte. G. si occupò di musica (fu organista di S. Maria Nova e di S. Egidio dal 1470 al 1494), partecipò alla Compagnia della Purificazione e di S. Zanobi ricoprendo le cariche di maestro dei novizi nel 1465 e di sagrestano nel 1468 (Levi d'Ancona, p. 131), fu in stretto contatto con la cerchia del Magnifico e partecipò di quel clima erudito e letterario, come dimostrano le lettere scritte in latino (Pini - Milanesi), dove egli si firma "Gerardus Apelleius", testimoniando anche una probabile preferenza per la pittura, rispetto al fratello Monte (Fahy, 1989, p. 10; Pons, p. 107). Secondo una diversa ipotesi (Garzelli, 1985, p. 272) il documentato rapporto con Pietro Dei detto Bartolomeo Della Gatta pone il miniatore fiorentino nell'importante ruolo di collegamento tra Luca Signorelli, attraverso Bartolomeo della Gatta, e la cultura fiorentina del secondo Quattrocento. L'ipotesi riguarda l'uso della monocromia con effetti di bassorilevo che Monte pratica nel Messale di s. Egidio (per esempio il f. 150v) anticipando i tondi in monocromo affrescati da Luca Signorelli nella cappella di S. Brizio a Orvieto nel 1500 (Garzelli, 1985). A ulteriore conferma dell'importante ruolo di G. si pone un significativo passo di Leonardo da Vinci dove si parla dello studio delle ombre in pittura nelle figure che "compariranno nello scrittoio di Gerardo miniatore a Santo Marco a Firenze" (ibid., p. 273). Proprio la vicinanza a Leonardo e agli effetti dello sfumato in pittura costituisce del resto uno dei tratti caratteristici dello stile di G., insieme con un'impostazione sostanzialmente affine ai modi del Ghirlandaio (Levi d'Ancona, p. 131).

Fonti e Bibl.: C. Pini - G. Milanesi, La scrittura di artisti italiani (secc. XIV-XVI), Firenze 1876, I, tav. 70; G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1878, pp. 245-252; G. Poggi, La Compagnia del Bigallo, in Rivista d'arte, I (1904), pp. 196, 243 s.; P. D'Ancona, La miniatura fiorentina, Firenze 1914, pp. 663-700; Id., La miniatura fiorentina, Firenze 1914, pp. 663-700; G.S. Martini, La bottega di un cartolaio fiorentino, in Bibliofilia, 1956, pp. 5-82; P. D'Ancona, Contributo alla storia della miniatura nel sec. XV. Documenti dell'Arch. della Basilica di S. Lorenzo a Firenze, in Scritti di storia dell'arte in onore di M. Salmi, II, Roma 1962, p. 330; M. Levi D'Ancona, Miniatura e miniatori a Firenze dal XV al XVI secolo, Firenze 1962, pp. 127-137; E. Berkovits, Le miniature del Rinascimento nella Biblioteca di Mattia Corvino, Milano 1964, pp. 56-58; E. Fahy, Some early pictures in the Gambier Parry Collection, in The Burlington Magazine, CIX (1967), pp. 128-139; P. Bargellini, Cento tabernacoli a Firenze, Milano 1971, tav. XVIII; F. Zeri, I frammenti di un celebre Trionfo della Castità, in Id., Diari di lavoro, Bergamo 1971, pp. 58-69; C. Csapodi, The Corvinian Library. History and stock, Budapest 1973, pp. 203, 235, 243, 246, 371, 399; A. de la Mare, The book trade in Bartolomeo Scala's dealings with booksellers, scribes and illuminators 1459-1463, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XXXIX (1976), pp. 241 s.; E. Fahy, Some followers of Domenico Ghirlandaio, New York-London 1976, pp. 21-33, 113-125; A. Garzelli, Arte del Libro d'ore e committenza medicea, in Atti del primo congresso nazionale di storia dell'arte. Roma… 1978, Roma 1980, pp. 495-498; L. Bertani, Il Codice K dell'Arch. della Basilica di S. Lorenzo a Firenze, in La miniatura italiana tra Gotico e Rinascimento. Atti del II Congresso di storia della miniatura italiana, Cortona… 1982, Firenze 1985, pp. 535-544; Miniatura fiorentina del Rinascimento, 1440-1525: un primo censimento, a cura di A. Garzelli, Firenze 1985, pp. 265-330; A. de la Mare, New research on Humanistica scribes in Florence, ibid., I, pp. 395-476; E. Fahy, The Medici Aesop (Spencer ms. 50), New York 1989, pp. 7-15; Bibliotheca Corviniana 1490-1990 (catal.), Budapest 1990, pp. 152-154; N. Pons, Bartolomeo, Gherardo e Monte di Giovanni, in Maestri e botteghe. Pittura a Firenze alla fine del Quattrocento (catal.), Milano 1992, pp. 106 s.; M. Haines, Il principio di "mirabilissime cose": i mosaici per la volta della cappella di S. Zanobi, in La difficile eredità: architettura a Firenze dalla Repubblica all'assedio (catal.), Firenze 1994, pp. 38-50, 54.

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