PULLINO, Giacinto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)

PULLINO, Giacinto

Giovanni Cecini

PULLINO, Giacinto. – Nacque il 24 gennaio 1837 a Castellamonte, nel Canavese, allora in provincia di Aosta, figlio di Vittorio e di Carolina dei conti Guarini.

Il padre, funzionario governativo in varie località piemontesi, morì nel 1841.

Orfano di entrambi i genitori, il piccolo Giacinto fu lasciato alle cure dello zio Tommaso, stimato professore universitario e medico di corte. Proprio grazie all’interessamento dei Savoia, fu ammesso prima al collegio delle Provincie e poi alla facoltà di scienze fisiche e matematiche dell’Università di Torino. Nel 1858, all’età di ventun anni, conseguì la laurea in ingegneria idraulica e architettura civile. Dopo un biennio di docenza presso il collegio dove aveva studiato, saputo di un concorso a due posti per l’ammissione nel corpo degli ingegneri costruttori navali, vi partecipò e lo vinse insieme al conterraneo Carlo Vigna. Concluso il ciclo formativo a Genova, nel 1860 venne nominato allievo ingegnere e due anni dopo fu promosso sottoingegnere di 3ª classe (sottotenente di vascello) del genio navale, nuova denominazione del corpo tecnico della Regia Marina italiana. Come primo incarico ebbe quello di professore militare a Genova. Seguì poi nel corso del 1863 l’imbarco sulla fregata Carlo Alberto, quale istruttore degli allievi ufficiali. In questi incarichi di docenza emersero due doti che sarebbero state preziose per la sua futura carriera: l’intuito matematico e un senso spiccato per le applicazione tecniche. Venne destinato al cantiere di Castellammare di Stabia dove, nel febbraio del 1864, fu nominato insegnante di meccanica applicata e teoria della nave presso la neocostituita Scuola del genio navale. Fu promosso sottoingegnere (luogotenente di vascello) di 2ª classe e si distinse per la stesura di due tomi a uso didattico dal titolo Resistenza dei materiali e meccanica applicata (Castellammare 1866). Ebbe ottimi risultati, coniugando un’elevata capacità progettuale a un’altrettanto proficua pratica tecnica. Approfondì sui modellini la resistenza dei liquidi sugli scafi delle navi in movimento. I primi esperimenti come costruttore vennero compiuti con le due cannoniere in legno Guiscardo e Flavio Gioia. Rimase a Castellammare fino al gennaio del 1868, quando fu promosso sottoingegnere (luogotenente di vascello) di 1ª classe e destinato a Livorno come direttore del servizio bacini e sorvegliante dei lavori eseguiti dalla ditta Orlando per conto del ministero della Marina.

Ottenne allora la sua prima onorificenza: la nomina a cavaliere dell’ordine della Corona d’Italia. Nel frattempo sposò Deodata Vigna, unica sorella del suo collega e amico Carlo, con la quale ebbe otto figli, quattro dei quali morti in tenera età. Dei due maschi sopravvissuti, Vittorio, nato a Genova nel 1869, seguì le orme paterne, mentre il secondo, Umberto, nato a Castellammare nel 1878, intraprese la carriera diplomatica. Delle due femmine, Carolina e Gemma, la prima andò in sposa a un ingegnere, mentre la seconda a un conte medico gastroenterologo.

Nel 1873 ebbe l’incarico di organizzare il gruppo di Marina presso l’Esposizione universale di Vienna, dove fece anche parte del giurì internazionale. In quella circostanza scrisse una dettagliata relazione sullo stato dell’arte della Marina mercantile nei vari Paesi intervenuti, non dimenticando di mettere in risalto i progressi delle costruzioni in ferro. Sempre nel 1873 fu nuovamente imbarcato sulla Carlo Alberto, prima di essere promosso ingegnere (capitano di fregata) di 2ª classe e destinato di nuovo a Castellammare come vicedirettore delle costruzioni navali del cantiere. Qui ebbe la possibilità di dedicarsi con più impegno ai suoi studi, sempre inerenti la resistenza dei materiali. La sua principale attività presso lo stabilimento campano fu tuttavia la trasformazione delle strutture e delle competenze delle maestranze verso costruzioni marittime non più legate al legno, ma piuttosto al ferro o all’acciaio. I risultati raggiunti consentirono in soli ventuno mesi la costruzione della corazzata Duilio. Già nominato cavaliere dell’ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, quest’impresa gli valse la nomina a ufficiale dell’ordine della Corona d’Italia e la promozione nel 1878 a ingegnere (capitano di fregata) di 1ª classe e a direttore del cantiere campano.

Con quella del Duilio iniziava la sua specializzazione, che sarebbe stata apprezzata anche all’estero, nelle tecniche del varo, tanto da essere chiamato da numerosi cantieri italiani a sovraintendere i vari delle navi da guerra. Nel 1879, per una modifica di designazione dei gradi, venne nominato ingegnere capo di 1ª classe. Un anno dopo lasciò Castellammare e tornò a Livorno presso l’ufficio tecnico, di cui nel 1881 assunse la direzione. L’incarico comportò anche la promozione a direttore del genio navale (capitano di vascello). In quel periodo preparò e sovraintese al varo della nave da battaglia Lepanto, particolarmente difficile perché ‘frenato’, vista la ristrettezza dello specchio d’acqua in cui esso doveva avvenire. Pullino ne trasse ispirazione per un memorandum, che divenne testo di riferimento nella pratica cantieristica. Al pari di quanto già avvenuto per la Duilio, grazie alla Lepanto ottenne la nomina a ufficiale dell’ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.

Nel 1883 lasciò Livorno per diventare direttore delle costruzioni navali dell’arsenale di La Spezia, mentre nel 1885 venne nominato commendatore dell’ordine della Corona d’Italia. Il periodo ligure si contraddistinse per l’allestimento e il varo di importanti imbarcazioni, tra cui le corazzate Andrea Doria e Sardegna e gli incrociatori torpedinieri Montebello e Monzambano. Questi ultimi, costruiti in parallelo, vennero messi in acqua a distanza di poche ore sullo stesso scalo. Durante questo periodo studiò anche i progetti di un rimorchiatore di grande potenza, di un avviso protetto di grande velocità e delle corazzate Saint Bon ed Emanuele Filiberto.

Nel marzo del 1889 fu promosso ispettore (contrammiraglio) del genio navale e destinato a Roma, al ministero della Marina, come membro del comitato per i progetti delle navi e del Consiglio superiore di Marina. Fu anche componente della commissione permanente dei porti e fari al ministero dei Lavori pubblici e della commissione reale per l’esecuzione della legge sulle pensioni ai veterani delle patrie battaglie.

In quel periodo Benedetto Brin era responsabile politico del dicastero della Marina. Anch’egli proveniente dal genio navale, Brin si era meritato la fama di ottimo costruttore di navi e di raffinato uomo politico, tanto che tra i vari incarichi nel 1892-93 ricoprì anche quello di ministro degli Esteri, oltre che di convinto assertore del potere diplomatico della Marina italiana. Esponente di punta della scuola che voleva solo grandi e potenti navi, fu uomo molto pragmatico che non escludeva a priori possibili innovazioni tecniche. Poco interessato ai risultati ottenuti dalle potenze navali che si affacciavano sull’Atlantico o sul Baltico, il ministro si convinse che anche l’Italia dovesse avviare seri studi sulle navi sottomarine solo quando la Francia dimostrò ben più di un interesse nel settore. L’idea di un mezzo sommergibile tutto nazionale non nasceva quindi da un progetto strategico, ma era piuttosto dettata dalla consapevolezza di dovere prima o poi affrontare il problema.

Brin affidò a Pullino il progetto per un battello sommergibile del volume di una grossa silurante, con il singolo proposito di potere tenere testa alla concorrenza francese, sempre più insidiosa nel Tirreno e nel Mediterraneo centrale. Pullino, digiuno di tale materia, avendo progettato fino ad allora grandi navi, le cui pesanti corazze e la capacità di traino erano gli elementi caratterizzanti, si mise al lavoro. Le navi sottili non lo avevano mai incuriosito, meno che mai quelle subacquee, ma amava le sfide. Decise quindi di fare tesoro delle esperienze estere, per comprendere e apprendere i fondamentali di una nave così innovativa e non convenzionale. In gran segreto, insieme al cognato Vigna e ad altri validi collaboratori, progettò presso l’arsenale di La Spezia una torpediniera sommergibile, che costò alla fine 300.000 lire dell’epoca. Tra i problemi principali da risolvere, vi era la necessità di studiare un sistema che permettesse la propulsione subacquea, risolto con la progettazione di un motore elettrico della potenza di 65 cavalli.

Il nome dato al sottomarino fu Delfino, ma fra gli addetti ai lavori venne chiamato per anni anche Pullino, in onore del suo ideatore. Il gran segreto, che avvolse il progetto, impedisce di datarne con precisione il varo, che venne realizzato senza la pubblicità che in genere contraddistingueva le imprese di Pullino. Il sommergibile venne progettato entro il 1889, costruito a partire dal 1890, mentre le iniziali prove vennero effettuate nella primavera del 1892, nelle acque di La Spezia. Le prime notizie ufficiali furono diffuse solo a partire dal 1893, intervallate da interruzioni e modifiche successive, che avrebbero portato solo con gradualità il Paese verso un uso massiccio della nuova arma sottomarina durante la prima guerra mondiale. Del resto, nonostante vi fossero numerose indiscrezioni su una possibile nuova flotta, fino al 1903 il Delfino rimase l’unico sommergibile italiano, peraltro rimasto allo stato di prototipo.

Nel 1892 venne eletto deputato al Parlamento per la XVIII legislatura, nel collegio uninominale di Cuorgnè, battendo un altrettanto importante esponente militare, che però era ai suoi antipodi, avendo fondato il corpo degli Alpini: il generale Giuseppe Domenico Perrucchetti. La sua attività politica fu contraddistinta da un taglio tecnico indirizzato al progresso navale, a lui particolarmente caro. Non a caso, nel 1893 fu promosso ispettore generale del genio navale (massimo grado raggiungibile per tale corpo, equivalente a quello di viceammiraglio) e designato quale presidente del comitato per i disegni delle navi e membro del Consiglio superiore dell’Arma. Confermato nel suo seggio durante la XIX legislatura, ma ormai affaticato dagli anni, nel 1896 chiese di passare in disponibilità e l’anno successivo, nonostante le sollecitazioni per un terzo mandato, declinò una nuova candidatura parlamentare. Non mancò chi, sperando in una pronta guarigione dai malanni senili, lo avrebbe voluto senatore o addirittura ministro, potendo seguire le orme del collega e ormai amico Brin. Nonostante questi auspici, morì a Baldissero Canavese il 16 agosto 1898.

In sua memoria la Regia Marina, oltre al già citato Delfino, durante il primo e il secondo conflitto mondiale varò due sommergibili a lui intitolati.

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio dell’Ufficio storico della Marina militare, Biografie ufficiali, b. P3, f. 26.

F. Corazzini, G. P., Firenze 1897; C. Trabucco, Questo verde Canavese, Torino 1957, ad ind.; A. Paviolo, Canavesani tra gloria e oblio, s.l. 1989, ad ind.; Cento anni fa G. P., ispettore generale del genio navale, progettava il primo sottomarino italiano, il Delfino, in Aria alla Rapida!, 1989, vol. 17, pp. 3-8; F. Perinetti, Personaggi egregi di Ivrea e Canavese, Bolognino 1998, ad ind.; G. Giorgerini, Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origine a oggi, Milano 2002, ad ind.; F. Stener, Amsterdam 1928. Da Isola d’Istria la prima medaglia olimpica per lo sport istriano, Isola 2015, ad ind.; Camera dei deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/giacinto-pullino-18370127/atti#nav (19 marzo 2016).

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