ALBERIONE, Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 34 (1988)

ALBERIONE, Giacomo

Gianfranco Maggi

Nacque nella campagna di Fossano (Cuneo) il 4 apr. 1884, in una famiglia di modestissimi fittavoli, da Michele e da Teresa Olocco.

Studiò dapprima nel seminario minore di Bra, da cui uscì in seguito ad una crisi spirituale originata forse dalla sua insaziabile sete di letture. Riuscì poi a entrare nel seminario di Alba ove, il 31 dic. 1900 - secondo il suo racconto -, ebbe la prima intuizione della sua missione: "opporre stampa a stampa, organizzazione ad organizzazione, far penetrare il Vangelonelle masse, essere gli apostoli di oggi, adoperando i mezzi sfruttati dagli avversari".

Prima ancora dell'ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 1907, tenne in seminario l'insegnamento della teologia dogmatica. Si laureò poi nel 1909 al Collegio teologico di Genova. Dopo pochi mesi di esperienza pastorale a Narzole, fu richiamato in seminario per insegnarvi storia e liturgia e come direttore spirituale dei chierici. Iniziò un periodo di intenso lavoro negli organismi diocesani. Fu propagandista dell'Unione popolare, e si impegnò nell'organizzazione dell'attività catechistica compilando insieme con il teologo Priero, tra il 1910 ed il 1914, alcuni testi per la scuola elementare.

Fu membro attivo dell'Associazione diocesana della buona stampa, e come tale ottenne nel 1913 la direzione della Gazzetta d'Alba, ilsettimanale diocesano, che guidò su una linea gradita alla maggioranza clerico-moderata del clero albese. Nell'agosto 1914, dopo aver acquistato la testata del giornale rilevandone i debiti, comprò alcune macchine tipografiche e costituì ad Alba la Scuola tipografica Piccolo operaio, inizio della futura Pia Società S. Paolo.

Ritenendo che solo anime consacrate potessero assicurare al suo disegno unità, sicurezza di dottrina, continuità ed efficacia apostolica, l'A. concepì quasi subito l'idea di una nuova famiglia religiosa. Il progetto seguì moduli forse inconsciamente industrialistici, con un ciclo di operazioni completamente integrato e una netta divisione del lavoro. Con un'arditezza sconosciuta alle norme canoniche, egli pensava ad un ordine che riunisse, sotto una direzione unica, un ramo maschile ed uno femminile, ed in cui "le Figlie di San Paolo, con la propaganda e le librerie, diffondessero quel che i Paolini scrivevano e pubblicavano".

L'A. raccolse rapidamente intorno a sé un numero sempre crescente di giovani, parecchi dei quali provenivano dal seminario albese, tra lo sconcerto e il malumore di buona parte del clero locale. Ad essi insegnava l'arte tipografica, ma nello stesso tempo curava la loro preparazione al sacerdozio (le prime ordinazioni di sacerdoti "paolini" risalgono al 1922) e prospettava loro un impegnativo programma di studi non solo teologici ma anche sociali per avviarli alla missione di redazione. Con la costituzione nel 1915 di un piccolo "laboratorio femminile", iniziò anche a reclutare delle giovani, che sarebbero divenute le Figlie di S. Paolo. Esse svolgevano attività catechistica, ma soprattutto si impegnavano nella diffusione della "buona stampa". Per sostenerlo con la preghiera, ma anche con le offerte di denaro e di materiali e con le prestazioni di lavoro, l'A. aveva poi dato vita ad una rete assai fitta di cooperatori laici.

I crescenti ordinativi richiedevano nuovi investimenti in macchinari molto costosi, il numero sempre maggiore dei paolini reclamava la costruzione in Alba di nuovi edifici in cui ospitarli, la fiducia di alcuni vescovi (tra cui il cardinale Maffi) sollecitava una prima espansione in altre località, la devozione dell'A. progettava nuove chiese come cuore delle sue maggiori comunità. Tutto ciò lo impegnava nel tentativo di contenere per quanto possibile i costi, coltivando un mito autarchico per cui i paolini dovevano cercare di produrre da sé tutto quanto necessario per la loro vita ed attività (dagli ortaggi alla carta, dai mattoni agli inchiostri). Ma lo sottoponeva pure, nonostante la sua rigorosa povertà personale, ad una affannosa ricerca di denaro ed a una continua contrazione di nuovi debiti, cui egli confidava di far fronte con una incrollabile fiducia nella Provvidenza, ma che suscitavano parecchie preoccupazioni nelle autorità diocesane. Queste, se non potevano non ammirare l'opera dell'A., erano ancora incerte circa il suo successo, e inoltre ne lamentavano il processo di costante estraniazione dal contesto diocesano.

Del resto, con la sua disinvoltura nell'ignorare le leggi canoniche quando frapponevano intralci ai suoi progetti (come nel caso della fondazione di una casa paolina a Roma), l'A. non faceva molto per rimuovere tali riserve. Così il cammino verso il riconoscimento giuridico da parte ecclesiastica della Pia Società s. Paolo fu assai travagliato, anche per la sua testarda richiesta di approvazione pontificia della stessa in un insieme unitario composto da un ramo maschile ed uno femminile. La Congregazione dei religiosi, inoltre, esitava ad accogliere l'idea di una nuova società religiosa avente come fine esclusivo l'apostolato a mezzo della stampa, temendo che "degenerasse in un'impresa a carattere industriale o commerciale". Ma col tempo le opposizioni si smussarono, anche se rimase l'obbligo di separare nettamente il ramo maschile da quello femminile. Il decreto di erezione della Pia Società fu così emanato dal vescovo di Alba il 12 marzo 1927; due anni dopo seguì quello in favore delle Figlie di s. Paolo.

Con gli anni, a queste due prime congregazioni si aggiunsero, quasi ancoraggio di garanzia spirituale per il loro lavoro più "pratico", le Pie discepole del Divin Maestro, votate alla preghiera ed alla contemplazione. Più tardi ancora l'A. fondò le suore del Buon Pastore ("pastorelle"), la cui missione era di affiancare il sacerdote nella cura pastorale, e le suore di Maria Regina degli apostoli ("apostoline"), dedite alla scoperta ed al sostegno delle vocazioni religiose. Nel 1960 nacquero anche tre istituti secolari: Gesù sacerdote (per sacerdoti e vescovi), S. Gabriele arcangelo (per giovani), Maria Santissima Annunziata (per giovanette). Tra le varie congregazioni della Famiglia paolina, secondo la volontà dell'A., "vi è una stretta collaborazione spirituale, intellettuale, morale, economica. Vi è separazione per governo ed amministrazione; ma la Pia Società San Paolo è altrice delle altre". Inoltre, fin dal 1931, si iniziò la diffusione di questa all'estero, attuatasi con "presepi" insediati un po' in tutti i continenti.

Ad animare questo attivismo instancabile stava sempre l'idea già maturata dall'A. agli albori del secolo: dare dimensione nuova, sfruttando gli strumenti "più celeri ed efficaci" posti a disposizione dalle moderne tecnologie, alla predicazione tradizionale, diffondere attraverso la stampa - e poi i dischi, il cinema, la radio, la televisione - anche agli uomini più lontani e meno colti la parola di Dio. Le innovazioni tecniche, a lungo guardate con sospetto dai cattolici perché moltiplicatrici di idee avverse, vengono ora considerate in una luce assai diversa, e poste al servizio degli ideali cristiani: "i mezzi tecnici, le macchine, i caratteri, tutto l'apparato cinematografico e tutto l'apparato radiofonico, sono oggetti sacri per il fine a cui servono. Perché la macchina diviene pulpito, il locale della compositoria, delle macchine e della propaganda divengono chiesa". Era quindi precisa volontà dell'A. che tutti i paolini fossero "strettamente obbligati ad apprendere ed esercitare l'arte tipografica", come componente essenziale della loro vocazione religiosa (e qui stava il motivo della sua riluttanza all'impiego di manodopera salariata negli stabilimenti della congregazione). Ciò tuttavia portò ad una restrizione oggettiva del tempo che i paolini potevano dedicare allo studio e all'aggiornamento culturale, con non lieve pregiudizio della qualità della loro produzione pubblicistica.

In apparente contrasto con la modernità dei suoi obiettivi e dei suoi metodi pastorali, la spiritualità dell'A. era profondamente radicata nella tradizione. "Gesù Cristo Maestro Via, Verità e Vita" fu sempre il centro delle sue devozioni, oggetto di una pratica di adorazione quotidiana. Accanto a questa, fin dalla giovinezza, si poneva una speciale venerazione per la Madonna. Infine, l'A. propugnava, seguendo un modulo di impronta gesuitica, una rigorosa fedeltà gerarchica: ai tre tradizionali voti religiosi volle per i paolini aggiungerne un quarto di particolare ubbidienza al papa.Lo sviluppo delle opere fondate dall'A. procedette rigoglioso. Il suo stesso atteggiamento di estraneità, anzi di indifferenza, alle vicende politiche (seppure in lui, accentratore ed autoritario di natura, non mancasse un sostanziale apprezzamento per il regime fascista) non fece che favorire tale crescita. Le tipografie paoline stamparono, in molte lingue, milioni di copie del Vangelo e dell'intera Bibbia, che le Figlie di S. Paolo distribuivano capillarmente attraverso le librerie, ma soprattutto col loro peregrinare di casa in casa. Le varie sigle editoriali sfornarono una ricchissima messe di titoli. Di particolare rilievo furono le riviste fondate dall'A., in specie a servizio della liturgia e della pastorale (si possono ricordare La Domenica e Vita pastorale) o dedicate alla lettura familiare (quali Il Giornalino e Famiglia cristiana, che sarebbe divenuta il più diffuso settimanale italiano). Non ebbero invece successo i progetti per la costituzione di una catena nazionale di settimanali diocesani e per l'edizione di un quotidiano cattolico. A partire dal 1938 si sviluppò l'attività di produzione e distribuzione cinematografica della San Paolo Film. Il regime di monopolio non permise di impiantare in Italia stazioni radio e televisive, come invece fecero largamente alcune case all'estero.

Anche dopo la definitiva approvazione delle costituzioni della Società (1949), l'A. rimase saldamente al timone della vastissima rete delle sue fondazioni fino a che la salute - che sempre aveva avuto piuttosto cagionevole - glielo concesse, tardando forse persin troppo l'inevitabile trapasso delle responsabilità di governo.

L'A. morì a Roma il 26 nov. 1971.

Opere: un elenco dei numerosissimi scritti è in: A. Damino, Bibliografia di d. G. A., Roma 1984. Vanno qui ricordati: Appunti di teologia pastorale, Torino 1915; La donna associata allo zelo sacerdotale, Alba 1915; Apostolato stampa, ibid. 1933; L'apostolato dell'edizione, ibid. 1944; Elementi di sociologia cristiana, Roma 1950. Da segnalare, in appendice alla prima ediz. del volume del Damino (1979), R. F. Esposito, Gli articoli del "San Paolo". Brani e lettere inedite di don G. A. (1933-1969).

Fonti e Bibl.: Documentazione sulla vita e l'attività dell'A. si trova negli archivi della casa generalizia della Pia Società s. Paolo, a Roma; della casa della medesima Pia Società, ad Alba; della Curia di Alba. Alcune note autobiografiche, edite a cura di G. Barbero, sono in G. Alberione, "Abundantes divitiae gratiaesuae". Io sono convoi. Storia carismatica della Famiglia Paolina, Roma 1971 (uno dei volumi dell'Opera omnia dell'A., di cui G. Barbero ha intrapreso la pubblicazione). Unica biografia di taglio non apologetico è L. Rolfo, Don Alberione. Appunti per una biografia, Alba 1974. Utili: G. Rocca, Pia Società di San Paolo, in Diz. degli Ist. di perfez., VI, Roma 1980, coll. 1548-1566, e G. Maggi, A. G., in Diz. stor. del mov. catt. in Italia. 1860-1980, II, I protagonisti, Casale Monferrato 1982, pp. 7-9. Contributi di rilievo sono: R. F. Esposito, La teologia della pubblicistica secondo l'insegnamento di d. G. A., Roma 1970; G. Barbero, Contributi per uno studio sulla spiritualità del sacerdote G. A. (1884-1971), in Rass. di ascetica e mistica "S. Caterina da Siena", XXIII (1972), pp. 214-232; G. Rocca, La formazione della Pia Società San Paolo (1914-1927). App. e doc. per una storia, in Claretianum, XX-XXI (1981-1982), pp. 471-690.

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