CIANI, Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 25 (1981)

CIANI, Giacomo

Luigi Ambrosoli

Nato a Milano il 2 ott. 1776 da Carlo e da Maria Zacconi, collaborò all'azienda bancaria paterna, ma fu presto coinvolto, anche per l'ambiente democratico della famiglia, nell'intenso dibattito politico di cui Milano era divenuta centro dopo che l'esercito rivoluzionario francese era entrato in città.

Nel dicembre 1801 partecipava alla Consulta di Lione, rappresentante della Camera di commercio nella schiera di 452 deputati convocati dal Bonaparte perché approvassero la costituzione e le magistrature della Repubblica italiana. A Lione, nella seduta del 26 genn. 1802, fu nominato membro del Collegio elettorale dei commercianti del nuovo Stato. Ma il C., dopo aver subito il fascino delle idee rivoluzionarie, aveva dovuto constatare che la Francia si comportava nella penisola da potenza occupante; alla stessa Consulta il Bonaparte aveva disposto come aveva voluto e la presenza dei rappresentanti italiani aveva avuto un significato puramente esteriore. Si pose allora in disparte, e solo nel 1814, quando, caduto Napoleone, si cominciò a discutere delle future sorti della Lombardia, ritornò in evidenza.

Con A. Durini, B. Bossi, L. Porro e C. Verri auspicò, per un breve momento, l'unione della Lombardia ai Ducati e, eventualmente, al Regno di Sardegna, appoggiando la candidatura di Francesco d'Este duca di Modena, nato a Milano da un arciduca austriaco e marito di una figlia di Vittorio Emanuele I che non aveva eredi maschi. La preoccupazione del C., come di tutti i cosiddetti "italici puri", era di trovare una soluzione che garantisse alla Lombardia e all'Italia autonomia e indipendenza, richiamandosi alle ripetute promesse austriache - in realtà strumentali - di abbandonare la politica di oppressione dei, popoli. La sua firma apparve, accantq a quelle del generale Pino, di F. Confalonieri, L. Porro e G. Trivulzio, nell'indifizzo con cui, il 19 apr. 1814, veniva richiesta, nel frangente della caduta di Napoleone, la convocazione dei Collegi elettorali. I quali, adunatisi tre giorni dopo, deliberarono l'invio a Parigi, presso i rappresentanti delle potenze vincitrici, di una delegazione di nove persone, della quale il C. faceva parte per conto dei commercianti; ma le richieste di costituzione e d'indipendenza furono completamente disattese.

Dopo la Restaurazione austriaca in Lombardia, il C. si accostò ai gruppi che cospiravano per la rivoluzione e che erano collegati con coloro che, nel Regno di Sardegna, si battevano per un regime costituzionale. Il C., che era legato di strettissima amicizia con il Confalonieri (la Banca Ciani fu finanziatrice, tra l'altro, di alcune sue imprese economiche), ne fu ospite, nell'agosto 1821, nella casa di Borgo di Vico. Pare che fosse stato mandato in Piemonte per incontrare S. di Santarosa; è sicuro, invece, che la Banca Ciani provvide ad una rimessa di fondi in Piemonte che la polizia austriaca sospettò, probabilmente a ragione, destinati a finanziare l'insurrezione piemontese, alla quale avrebbe fatto seguito quella milanese. Il nome del C. figurò, inoltre, in un elenco di milanesi proposti per il comando della guardia nazionale da costituirsi in Lombardia non appena, come si era sperato allo scoppio della insuxrezione dei marzo 1821, fossero giunti i Piemontesi. La polizia austriaca, in possesso di questi elementi, incriminò il C. nel quadro del processo contro F. Confalonieri, ma il giudice istruttore lo prosciolse per insufficienza di prove. Ma nel luglio 1822 il C., insieme al fratello Filippo, aveva deciso di abbandonare l'Italia per sottrarsi a eventuali condanne. Passò per la Svizzera, trascorse un breve periodo a Parigi e, finalmente, nel maggio 1823, assieme all'amico generale De Meester, raggiunse l'Inghilterra. Il soggiorno londinese fuaccompagnato da alcuni incontri rilevanti, come quello con U. Foscolo, con G. Rossetti, G. Berchet, L. Angeloni, S. di Santarosa, allora esuli in terra inglese. Il gruppo di amici si assottigliò rapidamente; il Santarosa partì per la Grecia e morì a Sfacteria nel 1825; il De Meester e il Berchet si trasferirono a Parigi. Anche il C. e il fratello nell'autunno 1829 abbandonarono l'Inghilterra con il matematico Mossotti, e presero dimora a Parigi in tempo per assistere alle ultime vicende del regno di Carlo X e alle premesse della rivoluzione che sarebbe scoppiata nell'anno successivo.

La situazione francese indusse i due fratelli ad abbandonare anche Parigi per Ginevra, dove giunsero con una lettera di presentazione per P. Rossi., e dove da questo furono. presentati al Sismondi con cui si strinsero amichevoli leganú. Dal Sismondi il C. sarà influenzato nell'elaborare il progetto, messo in pratica quando divenne editore nel Canton Ticino, di promuovere lo studio della storia italiana. A Ginevra incontrò il Mazzini, esule dal febbraio 1831; fu lui a suggerirgli di raggiungere a Marsiglia altri esuli italiani che stavano preparando un'azione nella penisola. Il C. divenne un fervente sostenitore, soprattutto sul piano finanziario, dei Mazzini fin dalla sfortunata spedizione di Savoia; aderì alla Giovine Italia, nella quale assunse il nome di Weber, e s'impegnò in un'assidua opera di proselitismo.

Il C. e il fratello abbandonarono successivamente Ginevra per trasferirsi nella terra dei loro avi, il Canton Ticino; si stabilirono prima a Bellinzona, e dal settembre 1833, a Lugano da dove non si mossero più. Anche dal Ticino il C. continuò l'opera di proselitismo a favore della Giovine Italia; fu lui ad avvicinare all'associazione L. Tinelli che, fino all'arresto, ne fu tra i maggiori propagatori in Lombardia. Ma nel C. cominciavano a sorgere dubbi sulla soluzione mazziniana rigorosamente unitaria e sul metodo di lotta; Mazzini stesso, in una lettera, manifestava il dubbio di ottenere dal C. altri aiuti.

Nel Canton Ticino il C. si sentì impegnato a sostenere la riforma democratica del 1830; si associò al tipografo-editore G. Ruggia il cui giornale, L'Osservatore del Ceresia, era stato l'organo dei riformatori. Divenne poi proprietario della stamperia che prese il nome di Tipografia della Svizzera italiana e che, assieme alla Tipografia di Capolago, diede un grande contributo alla dfffusione. del pensiero di coloro i quali si battevano per l'unità e l'indipendenza italiana. I conservatori noti avevano però rinunciato ad ostacolare il processo di trasformazione democratica dei paese. Il contrasto esplose nel 1839; il C. fu espulso e messo al bando assieme al fratelld, e ad entrambi fu contestato il possesso della cittadinanza ticinese. Ma la rivolta popolare consentì ai democratici di riprendere il controllo della situazione: furono effettuate nuove elezioni e il Gran Consiglio richiamò i due fratelli.

Nel 1837 il C. era stato in America per visitare l'amico Confalonieri che vi era stato deportato dopo la liberazione dallo Spielberg. Nel 1838 l'amnistia concessa dall'Austria aveva liberato dal sequestro gli ingenti beni posseduti a Milano. Nel 1841 il C. aderì alla nuova Giovine Italia e riprese l'opera di proselitismo a favore del movimento mazziniano. Nel marzo 1848, avuta notizia dell'insurrezione milanese, nonostante avesse ormai 72 anni partì con un gruppo di volontari per la città lombarda, ove entrò a liberazione avvenuta. Fu lui a finanziare la colonna di carabinieri ticinesi comandati dall'Arcioni che partecipò alle operazioni militari contro l'Austria. .

Conclusasi sfortunatamente la guerra, operò nel Ticino a favore dei numerosi emigrati italiani. Nel 1850 aderì all'iniziativa mazziniana del prestito nazionale per l'acquisto di armi e fu depositario delle cartelle. Ma nel 1853, di fronte ad un nuovo tentativo mazziniano di ottenerne collaborazione e aiuto, rispose negativamente perché convinto ormai, sotto l'influenza del Cattaneo, che occorresse soprattutto puntare sulle, "cose d'opinione". Eccoperché, dopo il 1848, fu assorbito quasi esclusivamente dall'attività di editore; fu lui a promuovere l'edizione italiana dello scritto del Cattaneo Dell'insurrezione di Milano nel '48, e, la diffusione di altre opere che avevano il fine specifico di rafforzare l'opinione nazionale. La gioia per la definitiva liberazione di Milano e per l'unificazione nazionale fu per il C. offuscata dall'essere stata realizzata dalla monarchia sabauda.

Morì a Lugano il 15 maggio 1868.

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