DE MARIA, Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 38 (1990)

DE MARIA, Giacomo

Eugenio Busmanti

Nacque a Bologna il 17 luglio 1762da Vincenzo, di professione violinista, e da Teresa Giovannini e fu battezzato presso la parrocchia di S. Maria della Mascarella. Entrato quindicenne come allievo all'Accademia Clementina, ebbe a maestro Domenico Piò, scultore, figlio del più noto Angelo. A sedici anni ottenne il premio Marsili Aldrovandi, quattro anni più tardi nuovamente il premio Marsili con un rilievo in terracotta raffigurante La morte di Germanico (Bologna, Accademia di belle arti), di grande finezza esecutiva ma che ancora si situa nell'ambito del barocchetto bolognese.

A questi primi anni risalirebbe anche una serie di disperse terracotte per una Via Crucis compiuta per la cappella della villa Zambeccari a San Giacomo del Martignone. Tra il 1787 e l'88 fu a Roma dove, oltre a lavorare presso la bottega di Andrea Bergondi e a continuare gli studi, divenne discepolo e amico del Canova, più anziano di lui di solo cinque anni, ma già famoso almeno dal 1783. R certo che di questo egli conservò per tutta la vita la benevolenza, così come ebbe approfondita conoscenza della sua pratica nello scolpire, se egli poté descrivere in dettaglio a Pietro Giordani molti degli utensili usati e perfezionati dal Canova nell'esecuzione delle sue sculture (cfr. la lettera di P. Giordani a L. Cicognara, 28 ott. 1811, in V. Malamani, Canova, Milano s.d. [circa 1911], pp. 311 s.).

Al ritorno da Roma, dove nel 1788 vinse un premio dell'Accademia di S. Luca, ottenne nel 1789 il premio Curlandese con un bassorilievo marmoreo avente a soggetto Le Arti incoronate dal Genio, (cfr. catal., 1980, pp. 134 s., ill. 42), in cui si comincia a presagire lo stile che gli sarà caratteristico: di moderata apertura alle novità neoclassiche senza un brusco distacco dalla tradizione bolognese. Di poco successivi a questo lavoro sono i quattro rilievi in terracotta per il palazzo Pietramellara (1791; oggi nell'androne) e in questo giro d'anni è probabile si collochino anche i due rilievi in stucco con la Condanna dei figli di Bruto e MuzioScevola posti a mo' di sovrapporte ai lati di una assai più importante statua di Apollo a figura intera, anch'essa in stucco, nella galleria Vidoniana del palazzo comunale di Bologna. Successivo a questi lavori fu il Monumento al duca di Curlandia (oggi nell'Accad. di belle arti di Bologna: catal., 1980, pp. 14 s., ill. A) che del D. era stato indiretto benefattore pel tramite del premio che portava il suo nome.

Progettato da Angelo Venturoli nel 1786, era certamente compiuto nel 1795. Vi partecipò anche il fratello del D., Giuseppe, con un "fregio di fogliami" (Lavoridi scultura..., 1836) che è l'unico lavoro che di lui si conosca. Il busto di Pietro di Curlandia drappeggiato all'antica è di grande interesse sia per le fattezze del volto, scevre di ufficialità e psicologicamente assai indagate, sia per il drappeggio elaborato e minuto che si richiama alla scultura precanoviana a Roma di ambiente antiquario ed erudito.

Negli anni di poco successivi, trasformata l'Accademia Clementina in Istituto di belle arti poco dopo l'arrivo dei Francesi, il D. vi assunse l'insegnamento di scultura e ne fu presidente dal 1804 al 1831. A questi anni inoltre risale la decorazione plastica del palazzo Hercolani che era stato terminato alla fine del 1799 su progetto ed esecuzione di Angelo Venturoli.

Quattro statue del D. sono disposte nel primo atrio, quattro nel secondo e tutte rappresentano varie Virtù;lungo lo scalone sono sei Divinità mitologiche, e quattro nelle logge al sommo dello scalone che raffigurano Imprese di Ercole, connesso, quest'ultimo, al nome del conirnittente, tutte in stucco e, tranne le sei dello scalone, comprese, all'antica, in nicchie. Sono le sole opere cui sia avanzata una qualche locale notorietà e per la favorevole disposizione e per l'attraente soggetto e per la felice riuscita. L'ossequio alla scultura di Canova è meno stretto di quanto si potrebbe ritenere dal gruppo di Ercole e Lica desunto dall'omonimo del Canova, ma con disposizione invertita e un residuo capriccio nell'accartocciarsi dei superstiti panneggi e degli svolazzi. In questa poi e nelle altre figure del complesso un'esilità, ed un'ancora settecentesca grazia dell'atteggiarsi squisito, una nervosa definizione muscolare delle anatomie contrasta con il non scalfibile "liscio" delle nudità canoviane. Si ha l'impressione di un adeguarsi alle norme innovative più autoimposto che sentito.

Nel complesso, comunque, la scultura del D. gode di una libertà inventiva molto maggiore di quanto non avvenga alla coeva pittura bolognese, ferma spesso, nella decorazione dei soffitti, a risultati analoghi a quelli di V. M. Bigari.

Ancora relativa ad una delle imprese di Ercole (Ercole e il leone di Nemea), ma non relativa alle sculture di palazzo Hercolani, è la statuetta in terracotta custodita presso le collezioni comunali d'arte di Bologna. Di questi anni è forse anche la grande Sacra Famiglia, in stucco, ospitata in una lunetta, al termine del portico di palazzo Tanari, o piccoli lavori come l'altorilievo in terracotta della Biblioteca comunale di Bologna e il bassorilievo con l'Ultima Cena che ornava il centro dei distrutto paliotto di un altare della chiesa di S. Giorgio in Poggiale (ne esiste un calco di proprietà Rivani), in cui lo stile si fa molto più sbrigativo e popolare, quasi un corrispettivo plastico e una divulgazione dei moduli che erano propri al fare di F. Giani per la pittura.

Nuovo impulso a numerosi e importanti lavori trassero il D. e gli altri scultori bolognesi dalla fondazione del cimitero comunale che prese a sorgere nel 1801 presso il monastero della certosa.

Molti sono i monumenti cui il D. pose mano o con statue o col busto del defunto e si possono elencare i monumenti Conventi, Doria Fieschi, Garatoni, Malvezzi Lupari, Ranuzzi Cospi, Tinti, Vogli, Beccadelli Grimaldi, Donati, Bavosi, il busto di Gaetano Gandolfi e il monumento Caprara, di cui molto celebrata è la figura in marmo dell'Eternità, raffigurata in sembianze di donna velata seduta accanto all'avello, d'ispirazione canoviana, tutti da situarsi nei primi vent'anni del secolo e approssimativamente databili dalla morte del personaggio cui furono destinati. Non spettano al D., diversamente da quanto si è spesso scritto, le Piangenti in terracotta poste sopra i pilastri d'ingresso del cimitero che sono invece di Giovanni Putti. Per il Pantheon degli uomini illustri, anch'essi al cimitero della certosa il D scolpì inoltre in marmo i busti di A. Aldini, G. Atti, S. Canterzani, I. Magnani, S. Mattei, L. Valeriani, A. Venturoli (due altri esemplari di quest'ultimo sono custoditi dal collegio Venturoli e dalla Biblioteca comunale sempre a Bologna) in seguito trasferiti nel giardino della Montagnola e ora, molto deteriorati, in deposito presso la Galleria d'arte moderna di Bologna.

Oltre che a Bologna il D. operò presso i cimiteri di Ferrara e Forlì. Altri lavori pubblici del D., a Bologna, sono i monumenti a Luigi Galvani, Gaetano Monti, Francesco De Marchi presso l'università degli studi e il monumento a Pio VII presso la Biblioteca universitaria; il S. Matteo per il duomo di Milano; la statua colossale di Napoleone che, issata sulla sommità dell'antica colonna di piazza Ariostea a Ferrara, fu distrutta nel 1814 (ne rimangono i frammenti della testa e di una mano presso la casa Romei). Di destinazione privata fu invece il magnifico gruppo con Virginia uccisa dal padre che il D. cavò da un grande blocco di marmo di Carrara fra il 1806 e il 1810, di stretta osservanza neoclassica tra Canova e Thorvaldsen, ma anch'esso non definitivamente immemore del Settecento bolognese; acquistato nel 1819 da un Mr. Starkie (presumibilmente Le Gendre Starkie di Huntroyde Hall) e spedita in Inghilterra nell'anno successivo, si trova oggi a Liverpool, nella Walker Art Gallery (firmato; vedi, per la storia esterna del gruppo, il Foreign catalogue, 1977, della galleria, pp. 324 s.); a Bologna (Accademia) rimane il modello in gesso, purtroppo assai deteriorato dall'incuria. Ancora a Bologna è il bassorilievo in "stucco forte" raffigurante l'Olimpo per il timpano della grandiosa villa Aldini, mentre per Ancona eseguì un rilievo analogo con Apolloe le Muse per il teatro delle Muse della città eretto tra il 1821 e il 1826. Ultimo dei suoi lavori fu il monumento, decorato da figure marmoree per lo storico Paolo Garattoni, eretto nel 1827-1828 nel tempio Malatestiano di Rimini, forse la sua opera meglio riuscita nell'ambito della scultura funebre.

Il D. morì a Bologna il 26 sett. 1838. Oltre che accademico di S. Luca fu membro dell'Accademia di Berlino dal 1819.

Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. comunale, ms. B, 3985: Lavori di scultura fatti in diverse materie (compilato nel 1836dal D. stesso indica tutti i suoi lavori, in gran parte inediti); Notizia delle operazioni... per li solenni funerali... a Gaetano Gandolfi, Bologna 1802;G. Grilli, In lode del Signor Iacopo D. professore di scultura, Bologna 1811; P. Bassani, Guida per la città di Bologna, Bologna 1816; Atti della Pontificia bolognese Acc. di belle arti, 1821, p. 40; ibid., 1824, p. 118;M. Missirini, Memorie per servire alla storia della romana Accademia di S. Luca, Roma 1823, p. 478; Collezione dei monumenti sepolcrali del cimitero di Bologna, a cura di G. Zecchi, Bologna 1825-27; Collezione scelta dei monumenti sepolcrali del comune cimitero di Bologna, a cura di N. Salvalardi, Bologna 1825-39; Sulla pittura e sulla scultura italiana, in Giornale di belle arti, (settembre 1833), p. 270; Gazzetta di Bologna, 5 nov. 1835;G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna, Bologna 1835;M. Gualandi, Dall'Esposizione di belle arti in Bologna nel 1836, Firenze 1836, p. 16;F. Avventi, Il servitore di piazza. Guida per Ferrara, Ferrara 1838, pp. 220, 227 s.; G. Giordani, Guida per la Pontificia Accademia di belle arti in Bologna, Bologna 1846, pp. 15, 61;G. Campori, Gli artisti italiani e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, p. 181; C.Masini, Dell'arte e dei principali artisti di pittura, scultura e architettura in Bologna, dal 1777 al 1862, Bologna 1862, pp. 16 s.; P. Giordani, Lettere ed atti per l'Accademia di belle arti in Bologna, a cura di L. Scarabelli, Bologna 1874, pp. 56, 67, 75 s., 86; C. Masini, Cenni storici sulle belle arti in Bologna, pubblicati per l'Esposizione generale italiana in Torino, Bologna 1884, p. 25; A. Gatti, Guida del cimitero di Bologna detto la certosa, Bologna 1890; A. Tadolini, Ricordi autobiografici, Roma 1900, ad Ind.;C. Ricci, IlTempio Malatestiano, Roma s. d. [ma 1929], p. 528; Mostra del Settecento bolognese, Bologna 1935, p. 85; N. Tarchiani, La scultura italiana dell'Ottocento, Firenze 1938, p. 9; G. Lipparini, La R. Accademia di belle arti di Bologna, Bologna 1941, p. 23; L. Sighinolfi, Commemorazione del celebre scultore G. D., in Atti e memorie della R. Accademia Clementina di Bologna, III (1941), pp. 27-40; A. Raule, La certosa di Bologna, Bologna 1961, p. 126 e passim;G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, ad Indicem;E. Riccomini, Scultura bolognese del Settecento (catal.), Bologna 1965, pp. 156-60; C. Ricci-G. Zucchini, Guida di Bologna, Bologna 1968, ad Indicem; S. Zamboni, Da Bernini a Pinelli, Bologna 1968, pp. 97, 103; G. Cuppini-A.M. Matteucci, Ville del Bolognese, Bologna 1969, p. 369; E. Riccomini, Dalla rivolta all'Accademia: una proposta per la scultura neoclassica a Bologna, in Neoclassicismo. Atti del Convegno internazionale [Londra 1971], Genova 1973, p. 117, Id., Vaghezza e furore. La scultura del Settecento in Emilia, Bologna 1977, ad Ind., L'Arte del Settecento emiliano. La pittura, l'Accademia Clementina (catal.), Bologna 1979, pp. 226 s.; ibid., Architettura, scenografia, pittura di paesaggio, p. 293; ibid., L'arredo sacro e profano..., pp. 101, 186; I concorsi curlandesi (catal.), Bologna 1980, pp. 14 s., 134 s.; A. Nava Cellini, La scultura del Settecento, Torino 1982, p. 131; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 92 (sub voce Maria, Giacomo de).

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